L’assemblea non si convoca via mail ordinaria
Con la sentenza n. 16399 del 18 giugno 2025, la Corte di Cassazione ha nuovamente ribadito il carattere vincolante della forma dell’avviso di convocazione per la partecipazione all’assemblea condominiale.
La disciplina normativa in tema ha natura inderogabile, segnatamente nell’art. 66 comma 3 delle disposizioni di attuazione al codice civile, che individua tassativamente i mezzi attraverso cui l’invito all’assemblea può essere trasmesso: raccomandata, posta elettronica certificata [PEC], consegna a mano, nonché – sebbene ormai obsoleta – la trasmissione a mezzo telefax.
Detta previsione trova fondamento nella necessità di garantire la certezza giuridica della comunicazione, tutela che non può essere assicurata dalla posta elettronica ordinaria, la quale – a differenza della PEC – è priva dei requisiti tecnici idonei a documentare l’effettivo recapito dell’atto nella sfera di conoscenza del destinatario.
Pertanto, la convocazione dell’assemblea condominiale effettuata tramite posta elettronica ordinaria deve ritenersi invalida e, in quanto tale, soggetta ad annullamento, ancorché il destinatario abbia personalmente comunicato il proprio indirizzo e-mail all’amministratore e lo abbia espressamente autorizzato a utilizzare tale canale non certificato per l’invio delle comunicazioni afferenti alla gestione condominiale.
Nel caso di specie, i Giudici dell’ermellino hanno accolto il ricorso di una società che aveva impugnato una delibera assembleare, deducendo l’omessa convocazione, nonostante i precedenti rigetti da parte del Tribunale di Monza e della Corte d’appello di Milano n. 1237/2024. La Corte ha valorizzato l’insegnamento delle proprie Sezioni Unite, secondo il quale la mancata trasmissione dell’avviso anche a un solo avente diritto integra un vizio procedurale, idoneo a determinare l’annullabilità – e non la nullità – della deliberazione eventualmente assunta in assenza del condòmino non convocato [Cass., Sez. Un., n. 9839/2021].
Detto rimedio può, tuttavia, essere invocato solo ed esclusivamente dal condòmino non ritualmente sul quale grava l’onere di allegare e dimostrare i fatti da cui emerge la mancata ricezione dell’avviso; per contro, incombe sull’amministrazione condominiale l’obbligo di provare che l’informazione è stata regolarmente trasmessa a tutti i partecipanti nei termini previsti dalla legge, trattandosi di atto recettizio la cui l’efficacia giuridica si realizza solo con l’effettiva conoscibilità da parte del destinatario.
Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha chiarito che né l’amministratore, né il singolo partecipante al condominio, sono legittimati a derogare alla normativa vigente stabilendo autonomamente modalità diverse di convocazione delle riunioni, a nulla rilevando eventuali prassi consolidate all’interno del contesto condominiale. Dunque, anche nell’ipotesi in cui l’indirizzo di posta elettronica ordinaria costituisca l’unico recapito fornito dal condòmino, l’amministratore è tenuto a servirsi esclusivamente degli strumenti previsti dal legislatore: raccomandata, PEC, consegna manuale o fax.
Per completezza vale l’opportunità di evidenziare l’unica eccezione è quella rappresentata dal regolamento condominiale di natura contrattuale, il quale può legittimamente prevedere modalità alternative di comunicazione, purché siano sempre idonee a garantire l’effettiva presunzione di conoscenza dell’avviso da parte del destinatario, conformemente a quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità [Cass. n. 35922/2023].
Riferimenti normativi
Pronunce precedenti
Cass. n. 35922/2023 e Cass., Sez. Un., n. 9839/2021