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Art. 1173 — Fonti delle obbligazioni

Art. 1173 — Fonti delle obbligazioni

Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo [ 2043 ] a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 23448/2014

Il principio dell’apparenza del diritto, mediante il quale viene tutelato l’affidamento incolpevole del terzo che abbia contrattato con colui che appariva legittimato ad impegnare altri, trova operatività alla duplice condizione che sussista la buona fede di chi ne invoca l’applicazione e un comportamento almeno colposo di colui che ha dato causa alla situazione di apparenza.

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Cass. civ. n. 10297/2010

Il principio dell’apparenza del diritto e dell’affidamento, traendo origine dalla legittima e quindi incolpevole aspettativa del terzo di fronte ad una situazione ragionevolmente attendibile, anche se non conforme alla realtà, non altrimenti accertabile se non attraverso le sue esteriori manifestazioni, non è invocabile nei casi in cui la legge prescrive speciali mezzi di pubblicità mediante i quali sia possibile controllare con l’ordinaria diligenza la consistenza effettiva dell’altrui potere, come accade nel caso di organi di società di capitali regolarmente costituiti; tuttavia, anche in tale ipotesi il principio dell’affidamento può essere invocato, qualora il potere sulla cui esistenza si assume di aver fatto incolpevolmente affidamento possa sussistere indipendentemente dalla sua regolamentazione statutaria e possa essere conferito per determinati atti e senza particolari formalità. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto che il pagamento effettuato dal debitore nelle mani dell’amministratore di fatto di una società avesse efficacia liberatoria, pur trattandosi di società di capitali, in considerazione dell’inerzia gravemente colpevole dei legali rappresentanti della società, che avevano consentito per un lungo tempo una tale condotta).

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Cass. civ. n. 25289/2007

Le obbligazioni propter rem — nella specie adesione al consorzio di urbanizzazione all’atto dell’acquisto dell’immobile ricadente nel consorzio — sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con la conseguenza che esse possono sorgere per contratto solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge.

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Cass. civ. n. 24141/2007

La violazione dell’obbligazione propter rem anche se protratta per oltre vent’anni, non determina l’estinzione del rapporto obbligatorio ma al contrario, avendo carattere permanente, consente ai condomini di esigere l’eliminazione della situazione determinata dalla violazione stessa. (Nella fattispecie la Corte, in applicazione del principio, ha ritenuto irrilevante che la costruzione di un soppalco ritenuto produttivo di una situazione di pericolosa instabilità per i muri divisori, fosse anteriore di oltre vent’anni dall’accertamento dalla sua lesività).

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Cass. civ. n. 703/2004

Il principio dell’apparenza del diritto e dell’affidamento, traendo origine dalla legittima e quindi incolpevole aspettativa del terzo di fronte ad una situazione ragionevolmente attendibile, anche se non conforme alla realtà, non altrimenti accertabile se non attraverso le sue esteriori manifestazioni, non è invocabile nei casi in cui la legge prescrive speciali mezzi di pubblicità mediante i quali sia possibile controllare con l’ordinaria diligenza la consistenza effettiva dell’altrui potere, come accade in ipotesi di organi di società di capitali regolarmente costituiti.

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Cass. civ. n. 11692/1999

In tema di condominio degli edifici, l’obbligo assunto dai singoli condomini in sede di approvazione del regolamento contrattuale, di non eseguire sul piano o sulla porzione di piano di proprietà esclusiva attività che rechino danno alle parti comuni (nella specie obbligo di non sciorinare i panni dalle finestre, balconi ecc.) ha natura di obbligazione propter rem, la cui violazione, pur se protratta oltre venti anni, non determina l’estinzione del rapporto obbligatorio e dell’impegno a tenere un comportamento conforme a quello imposto dal regolamento onde è sempre deducibile, stante il carattere permanente della violazione, il diritto degli altri condomini di esigere l’osservanza di detto comportamento, potendosi prescrivere soltanto il diritto al risarcimento del danno derivante dalla violazione dell’obbligo in questione.

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Cass. civ. n. 484/1985

Allorché ricorrano elementi, sia pure presuntivi, idonei a configurare una situazione di apparenza giuridica, spetta a colui che contesti l’efficacia a suo danno di tale situazione di apparenza, l’onere della prova contraria, dimostrando cioè la situazione reale ovvero che l’opinione della controparte sulla corrispondenza tra situazione apparente e situazione reale era determinata da colpevole negligenza o imprudenza.

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Cass. civ. n. 5818/1984

L’apparenza del diritto può essere invocata anche quando la situazione apparente non coincide con quella risultante dai pubblici registri, ove questa non venga in rilievo direttamente, ma solo come presupposto di una fattispecie complessa, rilevante autonomamente sul piano giuridico, per giustificare l’errore del terzo di buona fede. Ne consegue che la rilevanza discriminante dell’errore deve essere accertata nel singolo caso con riferimento alla peculiarità della specie. (Nella specie è stata ritenuta l’applicabilità del suesposto principio all’ipotesi di un amministratore condominiale il quale, senza il previo controllo dei pubblici registri, aveva chiesto e ottenuto decreto ingiuntivo per il pagamento di quote condominiali nei confronti di chi si era comportato come condomino, apparendo quale proprietario di due appartamenti i quali appartenevano, invece, ad altro soggetto).

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Cass. civ. n. 4115/1978

Il principio dell’apparenza giuridica, essendo dettato dalla esigenza di tutelare i terzi di buona fede, è invocabile soltanto quando i terzi medesimi versino in uno stato soggettivo caratterizzato, oltre che dall’ignoranza della difformità tra realtà ed apparenza, anche dalla scusabilità e dalla incolpevolezza del comportamento, onde il principio non è operante quando la situazione reale sia notoria oppure agevolmente rilevabile mediante semplici cautele.

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Cass. civ. n. 1317/1977

È consentita, con opportune cautele, l’applicazione analogica del principio dell’«apparenza del diritto» a casi diversi da quelli espressamente contemplati dalla legge, purché l’erroneo convincimento incolpevole risulti determinato da un comportamento colposo della persona contro cui l’apparenza è fatta valere. Per l’applicabilità del principio dell’apparenza del diritto è necessario non solo che l’errore di colui che nell’apparenza confida sia incolpevole, ma altresì che l’erroneo convincimento venga determinato, con nesso di causalità, da un comportamento colposo della persona contro la quale il principio viene ad essere applicato.

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Cass. civ. n. 2500/1975

Il principio dell’apparenza del diritto e dell’affidamento, fondato sull’incolpevole aspettativa del terzo di fronte ad una situazione ragionevolmente attendibile, ancorché non conforme a realtà, non opera quando il terzo sia messo dall’ordinamento in condizione di controllare la reale consistenza degli altrui poteri, ciò che avviene quando egli stipuli un contratto con un ente pubblico, la cui attività si svolge attraverso fattispecie procedimentali. Non può, pertanto, invocare il principio dell’apparenza colui che abbia stipulato un contratto con un organo incompetente di un ente pubblico (nella specie, direttore provinciale, anziché presidente, dell’E.N.A.L., unico organo competente, quest’ultimo, a concludere contratti).

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Cass. civ. n. 1020/1975

La cosiddetta apparenza di diritto — la quale può assumere sia la forma dell’apparenza pura, caratterizzata dalla presenza di una situazione di fatto difforme da quella di diritto, nonché dall’errore scusabile della parte o del terzo che abbiano confidato nello schema apparente, sia la forma dell’apparenza colposa contraddistinta, oltre che dalla presenza dei suindicati elementi, anche dalla colpa del soggetto contro cui l’apparenza è invocata — non integra un istituto a carattere generale con connotazioni definite e precise, ma, al contrario, opera nell’ambito dei singoli negozi giuridici, secondo il vario grado di tolleranza di questi in ordine alla prevalenza dello schema apparente su quello reale. In particolare, per quanto attiene alla rappresentanza negoziale, nel mentre è irrilevante l’apparenza di diritto pura, che non può mai prevalere sul mancato conferimento dei poteri rappresentativi, dovendo in tal caso applicarsi la disciplina di cui agli artt. 1398 e 1399 c.c., può assumere, invece, rilievo l’apparenza colposa, nel caso in cui si accerti un malizioso o negligente comportamento del rappresentato apparente tale da far presumere la volontà di conferire al procuratore i suddetti poteri. Peraltro, anche quest’ultima forma di apparenza deve ritenersi inoperante nel caso in cui sia individuabile una colpa inescusabile nel soggetto che versa in errore; colpa la quale sussiste sia qualora tale errore avrebbe potuto essere evitato mediante l’impiego della normale prudenza nella condotta degli affari, ovvero l’utilizzazione appropriata degli strumenti legali di pubblicità, sia nell’ipotesi in cui il conferimento dei poteri rappresentativi debba assumere la forma scritta ad substantiam. (Nella specie la Suprema Corte, enunziando i principi di cui in massima, ha escluso l’applicabilità dell’istituto dell’apparenza colposa al fine di ritenere sussistente un mandato a vendere un bene immobile).

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