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Art. 1353 — Contratto condizionale

Art. 1353 — Contratto condizionale

Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto [ 108, 475, 520, 633, 702, 1521, 1757, 1938, 2010, 2659 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 5692/2012

Le parti, nella loro autonomia contrattuale, possono pattuire una condizione sospensiva o risolutiva nell’interesse esclusivo di uno soltanto dei contraenti, occorrendo al riguardo un’espressa clausola o, quanto meno, una serie di elementi, idonei ad indurre il convincimento che si tratti di una condizione alla quale l’altra parte non abbia alcun interesse. Ne consegue che la parte contraente, nel cui interesse è posta la condizione, ha la facoltà di rinunziarvi sia prima, sia dopo l’avveramento o il non avveramento di essa, senza che la controparte possa comunque ostacolarne la volontà. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso il carattere unilaterale della condizione risolutiva prevista in un contratto preliminare di compravendita di un immobile, relativa alla mancata rinuncia da parte di terzi alla prelazione convenzionale loro attribuita in precedenza sul medesimo bene, non ravvisando l’esclusivo interesse del promittente acquirente rispetto alla pattuita condizione).

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Cass. civ. n. 25138/2010

L’atto di dimissioni, nel realizzare il diritto potestativo di recesso del lavoratore, idoneo a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro indipendentemente dalla volontà del datore di lavoro, non sopporta una condizione risolutiva, che inammissibilmente porrebbe nel nulla un effetto risolutivo già avvenuto, ma ben può contenere una condizione sospensiva, permessa dal principio generale di libertà negoziale. (Nella specie, relativa alla cessazione, per dimissioni volontarie, del rapporto lavorativo di un dirigente di una società, titolare di azioni della stessa, la S.C. ha ritenuto ammissibile l’apposizione, all’atto di dimissioni del detto dirigente, della condizione sospensiva del trasferimento ad altra società delle azioni di cui il medesimo era titolare).

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Cass. civ. n. 22811/2010

Nel caso in cui le parti abbiano condizionato l’efficacia (o la risoluzione) di un contratto al verificarsi di un evento senza indicare il termine entro il quale questo può utilmente avverarsi, può essere ottenuta la dichiarazione giudiziale di inefficacia del contratto stesso per il mancato avveramento della condizione sospensiva (o per l’avveramento della condizione risolutiva) senza che ricorra l’esigenza della previa fissazione di un termine da parte del giudice, ai sensi dell’art. 1183 c.c. quando lo stesso giudice ritenga essere trascorso un lasso di tempo congruo entro il quale l’evento previsto dalle parti si sarebbe dovuto verificare.

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Cass. civ. n. 9504/2010

Qualora le parti, nell’ambito dell’autonomia privata, abbiano previsto l’inadempimento di una di esse alle obbligazioni contrattuali quale condizione risolutiva, una volta verificatosi tale inadempimento, lo stesso non può essere invocato dalla controparte quale illecito contrattuale e fonte di obbligazione risarcitoria ai sensi dell’art. 1223 cod. civ., trattandosi del legittimo esercizio di una potestà convenzionalmente attribuita, in quanto costituente l’evento espressamente dedotto in condizione risolutiva potestativa per concorde volontà dei contraenti.

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Cass. civ. n. 2863/2006

In tema di contratto, le parti possono assumere l’evento consistente nella condicio iuris che è un requisito necessario di efficacia del negozio, alla stessa stregua di una
condicio facti assoggettando la prima a regolamentazione pattizia pur non potendola superare o eliminare in forza di successivi accordi o per loro inerzia; infatti, la stessa trovando fonte nell’ordinamento giuridico esula dall’autonomia negoziale nel senso che il suo mancato definitivo avveramento rende irrimediabilmente inefficace il contratto indipendentemente dalla volontà delle parti. Ne consegue che, essendo legittima la previsione di un limite temporale all’avverarsi della condicio iuris il venir meno, nel termine stabilito, dell’elemento (esterno) legalmente necessario per l’efficacia del contratto, ne comporta l’invalidità. (Nella specie, le parti avevano subordinato l’efficacia del contratto preliminare di vendita di un bene immobile al rilascio – mai avvenuto — della concessione edilizia entro un dato termine).

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Cass. civ. n. 419/2006

Nel caso in cui una condizione sia costituita da un evento incerto sia nell’
an che nel «quando», le parti possono concordare un limite temporale riguardo al suo verificarsi, per non lasciare indefinitamente nell’incertezza l’efficacia del contratto, e sono abilitate a porre tale limite nell’interesse esclusivo di una di esse, nonché a rinunciare a farlo valere, anche con comportamenti concludenti.

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Cass. civ. n. 3579/2005

La clausola contrattuale che sottoponga il sorgere del diritto alla seconda parte del compenso, in favore del professionista incaricato da un Comune del progetto di un comparto P.E.E.P. — compenso la cui prima parte debba per contratto essere corrisposta alla consegna dell’elaborato —, alla ricezione da parte del Comune dei corrispettivi delle convenzioni da stipulare con gli enti attuatori del progetto, non dà luogo all’istituto della presupposizione, che ricorre quando le parti, nel concludere il contratto, abbiano inteso come certa la esistenza di una situazione di fatto (passata, presente o futura), o di diritto, indipendente dalla loro volontà, stipulando l’atto su tale presupposto; né configura un termine o una condizione meramente potestativa, ma, piuttosto, una condizione mista, in quanto l’evento, alla data del contratto futuro ed incerto nell’
an e nel quando — per essere le parti consapevoli, all’atto del perfezionamento del contratto d’opera professionale, del potere del Comune di non stipulare le convenzioni con gli enti attuatori, attesa la facoltà, attribuita allo stesso dall’art. 35 della legge n. 865 del 1971, richiamato nella clausola contrattuale di cui si tratta, di procedere in proprio alla esecuzione del comparto P.E.E.P. —, della stipula delle convenzioni con i predetti enti, è rimesso anche alla volontà di questo ultimi. Ne consegue che, ove il Comune, ritenendo, nell’esercizio della propria discrezionalità, venuto meno, per effetto di varianti imposte da nuove norme regionali, il pubblico interesse alla esecuzione del P.E.E.P., non proceda alla stipulazione delle convenzioni dedotte in condizione, non essendo configurabile la nullità della condizione apposta al contratto d’opera professionale, né ravvisabile a carico dell’ente alcuna violazione delle regole di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto, non sorge il diritto del professionista al conseguimento della seconda parte del compenso pattuito.

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Cass. civ. n. 14198/2004

La clausola contrattuale che sottoponga il sorgere del diritto al compenso, da parte del professionista incaricato del progetto di un’opera pubblica, all’intervenuto finanziamento dell’opera progettata, contiene una condizione mista che, con riferimento al periodo successivo all’entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, obbliga la parte pubblica a osservare il principio di regolarità dell’azione amministrativa il quale viene ad integrare, se del caso, i canoni contrattuali di correttezza e buona fede. (In applicazione di tale principio, la Corte ha cassato la sentenza del giudice di merito il quale aveva escluso la possibilità di qualsiasi controllo sul comportamento del Comune, che — nella pendenza della condizione — non aveva neppure richiesto il finanziamento dell’opera oggetto del contratto di lavoro autonomo con il professionista, e ha affermato che la P.A. può ben mutare le sue valutazioni ma essa assume ogni conseguente responsabilità per tale cambiamento di posizione nei confronti di coloro che, avendo fatto affidamento su quello, sono perciò portatori di posizioni soggettive tutelabili).

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Cass. civ. n. 4364/2003

La previsione di una prestazione contrattuale come condizione sospensiva è inammissibile nei contratti ad effetti reali, come la compravendita, potendo questa, come qualunque contratto ad effetti reali, non spiegare gli effetti suoi propri sino a quando non sia realizzata la condizione sospensiva prevista. (Nella fattispecie, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso avverso la sentenza della corte di appello, che, in un contratto di vendita di azioni di società, aveva interpretato le clausole negoziali nel senso di escludere l’effetto traslativo immediato dei titoli e di attribuire alla prestazione di controgaranzia del cessionario — che si era impegnato a far conseguire ai cedenti la liberazione delle fideiussioni prestate verso la società — la capacità di condizionare il detto effetto traslativo).

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Cass. civ. n. 4124/2001

In tema di obbligazioni da contratto, il criterio distintivo tra termine e condizione va ravvisato nella certezza e nell’incertezza del verificarsi di un evento futuro che le parti hanno previsto per l’assunzione di un obbligo o per l’adempimento di una prestazione. Ricorre l’ipotesi del termine quando detto evento futuro sia certo, anche se privo di una precisa collocazione cronologica, purché risulti connesso ad un fatto che si verificherà certamente e, come tale, può riguardare sia l’efficacia iniziale che quella finale di un negozio giuridico o di un’obbligazione o di un credito di una parte. Nell’ipotesi di condizione, invece, si versa nell’incertezza dell’evento futuro dal cui verificarsi dipende il sorgere (condizione sospensiva) o il permanere (condizione risolutiva) dell’efficacia di un contratto o di un’obbligazione ad esso inerente (nella specie, l’insorgenza del credito di un professionista nei confronti di una pubblica amministrazione per l’eseguita progettazione era, nella previsione delle parti, connessa all’evento futuro ed incerto del finanziamento statale dell’opera cui si riferiva la progettazione medesima).

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Cass. civ. n. 10921/2000

Ai fini della distinzione tra condizione sospensiva e risolutiva, occorre aver riguardo più che alla qualifica che le attribuiscono le parti, alle modalità da esse stabilite per il regolamento del rapporto nello stadio di pendenza della condizione. Tale accertamento costituisce un’indagine di fatto, riservata al giudice di merito, che può essere censurata in sede di legittimità soltanto per vizi di motivazione.

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Cass. civ. n. 8685/1999

La cosiddetta condizione unilaterale, cioè la condizione convenuta nell’interesse esclusivo di uno solo dei contraenti, anche se non stipulata espressamente, può emergere per implicito, come corollario indefettibile dello scopo che le parti si propongono, allorquando la sua determinazione nell’interesse di un unico contraente, chiamato a sopportare un preciso onere economico, promani da una corretta valutazione dell’intero rapporto negoziale.

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Cass. civ. n. 8493/1998

La mancata previsione di un termine finale di avveramento in relazione ad una condizione sospensiva apposta ad un contratto non postula che l’efficacia sospensiva della condizione debba estendersi fino al momento in cui sia accertata l’assoluta impossibilità, oggettiva o soggettiva, dell’avveramento, dovendo, per converso, la valutazione di tale impossibilità avvenire in termini concreti, con riferimento alla relativa prevedibilità nel contesto storico, sociale ed ambientale del momento.

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Cass. civ. n. 4514/1997

Nel caso in cui una condicio iuris sia costituita da un evento incerto sia nell’an che nel quando, le parti possono concordare un limite temporale riguardo al suo verificarsi, per non lasciare indefinitamente nell’incertezza l’efficacia del contratto, e sono abilitate a porre tale limite nell’interesse esclusivo di una di esse, nonché a rinunciare a farlo valere, anche con comportamenti concludenti. (Fattispecie relativa all’acquisto di un immobile da parte di uno Stato estero e alla relativa autorizzazione governativa. La S.C., sulla base del riportato principio e della ritenuta insussistenza dei dedotti vizi di motivazione, ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto il termine contrattualmente previsto circa il rilascio dell’autorizzazione posto nell’esclusivo interesse dell’acquirente; identificando la comune intenzione delle parti sulla base non solo del senso letterale delle parole ma anche della complessiva regolamentazione negoziale e del comportamento delle parti anche posteriore alla conclusione del contratto).

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Cass. civ. n. 10220/1996

La condizione può ritenersi operante nell’interesse di una sola delle parti quando vi sia una espressa clausola contrattuale che disponga in tal senso o almeno una serie di elementi idonei ad indurre il convincimento che si tratti di una condizione al cui avveramento l’altra parte non abbia alcun interesse sicché in mancanza la condizione deve essere considerata apposta nell’interesse di entrambe le parti.

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Cass. civ. n. 1333/1993

La condizione (sospensiva o risolutiva) non deve essere necessariamente collegata ad un interesse delle parti complementare o integrativo degli interessi direttamente riconducibili alla causa del contratto ma può anche servire interessi ulteriori e diversi, in modo da adattare gli effetti pratici del contratto alle concrete esigenze delle parti, con la conseguenza che anche questo interesse, assumendo giuridica rilevanza, legittima la parte ad avvalersi della condizione.

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Cass. civ. n. 9388/1991

L’avveramento dell’evento futuro ed incerto, previsto dalle parti come condizione risolutiva del contratto, produce effetti a prescindere da ogni indagine sul comportamento colposo o meno dei contraenti, in ordine al verificarsi dell’evento stesso, tenuto conto che nella disciplina delle condizioni nel contratto, ove non possono trovare applicazione i principi che regolano l’imputabilità in materia di obbligazioni, detta indagine è rilevante solo nella diversa ipotesi del mancato avveramento della condizione medesima, ai sensi dell’art. 1359 c.c.

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Cass. civ. n. 8051/1990

Per quanto la condizione costituisca di regola un elemento accidentale del negozio giuridico, come tale distinto dagli elementi essenziali astrattamente previsti per ciascun contratto tipico dalle rispettive norme, tuttavia, in forza del principio generale della autonomia contrattuale previsto all’art. 1322 c.c. – dal quale deriva il potere delle parti di determinare liberamente, entro i limiti imposti dalla legge, il contenuto del contratto anche in ordine alla rilevanza attribuita all’uno piuttosto che all’altro degli elementi costitutivi della fattispecie astrattamente disciplinata – i contraenti possono prevedere validamente come evento condizionante (in senso sospensivo o risolutivo dell’efficacia) il concreto adempimento (o inadempimento) di una delle obbligazioni principali del contratto; con la conseguenza in tal caso che, ove insorga controversia sulla esistenza ed effettiva portata di quella convenzione difforme dal modello legale, spetta alla parte che la deduca a sostegno della propria pretesa fornire la prova ed al giudice del merito compiere una approfondita indagine per accertare la volontà dei contraenti.

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Cass. civ. n. 8009/1990

Il principio per cui la condizione volontaria unilaterale, quale elemento accidentale del negozio giuridico finalizzato a tutela dell’interesse di una sola parte, può essere oggetto di rinuncia, espressa o tacita, ad opera di quest’ultima, non solo prima, ma anche dopo il verificarsi dell’evento, senza che la controparte possa ostacolare tale volontà abdicativa, opera anche con riguardo alla proposta di concordato fallimentare, con la conseguenza che, ove il proponente ne abbia risolutivamente condizionato l’efficacia — a tutela di un proprio interesse — all’avverarsi di un evento futuro ed incerto (nella specie, presentazione di domande di insinuazione tardiva), l’accettazione di tale proposta non attribuisce ai creditori il potere di far valere gli effetti risolutivi di siffatto avveramento, in contrasto con la volontà dell’interessato, che vi abbia, per facta concludentia, rinunciato.

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Cass. civ. n. 3626/1989

Si ha condizione risolutiva — il cui verificarsi comporta lo scioglimento di diritto del rapporto ed i cui effetti retroagiscono al tempo di conclusione del contratto, salvo che sia stata stabilita una diversa decorrenza — allorquando le parti abbiano ancorato la risoluzione ad un evento futuro, incerto ed indipendente dalla loro volontà, mentre è da ravvisare il diritto di recesso quando ad una delle parti è attribuita la facoltà di sciogliere unilateralmente il contratto in base ad una libera dichiarazione di volontà.

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Cass. civ. n. 2379/1985

Allorché i contraenti si riferiscono essenzialmente ad un dato cronologico allo scopo di indicare il periodo di tempo entro il quale deve essere eseguita una determinata prestazione, dichiarando poi incidentalmente la finalità pratica sottesa alla concessione di quel termine, nell’aspettativa del verificarsi di un certo evento, assume preminente rilievo il dato temporale e la relativa clausola va intesa nel senso che le parti vollero determinare il tempo dell’adempimento e non, invece, condizionare l’efficacia del contratto all’avveramento di un evento futuro.

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Cass. civ. n. 5575/1983

La condizione propriamente detta (
condicio facti) è caratterizzata dall’incertezza dell’evento futuro dal quale si fa dipendere l’efficacia o la risoluzione del negozio e per tale ragione si distingue dal termine ancorché le parti abbiano fatto riferimento non all’evento in sé, ma alla data del suo avverarsi essendo anche in tal caso sufficiente il requisito dell’incertezza di questo – da accertare con indagine che, involgendo apprezzamento di fatti è riservata al giudice di merito e sottratta al controllo di legittimità, in presenza di una motivazione logicamente e giuridicamente corretta — perché la clausola abbia solo l’apparenza del termine e sia invece da ricondurre sotto l’ipotesi della condizione.

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Cass. civ. n. 1432/1983

Nessuna incompatibilità di principio può ritenersi sussistente fra condizione ed esecuzione di una prestazione essenziale, quale è il pagamento del prezzo rispetto al contratto di compravendita, talché è bene ammissibile la deducibilità di quest’ultima come evento condizionante, per accordo fra le parti o per volontà di legge, fermo restando peraltro, che anche qualora una incompatibilità fosse concretamente ravvisabile, rientrerebbe, comunque, nella discrezionalità del legislatore di superarla o comporla erigendo a condizione sospensiva il concreto adempimento di una delle obbligazioni essenziali.

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Cass. civ. n. 1181/1983

Nei contratti bilateriali le reciproche prestazioni integrano gli elementi essenziali del contratto medesimo, per cui l’accordo in ordine ad essi non può essere assunto come condizione in senso tecnico, dato che questa costituisce uri elemento accidentale estraneo alla struttura tipica del negozio, mentre le prestazioni reciproche attengono all’esistenza stessa del negozio, in quanto ne costituiscono la causa in senso tecnico-giuridico. Ciò, tuttavia, non esclude che, in particolari ipotesi (da accertare sulla base dell’allegazione di una precisa volontà contrattuale in tal senso), il concreto adempimento di una delle prestazioni concordate possa essere dedotta ex professo come una condizione sospensiva, cui sia consensualmente subordinata la produzione degli effetti giuridici del negozio.

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Cass. civ. n. 2412/1982

Il contraente a cui favore sia stata pattuita una condizione ha facoltà di rinunziarvi sia prima sia dopo l’avveramento o il non avveramento della condizione e siffatta rinunzia, anche quando trattasi di condizione apposta a un contratto traslativo o costitutivo di diritti reali immobiliari, non deve necessariamente risultare da atto scritto e può, quindi, essere desunta anche da
facta concludentia.

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Cass. civ. n. 934/1982

In virtù dell’autonomia contrattuale, le parti possono apporre una determinata condizione al contratto nell’esclusivo interesse di uno solo dei contraenti, nella quale ipotesi — il cui accertamento è rimesso al giudice del merito, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e correttamente motivato — tale contraente può ben rinunziare ad avvalersi della condizione, sia prima che dopo il non avveramento della stessa, senza che la controparte possa, comunque ostacolarne la volontà.

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Cass. civ. n. 3559/1977

Mentre la condizione propriamente detta (
condicio facti) è un avvenimento futuro e incerto dal quale le parti fanno dipendere l’efficacia di un contratto (condizione sospensiva) o la risoluzione di esso (condizione risolutiva), la condizione impropria (
condicio juris) consiste in un requisito essenziale o in un presupposto logico di un negozio giuridico, senza il quale questo non esiste, ovvero in un requisito per la sua efficacia. Le condiciones juris della prima specie non hanno alcuna affinità con la condizione vera e propria. Quelle della seconda, invece, consistenti nell’avveramento del requisito richiesto per l’efficacia del negozio, sono perfettamente parificabili alle condiciones facti e suscettibili, quindi, non ostandovi limiti legali, di essere pattiziamente regolamentate.

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Cass. civ. n. 566/1975

Non può essere inteso come condizione, alla quale è subordinata l’efficacia del contratto di compravendita immobiliare, il pagamento del prezzo da parte del compratore, costituendo tale pagamento l’obbligazione principale (elemento essenziale del contratto).

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Cass. civ. n. 3783/1974

Sono condizioni improprie, non soggette alla disciplina prevista dagli artt. 1353-1361 c,c., quegli eventi che sono basati su presupposti i quali non hanno carattere di evento futuro e non sono oggettivamente incerti, ovvero che siano connessi con l’adempimento di obblighi legali o convenzionali incidenti sulle parti.

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