Avvocato.it

Articolo 191 Codice di procedura civile — Nomina del consulente tecnico

Articolo 191 Codice di procedura civile — Nomina del consulente tecnico

Nei casi previsti dagli articoli 61 e seguenti il giudice istruttore, con ordinanza ai sensi dell’articolo 183, settimo comma, o con altra successiva ordinanza, nomina un consulente, formula i quesiti e fissa l’udienza nella quale il consulente deve comparire [ 22 disp. att. ].

Possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità o quando la legge espressamente lo dispone.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

[adrotate group=”14″]

Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
[adrotate group=”16″]

Massime correlate

Cass. civ. n. 512/2017

Al limite costituito dal divieto per il consulente tecnico di ufficio di compiere indagini esplorative è consentito derogare quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche, essendo, in questo caso, consentito al consulente di acquisire anche ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori e rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 96/2017

Il principio di collegialità non esclude che fra i componenti di un collegio di consulenti tecnici sia fatta distribuzione di particolari attività, tanto più quando alcuni di essi abbiano una competenza professionale distinta da quella degli altri, purché i risultati dell’attività di ciascuno siano partecipati agli altri e da questi valutati, sicché collegialmente si formino le conclusioni da sottoporre al giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito osservando che la suddivisione del lavoro nell’ambito del collegio peritale, giustificata da ragioni pratiche inerenti alla vastità del lavoro da svolgere, aveva interessato soltanto la risposta ai chiarimenti richiesti, tenuto anche conto del fatto che la relazione era stata fatta propria da entrambi gli ausiliari, che l’avevano sottoscritta nella sua interezza).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 17399/2015

La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d’ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell’istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potersi limitare a disattendere l’istanza sul presupposto della mancata prova dei fatti che la consulenza avrebbe potuto accertare. Pertanto, nelle controversie che, per il loro contenuto, richiedono si proceda ad un accertamento tecnico, il mancato espletamento di una consulenza medico-legale, specie a fronte di una domanda di parte in tal senso (nella specie, documentata attraverso l’allegazione di un certificato medico indicativo del nesso di causalità tra la sindrome depressiva lamentata e la condotta illecita del convenuto), costituisce una grave carenza nell’accertamento dei fatti da parte del giudice di merito, che si traduce in un vizio della motivazione della sentenza.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 12921/2015

Il consulente tecnico di ufficio ha il potere di acquisire ogni elemento necessario per espletare convenientemente il compito affidatogli, anche se risultanti da documenti non prodotti in giudizio, sempre che non si tratti di fatti che, in quanto posti direttamente a fondamento delle domande e delle eccezioni, debbono essere provati dalle parti.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 12703/2015

Il giudice del merito non è tenuto a fornire un’argomentata e dettagliata motivazione là dove aderisca alle elaborazioni del consulente ed esse non siano state contestate in modo specifico dalle parti, mentre, ove siano state sollevate censure dettagliate e non generiche, ha l’obbligo di fornire una precisa risposta argomentativa correlata alle specifiche critiche sollevate, corredando con una più puntuale motivazione la propria scelta di aderire alle conclusioni del consulente d’ufficio.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 17757/2014

Nel nostro ordinamento vige il principio “judex peritus peritorum”, in virtù del quale è consentito al giudice di merito disattendere le argomentazioni tecniche svolte nella propria relazione dal consulente tecnico d’ufficio, e ciò sia quando le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie, sia quando il giudice sostituisca ad esse altre argomentazioni, tratte da proprie personali cognizioni tecniche. In ambedue i casi, l’unico onere incontrato dal giudice è quello di un’adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 6195/2014

L’inosservanza, da parte del consulente tecnico d’ufficio, del termine assegnatogli per il deposito della consulenza, non comporta di regola alcuna nullità, se non in particolari casi nel rito del lavoro.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 4017/2013

In tema di risarcimento del danno, ove sia stata svolta una consulenza tecnica di ufficio per una precisa quantificazione dello stesso (nella specie, relativo al pregiudizio patrimoniale subito da fabbricati ed aree edificabili per effetto di immissioni di polveri di cemento), il giudice può far ricorso alla valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., solo quando ritenga, con congrua e logica motivazione, il relativo accertamento peritale inidoneo allo scopo, sussistendo, pertanto, il presupposto normativo del ricorso all’equità, costituito dalla situazione di impossibilità – o di estrema difficoltà – di una precisa prova sull’ammontare del danno; incorre, invece, in evidente contraddizione, rendendo impossibile l’individuazione dei criteri e del percorso logico seguito per pervenire alla liquidazione, il giudice che, dopo aver ritenuto inattendibile la consulenza tecnica, utilizzi i valori in essa accertati per operare la valutazione equitativa del danno.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 23362/2012

Nella valutazione della consulenza tecnica d’ufficio, espletata in materia che richieda elevate cognizioni specifiche (nella specie, edilizia di convogliamento delle acque), è rimesso al prudente apprezzamento del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, recepire le argomentazioni dell’esperto nominato dall’ufficio, assistite da presunzione d’imparzialità, astenendosi da considerazioni personali sulle contrapposte argomentazioni del consulente di parte, meno attendibili perché influenzate dall’esigenza di sostenere le ragioni del preponente.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 15666/2011

Rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta, non sussistendo la necessità, ai fini della completezza della motivazione, che il giudice dia conto delle contrarie motivazioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, si hanno per disattese perché incompatibili con le argomentazioni poste a base della motivazione.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 5148/2011

Le valutazioni espresse dal consulente tecnico d’ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice e, tuttavia, egli può legittimamente disattenderle soltanto attraverso una valutazione critica, che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo il giudice indicare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del c.t.u. Qualora, poi, nel corso del giudizio di merito vengano espletate più consulenze tecniche, in tempi diversi e con difformi soluzioni prospettate, il giudice, ove voglia uniformarsi alla seconda consulenza, è tenuto a valutare le eventuali censure di parte e giusitificare la propria preferenza, senza limitarsi ad un’acritica adesione ad essa; egli può, invece, discostarsi da entrambi le soluzioni solo dando adeguata giusitificazione del suo convincimento, mediante l’enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti, nonchè, trattandosi di una questione meramente tecnica, fornendo adeguata dimostrazione di avere potuto risolvere, sulla base di corretti criteri e di cognizioni proprie, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che, in un giudizio sulla revisione dei prezzi nell’appalto di opere pubbliche, aveva acriticamente recepito, ai fini dell’applicazione di una o dell’altra tabella per la liquidazione della revisione, una delle due soluzioni proposte dal c.t.u. espletata in grado d’appello, difforme ed inconciliabile sia con l’altra, proposta dal medesimo consulente, sia con le conclusioni del consulente tecnico nominato in primo grado).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 4657/2011

In sede di giudizio di appello, allorché venga disposta una nuova (rispetto a quella eseguita in prime cure) consulenza tecnica d’ufficio (nella specie, per accertare il diritto dell’assicurato all’assegno di invalidità ed all’indennità di accompagnamento), l’eventuale accoglimento, da parte del giudice del gravame, della tesi del secondo consulente d’ufficio non necessita di una confutazione particolareggiata delle diverse risultanze e valutazioni della prima consulenza, essendo necessario soltanto che detto giudice non si limiti ad una acritica adesione al parere del secondo ausiliario, ma valuti le eventuali censure di parte, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 3130/2011

La consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. (Principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis, primo comma, c.p.c.).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 1149/2011

La consulenza tecnica, che in genere non è mezzo di prova bensì strumento di valutazione dei fatti già probatoriamente acquisiti, può costituire fonte oggettiva di prova quando si risolva nell’accertamento di situazioni rilevabili solo con l’ausilio di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche, come avviene con la consulenza grafica, che è il principale strumento di accertamento dell’autenticità della sottoscrizione. Ne consegue che il giudice può aderire alle conclusioni della consulenza grafica senza essere tenuto a motivare l’adesione, salvo che dette conclusioni non formino oggetto di specifiche censure.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 6050/2010

Le norme relative alla scelta del consulente tecnico d’ufficio hanno natura e finalità esclusivamente direttive, essendo la scelta riservata, anche per quanto riguarda la categoria professionale di appartenenza del consulente e la competenza del medesimo a svolgere le indagini richieste, all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito. Ne consegue che la decisione di affidare l’incarico ad un professionista (nella specie, geometra) iscritto ad un altro diverso da quello competente per la materia al quale si riferisce la consulenza (nella specie, ingegneri), ovvero non iscritto in alcun albo professionale, non è censurabile in sede di legittimità e non richiede specifica motivazione.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 10222/2009

Non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca “per relationem” le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito; pertanto, per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, tale motivazione è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice “a quo”, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 28855/2008

Il giudice di merito può legittimamente tenere conto, ai fini della sua decisione, delle risultanze di una consulenza tecnica acquisita in un diverso processo, anche di natura penale ed anche se celebrato tra altre parti, atteso che, se la relativa documentazione viene ritualmente acquisita al processo civile, le parti di quest’ultimo possono farne oggetto di valutazione critica e stimolare la valutazione giudiziale su di essa. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che correttamente il giudice del lavoro avesse tenuto in considerazione le risultanze di una consulenza contabile ordinata dal g.i.p. nel corso di un incidente probatorio ed avente ad oggetto il comportamento illecito del dipendente di una banca citata in giudizio da un creditore di detto dipendente perché fosse valutata la legittimità dell’eccezione di compensazione – sollevata da detta banca – tra le somme dovutele dal dipendente medesimo a titolo risarcitorio e quelle cui la banca era tenuta a titolo di t.f.r. a favore di quest’ultimo).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 27247/2008

Rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o in toto le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice. L’esercizio di tale potere, con ordinanza emanata su istanza di parte o su iniziativa officiosa e revocabile ex art. 177, comma secondo, c.p.c., non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici ; peraltro, il provvedimento con cui il giudice dispone la rinnovazione delle indagini non priva di efficacia l’attività espletata dal consulente sostituito.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 10688/2008

Allorché ad una consulenza tecnica d’ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte il giudice che intenda disattenderle ha l’obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fato carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (incorrendo, in tal caso, nel vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c. ).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 24620/2007

Le parti non possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente neppure nel caso di consulenza tecnica d’ufficio cosiddetta «percipiente» che può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, demandandosi al consulente l’accertamento di determinate situazioni di fatto, giacché, anche in siffatta ipotesi, è necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti. (Nella specie, la S.C., enunciando l’anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto una domanda di risarcimento del danno per mancato rilascio di certificato di agibilità necessario allo svolgimento di attività alberghiera, in quanto sfornita di allegazione e prova del pregiudizio asseritamente subito, avendo già rigettato, in corso di giudizio, l’istanza di consulenza tecnica d’ufficio proposta ai fini della quantificazione del danno medesimo).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 15219/2007

La consulenza tecnica d’ufficio è mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, rientrando nel suo potere discrezionale la valutazione di disporre la nomina dell’ausiliario giudiziario e la motivazione dell’eventuale diniego può anche essere implicitamente desumibile dal contesto generale delle argomentazioni svolte e dalla valutazione del quadro probatorio unitaramente considerato effettuata dal suddetto giudice. (Nella specie, la S.C. con riferimento ad un giudizio riguardante un’ingiunzione di pagamento fondata su una fideiussione omnibus, ha rilevato l’inammissibilità della relativa censura prospettata dalla ricorrente circa la mancata ammissione della C.T.U., avendo i giudici del merito dimostrato, con adeguata e logica motivazione, la superfluità di un accertamento tecnico grafologico, in mancanza di alcun elemento probatorio che supportasse l’assunto della mancata insorgenza del rapporto obbligatorio per essere stato il documento firmato in bianco.).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 14759/2007

Il giudice di merito, per la soluzione di questioni di natura tecnica o scientifica, non ha alcun obbligo di nominare un consulente d’ufficio, ma può ben fare ricorso alle conoscenze specialistiche che abbia acquisito direttamente attraverso studi o ricerche personali.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 21412/2006

La consulenza tecnica d’ufficio ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche che egli non possiede, ma non è certo destinata ad esonerare le parti dalla prova dei fatti dalle stesse dedotti e posti a base delle rispettive richieste, fatti che devono essere dimostrati dalle medesime parti alla stregua dei criteri di ripartizione dell’onere della prova previsti dall’art. 2697 c.c. .

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 20820/2006

Il giudice d’appello, sia pure con l’obbligo di motivare adeguatamente il suo disaccordo dalle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio del giudice di primo grado, non è tenuto a disporre un nuovo accertamento peritale se non condivide le conclusioni del primo consulente. La decisione di non disporne l’ammissione non è sindacabile in sede di legittimità, posto che compete al giudice del merito valutare se il relativo espletamento possa condurre o meno ai risultati perseguiti dalla parte istante, sulla quale incombe pertanto l’onere di offrire gli adeguati elementi di valutazione. (Nella specie, il giudice dell’appello ha ritenuto ininfluente l’accertamento eseguito dal consulente in primo grado — consistito in una sorta di simulazione dell’attività di una impresa di discarica — ai fini dell’accoglimento di una domanda di risarcimento dei danni provocati dalla P.A., con l’illegittimo diniego di un’autorizzazione che aveva ritardato l’inizio dell’attività d’impresa; il giudice di appello non ha ritenuto provata — pur accettando in astratto i risultati delle indagini peritali — la effettiva produzione dei danni.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 19661/2006

Il controllo del giudice del merito sui risultati dell’indagine svolta dal consulente tecnico d’ufficio costituisce un tipico apprezzamento di fatto, in ordine al quale il sindacato di legittimità è limitato alla verifica della sufficienza e correttezza logico giuridica della motivazione. In particolare, ove il giudice di primo grado si sia conformato alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, il giudice di appello può pervenire a valutazioni divergenti da quelle, senza essere tenuto ad effettuare una nuova consulenza, qualora, nel suo libero apprezzamento, ritenga, dandone adeguata motivazione, le conclusioni dell’ausiliario non sorrette da adeguato approfondimento o non condivisibili per altre convincenti ragioni. (Principio espresso in fattispecie nella quale il giudice d’appello — in un giudizio di revocatoria fallimentare, ai sensi dell’art. 67, primo comma, numero 1, legge fall., di un atto di compravendita — aveva ritenuto non affidante il metodo sintetico-comparativo seguito dal consulente per accertare il prezzo dell’immobile compravenduto, giacché questi non aveva offerto puntuali indicazioni in ordine agli accertamenti a tal fine effettuati; e, giudicando più attendibile la determinazione del valore dell’immobile effettuata secondo il metodo analitico, aveva perciò rigettato la domanda, ritenendo non provata la notevole sproporzione tra le prestazioni, considerata invece sussistente dal giudice di primo grado, il quale aveva recepito le conclusioni del consulente).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 3990/2006

In tema di consulenza tecnica di ufficio, il giudice può affidare al consulente non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), e in tal caso, in cui la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova, è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l’accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche. (Nella fattispecie, relativa all’azione di danni del conduttore di immobili nei confronti del locatore per lavori di ristrutturazione del fabbricato, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito che aveva rigettato la domanda per avere la stessa ritenuto che l’attore aveva dedotto e prodotto i documenti di spesa soltanto durante la consulenza tecnica di primo grado, quindi irritualmente, per violazione dell’articolo 87 disp. att. c.p.c. e del diritto di difesa, con conseguente irritualità e inammissibilità della stessa consulenza, trasformatasi in mezzo di prova, ed erroneità della sentenza di accoglimento del primo giudice, in quanto fondata su quei preventivi, non anche su elementi di prova forniti dalla parte; ha conclusivamente affermato la S.C. che l’intervento del consulente era stato ritenuto necessario per accertare sia lo stato dei luoghi e la riduzione del valore locativo dell’immobile, sia eventuali danni patrimoniali ai beni di proprietà attorea).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 3187/2006

Quando la nomina di un consulente tecnico non sia imposta dalla legge in considerazione della particolare natura della controversia, il giudice ha solo una facoltà di fare ricorso, anche di ufficio, al parere di un suo perito per le valutazioni che richiedono specifiche conoscenze tecniche. In assenza di istanza di parte il giudice non ha, dunque, alcun dovere di motivazione sulle ragioni che lo hanno indotto a non avvalersi di questa facoltà.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 20814/2004

Il principio secondo cui il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, va contemperato con l’altro principio secondo cui il giudice deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata in merito ad una questione tecnica rilevante per la definizione della causa, con la conseguenza che quando il giudice disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio di quel potere, mentre se la soluzione scelta non risulti adeguatamente motivata, è sindacabile in sede di legittimità sotto l’anzidetto profilo.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 3577/2004

Allorchè, in sede di giudizio di appello, venga disposta una nuova (rispetto a quella eseguita in prime cure) consulenza tecnica d’ufficio (nella specie, per accertare il diritto dell’assicurato ricorrente ad ottenere il ripristino di rendita infortunistica già in godimento fino a visita di revisione), l’eventuale accoglimento, da parte del giudice del gravame, della tesi del secondo consulente d’ufficio non necessita di una confutazione particolareggiata delle diverse risultanze e valutazioni della prima consulenza, essendo necessario soltanto che detto giudice non si limiti ad una acritica adesione al parere del secondo ausiliario, ma valuti le eventuali censure di parte, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 88/2004

In tema di procedimento civile, la consulenza tecnica d’ufficio — che può costituire fonte oggettiva di prova tutte le volte che opera come strumento di accertamento di situazioni di fatto rilevabili esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche — è un mezzo istruttorio sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso al potere discrezionale del giudice, il cui esercizio incontra il duplice limite del divieto di servirsene per sollevare le parti dall’onere probatorio e dell’obbligo di motivare il rigetto della relativa richiesta. Ne consegue che il giudice che non disponga la consulenza richiesta dalla parte è tenuto a fornire adeguata dimostrazione — suscettibile di sindacato in sede di legittimità — di potere risolvere, sulla base di corretti criteri, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potere, per converso, disattendere l’istanza stessa ritenendo non provati i fatti che questa avrebbe verosimilmente accertato.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 12304/2003

Ove la decisione di una controversia dipenda da una questione tecnica, il giudice che censuri il parere espresso del consulente d’ufficio ha l’onere di motivare adeguatamente tale censura e, in tale ambito, può motivatamente escludere la stessa necessità dell’indagine tecnica, ovvero disporre motivatamente una nuova indagine, ovvero fornire adeguata dimostrazione di aver potuto risolvere, sulla base di corretti criteri e di cognizioni proprie, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 10816/2003

Il giudice, il quale disattenda il parere espresso dal consulente tecnico d’ufficio, ha l’onere di dare di ciò adeguata motivazione, autonomamente e direttamente penetrando nella questione tecnica e di questa giungendo a dare propria, diversa e motivata soluzione. Tuttavia, nel caso in cui il giudice, dopo avere espletato un’indagine tecnica d’ufficio e dopo avere disposto, a seguito delle critiche a questa formulate dalle parti, altra indagine, ritrovi nei fatti nuovamente accertati una conferma del primo parere, può, contestualmente avvalendosi delle due consulenze, non accogliere il secondo parere nella sua interezza, bensì nella misura del riscontro, che del precedente parere egli esigeva; in tale caso, la giustificazione della decisione è costituita anche dal primo parere. (Nella specie, la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., ha utilizzato la consulenza tecnica d’ufficio espletata in grado di appello per la diagnosi e per il giudizio circa l’assenza di miglioramenti nei confronti della situazione preesistente, pur avendo il consulente tecnico affermato che all’epoca della revoca la capacità di guadagno della ricorrente non era ridotta nelle misura di cui all’art. 10 del R.D.L. n. 636 del 1939).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 2589/2003

In tema di consulenza tecnica, rientra nella discrezionalità del giudice istruttore stabilire se la mancata partecipazione del consulente tecnico di parte alle operazioni peritali sia stata determinata da un impedimento riconducibile ad eventi eccezionali e, in ogni caso, l’eventuale nullità della consulenza derivante dalla sua mancata partecipazione a dette operazioni ha carattere relativo e, conseguentemente, deve essere eccepita, a pena di decadenza, nella prima udienza successiva al deposito della relazione.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 125/2003

Quando il giudice di merito ritenga di aderire alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, non è tenuto ad una particolareggiata motivazione, ben potendo il relativo obbligo ritenersi assolto con l’indicazione, come fonte del proprio convincimento, della relazione di consulenza, anche nel caso in cui le valutazioni contenute in una prima relazione peritale siano state oggetto di esame critico in una successiva consulenza tecnica d’ufficio, alle cui conclusioni il giudice di merito ritenga di aderire. Anche in questo caso, infatti, è sufficiente la ragionata accettazione dei risultati della nuova consulenza per ritenere implicitamente disattesi, senza necessità di specifica ed analitica confutazione, le argomentazioni e i conclusivi rilievi esposti nella precedente consulenza.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 87/2003

Il giudice di merito, nell’esercizio del proprio potere discrezionale di accoglimento (o di rigetto), anche implicito, di una istanza di consulenza tecnica avanzata da una delle parti del processo, è tenuto unicamente ad evidenziare, in sede di motivazione della propria decisione, la esaustività delle altre prove, acquisite o prodotte nel corso dell’istruttoria, ai fini delle pronuncia definitiva sulla controversia. Egli non può, per converso, negare ingresso a detta istanza, omettendo di confutare le ragioni addotte dalla parte a sostegno della medesima, e ritenere nel contempo indimostrati i fatti che, per effetto della consulenza stessa, si sarebbero potuti invece, provare, specie quando oggetto dell’accertamento risultino elementi rispetto ai quali la consulenza si presenta come lo strumento più efficiente d’indagine e la parte si trovi, se non nell’impossibilità, quanto meno nella pratica difficoltà di offrire adeguati parametri di valutazione.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 12406/2002

Il giudice di merito non è tenuto ad argomentare diffusamente la propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, mentre ha l’obbligo di esaminare i rilievi mossi alla consulenza ove essi risultino specifici e argomentati, vuoi per verificarne la fondatezza mediante il rinnovo della indagine, vuoi per disattenderli con adeguata confutazione delle tesi ivi esposte.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 5422/2002

In materia di procedimento civile, la consulenza tecnica non costituisce un mezzo di prova, ma è finalizzata all’acquisizione, da parte del giudice del merito, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze. La nomina del consulente rientra quindi nel potere discrezionale di tale giudice, che può provvedervi anche senza alcuna richiesta delle parti, sicché ove una richiesta di tale genere venga formulata dalla parte essa non costituisce una richiesta istruttoria in senso tecnico ma una mera sollecitazione rivolta al giudice perché questi, avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo; ne consegue che una tale richiesta non può mai considerarsi tardiva, anche se formulata solamente in sede di precisazione delle conclusioni, né generica, poiché è sempre il giudice che, avvalendosi dei suoi poteri, delimita l’ambito dell’indagine da affidare al Ctu.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 71/2002

È nel potere discrezionale del giudice disattendere le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, senza dover disporre un’ulteriore perizia, purché disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza sufficienti a dar conto della decisione adottata; detta decisione può essere censurata in sede di legittimità solo ove la soluzione scelta non risulti sufficientemente motivata.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 15590/2001

Per non incorrere nel vizio di motivazione il giudice che si discosta dal parere espresso dal c.t.u. su un punto decisivo della controversia deve giustificare il proprio dissenso in modo adeguato. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva escluso il carattere professionale dell’ernia del disco contratta dallo scaricatore di porto ricorrente, attribuendo, del tutto illogicamente e senza un sufficiente vaglio del materiale probatorio acquisito, prevalenza alle dichiarazioni di due testi rispetto alle diffuse e precise argomentazioni del c.t.u. in merito alla attribuibilità, alla malattia de qua, dei requisiti di tipicità, specificità e inconfondibilità propri di una tecnopatia).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 15318/2001

In caso di contrasto fra consulenze tecniche di ufficio disposte in gradi diversi del giudizio di merito, l’accoglimento da parte del giudice dell’appello delle conclusioni formulate dal secondo consulente presuppone solo il controllo della correttezza metodologica della consulenza redatta dal secondo ausiliare e non richiede alcun processo motivazionale in ordine alla scelta di tali conclusioni, essendo il diverso risultato della seconda consulenza un naturale effetto del giudizio di appello, che — in quanto revisio prioris instantiae — è proprio diretto a raggiungere un risultato diverso da quello di primo grado in relazione ai medesimi fatti.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 9922/2001

Il giudice di merito non può ritenersi vincolato dalle deduzioni tratte dal c.t.u. in base agli accertamenti tecnici, essendo suo precipuo compito trarre autonomamente logiche conclusioni, giuridiche e di merito, sulla base del materiale probatorio acquisito.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 9567/2001

Qualora il giudice di appello, esaminando i risultati di due successive consulenze tecniche di ufficio disposte in primo grado e fra loro contrastanti aderisca al parere del secondo consulente respingendo quello del primo, la motivazione della sentenza è sufficiente anche se tale adesione non sia specificamente giustificata ove il parere cui è prestata adesione fornisca gli elementi che consentano, su un piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, su un piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti nella seconda relazione o deducibili aliunde. La suddetta specifica giustificazione è, invece, necessaria nella diversa ipotesi di adesione alle conclusioni della prima di due divergenti consulenze tecniche disposte dallo stesso giudice.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 8165/2001

Quando i rilievi contenuti nella consulenza tecnica di parte siano precisi e circostanziati, tali da portare a conclusioni diverse da quelle contenute nella consulenza tecnica d’ufficio ed adottate in sentenza, ove il giudice trascuri di esaminarli analiticamente, ricorre il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 3787/2001

Qualora nel corso del giudizio di merito vengano espletate più consulenze in tempi diversi con risultati difformi, il giudice può seguire il parere che ritiene più congruo o discostarsene, dando adeguata e specifica giustificazione del suo convincimento; in particolare, quando intenda uniformarsi alla seconda consulenza, non può limitarsi ad una adesione acritica ma deve giustificare la propria preferenza indicando le ragioni per cui ritiene di disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che questi risultino criticamente esaminate dalla nuova relazione (nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito con cui era stata respinta la domanda di prestazioni assistenziali, aderendo alla C.t.u. espletata in grado d’appello secondo cui la malattia non era «documentata con rigore scientifico» senza motivare sulla mancata considerazione delle cartelle cliniche utilizzate dal primo c.t.u.).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 3343/2001

In relazione alla finalità propria della consulenza tecnica d’ufficio, di aiutare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerta di prove ovvero a compiere un’attività esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. Ai sopraindicati limiti è consentito derogare unicamente quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche, nella quale ipotesi, peraltro, la parte che denunzia la mancata ammissione della consulenza ha l’onere di precisare, sotto il profilo causale, come l’espletamento del detto mezzo avrebbe potuto influire sulla decisione impugnata.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 15136/2000

Il principio secondo cui il provvedimento che disponga, o no, la consulenza tecnica, rientrando nel potere discrezionale del giudice del merito, è incensurabile in sede di legittimità va contemperato con quello secondo il quale il giudice stesso deve sempre motivare adeguatamente la decisione adottata in merito ad una questione tecnica rilevante per la definizione della causa, in relazione alla quale la consulenza può profilarsi come lo strumento più funzionale ed efficiente di indagine, con la conseguenza che, ove egli abbia ritenuto di non avvalersi di tale strumento, deve fornire adeguata dimostrazione di aver potuto risolvere, sulla base di corretti criteri e di cognizione proprie, tutti i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione, senza potere, per converso, disattendere l’istanza di ammissione della consulenza medesima sic et simpliciter, ritenendo non provati i fatti che questa avrebbe, invece, verosimilmente accertato.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 14979/2000

La consulenza tecnica di ufficio è un mezzo istruttorio non una prova vera e propria è pertanto, sottratta alla disponibilità delle parti e affidata al prudente apprezzamento del giudice del merito il quale, tuttavia, non può respingere, senza adeguata motivazione, una istanza di ammissione di tale mezzo formulata dalla parte, sempre che in essa siano state indicate le ragioni dell’indispensabilità delle indagini tecniche per la decisione.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 12080/2000

Il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, ai rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perché incompatibili con le argomentazioni accolte. Le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in tal caso in mere allegazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 8395/2000

La consulenza tecnica pur non costituendo, nel vigente codice di rito un mezzo di prova, non essendo diretta ad acclarare la verità o meno di determinati fatti, può assumere il valore di oggettiva fonte di convincimento ove trattisi di fatti rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza e non di circostanze o situazioni storiche che, in quanto poste a fondamento della domanda o dell’eccezione, debbono essere provate dalle parti.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 4588/2000

Nell’ipotesi in cui l’accertamento tecnico debba eseguirsi lontano dalla sede giudiziaria competente per la definizione della controversia, il giudice può delegare per la nomina del consulente tecnico il pretore del mandamento in cui deve svolgersi il predetto accertamento, in analogia con quanto disposto dall’art. 203 c.p.c. per l’assunzione dei mezzi di prova fuori della circoscrizione del tribunale.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 1132/2000

Poiché la consulenza tecnica d’ufficio ha la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche che questi non possiede e non quella di esonerare una parte dalla prova anche documentale dei fatti dedotti e della quale è onerata, legittimamente il giudice di merito non ammette la consulenza contabile (nella specie in materia di spese condominiali) richiesta non per evidenziare le singole poste contabili sulla scorta delle acquisizioni fatte ad iniziativa delle parti bensì per ricercare ed indicare i documenti ad esse astrattamente idonei.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 7319/1999

La consulenza tecnica d’ufficio — che, normalmente, non è un mezzo di prova, ma uno strumento di valutazione, sotto il profilo tecnico-scientifico, di dati già acquisiti che non può essere utilizzato al fine di esonerare le parti dall’onus probandi gravante su di esse — può contenere elementi idonei a formare il convincimento del giudice. Ne consegue che una volta che l’ausiliare abbia, di sua iniziativa, assunto legittimamente informazioni il giudice, tenuto a valutare se l’iniziativa sia stata utilmente condotta, incorre nel vizio di omessa motivazione se non esamina affatto una questione — prospettata dalle parti o rilevabile d’ufficio — che risulta dalla relazione peritale acquisita agli atti. (Nella specie la sentenza impugnata — cassata con rinvio dalla S.C. — nel riconoscere il diritto del ricorrente all’assegno di invalidità, con decorrenza dal mese di dicembre del 1986, non aveva affatto preso in esame la circostanza, risultante dalla relazione peritale, che il ricorrente medesimo era anche titolare di pensione di vecchiaia dal mese di ottobre del 1988, sicché erano stati lasciati in vita entrambi i trattamenti in contrasto con il principio di preclusività alternativa delle prestazioni previdenziali).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 996/1999

La consulenza tecnica è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) sottratto alla disponibilità delle parti e affidato al prudente apprezzamento del giudice del merito, il quale, tuttavia, nell’ammettere il mezzo stesso deve attenersi al limite ad esso intrinseco consistente nella sua funzionalità alla risoluzione di questioni di fatto presupponenti cognizioni di ordine tecnico e non giuridico; pertanto il giudice, qualora erroneamente affidi al consulente lo svolgimento di accertamenti e la formulazione di valutazioni giuridiche o di merito inammissibili, non può risolvere la controversia in base ad un richiamo alle conclusioni del consulente stesso, ma può condividerle soltanto ove formuli una propria autonoma motivazione basata sulla valutazione degli elementi di prova legittimamente acquisiti al processo e dia sufficiente ragione del proprio convincimento, tenendo conto delle contrarie deduzioni delle parti che siano sufficientemente specifiche. (Nella specie il giudice di merito aveva fatto riferimento alle argomentazioni del consulente tecnico d’ufficio riguardo alla sussistenza dei presupposti del diritto di un dipendente delle Ferrovie dello Stato ad una superiore qualifica, concretamente consistenti nella vacanza del posto e nella proroga della validità di una graduatoria di merito degli accertamenti professionali).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 333/1999

Le valutazioni espresse dal C.T.U. non hanno efficacia vincolante per il giudice, che può legittimamente disattenderle attraverso una valutazione critica che sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata, dovendo indicare in particolare gli elementi di cui si è avvalso per ritenere erronei gli argomenti sui quali il consulente si è basato, ovvero gli elementi probatori, i criteri di valutazione e gli argomenti logico-giuridici per addivenire alla decisione contrastante con il parere del C.T.U. In materia di valutazione di immobili ai fini della liquidazione dell’indennità di esproprio o del risarcimento del danno da occupazione appropriativa, qualora ritenga inaccettabili i criteri adottati dal consulente, può disattenderne le conclusioni facendo, ad esempio, riferimento alla stima amministrativa, quale indice di valutazione idoneo, insieme alle altre emergenze di causa, alla determinazione dell’indennità, ma non può apoditticamente affermare l’eccessività del valore venale, come accertato dal consulente tecnico, sostituendolo con un altro valore ritenuto, semplicemente, equo.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 321/1999

La consulenza tecnica, pur avendo, di regola, la funzione di fornire al giudice una valutazione relativa a fatti già probatoriamente acquisiti al processo, può legittimamente costituire, ex se, fonte oggettiva di prova qualora si risolva non soltanto in uno strumento di valutazione, bensì di accertamento di situazioni di fatto rilevabili esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche, così che, in tal caso, viola la legge processuale il giudice di merito che ne rifiuti l’ammissione sotto il profilo del mancato assolvimento, da parte dell’istante, dell’onere probatorio di cui all’art. 2697 c.c. (Nella specie, richiesta una consulenza tecnica da parte di un condomino al fine di accertare il risparmio di spesa, da parte del condominio, conseguente al mancato utilizzo del proprio impianto di riscaldamento — cui egli aveva all’uopo apposti i sigilli — il giudice di merito aveva rigettato come inammissibile l’istanza ritenendo la consulenza de qua funzionale ad una inammissibile indagine esplorativa, in mancanza di altre prove fornite dal richiedente. La S.C., nel cassare la sentenza e nel sancire il principio di diritto di cui in massima, ha, ancora, osservato, con riferimento al caso di specie, come la prova del risparmio di spesa per il condominio non potesse fornirsi che attraverso una indagine tecnica che procedesse, da un canto, alla misurazione del calore proveniente dagli appartamenti limitrofi di cui i locali dell’attore avevano pur sempre beneficiato, e, dall’altro, all’accertamento della diminuzione di energia in concreto irrogata dall’impianto centrale).

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 4520/1998

La consulenza tecnica, una volta ammessa ed espletata, oltre a fornire al giudice una valutazione relativa a fatti già provati, costituisce fonte oggettiva di prova dei fatti accertati dal consulente e riferiti nella sua relazione.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 2769/1997

Poiché le ordinanze, anche collegiali, sono sempre revocabili e modificabili da parte del giudice che le ha emesse, con le sole eccezioni di cui all’art. 177 c.p.c., il giudice di merito ben può, nell’esercizio delle proprie discrezionali attribuzioni, formulare al C.T.U. un quesito diverso da quello inizialmente indicato nell’ordinanza di nomina.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 9522/1996

Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l’incarico di valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente). Nel primo caso la consulenza presuppone l’avvenuto espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, senza che questo significhi che le parti possono sottrarsi all’onere probatorio e rimettere l’accertamento dei propri diritti all’attività del consulente. In questo secondo caso è necessario, infatti, che la parte quanto meno deduca il fatto che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che vi siano altri motivi che impediscano o consiglino di procedere direttamente all’accertamento.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 6792/1996

Nel caso di contrasto tra le valutazioni espresse dai consulenti tecnici d’ufficio nei due gradi del giudizio di merito, qualora il giudice d’appello ritenga di dover prestare completa adesione alle conclusioni formulate dal consulente tecnico da lui stesso nominato, non è obbligato ad indicare le ragioni per le quali disattende la contraria valutazione espressa dalla prima consulenza, la quale deve ritenersi, eventualmente anche per implicito, rifiutata in base alle considerazioni espresse nella seconda consulenza con essa incompatibili.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 2205/1996

In relazione alla finalità propria della consulenza tecnica d’ufficio, di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerta di prove ovvero a compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. Ai sopraindicati limiti è consentito derogare unicamente quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il ricorso a specifiche cognizioni tecniche, nella quale ipotesi, peraltro, la parte che denunzia la mancata ammissione della consulenza ha l’onere di precisare, sotto il profilo causale, come l’espletamento del detto mezzo avrebbe potuto influire sulla decisione impugnata.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 7863/1995

Il giudice di merito che ha regolarmente acquisito al processo l’accertamento tecnico preventivo può trarre elementi di prova anche dalle indagini effettuate dal consulente tecnico al di fuori dei limiti dell’incarico ricevuto se queste indagini siano state compiute nel rispetto del contraddittorio.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 8669/1994

Se nel corso del giudizio vengono nominati, in tempi successivi, due o più consulenti tecnici d’ufficio le cui conclusioni siano difformi ed inconciliabili fra loro, il giudice può seguire il parere dell’uno o dell’altro o anche discostarsi da tutti, purché dia adeguata giustificazione del suo convincimento mediante l’enunciazione dei criteri probatori e degli elementi di valutazione specificamente seguiti. In particolare, allorquando intenda uniformarsi al parere del secondo consulente, non può limitarsi ad una critica adesione ad esso, ma deve, invece, valutare le eventuali censure di parte e giustificare la propria preferenza, indicando le ragioni per cui ritiene di dover disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che queste non siano state già criticamente esaminate nella nuova relazione peritale, nel qual caso soltanto sarà sufficiente accettare ragionatamente le conclusioni di quest’ultima, senza necessità di una minuziosa ed analitica confutazione degli argomenti esposti nell’altra.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 6500/1994

A norma dell’art. 6 della L. 8 luglio 1980, n. 319 (sui nuovi compensi ai periti, consulenti tecnici, interpreti e traduttori), nel caso di nomina di più periti, la collegialità dell’incarico (la quale comporta la determinazione di un compenso globale pari all’importo spettante ad un solo perito con l’aumento del quaranta per cento per ciascuno degli altri esperti) costituisce la regola e, pertanto, non occorre che risulti prevista dall’atto di affidamento del mandato, atto dal quale deve invece chiaramente risultare la previsione della singolarità dell’incarico, configurandosi la stessa (non desumibile ex post soltanto dal fatto che l’incarico sia stato svolto personalmente e per l’intero da ciascuno dei consulenti) come eccezione al principio di collegialità ed essendo la relativa previsione necessaria perché le parti abbiano un’esatta cognizione del modo di esplicazione del mandato.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 4104/1992

In tema di malattie professionali non tabellate, la conclusione del consulente tecnico di ufficio circa la sussistenza in termini di probabilità, invece che di certezza, del nesso causale fra lo svolgimento dell’attività lavorativa e la malattia riscontrata nel lavoratore non è di per sé sufficiente a fondare un giudizio di non indennizzabilità della malattia, dovendo il giudice valutare le conclusioni probabilistiche del consulente, con conseguente possibilità di tradurre le stesse in certezza giudiziale, alla stregua di ogni ulteriore elemento (eventualmente acquisibile mediante richiesta di chiarimenti o nuove indagini) che risulti utile in relazione alla situazione concreta, come, in particolare, l’entità e la durata dell’esposizione del lavoratore ai fattori di rischio associati all’attività lavorativa e l’incidenza di essi in rapporto all’eventuale esistenza di fattori esterni alternativi o concorrenti.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 1223/1990

Il giudice del merito può trovare elementi di convincimento anche dalla parte della consulenza d’ufficio eccedente i limiti del mandato, ma non sostanzialmente estranea all’oggetto dell’indagine in funzione della quale è stata disposta, non esulando siffatto potere dall’ambito del libero apprezzamento delle prove cosiddette atipiche, ammissibili nel nostro ordinamento, in mancanza di una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 7295/1983

Sebbene il richiamo del giudice del merito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio comporti il rigetto implicito delle opposte considerazioni delle parti, è tuttavia sempre necessario che la sentenza contenga l’esposizione, sia pur sintetica, delle ragioni poste dal consulente a sostegno delle proprie conclusioni (nella specie, riguardanti l’accertamento del valore venale in regime di libera contrattazione di un bene espropriato), al fine di un controllo sull’adeguatezza del richiamo e sulla completezza e coerenza della risposta fornita alle critiche relative all’elaborato peritale.

[adrotate group=”16″]

Cass. civ. n. 6229/1983

Qualora la risoluzione della controversia involga l’esame di problemi tecnici di non lieve difficoltà — quali sono quelli riguardanti le caratteristiche funzionali di una struttura in cemento armato — non è consentito al giudice di prescindere totalmente dalle conclusioni del C.T.U. dovendo, invece, ove reputi di dissentirne, contrapporre ad esse un ragionamento fondato su criteri scientifici, senza poter fondare il suo diverso avviso su fatti notori di non controllata esattezza, dovendo il notorio essere inteso in senso rigoroso e come fatto acquisito alla collettività con tale grado di certezza da apparire incontestabile.

[adrotate group=”16″]

[adrotate group=”15″]

Se la soluzione non è qui, contattaci

Non esitare, siamo a tua disposizione

Email

Esponi il tuo caso allegando, se del caso, anche dei documenti

Telefono

Una rapida connessione con gli avvocati del nostro team

Chat

On line ora! Al passo con i tempi per soddisfare le tue esigenze