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Auspicabile un intervento di riforma della mediazione tributaria

Auspicabile un intervento di riforma della mediazione tributaria

Il nuovo istituto del reclamo e della mediazione, di cui all’art. 17-bis del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, introdotto con l’art. 39, comma 9, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, ha previsto, per le sole controversie di valore non superiore a ventimila euro e relative agli atti dell’Agenzia delle entrate, notificati a decorrere dal 1° aprile 2012, un rimedio da esperire in via preliminare (c.d. reclamo) ogni qualvolta si intenda presentare un ricorso, pena l’inammissibilità dello stesso.
Nel dettaglio, tale rimedio è costituito da un’istanza con la quale si contesta l’atto in un momento antece­dente all’instaurazione del giudizio e che può contenere anche una proposta di mediazione.

mediazione-tributariaDecorsi novanta giorni senza che sia stato noti­ficato l’accoglimento del reclamo o senza che sia conclusa la mediazione, l’istanza produce gli effetti del ricorso.
Tale rimedio è esperibile in una fase precontenziosa, finalizzata ad evitare di affrontare in sede giudiziale contestazioni suscettibili di essere risolte in sede amministrativa, per mezzo di un esame teso a favorire l’esercizio dell’autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria oppure il raggiungimento di un accordo tra quest’ultima ed il contribuente in merito ad una data pretesa impositiva.
Il medesimo intento deflativo, esperibile invece in sede contenziosa, è riconducibile ad altro istituto del processo tributario, ovvero quello della conciliazione giudiziale, disciplinato dall’art. 48 del D. Lgs. N. 546/1992.

Per mezzo di tale istituto, tuttavia, è possibile definire la controversia, totalmente o parzialmente, prima della conclusione del procedimento di primo grado, con un’eventuale riduzione al 40% delle sanzioni irrogabili in rapporto all’ammontare del tributo risultante dalla conciliazione medesima.
Nella specie, oltretutto, possono formare oggetto di conciliazione tutte le controversie soggette alla giurisdizione delle Commissioni tributarie, ad eccezione però di quelle per le quali è obbligatoria la procedura di reclamo  di cui all’art. 17-bis cit. (art. 17-bis, c. 1, del D. Lgs. N. 546/1992).
A proporla, inoltre, può essere ciascuna delle parti, ricorrente, ente impositore o Agente della riscossione, oltreché la Commissione che può esperirne un tentativo d’ufficio.
Orbene, la differenza tra i due istituti è dunque sostanziale se si considera il momento e l’ambito applicativo ed i soggetti che possono avvalersene.
Del pari sostanziale, poi, è anche la differenza tra mediazione civile e mediazione tributaria, considerato che la prima è prevista a pena d’improcedibilità, mentre la seconda è prevista a pena d’inammissibilità e considerato altresì che, ciononostante, la prima è stata dichiarata incostituzionale, mentre la seconda, per il momento, è stata solo rimessa al Giudice delle leggi.
Difatti, con sentenza n. 272, del 6 dicembre 2012, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali) nella parte in cui aveva previsto il carattere obbligatorio della mediazione in relazione ad un cospicuo numero di controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.

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