Art. 2447 septies – Codice civile – Bilancio
I beni e i rapporti compresi nei patrimoni destinati ai sensi della lettera a) del primo comma dell'articolo 2447 bis sono distintamente indicati nello stato patrimoniale della società.
Per ciascun patrimonio destinato gli amministratori redigono un separato rendiconto, allegato al bilancio, secondo quanto previsto dagli articoli 2423 e seguenti.
Nella nota integrativa del bilancio della società gli amministratori devono illustrare il valore e la tipologia dei beni e dei rapporti giuridici compresi in ciascun patrimonio destinato, ivi inclusi quelli apportati da terzi, i criteri adottati per la imputazione degli elementi comuni di costo e di ricavo, nonché il corrispondente regime della responsabilità.
Qualora la deliberazione costitutiva del patrimonio destinato preveda una responsabilità illimitata della società per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare, l'impegno da ciò derivante deve risultare in calce allo stato patrimoniale e formare oggetto di valutazione secondo criteri da illustrare nella nota integrativa.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 10160/2024
Integra il reato di bancarotta impropria da reato societario di falso in bilancio la condotta dell'amministratore che, procedendo alla rivalutazione dei beni giustificata da "casi eccezionali" - di cui all'art. 2423, comma quinto, cod. civ. - che, però, non hanno inciso effettivamente sul valore al rialzo di quei beni, eviti che si manifesti la necessità di ricapitalizzare o di porre in liquidazione la fallita, così determinando l'ulteriore aggravamento del suo dissesto. (Fattispecie relativa alla rivalutazione arbitraria e strumentale di cespiti immobiliari effettuata al fine di compensare le rilevanti perdite di esercizio subite dalla società in conseguenza dell'incendio di un suo capannone).
Cass. civ. n. 8069/2024
Colui che agisce in giudizio con l'azione di risarcimento nei confronti degli amministratori di una società di capitali che abbiano compiuto, dopo il verificarsi di una causa di scioglimento, attività gestoria non avente finalità meramente conservativa del patrimonio sociale, ai sensi dell'art. 2486 c.c., ha l'onere di allegare e provare l'esistenza dei fatti costitutivi della domanda e, quindi, la ricorrenza delle condizioni per lo scioglimento della società e il successivo compimento di atti negoziali da parte degli amministratori, ma non è tenuto a dimostrare che tali atti siano anche espressione della normale attività d'impresa e non abbiano una finalità liquidatoria; spetta, infatti, agli amministratori convenuti dimostrare che tali atti, benché effettuati in epoca successiva al verificarsi della causa di scioglimento, non comportino un nuovo rischio d'impresa, come tale idoneo a pregiudicare il diritto dei creditori e dei soci, e siano giustificati dalla finalità liquidatoria o comunque risultino necessari. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto responsabile l'amministratore delegato di una società fallita per avere proseguito l'attività d'impresa pur in presenza della perdita del capitale sociale, non avendo il convenuto fornito la prova che gli atti compiuti fossero finalizzati alla liquidazione della società o alla conservazione dell'integrità del valore del patrimonio).
Cass. civ. n. 6871/2024
Il divieto di assistenza finanziaria previsto per le pubbliche amministrazioni dall'art. 6, comma 19, del d.l. n. 78 del 2010 - in virtù del quale è fatto divieto alle stesse di procedere alla compensazione o al ripianamento delle perdite delle società partecipate non quotate - trova applicazione esclusiva per gli enti partecipati costituiti in forma societaria, non potendosi estendere, neppure analogicamente, ad altri enti gestori di pubblici servizi, come i consorzi ex art. 31 del d. lgs. n. 267 del 2000 (T.U.E.L.), stante l'inequivoco tenore letterale della disposizione e il rinvio che questa compie all'art. 2447 c.c.