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Art. 2342 — Conferimenti

Art. 2342 — Conferimenti

Se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in danaro.

Alla sottoscrizione dell’atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il venticinque per cento dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare.

Per i conferimenti di beni in natura e di crediti si osservano le disposizioni degli articoli 2254 e 2255. Le azioni corrispondenti a tali conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione.

Se viene meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro novanta giorni.

Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 16393/2007

I versamenti in conto capitale costituiscono conferimenti volti a incrementare il patrimonio netto della società e non sono imputabili a capitale, salvo che, con apposita delibera assembleare di modifica dell’atto costitutivo, non ne venga disposto successivamente l’utilizzo per un aumento del capitale sociale; una volta eseguiti, i versamenti vanno a costituire una riserva, non di utili, ma «di capitale», soggetta alla stessa disciplina della riserva da soprapprezzo (art. 2431 c.c.), seppure «personalizzata» o «targata» in quanto di esclusiva pertinenza dei soci che li hanno effettuati. Ne consegue che i soci eroganti possono chiedere la restituzione delle somme versate solo per effetto dello scioglimento della società e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione e che, d’altra parte, i ridetti versamenti, in caso di saturazione della riserva legale, possono con delibera dell’assemblea ordinaria essere distribuiti «
durante societate» tra i soci in misura corrispondente a quanto da ognuno versato.

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Cass. civ. n. 25005/2006

Il socio di società per azioni è legittimato ad agire per la dichiarazione di nullità del contratto di sottoscrizione di azioni di nuova emissione, stipulato dalla società con i sottoscrittori delle stesse, ove deduca la violazione dell’art. 2342, ult. comma (divieto di conferimento di opere o servizi), o dell’art. 2358, primo comma (sostegno finanziario alla sottoscrizione fornito dalla società emittente), quale terzo interessato ai sensi dell’art. 1421 c.c., atteso che dette ipotesi di nullità comportano il rischio della non effettività, totale o parziale, dei nuovi conferimenti e al tempo stesso dell’aumento del capitale sociale, con ricaduta sul patrimonio netto, e tale rischio incide direttamente sul suo interesse (che è esclusivo del socio e non può dirsi assorbito in quello della società) a conservare il valore, in termini sia assoluti che relativi, della sua quota di partecipazione alla società, in quanto, nella misura in cui al formale incremento del capitale cui corrisponde una riduzione proporzionale della sua quota di partecipazione non si accompagni un effettivo incremento del patrimonio netto, il valore della quota si riduce, a tutto vantaggio dei sottoscrittori delle nuove azioni.

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Cass. civ. n. 7692/2006

I versamenti operati dai soci in conto capitale (o con altra analoga dizione indicati), pur non incrementando immediatamente il capitale sociale, e pur non attribuendo alle relative somme la condizione giuridica propria del capitale (onde non occorre che siano conseguenti ad una specifica deliberazione assembleare di aumento dello stesso), hanno tuttavia una causa che, di norma, è diversa da quella del mutuo ed è assimilabile a quella del capitale di rischio. Essi, pertanto, non danno luogo a crediti esigibili nel corso della vita della società, e possono essere chiesti dai soci in restituzione solo per effetto dello scioglimento della società, e nei limiti dell’eventuale residuo attivo del bilancio di liquidazione. Ciò non esclude, tuttavia, che tra la società ed i soci possa viceversa essere convenuta l’erogazione di capitale di credito, anziché di rischio, e che i soci possano effettuare versamenti in favore della società a titolo di mutuo (con o senza interessi), riservandosi in tal modo il diritto alla restituzione anche durante la vita della società. Fermo restando che è a carico dell’attore l’onere di fornire la prova del titolo posto a fondamento della domanda, stabilire se, in concreto, un determinato versamento tragga origine da un mutuo, o se invece sia stato effettuato quale apporto del socio al patrimonio dell’impresa collettiva, è questione di interpretazione della volontà delle parti, riservata al giudice di merito, il cui apprezzamento non è censurabile in cassazione, se non per violazione delle norme giuridiche che disciplinano l’interpretazione della volontà negoziale o per eventuali carenze o vizi logici della motivazione che quell’accertamento sorregge. In tema di società, ai fini della ricostruzione dell’intento perseguito dai soci attraverso gli apporti finanziari effettuati in favore della società, il riferimento alla denominazione con cui gli stessi sono stati annotati nella contabilità sociale non è di per sé sufficiente, in difetto di più specifiche indicazioni circa la natura e le condizioni del finanziamento, per qualificare il conferimento come versamento in conto capitale, anziché a titolo di mutuo, stante anche la varietà e la relativa imprecisione che sovente caratterizzano tali denominazioni ed annotazioni contabili. Poiché, peraltro, i conferimenti in conto capitale concorrono a costituire una riserva di patrimonio netto, mentre i versamenti a titolo di mutuo vanno iscritti tra i debiti, la circostanza che nel bilancio della società, a suo tempo approvato dai soci, quei versamenti risultino collocati in una voce di debito, è certamente un elemento dal quale il giudice può trarre argomento per ricostruire la natura dell’operazione finanziaria, soprattutto qualora detta collocazione si accompagni a considerazioni ulteriori, desunte dal tenore di clausole statutarie o dalle finalità pratiche al cui perseguimento il finanziamento appare preordinato.

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Cass. civ. n. 12539/1998

Il versamento effettuato dai soci della società in conto di futuro aumento di capitale, pur determinando un incremento del capitale sociale e pur non attribuendo alle relative somme la condizione giuridica proposta del capitale, ha una causa che, di norma, è diversa da quella del mutuo ed è simile, invece, a quella del conferimento in conto capitale, che è un conferimento a rischio. Ne deriva che all’autonomia privata sono consentiti, nelle società di capitali, conferimenti atipici e ciò sia nel senso che si tratta di conferimenti eseguiti al di fuori degli schemi giuridico-formali previsti per la costituzione delle società e per l’aumento del capitale sociale, sia perché sono conferimenti destinati ad incrementare il patrimonio della società fuori del capitale.

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Cass. civ. n. 4236/1998

In tema di società. di capitali, nella ipotesi di sottoscrizione di un aumento del capitale sociale, l’oggetto del conferimento, da parte del socio, non deve, necessariamente, identificarsi in un bene suscettibile di espropriazione forzata, bensì in una res dotata di consistenza economica. Ne consegue la legittimità del conferimento attuato mediante compensazione tra il debito del socio verso la società ed un credito vantato dal medesimo nei confronti dell’ente, atteso che la società stessa, pur perdendo formalmente il suo credito al conferimento, acquista concretamente un «valore» economico, consistente nella liberazione da un corrispondente debito. Alla funzione essenzialmente «produttiva» del capitale sociale consegue, difatti, quella di garanzia meramente indiretta del pagamento dei debiti sociali, funzione, quest’ultima, assolta direttamente dal patrimonio sociale, cui non risultano trasferibili quei vincoli di indisponibilità e di invariabilità tipici, in via esclusiva, del capitale. Nessun pregiudizio per i creditori sociali è, pertanto, ravvisabile (diversamente che nella ipotesi di conferimenti iniziali, quantomeno per i tre decimi previsti dall’art. 2329 c.c.) in un aumento di capitale sottoscritto mercé la contestuale estinzione per compensazione di un credito del socio sottoscrittore (scaturendo, invece, da tale operazione un aumento della generica garanzia patrimoniale, poiché dalla trasformazione del credito del socio in capitale di rischio deriva che detta garanzia non copre più il credito medesimo), mentre, sul piano economico patrimoniale, nessun vantaggio deriverebbe ai creditori stessi dall’imposizione, alla società, dell’obbligo di pagare il proprio debito nei confronti del socio sottoscrittore e di incassare, contestualmente, la stessa somma da lui dovuta.

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