Art. 1433 – Codice civile – Errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione
Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche al caso in cui l'errore cade sulla dichiarazione, o in cui la dichiarazione è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall'ufficio che ne era stato incaricato.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 24208/2018
Ove il contenuto del contratto, così come risulta materialmente redatto, non corrisponda, quanto alle espressioni usate, alla comune, reale volontà delle parti, per erronea formulazione, redazione o trascrizione di elementi di fatto ad esso afferenti, deve ritenersi, ancorché la discordanza non emerga "prima facie" dalle tavole negoziali, che tale situazione non integri alcuna delle fattispecie dell'errore ostativo e che, di conseguenza, non trovi applicazione la normativa dettata in materia di annullamento del contratto per detto vizio, vertendosi, piuttosto, in tema di mero errore materiale, ricostruibile con ogni mezzo di prova, al di là della forma di volta in volta richiesta per il contratto cui afferisce, onde consentire al giudice la formazione di un corretto convincimento circa la reale ed effettiva volontà dei contraenti.
Cass. civ. n. 274/2018
L'errore ostativo consiste nella difformità fra la volontà, come stato soggettivo interno, e la sua manifestazione, e postula che entrambe si riferiscano allo stesso soggetto, cioè all'autore dell'atto volitivo, anche quando questi si serva, per la comunicazione di esso, dell'opera di terzi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito - di accoglimento di domanda di costituzione di rapporto di lavoro privato - che aveva ravvisato detto errore nella mancata previsione nell'avviso di selezione, predisposto dal Centro per l’impiego per la società interessata alla provvista di personale ma in difformità delle istruzioni ricevute, della clausola che poneva, come condizione per l’assunzione, l’attualità del requisito della lunga disoccupazione).
Cass. civ. n. 6116/2013
L'esigenza di conservazione del contratto presuppone una verifica giudiziale (di mero fatto ed in applicazione dei criteri generali dell'ermeneutica contrattuale) sulla estensione dell'effettiva e reale volontà delle parti, alla quale dovrà riconoscersi prevalenza - senza che sia possibile addivenire all'annullamento del contratto per errore ostativo, pur in presenza di erronea formulazione, redazione o trascrizione di elementi di fatto nel documento contrattuale - ove si identifichi un accordo effettivo e reale su tutti gli elementi del contratto, in primo luogo il suo oggetto. Per contro, ove il contenuto apparente di singole clausole risulti diverso da quello realmente voluto dalle parti, dovrà ritenersi mancante il requisito dell'"in idem placitum consensus", indispensabile per la configurabilità, sul punto, di un accordo contrattuale.
Cass. civ. n. 9243/2008
L'errore nella dichiarazione o nella sua trasmissione da parte della persona o dell'ufficio che nè è stato incaricato, regolato dagli artt. 1432 e 1433 c.c., deve essere sempre preceduto dall'interpretazione del contratto, perché quando è possibile ricostruire la comune intenzione delle parti, secondo quanto stabilito dagli art. 1362 e 1363 c.c., non è applicabile la disciplina giuridica dell'errore ostativo come vizio del consenso produttivo, in presenza delle condizioni previste dalla legge, dell'annullamento del contratto. Pertanto, quando il regolamento negoziale, così come materialmente redatto, non corrisponda, quanto alle espressioni usate, alla comune ed effettiva volontà delle parti, per erronea formulazione, redazione o trascrizione di elementi di fatto, anche se la discordanza non emerga dalla semplice lettura del testo, si deve ritenere esistente un mero errore materiale, ricostruibile con ogni mezzo di prova, indipendentemente dalla forma propria del contratto cui si riferisce. (Nella fattispecie, nella quale il cliente di un istituto bancario aveva lamentato l'acquisto di titoli mobiliari in misura nettamente inferiore alla quantità indicata nell'ordine compilato dall'addetto dell'istituto bancario, la S.C., confermando la sentenza di secondo grado, ha riconosciuto l'esistenza di un mero errore materiale di compilazione da parte dell'incaricato, in quanto i titoli acquistati corrispondevano alle disponibilità finanziarie del cliente al momento dell'ordine e avevano un controvalore identico alla provvista versata dal cliente qualche giorno dopo l'acquisto).
Cass. civ. n. 3540/1976
L'ipotesi in cui, per errore di trascrizione, il testo del contratto non corrisponde al comune volere delle parti — ancorché siffatta discordanza non emerga prima facie, ma sia accertabile mediante complesse e sottili indagini di carattere logico — non integra alcuna delle fattispecie dell'errore ostativo (art. 1433 c.c.) e non è riconducibile alla normativa dell'annullamento del contratto per tale vizio. In tale ipotesi, infatti, rispetto alla lettera del contratto deve prevalere la reale volontà comune dei contraenti, desumibile dal giudice del merito sulla scorta delle trattative preparatorie e di tutto il materiale probatorio acquisito.
Cass. civ. n. 206/1973
Ai fini dell'annullamento del contratto a norma dell'art. 1433 c.c. occorre una discordanza tra volere interno e manifestazione, che costituisce il presupposto per la configurabilità dell'errore ostativo.