Art. 942 – Codice civile – Terreni abbandonati dalle acque correnti
I terreni abbandonati dalle acque correnti, che insensibilmente si ritirano da una delle rive portandosi sull'altra, appartengono al demanio pubblico, senza che il confinante della riva opposta possa reclamare il terreno perduto.
Ai sensi del primo comma, si intendono per acque correnti i fiumi, i torrenti e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia.
Quanto stabilito al primo comma vale anche per i terreni abbandonati dal mare, dai laghi, dalle lagune e dagli stagni appartenenti al demanio pubblico.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 36197/2023
La prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato - sia nei rapporti a tempo indeterminato, sia in quelli a tempo determinato, e anche in caso successione di contratti a termine - decorre, per i crediti che nascono nel corso del rapporto lavorativo, dal giorno della loro insorgenza e, per quelli che maturano alla cessazione, a partire da tale data, perché non è configurabile un "metus" del cittadino verso la pubblica amministrazione e poiché, nei rapporti a tempo determinato, il mancato rinnovo del contratto integra un'apprensione che costituisce una mera aspettativa di fatto, non giustiziabile per la sua irrilevanza giuridica.
Cass. civ. n. 3854/2020
In tema di accessione fluviale, il presupposto perché possa originarsi il diritto di accessione in favore dei proprietari confinanti dell'alveo derelitto di un fiume o torrente, secondo il disposto degli artt. 942 - 947 c.c. (nel testo anteriore alla entrata in vigore della l. n. 37 del 1994, applicabile "ratione temporis" qualora la situazione ambientale cui si fa riferimento si sia verificata prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina), è che il corso d'acqua abbia abbandonato il letto per una forza spontanea, e non per l'opera dell'uomo, ovvero che l'accessione non sia stata determinata da attività antropica.
Cass. civ. n. 9589/2018
La domanda di accertamento negativo ex art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 non è idonea a determinare la sospensione della prescrizione del diritto al conseguimento dei contributi, che non é prevista da alcuna disposizione specifica né trova fondamento nella normativa codicistica, essendo inammissibile l'interpretazione estensiva o l'applicazione analogica delle disposizioni previste dagli artt. 2941 e 2942 c.c.; tale domanda non comporta inoltre l'interruzione della prescrizione, che l'art. 2943 c.c. fa discendere soltanto da atti tipici e specificamente enumerati contenenti l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto obbligato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora.
Cass. civ. n. 2092/2018
Il decorso del termine di prescrizione per non uso del diritto di superficie non può essere condizionato da disposizioni urbanistiche impeditive del diritto di edificazione poiché la sospensione di detto decorso può verificarsi soltanto nei casi espressamente e tassativamente previsti negli articoli 2941 e 2942 c.c., non estensibili a fatti materiali e ragioni giuridiche in tali norme non contemplati.
Cass. civ. n. 14737/2016
Gli artt. 2941 e 2942 c.c. non prevedono, quanto ai diritti del fallito verso i suoi debitori ovvero sui beni compresi nel fallimento, che, tra il fallito e i terzi, la prescrizione rimanga sospesa per la durata del fallimento, atteso che i diritti del fallito possono essere esercitati dal curatore, e, in caso di inerzia di quest'ultimo, il fallito è, in via eccezionale, legittimato ad agire per far valere i suoi diritti senza che i terzi possano opporgli la sua incapacità processuale, prevista esclusivamente a tutela dell'interesse della massa dei creditori.
Cass. civ. n. 9848/2012
Il recesso del fideiussore dalla garanzia prestata per i debiti di un terzo, derivanti da un rapporto di apertura di credito bancario in conto corrente destinato a prolungarsi ulteriormente nel tempo, produce l'effetto di circoscrivere l'obbligazione accessoria al saldo del debito esistente al momento in cui il recesso medesimo è diventato efficace. L'obbligo del garante è limitato al pagamento di tale saldo anche qualora il debito dell'accreditato, al momento in cui la successiva chiusura del conto rende la garanzia attuale ed esigibile, risulti aumentato in dipendenza di operazioni posteriori, e senza che peraltro, ai fini della determinazione dell'ambito della prestazione dovuta dal garante, possa aversi una considerazione delle ulteriori rimesse dell'accreditato separata e diversa rispetto ai prelevamenti dallo stesso operati, e ciò stante l'unitarietà e l'inscindibilità del rapporto tra banca e cliente. Solo se il saldo esistente alla chiusura del rapporto di apertura di credito sia inferiore a quello esistente al momento del recesso del fideiussore, si verifica una corrispondente riduzione dell'obbligazione fideiussoria, in applicazione della regola sancita dall'art. 1941, primo comma, c.c., per cui la fideiussione non può eccedere l'ammontare dell'obbligazione garantita.
Cass. civ. n. 2211/2007
L'ipotesi di sospensione della prescrizione prevista dall'art. 2942, n. 1, c.c. (relativa ai minori non emancipati e agli interdetti per infermità di mente, per il tempo in cui non hanno rappresentante legale e per sei mesi successivi alla nomina del medesimo o alla cessazione dell'incapacità) si verifica non soltanto quando il minore non emancipato o l'interdetto siano privi di rappresentante legale, ma anche quando tale rappresentante si trovi in conflitto di interessi con il rappresentato, imponendosi un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma, che altrimenti violerebbe l'art. 3 Cost., per l'ingiustificata disparità di trattamento tra il minore non emancipato o l'interdetto privo di legale rappresentante ed il minore e l'interdetto il cui legale rappresentante si trovi in conflitto di interessi con il rappresentato.
Cass. civ. n. 3805/2004
In relazione al contratto di fideiussione, la mancata previsione di un limite la quale attenga ai soli accessori del debito principale non comporta l'effetto della caducazione della garanzia, perché l'estensione della limitazione prevista per il debito principale agli accessori è stabilita dalla legge; ne consegue che, tutte le volte che la garanzia fideiussoria per obbligazioni condizionali o future sia prestata con l'indicazione dell'importo massimo garantito riferito al solo capitale, «oltre accessori e spese» l'importo predetto va inteso come limite della fideiussione per capitale, interessi ed ogni altro accessorio del debito principale.
Cass. civ. n. 12279/2004
A norma degli artt. 1936 e 1942 c.c., l'obbligazione del fideiussore si configura come obbligazione accessoria, il cui oggetto è naturalmente identico a quello dell'obbligazione principale, e, salvo patto contrario, si estende solo a tutti gli accessori del debito principale ed alle spese. Ne consegue che non sono efficaci nei confronti del fideiussore i patti intervenuti tra creditore e debitore, modificativi dell'obbligazione principale garantita.
Cass. civ. n. 18234/2003
A norma degli artt. 1936 e 1942 c.c., l'obbligazione del fideiussore si configura come obbligazione accessoria, il cui oggetto, per la sorte capitale e per gli accessori, è naturalmente identico a quello dell'obbligazione principale, sicché ove l'oggetto non sia stato interamente determinato nel contratto di fideiussione, per quanto riguarda la misura degli interessi e la facoltà della banca di operare la capitalizzazione, lo stesso resta sempre determinabile in relazione all'obbligazione garantita, con la conseguenza che, salva, ai sensi dell'art. 1941, comma secondo, c.c., una pattuizione più favorevole al fideiussore, la prestazione da questi dovuta va fatta corrispondere, anche per quanto riguarda gli interessi, a quella del debitore principale.
Cass. civ. n. 4753/2002
Anche nel vigore delle norme di cui agli artt. 942, 946, 947 vecchio testo del codice civile (anteriormente, cioè, alla novella di cui alla legge 37/1994), le accessioni fluviali comportavano l'acquisto della proprietà da parte dei proprietari rivieraschi solo se determinate da eventi naturali, e non dall'opera artificiale dell'uomo.
Cass. civ. n. 9679/1997
Poiché a norma dell'art. 1942 c.c. la fideiussione si estende a tutti gli accessori del debito principale fra i quali rientrano gli interessi, per ritenere esteso anche a questi ultimi il debito del fidejussore non occorre alcun accertamento delle concrete condizioni in cui la fidejussione sia stata prestata, tale accertamento presentandosi come necessario solo quando sia allegata l'esistenza del patto contrario previsto nello stesso articolo 1942 c.c.
Cass. civ. n. 3961/1996
Nel rito del lavoro, la costituzione dell'appellato mediante deposito in cancelleria del fascicolo e di una memoria difensiva, da effettuarsi entro il termine previsto dall'art. 436, primo comma, c.p.c., si configura come un onere per l'appellato e non già come una modalità essenziale per la costituzione; ne consegue che, quantunque dall'inottemperanza al predetto onere scaturiscano preclusioni e decadenze, non può negarsi all'appellato che non si sia costituito tempestivamente in giudizio la facoltà di operare la costituzione dopo la scadenza del termine di legge, sia pure al solo fine di esercitare il suo diritto di difesa in sede di discussione orale, con l'ulteriore conseguenza che, qualora l'esito della lite sia a lui favorevole, è del tutto legittima la condanna del soccombente al rimborso, in favore del medesimo appellato, delle spese realmente sopportate come pure dei diritti di procuratore ed onorari di avvocato in relazione ai compiti espletati dal difensore.
Cass. civ. n. 9376/1994
Il fenomeno di incremento fluviale disciplinato, nella particolare forma di accessione denominata alluvione impropria, dall'art. 942 c.c., consiste nell'acquisto, da parte del proprietario o dei proprietari dei fondi posti lungo una delle due rive del fiume, della proprietà del terreno abbandonato dall'acqua corrente che ritirandosi insensibilmente e per cause naturali da una delle rive, si è spostata insensibilmente impercettibilmente ma definitivamente verso l'altra, privando la riva abbandonata dalle acque della originaria funzione di pubblico interesse dalla quale dipendeva la sua demanialità necessaria; tale fenomeno si distingue, quindi, da quello affine dell'alveo abbandonato di cui all'art. 946 c.c., che consiste nel repentino abbandono, da parte del fiume, del proprio letto originario per aprirsi un nuovo corso.
Cass. civ. n. 6169/1993
La disposizione dell'art. 2942, n. 1, c.c., che prevede la sospensione della prescrizione nei confronti degli interdetti per infermità di mente per il tempo in cui non hanno rappresentante legale e per sei mesi successivi alla nomina del medesimo. avendo carattere di norma eccezionale ricade nel divieto di interpretazione analogica di cui all'art. 14 preleggi, e non è applicabile, pertanto, con riguardo all'interdicendo, non ricorrendo, tra l'altro, identità di ratio fra le due situazioni, stante la possibilità tra la presentazione del ricorso e la pronuncia della sentenza di interdizione di nomina di un tutore provvisorio il quale può esercitare le azioni che competono all'interdicendo, sicché non esiste violazione del principio costituzionale di parità, né del diritto di difesa.
Cass. civ. n. 4098/1990
Il pagamento dell' I.V.A., inerente al prezzo dei lavori di appalto per la realizzazione di una opera pubblica, rappresenta un accessorio del detto prezzo, ai sensi dell'art. 1942 c.c., e deve, pertanto, considerarsi compreso nella garanzia fideiussoria.
Cass. civ. n. 232/1987
Qualora un terreno abbandonato da un corso d'acqua perda la qualità di bene demaniale e venga acquistato a titolo originario dal proprietario del fondo rivierasco, ai sensi dell'art. 942 c.c., la successiva riacquisizione di detto bene, per effetto di usucapione, al patrimonio dello Stato postula un possesso esercitato dall'amministrazione con la cosciente volontà di godere dell'immobile altrui, e, pertanto, non è ravvisabile in un comportamento che, nell'erroneo presupposto della persistente demanialità del bene medesimo, si esaurisca in atti di gestione del demanio (nella specie, concessione a terzi e percezione del relativo canone).
Cass. civ. n. 4191/1975
I casi di sospensione della prescrizione sono tassativamente indicati dalla legge e sono insuscettibili di applicazione analogica e di interpretazione estensiva, in quanto il legislatore regola inderogabilmente le cause di sospensione. Limitandole a quelle che consistono in veri e propri impedimenti di ordine giuridico, con esclusione degli impedimenti di mero fatto. Ne consegue che l'espressa previsione dell'interdizione per infermità di mente come causa di sospensione impedisce l'estensione della medesima disciplina alla mera incapacità naturale. È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2942 n. 1 c.c., nella parte in cui non prevede come causa di sospensione della prescrizione, oltre l'interdizione, anche l'incapacità naturale, in quanto l'interdizione legale e l'incapacità naturale di intendere e di volere sono situazioni giuridicamente diverse, per le quali ben può essere disposta una diversa disciplina senza alcuna violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.