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Art. 2535 — Liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente

Art. 2535 — Liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente

La liquidazione della quota o il rimborso delle azioni ha luogo sulla base del bilancio dell’esercizio in cui si sono verificati il recesso, l’esclusione o la morte del socio.

La liquidazione della partecipazione sociale, eventualmente ridotta in proporzione alle perdite imputabili al capitale, avviene sulla base dei criteri stabiliti nell’atto costitutivo. Salvo diversa disposizione, la liquidazione comprende anche il rimborso del soprapprezzo, ove versato, qualora sussista nel patrimonio della società e non sia stato destinato ad aumento gratuito del capitale ai sensi dell’articolo 2545 quinquies, terzo comma.

Il pagamento deve essere fatto entro centottanta giorni dall’approvazione del bilancio [ 2289 ]. L’atto costitutivo può prevedere che, per la frazione della quota o le azioni assegnate al socio ai sensi degli articoli 2545 quinquies e 2545 sexies, la liquidazione o il rimborso, unitamente agli interessi legali, possa essere corrisposto in più rate entro un termine massimo di cinque anni.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 21229/2009

Il socio di una cooperativa edilizia, in mancanza di norme di legge al riguardo, nonché di previsioni espresse nello statuto o nell’atto di assegnazione, non ha diritto ad alcun rimborso del prezzo pagato per l’assegnazione dell’alloggio per il solo fatto che la società abbia ottenuto il ristorno dall’erario dell’imposta sul valore aggiunto (I.V.A.), neppure se adduca a tal fine la circostanza che l’atto di assegnazione prevedesse per l’alloggio un prezzo pari al costo sostenuto dalla cooperativa per la costruzione, giacché detto ristorno spetta alla cooperativa medesima in ragione dell’esercizio della attività di impresa che essa svolge a fine mutualistico e che la legittima, per l’appunto, a pretenderlo dall’Amministrazione finanziaria.

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Cass. civ. n. 16304/2009

In caso di scioglimento del rapporto sociale limitatamente al socio di una società cooperativa edilizia, egli ha diritto sia alla liquidazione della quota sociale, con riguardo a quanto abbia versato a titolo di conferimento, sia alla restituzione di quanto versato a titolo di anticipazione, direttamente riconducibile all’acquisto ed all’assegnazione dell’alloggio (sempre che, la proprietà dell’alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto), posto che i rapporti fra socio e società sono, da un lato, attinenti all’attività sociale, comportanti l’obbligo dei conferimenti e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione, dall’altro relativi alla peculiarità dello scopo perseguito, comportanti anticipazioni ed esborsi di carattere straordinario ai fini dell’acquisto del terreno e della realizzazione degli alloggi. Con riguardo a tale secondo importo, al diritto di credito del socio non corrisponde un diritto di ritenzione dell’alloggio, non potendo egli avvalersi dell’ “exceptio inadimplenti non est adimplendum”, di cui all’art. 1460 c.c., poiché gli obblighi di riconsegna dell’alloggio e di restituzione delle somme non sono configurabili come prestazioni reciproche di un sinallagma contrattuale, ma soltanto come un effetto del venir meno del rapporto sociale tra il socio receduto od escluso e la cooperativa.

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Cass. civ. n. 22659/2006

In tema di società, la costituzione del rapporto societario e l’originario conferimento, pur rappresentando il presupposto giuridico del diritto del socio alla quota di liquidazione, non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente, configurandosi la posizione di quest’ultimo come mera aspettativa o diritto in attesa di espansione, destinato a divenire attuale soltanto nel momento in cui si addivenga alla liquidazione (del patrimonio della società o della singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario soltanto nei suoi confronti), ed alla condizione che a tale momento dal bilancio (finale o di esercizio) risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l’attribuzione pro quota al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. Pertanto, il credito relativo alla quota di liquidazione vantato dal socio di una cooperativa escluso dalla società per effetto della dichiarazione di fallimento (ovvero, ai sensi dell’art. 2533 n. 5 c.c., nel testo introdotto dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, a seguito della delibera di esclusione che è in facoltà della società adottare in caso di fallimento del socio) nasce o comunque diviene certo esclusivamente nel momento in cui interviene quella dichiarazione (o quella delibera), con la conseguenza che, non potendosi considerare detto credito anteriore al fallimento, viene a mancare il presupposto necessario, ai sensi dell’art. 56 della legge fallimentare, per la compensabilità dello stesso con i contrapposti crediti vantati dalla società nei confronti del socio.

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Cass. civ. n. 17558/2006

Il bilancio ai cui valori l’art. 2529 c.c. (nel testo anteriore alla modifica introdotta dal D.L.vo 17 gennaio 2006, n. 6) àncora la liquidazione della quota in favore del socio uscente di società cooperativa è unicamente quello indicato dall’art. 2423 c.c. (approvato in assemblea dai soci e poi depositato presso il registro delle imprese), con la conseguente impossibilità di contaminarne i dati con risultanze di documenti ulteriori che non abbiano già concorso, nel rispetto dei criteri legali di redazione e valutazione delle relative poste, a configurare lo stato patrimoniale descritto dal successivo art. 2424. (Nella fattispecie la S.C. ha quindi escluso la rilevanza di una circolare della cooperativa recante indicazioni di maggior valore).

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Cass. civ. n. 9393/2004

Nelle cooperative edilizie aventi come scopo la costruzione di alloggi e l’assegnazione degli stessi in godimento e, successivamente, in proprietà individuale ai soci, i rapporti tra questi ultimi e la società sono di due specie: da un lato quelli attinenti all’attività sociale, comportanti l’obbligo dei conferimenti e della contribuzione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione, dall’altro i rapporti relativi alla peculiarità dello scopo perseguito, comportanti anticipazioni ed esborsi di carattere straordinario ai fini dell’acquisto del terreno, della realizzazione degli alloggi e così via. E mentre le contribuzioni del primo tipo rientrano fra i debiti di conferimento, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2530 c.c., e si ricollegano ad un obbligo che permane fino a quando persiste la qualità di socio (e, cioè, fino allo scioglimento della cooperativa, salvo il caso di recesso o esclusione del socio), non vi rientrano invece quelle del secondo tipo, perché non strettamente inerenti al rapporto sociale e destinate a gravare, in caso di uscita dalla cooperativa del socio che le fatte, sul socio che gli subentra e che acquista, in questo modo, l’aspettativa all’assegnazione dell’alloggio. Ne consegue che le anticipazioni e gli esborsi effettuati dal socio nona titolo di conferimento e in conseguenza dell’obbligo inerente alla partecipazione alle spese comuni di organizzazione e di amministrazione, ma per il conseguimento dei singoli beni o servizi prodotti dalla cooperativa; pongono il socio nella posizione di creditore versò la cooperativa, posizione che una volta avvenuto lo scioglimento del rapporto sociale si manifesta come diritto alla restituzione delle somme anticipate (sempre che, ovviamente, la proprietà dell’alloggio non sia stata nel frattempo conseguita e lo scopo sociale non sia stato raggiunto), non sottoposto, e salva la possibilità di una diversa disciplina pattizia, alla disciplina giuridica relativa alla quota sociale.

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Cass. civ. n. 5735/1992

La clausola dello statuto di una società cooperativa di produzione e lavoro, la quale stabilisca che, in caso di scioglimento del rapporto limitatamente ad un socio, a questo non spetta una quota di liquidazione superiore al capitale versato (nella specie, lire 5.000), non è affetta da nullità per contrasto con l’art. 2529 c.c. (per il quale la liquidazione della quota del socio ha luogo sulla base del bilancio dell’esercizio in cui quel rapporto sociale si scioglie), atteso che tale norma ha carattere dispositivo, sicché l’atto costitutivo può adottare criteri differenti, come la previsione del rimborso a valore nominale o, addirittura, la negazione del diritto al rimborso.

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