06 Lug Sospensiva breve nel processo tributario: norma assurda ed incostituzionale
Con la manovra finanziaria in discussione al Parlamento (D.L. n. 78 del 31 maggio 2010), il legislatore, modificando in peggio la tutela cautelare nel processo tributario (art. 47 D.Lgs. n. 546 del 31 dicembre 1992), ha ridotto drasticamente a soli 150 giorni il termine massimo di efficacia della sospensione cautelare concessa dal giudice, con l’art. 38.
Nonostante le vibrate proteste e critiche da parte degli organi professionali, imprenditoriali e degli stessi giudici tributari, il legislatore, con un maxi emendamento sul quale quasi sicuramente il Governo porrà la fiducia, ha sostanzialmente confermato la perdita di efficacia alla scadenza del termine che, come “grazioso regalino”, ha portato a 300 giorni!!!.
La suddetta correzione è totalmente insufficiente perché porre un limite temporale alle sospensive non solo è irrazionale ma, soprattutto, è incostituzionale.
L’irrazionalità del provvedimento consiste nel fatto che:
‒ il processo tributario in primo grado ha una durata media di 734 giorni, come risulta da uno studio del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria (pubblicato in Il Sole 24 ore di sabato 12 giugno 2010); di conseguenza, il preventivato raddoppio del termine comunque non risolve del tutto i problemi ed i dubbi più volte sollevati;
‒ nell’anno 2009, su 151.625 sospensive richieste ne sono state accolte 35.270 (pari al 23,3%), con punte superiori al 40% in Abruzzo (49,5%), Molise (48,3%), Puglia (42,1%), Umbria (51,6%) e Valle d’Aosta (57,1%), come certificato dal C.P.G.T. (in Il Sole 24 ore di lunedì 21 giugno 2010);
‒ inoltre, la stessa relazione tecnica della manovra economica ammette che nel 75% dei casi, quando la sospensiva è concessa dal giudice, il processo si conclude a favore del contribuente; in pratica, con la modifica in atto, si riscuotono “a forza” somme che per tre quarti dei casi sono ingiustamente pretese dal fisco (in Il Sole 24 ore di venerdì 02 luglio 2010);
‒ i tempi della giustizia non sono imposti dal contribuente, perché trattasi di semplici termini ordinatori sia per la fissazione delle udienze sia per i depositi delle sentenze; senza considerare che, oggi, le ordinanze di sospensione non vengono assolutamente pagate, per cui c’è il rischio di un generalizzato rigetto delle sospensive per evitare eventuali azioni di risarcimento danni, peraltro senza alcuna contropartita economica;
‒ la sospensiva non può essere reiterata in mancanza di “ mutamento delle circostanze” (art. 47, co. 8, cit.);
‒ in definitiva, il provvedimento cautelare sarà totalmente snaturato, in quanto il contribuente sarà costretto a pagare somme non dovute, in assenza di una giuridica certezza che si avrà solo con la sentenza, con il rischio di dover essere rimborsato dopo molti anni.