Art. 2501 bis – Codice civile – Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento
Nel caso di fusione tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell'altra, quando per effetto della fusione il patrimonio di quest'ultima viene a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di detti debiti, si applica la disciplina del presente articolo.
Il progetto di fusione di cui all'articolo 2501 ter deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione.
La relazione di cui all'articolo 2501 quinquies deve indicare le ragioni che giustificano l'operazione e contenere un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere.
La relazione degli esperti di cui all'articolo 2501 sexies, attesta la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione ai sensi del precedente secondo comma.
Al progetto deve essere allegata una relazione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società obiettivo o della società acquirente.
Alle fusioni di cui al primo comma non si applicano le disposizioni degli articoli 2505 e 2505 bis.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 16617/2024
Ove durante il giudizio di cassazione la società ricorrente si estingua a seguito di fusione per incorporazione, la società incorporante può intervenire nel procedimento con atto che, per i giudizi instaurati fino al 31 dicembre 2022, deve essere notificato alle altre parti per assicurare il rispetto del contraddittorio, non essendo a tal fine sufficiente il mero deposito dell'atto in cancelleria; la nullità derivante dall'omissione della suddetta notificazione è tuttavia sanata ove
Cass. civ. n. 14414/2024
La fusione per incorporazione, realizzando una vicenda estintivo-successoria delle società coinvolte, determina l'estinzione dell'incorporata, che, ove insolvente, è assoggettabile a fallimento entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, in ragione della norma speciale di cui all'art 10 l.fall.
Cass. civ. n. 7438/2023
In caso di contestazione della appostazione di quota di ammortamento relativa all'avviamento derivante dall'allocazione del disavanzo originato da operazioni di fusione, che costituisce componente di reddito ad efficacia pluriennale, e qualora la contestazione trovi ragione non nell'errato computo del singolo rateo dedotto, ma nel suo fatto generatore e nel presupposto costitutivo di esso, la decadenza dell'amministrazione finanziaria dalla potestà di accertamento va riguardata, ex art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, in riferimento al termine per la rettifica della dichiarazione nella quale il singolo rateo di suddivisione del componente pluriennale è indicato, e non già al termine per la rettifica della dichiarazione concernente il periodo di imposta nel quale quel componente sia maturato o sia stato iscritto per la prima volta in bilancio.
Cass. civ. n. 3591/2023
In tema di reddito imponibile delle società facenti parte di un gruppo che ha adottato il regime fiscale della tassazione di gruppo, in caso di scissione societaria parziale, le perdite generate dalla società scissa nel corso del consolidato fiscale possono essere oggetto di riparto con la società beneficiaria, in proporzione al patrimonio netto a quest'ultima attribuito, a condizione che si tratti di perdite prodotte dalla scissa consolidante per effetto della propria gestione patrimoniale, non di quelle generate per effetto delle rettifiche di consolidato di cui agli artt. 122 e 123 del T.u.i.r..
Cass. civ. n. 18188/2016
In caso di fusione per incorporazione, ai sensi degli artt. 2501 e segg. c.c., come modificati dal d.lgs. n. 6 del 2003, la società incorporata, in quanto coinvolta in una vicenda evolutiva-modificativa, con mutamento solo formale dell'organizzazione societaria già esistente, non si estingue e, sopravvivendo in tutti i suoi rapporti, anche processuali, resta legittimata all'impugnazione dei provvedimenti giurisdizionali di cui è parte.
Cass. civ. n. 3193/2013
Il termine dilatorio di un mese, previsto dall'art. 2501 bis c.c. (nel testo anteriore alla riforma di cui al d.l.vo 17 gennaio 2003, n. 6), che deve intercorrere tra la pubblicazione del progetto di fusione e la relativa delibera di approvazione, è dettato dalla legge nell'interesse esclusivo dei soci, i quali pertanto possono rinunciarvi. Ne consegue che legittimamente una società commerciale, nell'epoca in cui le era consentito utilizzare il disavanzo di fusione per compensare eventuali plusvalenze (e cioè prima dell'entrata in vigore dell'art. 27 della legge 23 dicembre 1994, n. 724), poteva approvare la delibera di fusione senza attendere il suddetto termine, a nulla rilevando che, ove esso fosse stato rispettato, la società incorporante a causa di sopravvenute modifiche normative non avrebbe potuto trarre alcun beneficio fiscale dall'operazione di fusione.
Cass. civ. n. 20423/2007
In tema di fusione di società, l'avviamento deve dirsi acquisito a titolo oneroso tutte le volte che il patrimonio delle società partecipanti all'operazione viene acquisito per un valore superiore a quello risultante dai rispettivi bilanci, a meno che non vi siano elementi per ritenere che tale eccedenza debba essere diversamente imputata. Quando la fusione avviene mediante incorporazione di una società interamente posseduta non si determina alcuno scambio di partecipazioni, non avendo la società incorporata altri soci all'infuori dell'incorporante, e non vi è quindi necessità di procedere alla determinazione del rapporto di cambio. In tal caso il "costo di acquisizione" del patrimonio sociale dell'incorporata deve essere necessariamente riferito all'acquisto delle sue partecipazioni effettuato preventivamente dalla società incorporante. Il riferimento è possibile in quanto le partecipazioni sociali sono beni di secondo grado, e, come tali, sono rappresentative del patrimonio sociale, alla cui gestione ciascun socio è ammesso a partecipare, nei limiti e nelle forme stabilite dall'ordinamento. Tra le partecipazioni al capitale di una società e i beni ricompresi nel suo patrimonio vi è quindi un collegamento (di cui il legislatore ha preso atto: art. 2426, n. 4) cod. civ.; art. 33, comma secondo, d.lgs. 9 aprile 1991, n. 127), il quale autorizza a ritenere che, in caso di incorporazione di una società (totalmente o parzialmente) posseduta dall'incorporante, il patrimonio aziendale dell'incorporata possa essere iscritto in bilancio, invece che al valore indicato nel bilancio dell'incorporata, a quello attribuito alle partecipazioni che, prima della fusione, attribuivano alla società incorporante la qualità di socia della società incorporata. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 19 settembre 2000).
Cass. civ. n. 21016/2006
Nel caso di dichiarazione di fallimento di una società entro l'anno dall'estinzione per fusione, il diritto ad essere sentito in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 15 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, spetta al legale rappresentante della società estinta, per le conseguenze che tale pronuncia può avere nei suoi confronti, nonché al socio illimitatamente responsabile, in quanto assoggettabile a fallimento personale, mentre non è obbligatoria l'audizione della società nata dalla fusione, pur rivestendo quest'ultima la qualità di successore a titolo universale della società sottoposta alla procedura concorsuale.
Cass. civ. n. 14526/2006
A seguito della nuova formulazione dell'art. 2504 bis cod. civ., introdotta per effetto del d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (in vigore a decorrere dal 1° gennaio 2004), in base al cui primo comma la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali anteriori alla fusione, la fusione configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa del medesimo soggetto giuridico (allo stesso modo di quanto avviene con la trasformazione), senza la produzione di alcun effetto successorio ed estintivo, con la conseguenza che essa, implicando ora anche la continuità nei rapporti processuali, non comporta più, a norma degli artt. 110, 299 e 300 cod. proc. civ., interruzione del processo in cui sia parte una società partecipante, per l'appunto, ad una fusione. (Nella specie, la S.C., alla stregua del principio enunciato, ha rigettato l'eccezione della società assicuratrice resistente che aveva eccepito l'inammissibilità del ricorso per cassazione per essere stato lo stesso notificato, nella vigenza del nuovo art. 2504 bis cod. civ., alla società assicuratrice convenuta nel grado di merito quando ormai era estinta perché incorporata successivamente per fusione da altra società). (Rigetta, Giud. pace Rimini, 19 febbraio 2004).
Cass. civ. n. 554/2004
La fusione per incorporazione di società determina l'automatica estinzione della società incorporata ed il subingresso per successione a titolo universale (corrispondente alla successione universale "mortis causa") della società incorporante nei rapporti giuridici attivi e passivi - anche processuali - già facenti capo alla società incorporata. Ne consegue che l'impugnazione della sentenza proposta nei confronti della parte estinta è, ai sensi del combinato disposto dell'art. 163 c.p.c., primo comma, n. 3, e dell'art. 164 c.p.c., (non già inesistente bensì) affetta da nullità sanabile mediante la costituzione in giudizio del successore a titolo universale, con effetti, peraltro, diversi a seconda che la controversia risulti essere stata promossa prima o dopo il 30 aprile 1995: se promossa prima di tale data, trova infatti applicazione l'art. 164 c.p.c. nel testo anteriore alla modifica introdotta dalla legge n. 353 del 1990, e la sanatoria ha efficacia "ex nunc", impedendo così l'inammissibilità dell'appello, sempre che la detta costituzione in giudizio sia avvenuta prima della scadenza del termine per impugnare; se promossa dopo tale data, il suindicato art. 164 c.p.c. è invece applicabile nel testo vigente e la sanatoria ha efficacia "ex tunc", rimanendo conseguentemente sempre e comunque impedita l'inammissibilità dell'impugnazione.
Cass. civ. n. 8448/2004
La disposizione di cui all'art. 10, comma quinto del D.L. n. 323 del 1996, convertito in legge n. 425 del 1996, la quale ha previsto l'assoggettamento all'imposta fissa di registro di tutte le operazioni di fusione societaria, non può essere considerata quale una norma interpretativa, e quindi è stata priva di efficacia retroattiva.
Cass. civ. n. 22236/2004
La fusione di due o più società realizza una successione universale corrispondente alla successione universale "mortis causa" e determina l'estinzione delle società che confluiscono in quella nuova (cosiddetta fusione in senso proprio), ovvero di quelle assorbite in una di esse (cosiddetta fusione per incorporazione), con contestuale sostituzione della nuova società o della società incorporante nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla società estinta; questi effetti si producono dall'esecuzione dell'ultima delle iscrizioni nel Registro delle imprese previste dall'art. 2504 c.c., e, nel caso in cui una delle società partecipanti alla fusione ovvero quella risultante dalla fusione o quella incorporante sia una S.p.A., una S.a.p.a., o una S.r.l., sono opponibili ai terzi dalla data della pubblicazione dell'atto di fusione nella Gazzetta Ufficiale (art. 2540 c.c., comma quarto, abrogato dall'art. 30, legge n. 340 del 2000, applicabile nella specie "ratione temporis"). Pertanto, qualora la società incorporata sia parte di un giudizio e la fusione abbia prodotto i succitati effetti e sia divenuta opponibile dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado ed anteriormente alla notificazione dell'impugnazione, l'appello notificato alla società incorporata è viziato da nullità rilevabile d'ufficio, ex art. 164 c.p.c., primo comma, ma la nullità è sanata dalla costituzione in giudizio della società incorporata, con effetto "ex nunc", qualora sia applicabile l'art. 164 c.p.c., nel testo vigente anteriormente alla modifica introdotta dall'art. 9, legge n. 353 del 1990, sicché la sanatoria resta esclusa se la costituzione sia avvenuta oltre il termine annuale per l'impugnazione (Fattispecie concernente un giudizio instaurato anteriormente al 30 aprile 1995, nel quale la fusione si era perfezionata prima del decorso di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, con conseguente inapplicabilità dell'art. 328 c.p.c., terzo comma).
Cass. civ. n. 2263/2003
In tema di imposta di registro relativa alle operazioni di fusione per incorporazione di società, la base imponibile si determina, ai sensi dell'art. 50 del D.P.R. n. 131 del 1986, unicamente tenendo conto della situazione patrimoniale allegata alla delibera di fusione, ai sensi dell'art. 2502 cod. civ., essendo irrilevanti tutte quelle circostanze, quali le perdite di esercizio, determinanti una realtà economica diversa da quella indicata al momento della fusione.
Cass. civ. n. 15093/2000
La fusione, nelle due forme previste dall'art. 2501 c.c., ha efficacia traslativa, dal momento che l'unificazione di più società separate ed indipendenti, che tale operazione determina, comporta la concentrazione (e quindi il trasferimento) dei loro rispettivi patrimoni in un'unica struttura produttiva, operazione alla quale deve riconoscersi carattere oneroso, posto che i trasferimenti delle masse patrimoniali delle singole società che partecipano alla fusione sono fra loro collegati ed interdipendenti; e ciò sia quando la fusione porta alla costituzione di una società nuova, sia nel caso di incorporazione, in quanto i soci della società incorporata entrano a far parte della società incorporante, acquisendo una nuova partecipazione, rappresentativa dell'intero patrimonio aziendale risultante dalla fusione, la cui entità è determinata sulla base del rapporto (il cosiddetto rapporto di cambio) esistente tra i valori netti emergenti dalle situazioni patrimoniali delle due società.