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Art. 404 — Amministrazione di sostegno

Art. 404 — Amministrazione di sostegno

La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 12460/2018

In tema di amministrazione di sostegno, il giudice tutelare può prevedere d’ufficio, ex artt. 405, comma 5, nn. 3 e 4, e 407, comma 4, c.c., sia con il provvedimento di nomina dell’amministratore, sia mediante successive modifiche, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario, ove le sue condizioni psico-fisiche non gli consentano di esprimere una libera e consapevole volontà. Infatti – esclusa la possibilità di estendere in via analogica l’incapacità di testare, prevista per l’interdetto dall’articolo 591, comma 2, c.c., al beneficiario dell’amministrazione di sostegno, ed escluso che il combinato disposto degli articoli 774, comma 1 e 411, commi 2 e 3, c.c., non consenta di limitare la capacità di donare del beneficiario – la previsione di tali incapacità può risultare strumento di protezione particolarmente efficace per sottrarre il beneficiario a potenziali pressioni e condizionamenti da parte di terzi, rispondendo tale interpretazione alla volontà del legislatore che, con l’introduzione dell’amministrazione di sostegno, ha voluto realizzare un istituto duttile, e capace di assicurare risposte diversificate e personalizzate in relazione alle differenti esigenze di protezione.

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Cass. civ. n. 4709/2018

La generica, e peraltro del tutto soggettiva, valutazione di incapacità del soggetto di provvedere ai propri interessi, e la sua condizione di analfabetismo, non giustificano l’adozione di nessuna misura limitatrice della sfera di autonomia della persona, neppure l’amministrazione di sostegno, che ha quali presupposti l’infermità o la menomazione fisica o psichica della persona, oggettivamente verificabili, che determinino l’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere alla cura dei propri interessi.

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Cass. civ. n. 23571/2016

In tema di nomina dell’amministratore di sostegno, nel caso di collocamento del beneficiario in casa di cura, ove non ricorra prova della natura non transitoria del ricovero e della volontà dello stesso di ricollocare ivi il centro dei propri interessi e delle proprie relazioni personali, la competenza per territorio spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata si presume abbia ancora la propria abituale dimora.

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Cass. civ. n. 14983/2016

Il decreto della corte d’appello che nega l’apertura dell’amministrazione di sostegno è ricorribile per cassazione.

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Cass. civ. n. 13929/2014

In caso di persona priva, in tutto o in parte, di autonomia, il giudice, ai sensi dell’art. 404 cod. civ., è tenuto, in ogni caso, a nominare un amministratore di sostegno poiché la discrezionalità attribuita dalla norma ha ad oggetto solo la scelta della misura più idonea (amministrazione di sostegno, inabilitazione, interdizione), e non anche la possibilità di non adottare alcuna misura, che comporterebbe la privazione, per il soggetto incapace, di ogni forma di protezione dei suoi interessi, ivi compresa quella meno invasiva.

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Cass. civ. n. 16544/2013

In tema di nomina dell’amministratore di sostegno, la competenza per territorio spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata abbia stabile residenza o domicilio; pertanto le risultanze anagrafiche non assurgono a dato preminente, se vengono superate da evenienze di fatto conclamanti un diverso effettivo domicilio della persona, nel cui interesse si chiede l’apertura del procedimento.

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Cass. civ. n. 9389/2013

In tema di amministrazione di sostegno, la competenza territoriale si radica con riferimento alla dimora abituale del beneficiario e non alla sua residenza, in considerazione della necessità che egli interloquisca con il giudice tutelare, il quale deve tener conto, nella maniera più efficace e diretta, dei suoi bisogni e richieste, anche successivamente alla nomina dell’amministratore; né opera, in tal caso, il principio della “perpetuatio iurisdictionis”, trattandosi di giurisdizione volontaria non contenziosa, onde rileva la competenza del giudice nel momento in cui debbono essere adottati determinati provvedimenti sulla base di una serie di sopravvenienze.

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Cass. civ. n. 18320/2012

La disciplina normativa nell’amministrazione di sostegno è pienamente compatibile con la Convenzione di New York del 13 dicembre 2006, ratificata dall’Italia con gli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009, n. 18, nella parte che concerne l’obbligo degli Stati aderenti di assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica siano proporzionate al grado in cui esse incidono sui diritti e sugli interessi delle persone con disabilità, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di una autorità indipendente ed imparziale (artt. 1 e 2), anche in ordine al decreto del giudice tutelare, il quale preveda l’assistenza negli atti di ordinaria amministrazione specificamente individuati, nonché, previa autorizzazione del giudice, di straordinaria amministrazione, ferma restando la facoltà del beneficiario di compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana, con il dovere dell’amministratore di riferire periodicamente in ordine alle attività svolte con riguardo alla gestione del patrimonio dell’assistito, nonché in ordine ad ogni mutamento delle condizioni di vita personale e sociale dello stesso.

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Cass. civ. n. 22332/2011

L’amministrazione di sostegno – introdotta nell’ordinamento dall’art. 3 della legge 9 gennaio 2004, n. 6 – ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli artt. 414 e 427 del codice civile. Rispetto ai predetti istituti, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all’apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto essenzialmente del tipo di attività che deve essere compiuta per conto del beneficiario e considerate anche la gravità e la durata della malattia, ovvero la natura e la durata dell’impedimento, nonchè tutte le altre circostanze caratterizzanti la fattispecie.

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Cass. civ. n. 19017/2011

Qualora non ricorra il requisito della volontarietà dello spostamento della dimora abituale o del domicilio del soggetto destinatario dell’amministrazione di sostegno, la competenza a decidere della revoca e della nomina di un nuovo amministratore di sostegno, ai sensi dell’art. 404 c.c., spetta al giudice della circoscrizione nella quale l’amministrazione era stata aperta e la prima nomina effettuata, non rilevando il luogo ove il beneficiario sia stato di fatto trasferito. (Nella specie la S.C. ha rilevato che nessun mutamento di residenza o domicilio, effetto di volontaria scelta del sostenuto, poteva ritenersi sussistente a seguito dell’acclarata sottrazione dello stesso dall’istituto nel quale era ricoverato).

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Cass. civ. n. 4866/2010

In materia di misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, la legge 9 gennaio 2004, n. 6 ha configurato l’interdizione come istituto di carattere residuale, perseguendo l’obbiettivo della minor limitazione possibile della capacità di agire, attraverso l’assunzione di provvedimenti di sostegno temporaneo o permanente; ne discende la necessità, prima di pronunziare l’interdizione, di valutare l’eventuale conformità dell’amministrazione di sostegno alle esigenze del destinatario, alla stregua della peculiare flessibilità del nuovo istituto, della maggiore agilità della relativa procedura applicativa, nonché della complessiva condizione psico-fisica del soggetto e di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie; mentre non costituisce condizione necessaria all’applicazione di tale misura la circostanza che il beneficiario abbia chiesto, o quantomeno accettato, il sostegno ovvero abbia indicato la persona da nominare o i bisogni concreti da soddisfare.

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Cass. civ. n. 588/2008

In tema di nomina dell’amministratore di sostegno, ai sensi dell’art. 404 c.c. la competenza per territorio spetta al giudice tutelare del luogo in cui la persona interessata abbia la residenza o il domicilio; stante l’alternatività di detto criterio, lo stato di detenzione in manicomio giudiziario, in esecuzione di sentenza definitiva, avendo carattere coattivo, non implica in via automatica mutamento di domicilio il quale, ex art. 43 c.c., si presume ancora fissato, in difetto di manifestazione di volontà dell’interessato, nel luogo dove il predetto aveva abituale dimora prima dell’inizio del citato stato di detenzione. (Il principio è stato affermato dalla S.C. in sede di regolamento di competenza, dichiarata di spettanza del giudice tutelare dell’ultimo domicilio).

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Cass. civ. n. 23743/2007

Il procedimento di nomina e regolamentazione dell’amministrazione di sostegno delineato dagli artt. da 404 a 413 c.c. e dall’art. 720 bis c.p.c., a seguito della legge 9 gennaio 2004, n. 6, è dotato di una sua autonomia e peculiarità, che esclude l’applicazione in via di interpretazione estensiva di norme diverse da quelle espressamente richiamate. Pertanto, nel caso di residenza dell’amministratore diversa da quella del beneficiato, non è applicabile l’art. 343, comma 2, c.c., che consente il trasferimento della tutela del minore nel circondario dove il tutore ha il proprio domicilio, in quanto non specificamente richiamato dalle norme sull’amministrazione di sostegno.

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Cass. civ. n. 12466/2007

Nel corso del giudizio di interdizione o inabilitazione, spetta al giudice di merito di valutare, anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 6 della legge n. 6 dei 2004, se trasmettere gli atti al giudice tutelare perché valuti l’opportunità di nominare l’amministratore di sostegno; di tale scelta, tuttavia, egli deve dare conto in motivazione, stante la finalità della nuova normativa di sacrificare nella minor misura possibile la capacità di agire delle persone.

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Cass. civ. n. 13584/2006

L’amministrazione di sostegno introdotta nell’ordinamento dall’art. 3 della legge 9 gennaio 2004, n. 6 ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire, distinguendosi, con tale specifica funzione, dagli altri istituti a tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione, non soppressi, ma solo modificati dalla stessa legge attraverso la novellazione degli artt. 414 e 427 del codice civile. Rispetto ai predetti istituti, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo non già al diverso, e meno intenso, grado di infermità o di impossibilità di attendere ai propri interessi del soggetto carente di autonomia, ma piuttosto alla maggiore idoneità di tale strumento ad adeguarsi alle esigenze di detto soggetto, in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa. Appartiene all’apprezzamento del giudice di merito la valutazione della conformità di tale misura alle suindicate esigenze, tenuto conto della complessiva condizione psico-fisica del soggetto da assistere e di tutte le circostanze caratterizzanti la fattispecie.

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