Art. 108 – Codice di procedura civile – Estromissione del garantito
Se il garante comparisce e accetta di assumere la causa in luogo del garantito, questi può chiedere, qualora le altre parti non si oppongano, la propria estromissione. Questa è disposta dal giudice con ordinanza ; ma la sentenza di merito pronunciata nel giudizio spiega i suoi effetti anche contro l'estromesso.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 864/2025
In tema di sgravi per l'alluvione del 1994 in Piemonte di cui all'art. 4, comma 90, l. n. 350 del 2003, la decisione della Commissione Europea del 14 agosto 2015 esenta l'Italia dall'obbligo di recuperare gli aiuti relativi a regimi illegali concessi per le calamità naturali risalenti ad oltre dieci anni prima della sua decisione, ma non rientrano nella nozione di "aiuti concessi" quelli per i quali l'erogazione erogazione è ancora sub iudice e, quindi, come nella specie, i pagamenti effettuati in esecuzione di un provvedimento giudiziale tempestivamente impugnato.
Cass. civ. n. 7337/2024
In tema di cancellazione dei gravami da parte del giudice delegato ex art. 108, comma 2, l.fall. (ratione temporis applicabile), la soluzione accolta dall'art. 173, comma 4, del nuovo Codice della crisi e dell'insolvenza si pone in discontinuità rispetto alla regolamentazione contenuta nella legge fallimentare e non può, pertanto, essere utilizzata al fine di estendere detto potere purgativo al di là delle ipotesi di liquidazione dell'attivo fallimentare ivi previste, considerato altresì che l'interpretazione di una disposizione di legge, anche ove intesa in senso evolutivo, non può che trovare un limite nel significante testuale della disposizione normativa che il legislatore ha posto.
Cass. civ. n. 3887/2024
Il "prezzo giusto" - rilevante, ex art. 586 c.p.c., ai fini del potere di sospensione della vendita - è quello ottenuto all'esito di una sequenza procedimentale della fase liquidatoria svolta in maniera conforme alle regole che la presidiano (cioè, in assenza di fattori devianti o interferenze illegittime incidenti sulla formazione del prezzo), con la conseguenza che esso non si identifica con il valore di mercato del bene, a cui fa, invece, riferimento l'art. 108 l. fall., dovendo, peraltro, escludersi un'applicazione analogica di quest'ultima norma in ragione della disomogeneità strutturale della fase liquidativa delle due tipologie di procedure, derivante da una diversità di disciplina costituente legittima manifestazione della discrezionalità del legislatore, con conseguente manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del menzionato art. 586 c.p.c.
Cass. civ. n. 37438/2023
La rinuncia al mandato da parte del difensore di fiducia comporta l'obbligo per il giudice, a pena di nullità, di nominare tempestivamente all'imputato che ne sia rimasto privo un difensore di ufficio non potendo ritenersi equipollente la designazione in udienza di un difensore immediatamente reperibile in sostituzione di quello non comparso, ai sensi dell'art. 97, comma 4, cod. proc. pen., poiché siffatta designazione ha natura episodica e temporanea e non può tradursi in una situazione permanente, pena la violazione dell'effettività del diritto di difesa.
Cass. civ. n. 33910/2023
In tema di costituzione di servitù di elettrodotto, il potere-dovere del giudice, adito per la pronuncia della sentenza costitutiva di tale servitù, di riscontrare la rispondenza del percorso progettato, alla stregua del contemperamento delle esigenze del fondo dominante con quelle del fondo servente (art.121, r.d. n. 1775 del 1933) non trova limitazioni o deroghe per il fatto che tale tracciato sia già stato oggetto di valutazione da parte dell'autorità amministrativa, in sede di autorizzazione all'impianto della linea elettrica (art. 107, r.d. cit.), tenuto conto che questa autorizzazione, pur essendo presupposto del diritto di ottenere la Costituzione della servitù, si pone su un piano autonomo, ed investe la valutazione di interessi di ordine generale, diversi da quelli coinvolti nel successivo momento dell'imposizione della servitù medesima. 11/12/1933 num. 1775 art. 121, Regio Decr. 11/12/1933 num. 1775 art. 123 CORTE COST., Cod. Civ. art. 1056 CORTE COST.
Cass. civ. n. 33336/2023
Il rinvio dell'udienza disposto al fine di verificare la possibilità di rimessione della querela determina la sospensione del termine di prescrizione, posto che la richiesta di differimento, non essendo funzionale a consentire al difensore di prendere completa cognizione degli atti e a garantire un consapevole e pieno esercizio della difesa tecnica, non può essere intesa, in tal caso, come finalizzata alla concessione di un "termine a difesa" ai sensi dell'art. 108 cod. proc. pen.
Cass. civ. n. 25633/2023
ordinamento UE - Cedevolezza rispetto alla decisione della Commissione - Ragioni - Eliminazione del giudicato dall'ordinamento interno - Esclusione - Mera inefficacia sul piano del diritto unionale - Questioni attinenti al recupero dell'agevolazione illegittima - Esclusiva rilevanza in fase di ottemperanza. In tema di aiuti di stato, il giudicato che riconosca il diritto all'agevolazione in contrasto con l'ordinamento UE è cedevole rispetto alla decisione con cui la Commissione accerti siffatto contrasto, sia quando antecedente sia quando successivo ad essa, in quanto, nell'una come nell'altra ipotesi, emesso in violazione della disciplina, cogente per gli ordinamenti interni degli Stati membri, che attribuisce all'esclusiva competenza della Commissione la valutazione circa la compatibilità con il mercato comune di misure di aiuto o di un regime di aiuti; siffatta cedevolezza, tuttavia, non si esplica nel senso di una non consentita modificazione od eliminazione del giudicato come titolo di per sé esistente, ma si estrinseca soltanto sul piano dell'inidoneità di esso a produrre effetti, alla stregua del diritto unionale, cosicché eventuali questioni riguardanti quest'ultimo profilo, con particolare riguardo al recupero dell'agevolazione illegittima, possono essere discusse soltanto in sede di ottemperanza.
Cass. civ. n. 10781/2023
In tema di redditi d'impresa, anche quando la società contribuente, nel commercio di prodotti di lusso o di nicchia, dispone di un'utenza di riferimento tendenzialmente ristretta, il criterio discretivo tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza è rappresentato dagli obiettivi immediatamente perseguiti mediante gli esborsi sostenuti, i quali, per iscriversi alla prima categoria, devono necessariamente rispondere ad una finalità promozionale specificamente incentrata sui prodotti e compiuta attraverso un'attività reclamistica e organizzativa direttamente calibrata sulla loro vendita, mentre rientrano tra le seconde i costi di iniziative imperniate sull'ente e orientate a potenziarne, quale patrocinatore o sovvenzionatore di eventi culturali, il grado di conoscenza, l'immagine e il prestigio fra potenziali e selezionati clienti, ancorché da esse possa derivare, collateralmente e di riflesso, un incremento delle vendite dei prodotti.
Cass. civ. n. 4612/2023
In tema di spese di sponsorizzazione, il regime di cui all'art. 90, comma 8, della l. n. 289 del 2002, nel testo vigente "ratione temporis", fissa una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche laddove i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell'erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima, consentendo, di conseguenza, di ritenere integralmente deducibili tali spese dal reddito del soggetto sponsor.
Cass. civ. n. 701/2023
La realizzazione di una servitù pubblica di elettrodotto in assenza della prescritta autorizzazione dà luogo ad un illecito permanente da parte dell'ente costruttore o gestore ed il proprietario, che abbia implicitamente rinunciato alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, proponendo domanda risarcitoria per equivalente, ha diritto all'integrale ristoro del danno, comprendente la definitiva perdita di valore del bene, conseguente alla condotta materiale tenuta.
Cass. civ. n. 15734/2007
Allorquando il giudice d'appello abbia pronunciato l'estromissione di una parte dal giudizio, il soccombente è legittimato a proporre il ricorso per cassazione, oltre che nei riguardi dell'altra parte, anche contro la parte estromessa, soltanto qualora impugni la sentenza anche sul punto dichiarativo della estromissione. Altrimenti, se non intende proporre ricorso sul punto della estromissione ed accetta, quindi, l'uscita dal processo della parte estromessa, egli è tenuto soltanto a notificare il ricorso ai sensi dell'art. 332 c.p.c. (Sulla base di tale principio essendo stato il ricorso proposto espressamente contro la parte estromessa senza l'impugnazione della decisione di estromissione, ha ritenuto che correttamente la parte estromessa si fosse costituita per far valere tale mancata impugnazione e che, quindi, la parte ricorrente fosse soccombente nei suoi confronti).
Cass. civ. n. 13968/2004
Con riferimento alla posizione dell'assicuratore della responsabilità civile (fuori dell'ambito dell'assicurazione obbligatoria), quale è configurata dall'art. 1917 cod. civ., ricorre una ipotesi di garanzia propria, atteso che il nesso tra la domanda principale del danneggiato e la domanda di garanzia dell'assicurato verso l'assicuratore è riconosciuto sia dalla previsione espressa della possibilità di chiamare in causa l'assicuratore sia dallo stesso regime dei rapporti tra i tre soggetti contenuto nell'art. 1917, secondo comma, cod. civile. Infatti, nelle ipotesi in cui sia unico il fatto generatore della responsabilità come prospettata tanto con l'azione principale che con la domanda di garanzia, anche se le ipotizzate responsabilità traggono origine da rapporti o situazioni giuridiche diverse, si versa in un caso di garanzia propria che ricorre, solo ove il collegamento tra la posizione sostanziale vantata dall'attore e quella del terzo chiamato in garanzia sia previsto dalla legge disciplinatrice del rapporto (In applicazione di tale principio la Corte ha affermato la natura di garanzia propria in un caso in cui si controverteva della responsabilità per i danni subiti da una partita di merce e cagionati dal vettore contro cui aveva agito l'assicuratore che, avendo pagato la merce danneggiata, si era surrogato nei diritti del proprio assicurato verso il vettore, il quale, a sua volta, aveva chiamato in causa la società assicuratrice, con la quale aveva stipulato una polizza, chiedendo di essere manlevata da ogni pretesa risarcitoria. In conseguenza di tale qualificazione la Corte ha definitivamente respinto l'eccezione di incompetenza del Tribunale adito dalla parte danneggiata, per essere divenuta incontestabile in ragione della mancata eccezione del convenuto in relazione al regime della chiamata in garanzia propria).
Cass. civ. n. 13766/2004
La pronuncia con la quale il giudice di primo grado «estrometta dal giudizio» uno dei convenuti, ritenendolo privo di legittimazione passiva, configura, nonostante l'improprietà della formula adottata, una statuizione di rigetto della domanda, per difetto di una condizione dell'azione. Ne consegue che il giudice di appello, che ritenga non corretta detta pronuncia, deve trattenere la causa e giudicare nel merito, non ricorrendo ipotesi di rimessione al primo giudice, ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c.
Cass. civ. n. 12899/2004
In tema di competenza ed ai fini della trattazione unitaria delle cause ai sensi dell'art. 32 c.p.c. con conseguente superamento degli ordinari criteri di competenza territoriale altrimenti operanti per la causa di garanzia, la sussistenza di due diversi titoli dedotti a fondamento, rispettivamente, della domanda principale e di quella di garanzia non è di per sé rilevante, posto che la garanzia propria ricorre non solo quando la causa principale e quella accessoria abbiano in comune lo stesso titolo, ma anche quando si verifichi una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande, oppure quando sia unico il fatto generatore della responsabilità prospettata con l'azione principale e con quella di regresso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva individuato in un vizio del sistema di frenatura di un'autovettura l'unico fatto generatore di responsabilità dedotta a fondamento sia della domanda proposta nei confronti della società concessionaria, sia di quella di garanzia formulata da quest'ultima nei confronti della società costruttrice, con conseguente trattazione unitaria delle due cause ed inapplicabilità della deroga convenzionale alla competenza territoriale prevista nel contratto di concessione).
Cass. civ. n. 8458/2004
In tema di risarcimento del danno derivante da fatto illecito, qualora il danneggiante spieghi domanda di garanzia nei confronti della propria compagnia di assicurazione, l'accertamento della responsabilità civile dell'assicurato deve avvenire anche nei confronti dell'assicuratore, ove questo la contesti, atteso che sono autonomi i rapporti tra danneggiante e danneggiato e tra assicurato e assicuratore. Ne consegue che la sentenza emessa nel giudizio tra danneggiante e danneggiato, al quale sia rimasto estraneo l'assicuratore, non fa stato nei confronti di costui, salva l'ipotesi che sia stato chiamato in causa per garanzia impropria, giacché in questo caso il chiamante chiede implicitamente che siano accertati nei confronti dell'assicuratore tutti i presupposti su cui si fonda l'obbligo indennitario. (Nella specie, avvenuta la chiamata, la S.C. ha confermato la sentenza di appello, che, sul gravame della compagnia, aveva escluso il valore di prova legale della confessione resa dall'assicurata e respinto la domanda di garanzia).
Cass. civ. n. 2236/1981
L'estromissione dal giudizio del garantito a seguito d'intervento del terzo (con l'eventuale condanna di quest'ultimo) presuppone che la relativa istanza sia opera del garantito medesimo e non può avvenire senza che l'attore l'abbia accettata.
Cass. civ. n. 1236/1964
In tema di assicurazione contro i danni, nel momento della presentazione all'assicuratore della domanda di infortunio, da parte dell'assicurato danneggiante (art. 1913 c.c.), quest'ultimo, in senso potenziale, è certamente parte nell'eventuale lite sorgente tra esso danneggiante, il danneggiato e l'assicuratore: pertanto, la successiva estromissione dal giudizio dell'assicurato (avvenuta, nel caso, ai sensi dell'art. 108 c.p.c., per avere l'assicuratore dichiarato di voler assumere la causa in luogo del garantito), non potendosi ad essa riconoscere alcun effetto retroattivo in relazione a fatti pregressi, non può mai modificare la situazione di diritto determinatasi, sul piano sostanziale con conseguenti riflessi processuali, in epoca precedente all'estromissione. Su tali basi deve ritenersi che le dichiarazioni contenute nella suddetta denuncia di infortunio ben possono essere utilizzate, sul piano probatorio, come confessione extragiudiziale resa ad un terzo dall'estromesso prima dell'estromissione, e che l'animus confitendi, indispensabile perché anche la confessione extragiudiziale possa spiegare i suoi effetti giuridici, non viene meno per ciò solo che il confitente abbia successivamente perduto la qualità di parte.