Art. 1384 – Codice civile – Riduzione della penale
La penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14706/2024
Per la valutazione della manifesta eccessività della clausola penale ai fini dell'art. 1384 c.c., il criterio di riferimento per il giudice è costituito dall'interesse del creditore all'adempimento e, cioè, dell'effettiva incidenza dell'inadempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale nel corso di rapporto, sicché non può prescindersi da una comparazione con il danno che sarebbe stato ipoteticamente risarcibile in mancanza della clausola, la quale è una predeterminazione forfettaria di tale pregiudizio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in relazione ad una penale pattuita a titolo di anticipata liquidazione del danno da demansionamento, ne aveva negato la riduzione senza valutare la circostanza del pensionamento del lavoratore a distanza di pochi mesi dalla modifica in peius delle mansioni).
Cass. civ. n. 3297/2024
Il potere di riduzione della penale ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 c.c., può essere esercitato d'ufficio anche quando la penale è stata spontaneamente pagata perché i rimedi contrattuali sono esperibili anche dopo che il contratto è stato eseguito, salva la prescrizione. (In applicazione del principio la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che, avendo ridotto la penale prevista per la anticipata risoluzione del contratto, aveva condannato la parte che ne aveva ricevuto il pagamento spontaneo a restituire l'eccesso).
Cass. civ. n. 28037/2023
Nel leasing traslativo risoltosi in data anteriore al fallimento e prima dell'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, come tale sottoposto all'applicazione dell'art. 1526 c.c. anziché dell'art. 72-quater l.fall., la penale contrattuale non può essere ridotta a zero per la sostanziale inesistenza di un pregiudizio al quale parametrarla, perché la pattuizione della pena prescinde dal danno e dalla sua prova; ai fini dell'art. 1384 c.c. il criterio fondamentale per valutare l'eccessività della penale coincide con il dato oggettivo dello squilibrio tra le posizioni delle parti con riferimento alla valutazione dell'interesse del creditore all'adempimento alla data di stipulazione del contratto; tuttavia il riferimento all'interesse del creditore, avendo la funzione di indicare lo strumento per mezzo del quale giungere a stabilire se la penale sia o meno manifestamente eccessiva presuppone una motivata valutazione della situazione esistente al momento della sua applicazione, perché l'ammontare, che pur potrebbe essere eccessivo rispetto al momento della stipulazione, potrebbe non esserlo più rispetto a quello di applicazione, cosa che varrebbe semplicemente a testimoniare l'esistenza di un irrilevante errore di previsione del contratto, ma non l'iniquità della clausola in rapporto alla sua funzione.
Cass. civ. n. 16632/2023
In caso di leasing traslativo risolto prima dell'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, non operando quest'ultima disciplina retroattivamente, trova applicazione analogica l'art. 1526 c.c., con conseguente validità della clausola di confisca che preveda la detrazione, in favore dell'utilizzatore, del prezzo effettivamente ricavato dalla vendita del bene oggetto di riconsegna, senza che sia necessario - nel caso in cui la ricollocazione del bene sia già avvenuta - far riferimento al valore di mercato, bensì al prezzo effettivamente incassato, spettando all'utilizzatore dedurre e dimostrare che la liquidazione sia stata effettuata dall'impresa in modo non diligente o abusivamente aggravando la posizione debitoria.
Cass. civ. n. 9150/2023
In caso di stipula di plurimi contratti di appalto relativi ad un'unica opera, ciascuna impresa, pur conservando la propria autonoma soggettività giuridica, può contrarre un'obbligazione unitaria con riferimento all'assunzione di responsabilità per il ritardo nei confronti del comune committente convenendo la pattuizione di una penale. Sicché a fronte dell'obbligazione assunta non rileva l'imputazione del ritardo, avendo questo attinenza ai soli rapporti interni tra gli appaltatori.
Cass. civ. n. 7367/2023
Ai contratti di leasing traslativo risolti anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, in assenza di una regolazione legislativa, si applica in via analogica la disciplina dell'art. 1526 c.c.; di conseguenza, la clausola che, in ipotesi di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, attribuisce al concedente il diritto di trattenere i canoni pagati ed impone all'utilizzatore di corrispondere quelli scaduti non è, di per sé, affetta da nullità, atteso che l'utilizzatore, una volta pagato il dovuto e restituito il bene, ha diritto di vedersi restituiti i canoni versati corrispondendo l'equo compenso, fermo restando il potere officioso del giudice di ridurre l'indennità ai sensi del secondo comma dell'art. 1526 c.c. in caso di definitiva acquisizione al concedente delle rate corrisposte.
Cass. civ. n. 5379/2023
La clausola penale e la convenzione di interessi moratori hanno funzioni diverse, poiché, per il caso di inadempienza o di ritardo nell'adempimento, la prima ha una finalità sanzionatoria e risarcitoria del danno, che viene predeterminato pattiziamente col limite della manifesta eccessività, mentre la seconda ha uno scopo di corrispettivo o retribuzione per il creditore, entro il limite inderogabile del cd. "tasso soglia" di cui alla l. n. 108 del 1996; ne consegue che anche i rimedi di tutela sono differenti, dato che alla clausola penale non si applica la disciplina in tema di usurarietà dei tassi di interesse, bensì la "reductio ad aequitatem" ex art. 1384 c.c., non predeterminata dalla legge, ma affidata all'apprezzamento del giudice secondo equità, la quale va fondata non già sulla valutazione della prestazione, bensì sulla considerazione dell'interesse all'adempimento della parte creditrice e sulle ripercussioni del ritardo o dell'inadempimento sull'effettivo equilibrio sinallagmatico del rapporto.
Cass. civ. n. 5379/2023
La clausola penale e la convenzione di interessi moratori hanno funzioni diverse, poiché, per il caso di inadempienza o di ritardo nell'adempimento, la prima ha una finalità sanzionatoria e risarcitoria del danno, che viene predeterminato pattiziamente col limite della manifesta eccessività, mentre la seconda ha uno scopo di corrispettivo o retribuzione per il creditore, entro il limite inderogabile del cd. "tasso soglia" di cui alla l. n. 108 del 1996; ne consegue che anche i rimedi di tutela sono differenti, dato che alla clausola penale non si applica la disciplina in tema di usurarietà dei tassi di interesse, bensì la "reductio ad aequitatem" ex art. 1384 c.c., non predeterminata dalla legge, ma affidata all'apprezzamento del giudice secondo equità, la quale va fondata non già sulla valutazione della prestazione, bensì sulla considerazione dell'interesse all'adempimento della parte creditrice e sulle ripercussioni del ritardo o dell'inadempimento sull'effettivo equilibrio sinallagmatico del rapporto.
Cass. civ. n. 10249/2022
E' dunque la legge ad affidare al giudice l'esercizio del potere correttivo della volontà contrattuale delle parti, al fine di ristabilire in via equitativa un congruo contemperamento dei loro interessi contrapposti (Cass. n. Sez. U, 2061/2021, 18128/2005), naturalmente a condizione che la penale sia stata dedotta - in via di azione o di eccezione (in senso stretto) - nel rispetto delle preclusioni di rito (Cass. n. Sez. U, 2061/2021; Cass. n. 19272/2014), mentre l'omesso esercizio del potere di riduzione della penale da parte del giudice di appello - cui spetta appunto il potere officioso di applicare l'art. 1384 c.c. - può essere non solo dedotto dalla parte interessata, ma anche, integrando un'eccezione in senso lato, rilevato d'ufficio da parte del giudice di legittimità, sempre che non siano necessari accertamenti di fatto (Cass. n. 26531/2021).
Cass. civ. n. 11439/2020
Il potere di riduzione della penale ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 c.c., in quanto volto a tutelare l'interesse generale dell'ordinamento di assicurare l'equilibrio contrattuale, può essere esercitato d'ufficio, anche quando la penale è prevista a favore della P.A. da disposizioni di capitolati generali, richiamate e recepite nel contratto stipulato con il privato; in tal caso, la disapplicazione delle stesse, quali clausole contrattuali, per contrasto con la norma primaria ed inderogabile dettata dalla indicata disposizione, è subordinata all'assolvimento degli oneri di allegazione e prova incombenti sulle parti circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell'eccessività della penale.
Cass. civ. n. 11908/2020
Ai fini dell'esercizio del potere di riduzione della penale, il giudice non deve valutare l'interesse del creditore con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola - come sembra indicare l'art. 1384 c.c., riferendosi all'interesse che il creditore "aveva" all'adempimento - ma tale interesse deve valutare anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., conformativi dell'istituto della riduzione equitativa, dovendosi intendere, quindi, che la lettera dell'art. 1384 c.c., impiegando il verbo "avere" all'imperfetto, si riferisca soltanto all'identificazione dell'interesse del creditore, senza impedire che la valutazione di manifesta eccessività della penale tenga conto delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto.
Cass. civ. n. 17715/2020
Il potere del giudice di ridurre la penale, previsto dall'art. 1384 c.c., non può essere esercitato per la caparra confirmatoria, sia a cagione del carattere eccezionale della norma in questione, che ne preclude l'applicazione analogica, sia per le differenze strutturali intercorrenti tra i due istituti, in quanto la caparra pur assolvendo, come la clausola penale, alla funzione di liquidare preventivamente il danno da inadempimento, svolge l'ulteriore funzione di anticipato parziale pagamento per l'ipotesi di adempimento.
Cass. civ. n. 33159/2019
Il potere officioso di riduzione della penale eccessiva, a norma dell'art. 1384 c.c., può essere esercitato anche qualora le parti ne abbiano convenuto l'irriducibilità, trattandosi di un potere funzionale a un interesse generale dell'ordinamento. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO BARI, 27/08/2014).
Cass. civ. n. 34021/2019
Il potere di riduzione della penale ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 c.c., a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, può essere esercitato d'ufficio, ma l'esercizio di tale potere è subordinato all'assolvimento degli oneri di allegazione e prova, incombenti sulla parte, circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell'eccessività della penale, che deve risultare "ex actis", ossia dal materiale probatorio legittimamente acquisito al processo, senza che il giudice possa ricercarlo d'ufficio. (Nella specie la S.C., ha confermato la sentenza di merito, evidenziando che dal materiale probatorio acquisito agli atti doveva desumersi la eccessiva onerosità di una penale corrispondente alla metà del corrispettivo). (Rigetta, CORTE D'APPELLO LECCE, 17/09/2015).
Cass. civ. n. 20840/2018
In tema di "leasing" traslativo, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la clausola penale che attribuisca al concedente, oltre all'intero importo del finanziamento, anche la proprietà e il possesso del bene è manifestamente eccessiva in quanto attribuisce vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, dovendo il giudice effettuare, ai fini della sua riducibilità ex art. 1384 c.c., una valutazione comparativa tra il vantaggio che detta clausola assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto.
Cass. civ. n. 19320/2018
In tema di clausola penale, la relativa domanda di riduzione può essere proposta per la prima volta in appello, potendo anzi il giudice provvedervi anche d'ufficio, sempre che siano state dedotte e dimostrate dalle parti le circostanze rilevanti al fine di formulare un giudizio di manifesta eccessività della penale stessa.
Cass. civ. n. 17731/2015
In caso di riduzione giudiziale della penale convenzionalmente stabilita dalle parti, il giudice deve esplicitare le ragioni che lo hanno indotto a ritenerne eccessivo l'importo come originariamente determinato, soprattutto con riferimento alla valutazione dell'interesse del creditore all'adempimento alla data di stipulazione del contratto, tenendo conto dell'effettiva incidenza dell'adempimento sullo squilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, a prescindere da una rigida ed esclusiva correlazione con l'effettiva entità del danno subito.
Cass. civ. n. 888/2014
In tema di "leasing" immobiliare, al fine di accertare se sia manifestamente eccessiva, agli effetti dell'art. 1384 cod. civ., la clausola penale che attribuisca al concedente, nel caso di inadempimento dell'utilizzatore, l'intero importo del finanziamento ed in più la proprietà del bene, occorre considerare se detta pattuizione attribuisca allo stesso concedente vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, tenuto conto che, anche alla stregua della Convenzione di Ottawa sul leasing internazionale 28 maggio 1988, recepita con legge 14 luglio 1993, n. 259, il risarcimento del danno spettante al concedente deve essere tale da porlo nella stessa situazione in cui si sarebbe trovato se l'utilizzatore avesse esattamente adempiuto.
Cass. civ. n. 22747/2013
Il potere del giudice di ridurre l'importo della penale prevista in un contratto, ex art. 1384 cod civ., può essere esercitato solo se la parte obbligata al pagamento abbia correttamente allegato e provato i fatti dai quali risulti l'eccessività della penale stessa.
Cass. civ. n. 8768/2013
Giustifica l'esercizio del potere equitativo di riduzione della penale, ai sensi dell'art. 1384 cod. civ., anche quando le parti l'abbiano escluso negozialmente, la sussistenza di elementi d'incertezza nei rapporti commerciali delle parti (nella specie, rapporti di agenzia reciproca), qualora gli aspetti d'ambiguità siano tali da incidere sull'equilibrio della regolazione negoziale.
Cass. civ. n. 21994/2012
Ai fini dell'esercizio del potere di riduzione della penale, il giudice non deve valutare l'interesse del creditore con esclusivo riguardo al momento della stipulazione della clausola - come sembra indicare l'art. 1384 c.c., riferendosi all'interesse che il creditore "aveva" all'adempimento - ma tale interesse deve valutare anche con riguardo al momento in cui la prestazione è stata tardivamente eseguita o è rimasta definitivamente ineseguita, poiché anche nella fase attuativa del rapporto trovano applicazione i principi di solidarietà, correttezza e buona fede, di cui agli artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., conformativi dell'istituto della riduzione equitativa, dovendosi intendere, quindi, che la lettera dell'art. 1384 c.c., impiegando il verbo "avere" all'imperfetto, si riferisca soltanto all'identificazione dell'interesse del creditore, senza impedire che la valutazione di manifesta eccessività della penale tenga conto delle circostanze manifestatesi durante lo svolgimento del rapporto.
Cass. civ. n. 7180/2012
In tema di clausola penale, il criterio che il giudice deve utilizzare per valutarne l'eccessività, a norma dell'art. 1384 c.c., ha natura oggettiva, dovendosi tener conto non della situazione economica del debitore e del riflesso che la penale possa avere sul suo patrimonio, ma solo dello squilibrio tra le posizioni delle parti, avendo il riferimento all'interesse del creditore la funzione di indicare lo strumento per mezzo del quale valutare se la penale sia, o meno, manifestamente eccessiva, e dovendo la difficoltà del debitore riguardare l'esecuzione stessa della prestazione risarcitoria (ove, ad esempio, venga a mancare una proporzione tra danno, costo ed utilità), senza che occorrano ragioni di pubblico interesse che ne giustifichino l'ammontare.
Cass. civ. n. 24458/2007
La riduzione della penale pattuita ex contractu ove invocata dalla parte interessata non in via di azione ma in via di eccezione, può essere proposta per la prima volta anche nel giudizio di appello; peraltro il relativo potere del giudice, essendo posto a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, può essere esercitato anche d'ufficio pur se le parti abbiano contrattualmente convenuto l'irriducibilità della penale.
Cass. civ. n. 24166/2006
In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 c.c. a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, può essere esercitato d'ufficio, ma l'esercizio di tale potere è subordinato all'assolvimento degli oneri di allegazione e prova, incombenti sulla parte, circa le circostanze rilevanti per la valutazione dell'eccessività della penale, che deve risultare ex actis ossia dal materiale probatorio legittimamente acquisito al processo, senza che il giudice possa ricercarlo d'ufficio. (Nella specie la S.C. nel confermare la sentenza di merito, che aveva rilevato l'omessa indicazione degli elementi indispensabili per giudicare dell'eccessività della penale, ha osservato che il ricorrente anche in sede di legittimità aveva insistito esclusivamente sulla mancanza di danno in concreto, profilo estraneo alla struttura della clausola penale, la cui stipulazione esonera il creditore dall'onere di provare il danno).
Cass. civ. n. 21066/2006
In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall'art.1384 c.c., essendo previsto a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, al fine di ricondurre l'autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare effettivamente meritevole di tutela, e, dunque, connotandosi come potere esercitabile anche d'ufficio, può essere esercitato anche qualora le parti abbiano contrattualmente convenuto l'irriducibilità della penale.
Cass. civ. n. 15110/2006
In tema di riscossione delle imposte sui redditi, l'istituto di credito che non versi alla tesoreria provinciale dello Stato, nel termine previsto, le somme al cui pagamento sia stato delegato dal contribuente è soggetto alla penale, nella misura del 2 per cento per ogni giorno di ritardo, stabilita dall'art. 17, ultimo comma, della legge 2 dicembre 1975, n. 576, aggiunto dall'art. 4 del d.l. 4 marzo 1976, n. 30, convertito in legge 2 maggio 1976 n. 160. L'obbligazione di versare le somme a tale titolo incassate, che nasce a carico della banca nei confronti dell'amministrazione, pur non rivestendo natura tributaria, è tuttavia una obbligazione pubblica, in quanto regolata da norme che deviano dal regime comune delle obbligazioni civili, in ragione della tutela dell'interesse della P.A. creditrice alla pronta e sicura esazione delle entrate; ne consegue che alla «speciale» penale in esame non è applicabile la disposizione dettata dall'art.1384 c.c., che attribuisce al giudice il potere di diminuirla «equamente» ("se l'obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento"), atteso che — come ritenuto dalla Corte costituzionale nella sent. n. 209 del 1988 — l'ammontare di una siffatta penale, diversamente da quella ordinaria, non è frutto di pattuizione fra le parti, ma è determinata direttamente dalla legge, sicché ogni (richiesta di) riduzione di quell'ammontare si traduce in un'ingiustificata ed illegittima (richiesta di) disapplicazione delle disposizioni che fissano con rigido parametro la misura contestata. Né la previsione di una penale così elevata può giustificare sospetti di incostituzionalità per irragionevolezza, avendo perseguito il legislatore lo scopo di rendere inaccettabile per le aziende di credito il rischio di un ritardo nel versamento e di precludere movimenti speculativi su somme ingenti, appartenenti in definitiva all'intera collettività nazionale; ovvero per disparità di trattamento dell'istituto di credito delegato alla riscossione rispetto al concessionario della riscossione, considerato che le situazioni poste a raffronto sono diverse, oltre che per la qualità dei soggetti, per la quantità, la natura e la cadenza dei flussi finanziari rispettivamente gestiti, nonché per la fonte di tale gestione (abilitazione ex lege e formale atto di concessione); e neppure, infine, sono pertinenti i dubbi di costituzionalità sollevati in riferimento all'art. 97 Cost.
Cass. civ. n. 18128/2005
In tema di clausola penale, il potere di riduzione ad equità, attribuito al giudice dall'art. 1384 c.c. a tutela dell'interesse generale dell'ordinamento, può essere esercitato d'ufficio per ricondurre l'autonomia contrattuale nei limiti in cui essa appare meritevole di tutela, e ciò sia con riferimento alla penale manifestamente eccessiva, sia con riferimento all'ipotesi in cui la riduzione avvenga perché l'obbligazione principale è stata in parte eseguita, giacché in quest'ultimo caso la mancata previsione da parte dei contraenti di una riduzione della penale in caso di adempimento di parte dell'obbligazione si traduce comunque in una eccessività della penale se rapportata alla sola parte rimasta inadempiuta.
Cass. civ. n. 3998/2003
Il potere di riduzione equitativa dell'importo fissato con la clausola penale stabilita dalle parti contraenti per il caso di ritardo nell'adempimento deve essere esercitato avendo riguardo all'interesse del creditore al puntuale ed esatto adempimento, essendo riservati al giudice del merito l'apprezzamento in ordine alla eccessività dell'importo della penale e la misura della riduzione di detto importo. (Nella specie, la Suprema Corte ha ritenuto incensurabile la valutazione del giudice di merito, che aveva ridotto della metà la penale stabilita per il caso di ritardo nel rilascio di un immobile concesso in uso gratuito, affermando che il proprietario, successivamente alla scadenza della data stabilita per il rilascio, non aveva dimostrato un interesse assiduo ed univoco ad ottenere l'immediata disponibilità dell'immobile).
Cass. civ. n. 11710/2002
Il criterio normativo per l'esercizio del potere giudiziale di riduzione della penale è l'interesse esclusivamente patrimoniale del creditore all'integrale esecuzione del contratto (da valutarsi in termini oggettivi, commisurando la penale alla posizione reciproca delle parti quale risulta individuata nel momento in cui si è costituito il rapporto obbligatorio fondamentale ed escludendo qualsiasi apprezzamento che riguardi il pregiudizio realmente subito da chi la pretende) e non quello al risarcimento del danno dipendente dall'inadempimento, e non rilevando, al riguardo, gli scopi ulteriori che il creditore abbia avuto di mira, qualunque ne sia la natura.
Cass. civ. n. 4208/2001
Gli artt. 1526, comma secondo e 1384 c.c. (applicabili anche alla locazione finanziaria), i quali prevedono rispettivamente il potere del giudice di ridurre l'indennità convenuta in caso di risoluzione del contratto, per l'inadempimento del compratore, e la penale determinata nell'ammontare dei canoni ancora da pagare, non impongono una rigida correlazione all'entità del danno subito dal creditore, posto che in entrambi i casi non si tratta di risarcire un danno, ma, all'opposto, di diminuirne l'entità convenzionalmente stabilita. Pertanto la valutazione del giudice va condotta sul piano dell'equilibrio delle prestazioni con riferimento al margine di guadagno che il concedente si riprometteva di trarre dalla esecuzione del contratto.
Cass. civ. n. 2478/2000
In caso di richiesta di condanna al pagamento di penale convenzionalmente stabilita per l'inadempimento, a carico della parte che eccepisca la entità manifestamente eccessiva della stessa, chiedendone la riduzione, nessun altro onere può configurarsi se non quello di prospettare al giudice l'esigenza di una valutazione comparativa tra l'interesse patrimoniale che la controparte aveva alla esecuzione del contratto stesso e l'ammontare della penale stabilito, in quanto gli elementi necessari per tale valutazione sono desumibili dalla convenzione prodotta a supporto della propria domanda dalla controparte, mentre è, se mai, quest'ultima tenuta a dimostrare, a fronte della contestazione sollevata ex adverso, le ragioni che giustificavano l'ammontare apparentemente abnorme della penale in relazione al valore del contratto. Per converso, una sproporzione che non si manifesti ictu oculi esige, da parte di chi la eccepisce, un'allegazione esplicativa della dedotta eccessiva entità della penale, oltre ad una deduzione di prove in ordine all'assenza di ragioni giustificative di detta sproporzione.
Cass. civ. n. 14070/1999
Il potere di ridurre la penale a norma dell'art. 1384 c.c. non può essere esercitato dal giudice di appello quando l'appellante sia incorso nella decadenza di cui all'art. 346 c.p.c. per avere riformulato detta istanza soltanto nella comparsa conclusionale, avuto riguardo al carattere meramente illustrativo di tale scritto difensivo.
Cass. civ. n. 13120/1997
Se le parti, secondo l'accertamento del giudice di merito, hanno convenuto un'indennità — che prescinde pertanto dall'inadempimento della parte all'obbligo assunto — nel caso il terzo non compia il fatto promesso da una di esse, non è applicabile l'art. 1384 c.c., norma eccezionale di deroga all'autonomia delle parti (art. 1322 c.c.), e perciò il giudice non può ridurre la somma predeterminata.
Cass. civ. n. 2655/1997
Il criterio cui il giudice deve fare riferimento per esercitare il potere di riduzione della penale non è la valutazione della prestazione in sé astrattamente considerata, ma l'interesse che la parte secondo le circostanze ha all'adempimento della prestazione cui ha diritto, tenendosi conto delle ripercussioni dell'inadempimento sull'equilibrio delle prestazioni e dell'effettiva incidenza dell'inadempimento sulla situazione contrattuale concreta. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito che aveva provveduto alla riduzione della penale, sul rilievo che il promittente acquirente di un immobile aveva conseguito il possesso all'atto della stipula del contratto preliminare e che in ragione della particolare situazione del mercato immobiliare, doveva escludersi che la ritardata trascrizione del contratto definitivo di vendita avesse comportato per l'acquirente un particolare pregiudizio).
Cass. civ. n. 6991/1993
L'eccezione del convenuto che, richiesto del pagamento della penale pattuita, sostiene di nulla dovere a tale titolo, non può ritenersi comprensiva dell'istanza di riduzione della penale medesima, perché le dette due deduzioni difensive hanno fondamenti diversi ed inconciliabili, in quanto la prima (eccezione di nulla dovere) esclude l'esistenza dell'inadempimento, che, invece, è presupposta dalla seconda (istanza di riduzione della penale).
Cass. civ. n. 11115/1991
Il potere del giudice del merito di riduzione della penale ai sensi dell'art. 1384 c.c. in caso di adempimento parziale dell'obbligazione va esercitato tenendo presente l'interesse patrimoniale che il creditore avrebbe avuto all'esecuzione totale, senza che possano essere presi in considerazione gli ulteriori scopi, cui l'oggetto della prestazione avrebbe dovuto essere destinato, secondo gli intendimenti e gli interessi del creditore.
Cass. civ. n. 5625/1990
L'apprezzamento sull'eccessività dell'importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardo nell'adempimento, nonché sulla misura della riduzione equitativa dell'importo medesimo, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, e non è censurabile in sede di legittimità, ove correttamente fondato, a norma dell'art. 1384 c.c., sulla valutazione dell'interesse del creditore all'adempimento, con riguardo all'effettiva incidenza dello stesso sull'equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida cd esclusiva correlazione con l'entità del danno subito.