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Art. 10 — Delitto comune dello straniero all’estero

Art. 10 — Delitto comune dello straniero all’estero

Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce [ la pena di morte o ] l’ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo la legge medesima [ 112 ], sempre che si trovi nel territorio dello Stato, e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa.

Se il delitto è commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che:

  1. 1) si trovi nel territorio dello Stato;
  2. 2) si tratti di delitto per il quale è stabilita la pena [ di morte o ] dell’ergastolo ovvero della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni;
  3. 3) l’estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene.

La richiesta del Ministro della giustizia o l’istanza o la querela della persona offesa non sono necessarie per i delitti previsti dagli articoli 317, 318, 319, 319 bis, 319 ter, 319 quater, 320, 321, 322 e 322 bis.

  1. 1) si trovi nel territorio dello Stato;
  2. 2) si tratti di delitto per il quale è stabilita la pena [ di morte o ] dell’ergastolo ovvero della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni;
  3. 3) l’estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene.
L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 45295/2017

Rientra nella giurisdizione del giudice italiano il reato comune commesso all’estero dallo straniero in danno di un cittadino italiano purché l’imputato si trovi nel territorio dello Stato italiano e la persona offesa abbia sporto querela, senza che sia necessaria anche la richiesta del Ministro. (Fattispecie in materia di violenza sessuale).

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Cass. pen. n. 35633/2010

Integra il delitto di sequestro di persona (art. 630 c.p.), punibile secondo la legge italiana, la condotta di cittadini turchi di nazionalità curda che – superando con violenza gli agenti della questura – penetrino all’interno del Consolato Generale della Grecia, rinchiudendo il Console nel suo Ufficio, al fine di fargli spedire un fax al Primo Ministro della Repubblica Ellenica, in quanto la legge penale da osservare nei locali, ancorché inviolabili, di un consolato estero in Italia è, anche a seguito della Convenzione di Vienna, quella che si applica in qualsiasi parte del territorio italiano, qualunque siano le norme dello Stato ospitato e indipendentemente dall’immunità riconosciuta agli addetti ed all’inviolabilità dei locali strettamente riservati all’esercizio delle funzioni diplomatiche, le quali non implicano affatto l’extraterritorialità delle sedi diplomatiche.

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Cass. pen. n. 2955/2006

Nel caso di delitto commesso in territorio estero da uno straniero in danno di altro straniero, la presenza del colpevole nel territorio dello Stato, richiesta dall’art. 10 c.p. per la sua perseguibilità in Italia, deve essere sussistente prima della richiesta di rinvio a giudizio, a nulla rilevando l’eventuale allontanamento dello straniero in un momento successivo all’avveramento della citata condizione di procedibilità.

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Cass. pen. n. 65/2006

In materia di falso, il concorso nel reato, che esclude la punibilità della diversa ipotesi criminosa prevista dall’art. 489 c.p. (uso di atto falso), deve configurarsi in termini di concreta punibilità. Ne consegue che, se la falsificazione è stata commessa all’estero e non vi sia la richiesta del Ministro della giustizia ex art. 10 c.p., il soggetto che abbia prodotto o concorso a produrre l’atto falso risponde, ricorrendone le condizioni, del reato di uso dello stesso, ai sensi dell’art. 489 c.p. (Fattispecie relativa alla contraffazione dei dati anagrafici su un passaporto di Paese straniero e su un visto di ingresso in Italia, esibiti alla frontiera).

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Cass. pen. n. 41333/2003

Nel caso di delitti commessi all’estero da uno straniero in danno di un cittadino italiano, la presenza del colpevole nel territorio dello Stato, richiesta dall’art. 10 c.p. per la loro perseguibilità in Italia, costituisce condizione di procedibilità la cui sussistenza è richiesta anche ai fini dell’applicazione di misure cautelari da adottarsi nella fase delle indagini preliminari. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento del tribunale che, in accoglimento di gravame proposto dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 310 c.p.p., aveva disposto l’applicazione della custodia in carcere nei confronti di taluni soggetti, non presenti nel territorio nazionale, cui si addebitava l’omicidio, commesso in Afghanistan, di una giornalista italiana).

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Cass. pen. n. 38401/2002

In tema di reati commessi all’estero, al di fuori dei casi tassativamente indicati all’art. 7 c.p., è condizione indispensabile per il perseguimento dei reati commessi all’estero dallo straniero che questi risultino punibili come illeciti penali oltre che dalla legge penale italiana anche dall’ordinamento del luogo dove sono stati consumati, ancorché con nomen iuris e pene diversi (in applicazione di tale principio la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento coercitivo impugnato riguardante la cessione di armi da guerra avvenuta esclusivamente in territorio estero in violazione dell’embargo stabilito da risoluzioni dell’Onu, non tradottesi peraltro all’interno dell’ordinamento italiano in norme vincolanti).

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Cass. pen. n. 993/1999

Poiché la competenza territoriale a conoscere di un reato associativo si radica nel luogo in cui la struttura criminosa destinata ad agire nel tempo diventa concretamente operante, a nulla rilevando il luogo di consumazione dei singoli reati oggetto del “pactum sceleris”, per determinare la sussistenza della giurisdizione italiana occorre verificare in quale luogo si è realizzata l’operatività della struttura medesima, dovendosi attribuire importanza secondaria al luogo in cui sono stati realizzati i singoli delitti commessi in attuazione del programma criminoso a meno che non rivelino essi stessi, per il loro numero e consistenza, il luogo di operatività predetto. (In applicazione di tale principio la Corte ha escluso la giurisdizione del giudice italiano con riferimento all’imputazione di associazione per delinquere elevata — in assenza di richiesta del Ministro di giustizia — a carico di un cittadino americano che, a mezzo di posta elettronica, offriva in vendita organi umani a scopo di trapianto).

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Cass. pen. n. 2128/1994

Il giudice dell’incidente de libertate non può rivalutare autonomamente una questione pregiudiziale e strettamente connessa alla definizione del merito già esaminata dal giudice della cognizione e da costui risolta con la relativa sentenza. Invero con il procedimento incidentale in materia cautelare non può porsi in discussione una questione che, pur attenendo anche alla legittimità della misura cautelare, sia stata, per la sua confluenza nel giudizio di merito, già decisa dal giudice competente, con possibilità di riforma ormai rimessa unicamente al giudice di cognizione del successivo grado. (Fattispecie relativa ad un reato di omicidio volontario commesso all’estero, in cui nel giudizio di merito di primo grado il giudice aveva escluso la necessità, per la procedibilità in ordine al reato suddetto, della richiesta o istanza di cui all’art. 10 c.p., avendo ritenuto che il prevenuto fosse cittadino italiano e che quindi fosse sufficiente la sua presenza nel territorio dello Stato, ai sensi dell’art. 9 stesso codice; la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione del tribunale che, in sede di appello avverso l’ordinanza che aveva respinto la richieta di revoca della misura della custodia cautelare in carcere, aveva escluso che potesse addivenirsi alla richiesta di revoca, fondata sulla pretesa insussistenza della condizione di procedibilità di cui al comma 1 dell’art. 10 c.p., sul rilievo che appunto la questione era già stata affrontata e risolta in senso sfavorevole all’imputato nel giudizio di merito).

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Cass. pen. n. 377/1993

La presenza dello straniero nel territorio dello Stato, richiesta dall’art. 10 c.p. ai fini della perseguibilità in Italia del delitto comune commesso all’estero dal medesimo straniero in danno dello Stato o di un cittadino italiano, è normativamente strutturata come condizione di procedibilità ed è quindi da considerare soggetta a tutte le regole proprie di siffatta condizione.

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Cass. pen. n. 4144/1993

L’art. 90, terzo comma, c.p.p., prevede che qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà ed i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti (art. 307, quarto comma, c.p.) della medesima. Tra tali diritti rientra anche quello di proporre l’istanza prevista dall’art. 10, primo comma, c.p., per la perseguibilità di taluni delitti comuni commessi all’estero da uno straniero. (Fattispecie in tema di omicidio pluriaggravato commesso da uno straniero in danno di una cittadina all’estero).
La richiesta, l’istanza e la querela risultano regolate nel sistema penalistico quali condizioni che non attengono alla struttura del fatto-reato o alla sua punibilità, bensì alla procedibilità dell’azione penale. Anche la presenza del colpevole nel territorio dello Stato, richiesta dall’art. 10 c.p. per la «punibilità» di taluni reati commessi all’estero dallo straniero è normalmente strutturata come condizione di procedibilità, soggetta quindi alle regole proprie di queste, e l’inizio di tale presenza costituisce, quindi, il dies a quo di decorrenza del termine (non soggetto a sospensioni o ad interruzioni) per l’esercizio dell’azione penale.
Per la perseguibilità in Italia di un reato commesso all’estero in danno di un cittadino italiano, in ordine al quale vi sia stata la richiesta di procedimento del Ministro della giustizia occorre anche la querela della persona offesa ove si tratti di reato che se commesso in Italia sarebbe procedibile a querela.

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Cass. pen. n. 13988/1989

Non è configurabile alcuna improcedibilità nel caso in cui lo Stato estero, nel cui territorio siano stati commessi i reati non solo non si avvalga della facoltà di richiedere l’estradizione, ma porti a conoscenza dello Stato italiano, nel cui territorio si trovi il reo, l’esistenza dei delitti, collaborando alla raccolta delle prove e dimostrando così d’avere rinunciato a punire direttamente l’autore dei fatti.

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