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Art. 1038 — Indennità per l’imposizione della servitù

Art. 1038 — Indennità per l’imposizione della servitù

Prima di imprendere la costruzione dell’acquedotto, chi vuol condurre acqua per il fondo altrui deve pagare il valore, secondo la stima, dei terreni da occupare, senza detrazione delle imposte e degli altri carichi inerenti al fondo, oltre l’indennità per i danni, ivi compresi quelli derivanti dalla separazione in due o più parti o da altro deterioramento [ 1032 3, 1039 ] del fondo da intersecare.

Per i terreni, però, che sono occupati soltanto per il deposito delle materie estratte e per il getto dello spurgo non si deve pagare che la metà del valore del suolo, e sempre senza detrazione delle imposte e degli altri carichi inerenti; ma nei terreni medesimi il proprietario del fondo servente può fare piantagioni e rimuovere e trasportare le materie ammucchiate, purché tutto segua senza danno dell’acquedotto, del suo spurgo e della sua riparazione.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 51/2001

In materia di imposizione di fatto di servitù pubblica di acquedotto, a seguito di realizzazione dell’opera idraulica senza una regolare procedura ablatoria, trova applicazione analogica l’art. 1038 c.c., che distingue, ai fini della determinazione dell’indennità, tra le parti fisicamente occupate dall’opera idraulica e quelle costituenti le cosiddette fasce di rispetto necessarie per lo spurgo e per la manutenzione delle condotte, stabilendo che per le prime sia corrisposto al proprietario l’intero valore e per le altre soltanto la metà di tale valore, tenuto conto della possibilità, espressamente riconosciuta al proprietario stesso dal secondo comma, di continuare a sfruttarle economicamente e di rimuovere e trasportare il materiale ammucchiato «purché senza danno dell’acquedotto, del suo spurgo e della sua riparazione». Pertanto, il giudice adito con azione di risarcimento non può, senza incorrere in violazione della norma in parola, adottare per le fasce laterali di rispetto, lo stesso criterio indennitario prescritto dal primo comma per la superficie direttamente interessata dalla condotta, salvo che non ricorrano particolari circostanze in forza delle quali sia totalmente esclusa per esse quella utilizzabilità, sia pure limitata, prevista e consentita dal secondo comma dell’art. citato.

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Cass. civ. n. 5421/1977

Alla fine della liquidazione delle indennità spettanti al proprietario di un immobile, per effetto dell’assoggettamento del bene a più servitù coattive (nella specie, di elettrodotto e di acquedotto), in forza di unico provvedimento prefettizio, il calcolo del pregiudizio subito deve essere effettuato non prendendo a base, per ciascun asservimento, il valore originario dell’immobile, in quanto ciò si tradurrebbe in un arricchimento per l’indennizzato, ma bensì stabilendo una graduazione temporale fra gli asservimenti medesimi, con la conseguente determinazione del danno provocato da ciascuna servitù in relazione al valore del bene risultante dalla precedente servitù, ovvero, qualora tale graduazione non sia possibile, alla stregua dell’oggettivo contenuto del provvedimento impositivo e delle procedure adottate, mediante un’equa valutazione dell’impoverimento complessivamente subito dal proprietario stesso.

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