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Art. 2033 — Indebito oggettivo

Art. 2033 — Indebito oggettivo

Chi ha eseguito un pagamento non dovuto [ 1189 ] ha diritto di ripetere ciò che ha pagato [ 1185 2, 1463, 1952 3 ]. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda [ 1148, 2036; 39 l.f. ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 3706/2018

Il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza di condanna, successivamente riformata, soggiace, ai sensi degli artt. 2033 e 2946 c.c., al termine di prescrizione decennale, che inizia a decorrere dal giorno in cui è divenuto definitivo – con la riforma della sentenza predetta – l’accertamento dell’indebito.

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Cass. civ. n. 14013/2017

Qualora venga acclarata la mancanza di una “causa adquirendi” – tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, quanto in quello di qualsiasi altra causa che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente – l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo; è, quindi, la pronuncia dichiarativa o estintiva del giudice, avente portata estintiva del contratto, l’evenienza che priva di causa giustificativa le reciproche obbligazioni dei contraenti e dà fondamento alla domanda del “solvens” di restituzione della prestazione rimasta senza causa.

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Cass. civ. n. 25270/2016

La qualificazione di un’azione come di ripetizione di indebito, anche ai fini dell’applicabilità del conseguente regime di prescrizione decennale, presuppone sempre una prestazione positiva (un “facere” o un dare) in precedenza indebitamente eseguita dal “solvens” che agisce ex art. 2033 c.c.. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che, esclusa la disciplina dell’indebito, aveva applicato il termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 2948, n. 5, c.c. all’azione di inesatto adempimento esercitata da lavoratori nei confronti del datore di lavoro che, all’atto del pagamento del TFR, aveva operato una compensazione impropria con gli incentivi all’esodo di cui aveva diritto ad ottenere la restituzione).

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Cass. civ. n. 24653/2016

In tema di termine di prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito, occorre distinguere il caso di nullità del contratto e, dunque, di mancanza originaria della “causa solvendi”, in cui il “dies a quo” comincia a decorrere dal giorno dell’intervenuta esecuzione della prestazione, da quelli in cui il difetto della “causa solvendi” sopravvenga al pagamento, nei quali il suddetto termine decorre dal giorno in cui l’accertamento dell’indebito è divenuto definitivo. È questa l’ipotesi dell’indebito conseguente al pagamento, da parte della ASL al farmacista, del corrispettivo dei medicinali forniti agli utenti del servizio sanitario nazionale, originariamente effettuato in conformità del procedimento previsto dall’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie ai sensi del d.p.r. n. 94 del 1989 (secondo cui il farmacista ha diritto al rimborso dopo la presentazione delle distinte riepilogative dei farmaci somministrati), e, successivamente, divenuto privo di causa per l’annullamento delle ricette irregolari ad opera dell’apposita Commissione dell’ASL.

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Cass. civ. n. 20383/2016

In materia contrattuale, la mancanza di una “causa adquirendi” – a qualunque titolo accertata – determina la possibilità di avvalersi dell’azione di ripetizione dell’indebito anche quando la controprestazione non sia a propria volta ripetibile, stante l’eccezionalità, e conseguente non estensibilità, delle ipotesi legislative di irripetibilità delle prestazioni eseguite, potendo ottenersi, in tali casi, la reintegrazione dello squilibrio economico determinatosi tra le parti attraverso la diversa azione ex art. 2041 c.c., nei limiti di operatività della stessa. (Nella specie, la S.C. ha affermato la ripetibilità dei canoni percepiti dal locatore in base ad un contratto di locazione nullo, pur a fronte dell’irripetibilità della controprestazione concernente il godimento del bene, ritenendo non applicabile in tal caso l’eccezione prevista dall’art. 1458 c.c., in quanto relativa solo alla risoluzione per inadempimento dei contratti ad esecuzione continuata, mentre la diversa questione dell’arricchimento del conduttore avrebbe potuto rilevare ai fini dell’azione ex art. 2041 c.c., non proposta nel caso concreto).

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Cass. civ. n. 7749/2016

In caso di nullità di un contratto per impossibilità giuridica originaria del suo oggetto, l’azione di ripetizione dell’indebito, esperibile in relazione all’avvenuto versamento del corrispettivo, deve essere esercitata entro dieci anni dalla data del pagamento, non ostando al decorso della prescrizione l’assenza di un giudicato in ordine alla nullità contrattuale.

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Cass. civ. n. 7897/2014

Va qualificata come ripetizione di indebito, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., qualunque domanda avente ad oggetto la restituzione di somme pagate sulla base di un titolo inesistente, sia nel caso di inesistenza originaria, che di inesistenza sopravvenuta o di inesistenza parziale. Ne consegue che il diritto alla restituzione dell’indennizzo assicurativo, per la parte che l’assicuratore assuma di aver pagato in eccedenza rispetto al dovuto, è soggetto alla prescrizione ordinaria decennale e non a quella breve di cui all’art. 2952 cod. civ., in quanto scaturente dall’indebito e non dal contratto di assicurazione.

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Cass. civ. n. 6747/2014

L’azione di indebito oggettivo ha carattere restitutorio, cosicché la ripetibilità è condizionata dal contenuto della prestazione e dalla possibilità concreta di ripetizione, secondo le regole previste dagli artt. 2033 e ss. cod. civ. (e cioè quando abbia avuto ad oggetto una somma di denaro o cose di genere ovvero, infine, una cosa determinata), operando altrimenti, ove ne sussistano i presupposti, in mancanza di altra azione, l’azione generale di arricchimento senza causa prevista dall’art. 2041 cod. civ., che assolve alla funzione, in base ad una valutazione obbiettiva, di reintegrazione dell’equilibrio economico. Pertanto, nel caso di prestazione di “facere”, la quale non è suscettibile di restituzione e, in quanto indebita, non è oggetto di valide ed efficaci determinazioni delle parti circa il suo valore economico, non è proponibile l’azione di indebito oggettivo ma, in presenza dei relativi presupposti, solo quella di ingiustificato arricchimento.

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Cass. civ. n. 10815/2013

In tema di indebito oggettivo, la buona fede dell'”accipiens” al momento del pagamento è presunta per principio generale, sicché grava sul “solvens” che faccia richiesta di ripetizione dell’indebito, al fine del riconoscimento degli interessi con decorrenza dal giorno del pagamento stesso e non dalla data della domanda, l’onere di dimostrare la malafede dell'”accipiens” all’atto della ricezione della somma non dovuta. (Nel caso di specie, la buona fede dell'”accipiens” è stata esclusa in base al rilievo che la somma erogatagli a titolo di indennità di fine servizio, in forza di provvedimento di destituzione dall’impiego, era stata dallo stesso percepita dopo la sospensione cautelare di tale provvedimento da parte del giudice amministrativo e, dunque, nella consapevolezza del venir meno del presupposto – la cessazione dal servizio – necessario per la liquidazione di quanto percepito).

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Cass. civ. n. 7501/2012

Chi allega di avere effettuato un pagamento dovuto solo in parte, e proponga nei confronti dell'”accipiens” l’azione di indebito oggettivo per la somma pagata in eccedenza, ha l’onere di provare l’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta.

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Cass. civ. n. 7586/2011

In tema di ripetizione d’indebito oggettivo, l’espressione “domanda” di cui all’art. 2033 c.c. non va intesa come riferita esclusivamente alla domanda giudiziale ma ha valore di atto di costituzione in mora, che, ai sensi dell’art. 1219 c.c., può anche essere stragiudiziale, dovendosi considerare l”‘accipiens” (in buona fede) quale debitore e non come possessore, con conseguente applicazione dei principi generali in materia di obbligazioni e non di quelli relativi alla tutela del possesso di buona fede ex art. 1148 c.c.. Ne consegue che, in caso di obbligazioni periodiche, ove si deduca con la richiesta extragiudiziale di restituzione delle somme indebitamente corrisposte anche la corretta interpretazione del titolo costitutivo dell’obbligazione, contestando l’unica “causa solvendi” a cui tutti i pagamenti si riferiscono, gli interessi, nonché l’ulteriore risarcimento ex art. 1224, secondo comma, c.c., decorrono dalla data dell’istanza stessa quanto agli importi già versati, mentre, quanto ai ratei non ancora scaduti, spettano dal giorno di scadenza di ciascuna rata, senza necessità di una ulteriore specifica richiesta di rimborso, che resta utile per ottenere la condanna alla restituzione delle somme successivamente versate (se non compresa nell’originaria istanza) ma non è necessaria per la decorrenza degli accessori legali. (Fattispecie relativa a indebito previdenziale in ordine alla domanda di restituzione delle differenze dei contributi mensili per assegni familiari versati ai soci lavoratori di una cooperativa).

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Cass. civ. n. 1734/2011

Proposta domanda di ripetizione di indebito, l’attore ha l’onere di provare l’inesistenza di una giusta causa delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore del convenuto, ma solo con riferimento ai rapporti specifici tra essi intercorsi e dedotti in giudizio, costituendo una prova diabolica esigere dall’attore la dimostrazione dell’inesistenza di ogni e qualsivoglia causa di dazione tra “solvens” e “accipiens”.

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Cass. civ. n. 198/2011

In tema di indebito previdenziale, il pensionato, ove chieda, quale attore, l’accertamento negativo della sussistenza del suo obbligo di restituire quanto percepito, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto alla prestazione già ricevuta, la cui esistenza consente di qualificare come adempimento quanto corrispostogli dall’Istituto convenuto, ferma, peraltro, la necessità che quest’ultimo, nel provvedimento amministrativo di recupero del credito, non si sia limitato a contestare genericamente l’indebito ma abbia precisato gli estremi del pagamento, corredati dall’indicazione, sia pure sintetica, delle ragioni che non legittimerebbero la corresponsione delle somme erogate, così da consentire al debitore di effettuare i necessari controlli sulla correttezza della pretesa, il cui accertamento ha carattere doveroso per il giudice, rispondendo a imprescindibili esigenze di garanzia del destinatario dell’atto di soppressione o riduzione del trattamento pensionistico in godimento. (In applicazione dell’anzidetto principio, la S.C. ha rilevato che correttamente la corte territoriale aveva ritenuto incomprensibili le ragioni della pretesa restitutoria, non emergendo dalla richiesta dell’INPS indicazioni adeguate a porre in grado la pensionata di verificare se si trattasse di un trattamento attribuito “sine titulo” ovvero di una erogazione conseguente ad un calcolo errato dell’ente).

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Cass. civ. n. 24418/2010

L’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati. Infatti, nell’anzidetta, ipotesi ciascun versamento non configura un pagamento dal quale far decorrere, ove ritenuto indebito, il termine prescrizionale del diritto alla ripetizione, giacchè il pagamento. che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del “solvens” con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’ “accipiens”.

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Cass. civ. n. 22872/2010

In tema di ripetizione di indebito oggettivo, la prova dell’inesistenza della “causa debendi” (nella specie, relativa al pagamento al lavoratore di compensi non pattuiti) incombe sulla parte che propone la domanda, trattandosi di elemento costitutivo della stessa ancorchè abbia ad oggetto fatti negativi, dei quali può essere data prova
mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o anche mediante presunzioni da cui desumersi il fatto negativo. Ove, peraltro, la domanda sia stata proposta solo in via riconvenzionale di fronte alla richiesta del lavoratore diretta ad ottenere l’adeguamento annuale dell’assegno “ad personam”, asseritamente stipulato con il datore di lavoro, incombe sul lavoratore provare il fatto costitutivo del credito azionato (l’esistenza di detto accordo), senza necessità di provare l’indebito pagamento, dovendosi ritenere la relativa prova già acquisita al giudizio.

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Cass. civ. n. 18483/2010

Colui che agisce per la ripetizione di un indebito allega la dazione senza causa della somma di denaro non come adempimento di un negozio giuridico ma come spostamento patrimoniale privo di causa e può, conseguentemente, assolvere l’onere della prova di questo fatto al di fuori dei limiti probatori previsti per i contratti, atteso che detti limiti sono applicabili solo al pagamento de¬dotto come manifestazione di volontà contrattua¬le e non a quello prospettato come fatto materiale estraneo alla esecuzione di uno specifico rapporto giuridico; ne consegue che la prova dell’indebito può essere fornita anche per testimoni, indipen¬dentemente dai limiti di cui all’art. 2721 c.c..

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Cass. civ. n. 9052/2010

In tema di ripetizione di indebito oggettivo, la ripetibilità è condizionata dal contenuto della prestazione e dalla possibilità concreta di ripetizione, secondo le regole degli artt. 2033 e ss. c.c., operando altrimenti, ove ne sussistano i presupposti, in mancanza di altra azione, l’azione generale di arricchimento prevista dall’art. 2041 c.c..

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Cass. civ. n. 8564/2009

Nell’ipotesi di nullità di un contratto, la disciplina degli eventuali obblighi restitutori è mutuata da quella dell’indebito oggettivo, con la conseguenza che qualora l” ‘accipiens sia in mala fede nel momento in cui percepisce la somma da restituire è tenuto al pagamento degli interessi dal giorno in cui l’ha ricevuta. (Nella specie, relativa a un mutuo di scopo legale per la costruzione di un complesso edilizio non realizzato, la S.C. ha ritenuto superata la presunzione di buona fede del mutuatario, avendo riconosciuto la nullità del contratto, per mancanza originaria della causa, sulla base dell’esistenza di un patto di compensazione tra un debito preesistente nei confronti del mutuante e le somme mutuate, con la parziale utilizzazione di queste ultime per estinguere i debiti precedenti, cosa da risultare evidente la consapevolezza del mutuatario, che aveva prestato il consenso all’effettuazione delle trattenute).

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Cass. civ. n. 5624/2009

L’art. 2033 cod. civ., pur essendo formulato con riferimento all’ipotesi del pagamento “ab origine” indebito, è applicabile per analogia anche alle ipotesi di indebito oggettivo sopravvenuto per essere venuta meno, in dipendenza di qualsiasi ragione, in un momento successivo al pagamento, la “causa debendi”. (Fattispecie relativa alla ripetizione di somma conseguente ad accordo amichevole sull’indennità di espropriazione, a seguito della revoca sopravvenuta della dichiarazione di pubblica utilità comportante l’inefficacia dell’accordo medesimo, con relativo computo degli interessi compensativi dal momento della domanda giudiziale, essendo rimasta esclusa la malafede del soggetto espropriando).

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Cass. civ. n. 16612/2008

In tema di azione di ripetizione, l’indebito oggettivo opera non solo quando l’originaria causa di pagamento sia venuta meno, ma anche quando essa manchi fin dall’origine; ai sensi degli artt. 2033 e 2935 c.c., la prescrizione del diritto di restituzione dell’indebito oggettivo decorre dal giorno del pagamento e può dal titolare essere interrotta secondo la disciplina generale di cui all’art. 2943 c.c. anche mediante atti diversi dalla domanda giudiziale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva qualificato la domanda restitutoria proposta dal consumatore nei confronti del fornitore di gas metano in relazione a quanto versato in più per la maggiorazione del prezzo determinata, per effetto del diritto del fornitore di traslazione di imposta, per oneri fiscali non dovuti e che aveva, altresì, conseguentemente applicato a tale domanda la prescrizione ordinaria decennale).

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Cass. civ. n. 27334/2005

In caso di mancanza di una causa adquirendi, sia in caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, che in caso di qualsiasi altra causa la quale faccia venir meno il vincolo originariamente esistente, fazione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo. (Nella specie la S.C., esclusa la configurabilità di un contratto di mutuo, e ravvisando ricorrere un contratto di società o associativo, in difetto della proposizione di un actio indebiti ha escluso l’esistenza dell’interesse a ricorrere in riferimento al motivo di censura avente ad oggetto esclusivamente la nullità del contratto per difetto di forma).

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Cass. civ. n. 21647/2005

L’azione di indebito oggettivo è esperibile non solo in caso di totale nullità di un contratto, con riferimento alle prestazioni eseguite in base ad esso, ma anche in caso di nullità parziale, in relazione a singole clausole in base alle quali siano state effettuate specifiche prestazioni e, eventualmente, controprestazioni a queste funzionalmente collegate. La ripetibilità, tuttavia, è condizionata dal contenuto della prestazione e dalla possibilità concreta di ripetizione, secondo le regole degli artt. 2033 e ss. c.c., operando altrimenti, ove ne sussistano i presupposti, in mancanza di altra azione, l’azione generale di arricchimento prevista dall’art. 2041 c.c. (Nella fattispecie la S.C. ha ritenuto, in presenza di nullità parziale, esperibili sia l’azione di indebito oggettivo da parte dall’autore della prestazione di pagamento del corrispettivo di una prestazione di fare, sia l’azione di arricchimento nei confronti del destinatario di quest’ultima prestazione).

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Cass. civ. n. 21096/2005

Sussiste indebito oggettivo tutte le volte in cui manchi la causa della prestazione e l’
accipiens non abbia titolo per riceverla: tanto accade nei casi di nullità del contratto, ove l’azione
de qua diventa esperibile per la restituzione delle prestazioni rese in base ad esso, ma anche nei casi di nullità di specifiche clausole contrattuali e per la restituzione delle corrispondenti prestazioni e controprestazioni da tali clausole originate.

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Cass. civ. n. 7651/2005

Qualora con sentenza sia dichiarata la nullità del titolo sulla base del quale è stato effettuato un pagamento, la domanda di restituzione dà luogo a un azione di ripetizione di indebito oggettivo il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non dalla data della decisione ma da quella del pagamento effettuato al momento della stipula del contratto dichiarato nullo, atteso che la pronuncia di nullità del negozio, essendo di mero accertamento, ha efficacia retroattiva con caducazione fin dall’origine dell’atto e della modifica della situazione giuridica preesistente, e ciò non diversamente da quanto accade nell’ipotesi di ri¬petizione del pagamento effettuato in base a norma successivamente dichiarata incostituzionale.

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Cass. civ. n. 4745/2005

Nell’ipotesi d’azione di ripetizione d’indebito oggettivo, ex art. 2033 .c.c., il debito dell’
accipiens; a meno che egli, non sia in mala fede, produce interessi solo a seguito della proposizione di un’apposita domanda giudiziale, non essendo sufficiente un ‘qualsiasi atto di costituzione in mora del debitore, atteso che all’indebito si applica la tutela prevista per il possessore in buona fede — in senso soggettivo — dall’art. 1148 c.c., a norma del quale questi è obbligato a restituire i frutti soltanto dalla domanda giudiziale, secondo il principio per il quale gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della proposizione della domanda.

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Cass. civ. n. 13829/2004

La ripetizione d’indebito oggettivo, di cui all’art. 2033 c.c., rappresenta un’azione restitutoria, non risarcitoria, a carattere personale, che riflette l’obbligazione insorta tra il solvens ed il destinatario del pagamento privo di causa acquirendi sia che questi lo abbia incassato personalmente sia che l’incasso sia avvenuto a mezzo di rappresentante. (Nella specie, relativa a versamento di somme — in sottoscrizione di polizza assicurativa — all’agente generale della compagnia, la S.C. in applicazione del principio di cui sopra ha ritenuto irrilevante la mancanza della prova che le somme versate al rappresentante fossero effettivamente pervenute alla società rappresentata).

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Cass. civ. n. 8587/2004

In materia di indebito oggettivo, ai fini della decorrenza degli interessi ai sensi dell’art. 2033 c.c. e della rilevanza dell’eventuale maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, c.c., rileva una nozione di buona fede in senso soggettivo, coincidente con l’ignoranza dell’effettiva situazione giuridica in conseguenza di un errore di fatto o di diritto, anche dipendente da colpa grave, non essendo applicabile la disposizione dettata dall’art. 1147, secondo comma, in riferimento alla buona fede nel possesso. Pertanto, anche il dubbio particolarmente qualificato circa l’effettiva fondatezza delle proprie pretese è compatibile con la buona fede ai fini in esame. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di secondo grado nella parte in cui aveva escluso che l’Inps fosse tenuto alla restituzione degli interessi sugli importi restituiti per contributi indebitamente versati con decorrenza dalla domanda amministrativa del datore di lavoro di un diverso inquadramento per i dipendenti inseriti nel ramo tecnico — domanda accolta dall’Inps a seguito della verifica della conformità dell’attività della impresa a quella descritta nella domanda medesima, — ritenendo detta richiesta inidonea a comprovare la conoscenza della situazione da parte dell’Istituto, e, quindi, la malafede dello stesso in relazione ai pagamenti effettuati in epoca successiva alla domanda e fino al momento dell’apertura, da parte dell’Istituto, della posizione assicurativa richiesta).

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Cass. civ. n. 1581/2004

Nell’ipotesi di azione di ripetizione di indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c., in parziale deroga rispetto a quanto previsto sia dall’art. 1282 che all’art: 1224 c.c., il debito dell’accipiens, pur avendo ad oggetto una somma di denaro liquida ed esigibile, non produce interessi a partire dal momento del pagamento, a meno che l’
accipiens non sia in mala fede, e non è sufficiente un qualsiasi atto di costituzione in mora del debitore, ma è necessario a questo scopo la proposizione di un’apposita domanda giudiziale.

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Cass. civ. n. 9604/2000

In tema di ripetizione d’indebito, deve ritenersi operante il normale principio dell’onere della prova gravante sul creditore istante, il quale è, pertanto, tenuto a dimostrare sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustifichi, ovvero il successivo venir meno di questa. In particolare, l’attore in ripetizione che assuma di aver pagato un importo superiore al proprio debito è tenuto a dimostrare il fatto costitutivo del suo diritto alla ripetizione, e cioè l’eccedenza di pagamento (fattispecie in tema di richiesta, da
parte di una società, di rimborso all’amministrazione finanziaria, ex artt. 41, D.P.R. n. 602/1973, 6 ed 8, D.P.R. n. 787/1980, di somme illegittimamente corrisposte in eccedenza a titolo di Irpeg ed Ilor).

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Cass. civ. n. 1089/2000

È ravvisabile un indebito oggettivo nei pagamenti dovuti al momento della solutio, ma rimasti successivamente privi di causa per un fatto sopravvenuto. Una siffatta soluzione si verifica con riferimento ad un rapporto contrattuale a formazione progressiva, allorché la stessa obbligazione sia oggetto di molteplici, successivi accordi, l’ultimo dei quali, stabilendo definitivamente il quantum della obbligazione stessa, individua il carattere indebito dei pagamenti già effettuati, eccedenti la relativa somma. Ne consegue che i pregressi pagamenti effettuati dagli assegnatari di alloggi realizzati da società cooperativa edilizia, eccedenti i prezzi definitivamente fissati nei rispettivi rogiti di assegnazione, sono ripetibili dagli stessi.

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Cass. civ. n. 13353/1999

In tema di indebito oggettivo il diritto del creditore agli interessi di cui all’art. .2033 c.c. non esclude il risarcimento del maggior danno ex art. 1224, comma secondo, C.C. a prescindere dalla buona o mala fede dell’accipiens che, ai fini dell’art. 2033 c.c., rileva solo in ordine alla decorrenza di interessi e frutti ma non ai fini della loro sussistenza. (Fattispecie in materia di sgravi contributivi).

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Cass. civ. n. 4760/1998

Il pagamento di un debito oggettivamente esistente, ma a persona diversa dal creditore (cosiddetto indebito ex latere accipientis), dà luogo ad una specie di indebito da assimilarsi a quella di cosiddetto «indebito oggettivo», con la conseguenza per cui si rendono, anche in un tal caso applicabili le regole di cui all’art. 2033 c.c.

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Cass. civ. n. 11973/1995

Il pagamento effettuato in base a contratto nullo per contrarietà a norme imperative configura un’ipotesi di indebito oggettivo cui consegue per il disposto dell’art. 2033 c.c. (diversamente dalla nullità per contrarietà al buon costume) la ripetibilità di quanto sia stato pagato.

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Cass. civ. n. 2814/1995

Il pagamento di un debito altrui, eseguito dal solvens volontariamente, ma non spontaneamente, a causa del comportamento illegittimo dal creditore (nella specie, che pretendeva di coinvolgerlo in una procedura fallimentare obiettivamente ingiusta), non è riconducibile allo schema dell’indebito soggettivo in difetto del pagamento dell’errore del solvens, ma rientra nella disciplina generale dell’art. 2033 c.c. — trattandosi di pagamento pur sempre privo di causa debendi e non eseguito con la volontà di estinguere l’altrui debito — sicché dà diritto alla ripetizione del pagamento.

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Cass. civ. n. 9018/1993

Colui che, avendo pagato per evitare l’esecuzione forzata minacciata in base ad un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo successivamente revocato con sentenza pronunciata in seguito a giudizio di opposizione, chiede la restituzione della somma, propone azione di ripetizione dell’indebito oggettivo (ai sensi dell’art. 2033 c.c.) e non di ingiustificato arricchimento (art. 2041 c.c.) e può, quindi, pretendere con la restituzione della somma ed i relativi interessi il risarcimento del maggior danno, ai sensi dell’art. 1224 c.c., solo se l’
accipiens è in mora.

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Cass. civ. n. 11969/1992

La natura degli interessi dovuti in sede di ripetizione di indebito di una somma di denaro non esclude l’applicabilità dell’art. 1224 c.c., ancorché ad essi deve attribuirsi natura corrispettiva, atteso che la messa in mora dell’accipiens, in quanto debitore di una obbligazione pecuniaria, comporta l’applicabilia anche dell’art. 1224 in tema di liquidazione dei relativi danni, con la conseguenza, però, che essendo l’art. 2033 norma parzialmente derogatoria rispetto sia all’art. 1282 che all’art. 1224, il debito dell’
accipiens, pur avendo ad oggetto una somma di danaro liquida ed esigibile, produce interessi solo a partire dalla domanda giudiziale e non dal pagamento — salvo che questi non versi in mala fede — e che non è sufficiente alla produzione di interessi ed alla risarcibilità del danno un qualsiasi atto di costituzione in mora del debitore, ma è necessaria la specifica proposizione della domanda giudiziale.

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Cass. civ. n. 1690/1984

La proponibilità dell’azione di ripetizione d’indebito oggettivo non è esclusa dall’avere il solvens effettuato il pagamento non già nell’erronea consapevolezza dell esistenza dell’obbligazione, ma, al contrario, nella convinzione di non essere debitore, e quindi senza l’animus solvendi nemmeno quando tale convinzione sia stata enunciata in un’espressa riserva formulata in sede di pagamento effettuato al solo scopo di evitare l’applicazione di eventuali sanzioni, giacché l’errore scusabile del solvens è richiesto dalla legge come condizione della ripetibilità esclusivamente con riguardo all’indebito soggettivo ex persona debitoria, solo in quest’ultima ipotesi ricorrendo l’esigenza di tutelare l’affidamento dell’
accipiens, il quale riceve ciò che gli spetta sia pure da persona diversa dal vero debitore, mentre nel primo caso (cui va assimilato l’indebito soggettivo ex persona creditoris) non vi è alcun affidamento da tutelare, in quanto l’
accipiens non ha alcun diritto di conseguire, né dal solvens, né da altri, la prestazione ricevuta.

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Cass. civ. n. 6245/1981

Qualora venga acclarata la mancanza di una causa acquirendi — tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, quanto in quello di qualsiasi altra causa che faccia venir meno un vincolo originariamente esistente — l’azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo, ancorché la prestazione si sia concretizzata in un facere, se questo è ragguagliato dalle parti ad una determinata somma di danaro. Non è, pertanto, nella suddetta situazione, esperibile l’azione di arricchimento senza causa, che ha carattere sussidiario e non può essere utilizzata allorché dall’ordinamento sia apprestata altra specifica azione.

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Cass. civ. n. 469/1975

La disciplina delle obbligazioni derivanti, a carico delle parti, dalla declaratoria di nullità di un negozio dalle stesse stipulato va desunta, quanto alle reciproche restituzioni, dai principi propri della ripetizione dell’indebito oggettivo. Secondo tale disciplina è sufficiente, a legittimare la ripetizione di quanto rispettivamente prestato da ciascuna parte in esecuzione del rapporto poi dichiarato nullo, il requisito dell’avvenuta esecuzione del «pagamento» e quello della nullità del titolo (contratto) in virtù del quale tale esecuzione ha avuto luogo. Non si richiede anche — né costituisce, correlativamente, impedimento a tali restituzioni — la circostanza della sussistenza di un «arricchimento» nel patrimonio dell’
accipiens e di una corrispondente diminuzione di quello del solvens, elementi caratteristici della diversa azione di arricchimento senza causa.

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Cass. civ. n. 2784/1970

La dichiarazione di invalidità di un contratto che abbia avuto esecuzione, legittima l’azione di ripetizione d’indebito quando si chieda la restituzione della prestazione obiettivamente non dovuta, e non già quando si chieda il corrispettivo del lucro conseguito dalla controparte. L’invalidità del negozio legittima, infatti, l’azione di arricchimento senza causa per le prestazioni che si siano rivolte a vantaggio di un contraente con danno patrimoniale dell’altro.

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