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Cassazione civile Sez. III sentenza n. 9197 del 30 agosto 1995

Cassazione civile Sez. III sentenza n. 9197 del 30 agosto 1995

Testo massima n. 1

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile per danni causati dalla circolazione dei veicoli a motori, l’art. 8 del D.L. n. 576 del 1978, convertito in L. n. 738 del 1978 — a norma del quale, nel caso di messa in liquidazione coatta amministrativa dell’impresa assicuratrice, gli aventi diritto al risarcimento devono inviare all’impresa cessionaria la richiesta di risarcimento con le modalità indicate nell’art. 22 della L. n. 990 del 1969, anche se una richiesta in tal senso sia stata in precedenza presentata all’impresa posta in liquidazione coatta amministrativa, ed esclude la proposizione di qualsiasi azione risarcitoria prima che siano decorsi sei mesi dall’invio delle richieste — trova applicazione nel caso in cui la procedura di liquidazione non sia intervenuta durante il giudizio di risarcimento, promosso dal danneggiato con l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore, e comporta che, prima del decorso del prescritto termine semestrale, riservato all’impresa cessionaria per procedere alla liquidazione dei danni, non possa profilarsi alcuna obbligazione ultranominale della detta impresa. Ne consegue che l’obbligo di questa stessa di corrispondere gli interessi moratori e l’eventuale maggior danno, ivi compreso quello derivante da sopravvenuta svalutazione monetaria, anche oltre il limite del massimale, è configurabile soltanto dopo che sia decorso inutilmente lo spatium deliberandi di sei mesi, senza che essa impresa, nella sua qualità di rappresentante ex lege del Fondo di garanzia, abbia provveduto ad adempiere la sua obbligazione primaria di liquidare i danni, nonostante la precedente richiesta di risarcimento dei danneggiati la avesse posta in grado di valutare, con la normale diligenza, il fondamento della pretesa creditoria.

Testo massima n. 2

Dal momento che l’art. 652 del nuovo c.p.p. sostanzialmente riproduce l’art. 25 del codice abrogato, tuttora vige il principio secondo il quale la sentenza penale che prosciolga l’imputato con formula dubitativa rende improponibile l’azione di risarcimento ai sensi dell’art. 2054 c.c. soltanto quando il dubbio attiene all’elemento oggettivo del reato o alla partecipazione ad esso dell’imputato, e non anche nel caso in cui il dubbio si riferisca all’elemento soggettivo, dal momento che il citato art. 2054 stabilisce una presunzione di colpa a carico dei conducenti dei veicoli per il danno prodotto a persone o cose dalla circolazione degli stessi. Presunzione che comporta l’onere a carico dei predetti di fornire la prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, con la conseguenza che è consentito al giudice civile di valutare, limitatamente a tal fine, i medesimi fatti materiali già accertati dal giudice penale, e, nel caso in cui la prova liberatoria non sia stata data, di ritenere, in via presuntiva, il pari concorso di colpa dei conducenti coinvolti nell’incidente, nella determinazione dell’evento dannoso.

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