Art. 253 – Codice di procedura civile – Interrogazioni e risposte
Il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre. Può altresì rivolgergli, d'ufficio o su istanza di parte, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti medesimi.
È vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare direttamente i testimoni.
Alle risposte dei testimoni si applica la disposizione dell'articolo 231 [107 disp. att.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 28723/2024
In tema di intercettazioni, la conversazione o comunicazione intercettata costituisce corpo del reato unitamente al supporto che la contiene, utilizzabile in quanto tale nel processo penale, a condizione che integri ed esaurisca la condotta criminosa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che costituissero corpo del reato di cui all'art. 615-bis cod. pen., utilizzabili, come tali, nel processo penale i "files" captati in modalità attiva sul telefono cellulare dell'indagato contenenti immagini e video afferenti alla vita privata delle persone offese).
Cass. civ. n. 24064/2024
In tema di sequestro probatorio, le carte "postepay" e gli analoghi strumenti di pagamento elettronico sono privi, come il denaro, di una specifica connotazione identificativa e dimostrativa, anche nel caso in cui costituiscono corpo del reato, sicché, ove risultino accertati l'ammontare del conto ad essi relativo e la loro disponibilità in capo all'intestatario, non possono essere sottoposti a vincolo, salvo che nell'ipotesi in cui il supporto fisico possegga specifiche connotazioni identificative in relazione al fatto da provare.
Cass. civ. n. 16851/2024
In tema di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, la competenza a decidere sulla necessità del mantenimento del sequestro eseguito in forza di rogatoria passiva, in assenza di convenzioni tra Stato richiedente e Stato richiesto, è dell'autorità giudiziaria richiedente, poiché solo quest'ultima può stabilire se la misura sia consentita e sia ancora utile per il procedimento, mentre l'autorità giudiziaria richiesta è competente a conoscere della regolarità degli atti esecutivi e del procedimento acquisitivo del bene fino al momento in cui lo stesso viene consegnato allo Stato richiedente, momento che segna la cessazione della sua giurisdizione.
Cass. civ. n. 1269/2024
In tema di mezzi di prova, sono affetti da inutilizzabilità patologica i messaggi "whatsapp" acquisiti dalla polizia giudiziaria mediante "screenshots" eseguiti con il consenso dell'indagato, ma in mancanza degli avvisi delle facoltà difensive spettanti per l'apertura della corrispondenza, ivi compresa quella di rifiutare tale collaborazione, nonché del diritto di essere assistito da un difensore. (In motivazione, la Corte ha precisato che l'acquisizione di tale messaggistica con modalità non garantite non è consentita neppure quale prova atipica).
Cass. civ. n. 51692/2023
È inoppugnabile il provvedimento con cui il giudice dell'esecuzione, investito dell'opposizione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di restituzione di beni sequestrati, rimette le parti dinanzi al giudice civile per la risoluzione della questione sulla proprietà, in quanto esso non ha contenuto decisorio, ma natura interlocutoria e non pregiudica i diritti delle parti, che possono essere fatti valere nel giudizio civile.
Cass. civ. n. 50324/2023
In tema di sequestro probatorio d'iniziativa della polizia giudiziaria, il decreto di convalida motivato "per relationem" postula che la valutazione critica che il pubblico ministero è tenuto ad effettuare in riferimento agli atti richiamati sia tanto più pregnante quanto più «indiretto» è il collegamento tra il reato e la "res" e quanto maggiori risultino il livello di progressione investigativa e il grado di compressione dei diritti costituzionali coinvolti.
Cass. civ. n. 46130/2023
L'obbligo di motivazione che, a pena di nullità, deve sorreggere il decreto di sequestro probatorio in ordine alla ragione per cui i beni possano considerarsi il corpo del reato ovvero cose a esso pertinenti e alla concreta finalità probatoria perseguita con l'apposizione del vincolo deve essere modulato da parte del pubblico ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare, non essendo sufficiente il mero richiamo agli articoli di legge, senza, tuttavia, descrivere i fatti, né la ragione per la quale i beni sequestrati dovessero considerarsi corpo di reato o cose ad esso pertinenti, né la finalità probatoria perseguita. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio il decreto di sequestro probatorio relativo a beni ritenuti cose pertinenti ai reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen., in cui il giudice si era limitato a citare le norme di legge, senza fornire una descrizione fattuale, seppur sommaria, delle fattispecie per cui si procedeva).
Cass. civ. n. 39179/2023
Le prescrizioni alle quali può essere condizionata, ex art. 85 disp. att. cod. proc. pen., la restituzione di cose sottoposte a sequestro probatorio devono essere funzionali alla natura e al contenuto dello specifico sequestro cui ineriscono e logicamente orientate a realizzarne le medesime finalità. (Fattispecie in tema di sequestro probatorio, in cui la Corte ha censurato l'ordinanza applicativa della misura cautelare reale in quanto le prescrizioni impartite, richiamando il "periculum" attuale e concreto derivante dall'utilizzo del bene, ove non messo in sicurezza, rispondevano alle diverse finalità del sequestro preventivo).
Cass. civ. n. 32938/2023
Il provvedimento del giudice dell'udienza preliminare di rigetto della richiesta di dissequestro di beni sottoposti a sequestro probatorio non è impugnabile dall'interessato.
Cass. civ. n. 26402/2023
In materia ambientale, colui che subentra nella proprietà o possesso di un sito contaminato, succede anche nella situazione connessa all'onere reale di cui all'art. 17, comma 10, d.lgs. n. 22 del 1997, di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale, indipendentemente dal fatto che ne abbia avuto preventiva conoscenza; tale ipotesi esula dalla garanzia per vizi redibitori, che concerne i casi in cui la cosa consegnata presenti imperfezioni attinenti al processo di formazione, fabbricazione o produzione di essa, ovvero difetti di qualità essenziali per l'uso cui è destinata. (Nella specie, la S.C. ha escluso che l'acquirente di un sito inquinato, non ancora attinto dal provvedimento amministrativo che dispone la bonifica, possa invocare la garanzia per vizi redibitori ex artt. 1490 e 1494 c.c.).
Cass. civ. n. 11607/2023
La richiesta di riesame di un decreto di sequestro probatorio circoscrive a tale provvedimento l'oggetto del giudizio del tribunale del riesame, non potendosi questo estendere a provvedimenti successivi e ulteriori di natura integrativa, che potranno, eventualmente, essere oggetto di nuove impugnazioni.
Cass. civ. n. 8268/2023
Il giudizio di disconoscimento di paternità è pregiudiziale rispetto a quello in cui viene richiesto l'accertamento di altra paternità così che, nel caso della loro contemporanea pendenza, si applica l'istituto della sospensione per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c.
Cass. civ. n. 3077/2023
In tema di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, l'obbligo di adottare le misure idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento è a carico di colui che di essa sia responsabile per avervi dato causa, in base al principio "chi inquina paga"; pertanto, l'obbligo di eseguire le misure di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica non può essere imposto al proprietario del sito contaminato incolpevole dell'inquinamento, perché gli effetti a suo carico restano limitati a quanto previsto dall'art. 253 d.lgs. n. 152 del 2006 (codice dell'ambiente) con riguardo a oneri reali e privilegi speciali immobiliari per il rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall'autorità competente e nei limiti del valore di mercato del sito determinato dopo l'esecuzione degli interventi stessi.
Cass. civ. n. 17981/2020
In sede di assunzione della prova testimoniale, il giudice del merito non è un mero registratore passivo di quanto dichiarato dal testimone, ma un soggetto attivo partecipe dell'escussione, al quale l'ordinamento attribuisce il potere-dovere, non solo di sondare con zelo l'attendibilità del testimone, ma anche di acquisire da esso tutte le informazioni indispensabili per una giusta decisione, sicché egli non può, senza contraddirsi, dapprima, astenersi dal rivolgere al testimone domande a chiarimento, e, successivamente, ritenerne lacunosa la deposizione perché carente su circostanze non capitolate, sulle quali nessuno ha chiesto al testimone di riferire; in tale ipotesi, pertanto, la devalutazione della testimonianza fondata sul rilievo che il teste si è limitato a confermare la rispondenza al vero delle circostanze dedotte nei capitoli di prova senza aggiungere dettagli mai richiestigli, riposa su argomentazioni tra loro logicamente inconciliabili, sì da costituire motivazione solo apparente. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO SALERNO, 14/12/2018).
Cass. civ. n. 11765/2019
L'esigenza di specificazione dei fatti sui quali i testimoni devono deporre è soddisfatta se, ancorché non precisati in tutti i loro minuti dettagli, tali fatti siano esposti nei loro elementi essenziali, per consentire al giudice di controllarne l'influenza e la pertinenza e mettere in grado la parte, contro la quale essa è diretta, di formulare un'adeguata prova contraria, giacché la verifica della specificità e della rilevanza dei capitoli formulati va condotta non soltanto alla stregua della loro letterale formulazione, ma anche in relazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni delle parti, nonché tenendo conto della facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni ai testi da parte del giudice e dei difensori.
Cass. civ. n. 14364/2018
L'indagine del giudice di merito sui requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli formulati dalla parte istante va condotta non solo alla stregua della loro formulazione letterale, ma anche in correlazione all'adeguatezza fattuale e temporale delle circostanze articolate, con l'avvertenza che la facoltà del giudice di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 c.p.c., di natura esclusivamente integrativa, non può tradursi in una inammissibile sanatoria della genericità e delle deficienze dell'articolazione probatoria.
Cass. civ. n. 15793/2016
La facoltà del giudice di chiedere chiarimenti e precisazioni ex art. 253 c.p.c. incontra quale unico limite quello di non introdurre fatti nuovi o circostanze che, pur rilevanti sul piano probatorio, non siano state oggetto di capitoli di prova o siano state dedotte in capitoli non ammessi; l'osservanza di tale limite è desumibile non solo dalla domanda, ma anche dal tenore della risposta, sicché è irrilevante l'omessa trascrizione della prima nel verbale d'udienza, atteso che la verbalizzazione della seconda è sufficiente a dare conto della decisione del giudice di ammettere la domanda ed a consentirne il controllo in ordine all'ammissibilità dei fatti che ne sono stati oggetto.
Cass. civ. n. 18481/2015
Nel raccogliere la prova orale il giudice non è tenuto ad una riproduzione meccanica ed integrale delle dichiarazioni rese dal teste o dalla parte, ma deve riportarne l'effettivo contenuto, anche mediante una verbalizzazione sintetica, che riproduca, senza sommarietà e sciatteria, le parti rilevanti, così da assicurare la comprensibilità, la contestualizzazione e l'incisività delle dichiarazioni, nonché le eventuali contraddittorietà. Quanto alla facoltà di porre domande a chiarimenti, essa va circoscritta a meglio dettagliare lo svolgimento di un fatto, allegato e oggetto di prova con il capitolo ammesso, e non ad introdurre fatti nuovi o circostanze che, pur rilevanti sul piano probatorio, non siano state oggetto di capitoli di prova oppure appartengano a capitoli non ammessi per come formulati, non potendo l'intervento del giudice assumere una funzione di supplenza rispetto all'onere probatorio della parte.
Cass. civ. n. 12192/2015
In tema di prova per testimoni, il giudice, nell'avvalersi della facoltà di cui all'art. 253, primo comma, cod. proc. civ., rivolgendo al teste le domande utili a chiarire i fatti oggetto della sua deposizione, non può, in ogni caso, supplire alle deficienze del mezzo istruttorio proposto ed ammesso, senza, peraltro che, ove detto limite sia stato valicato, la conseguente nullità possa essere rilevata d'ufficio, sicché la parte, ove abbia rinunciato, implicitamente, con il proprio contegno processuale, o esplicitamente, a dolersi dell'inosservanza delle regole relative alla deduzione ed escussione della prova, non può in seguito elevare tale inosservanza a motivo di impugnazione verso la sentenza, che resta sanata per effetto di acquiescenza.
Cass. civ. n. 5548/2010
La prova testimoniale deve avere ad oggetto fatti obiettivi e non apprezzamenti o valutazioni richiedenti conoscenze tecniche o nozioni di esperienza non rientranti nel notorio; ne consegue che il giudice, avvalendosi eventualmente di una consulenza tecnica, può porre i fatti riferiti dal testimone a base degli apprezzamenti e delle valutazioni necessarie per decidere, ma non può chiedere al teste di esprimere valutazioni o apprezzamenti personali.
Cass. civ. n. 12828/2003
Poiché il verbale di udienza costituisce atto pubblico, che fa fede fino a querela di falso della sua provenienza da parte del pubblico ufficiale che lo forma e delle dichiarazioni rese dalle persone intervenute, la mancata sottoscrizione da parte dei testimoni delle dichiarazioni da essi rese e riportate a verbale, o la mancata lettura da parte del giudice della verbalizzazione delle loro dichiarazioni costituisce mera irregolarità della prova testimoniale e non già nullità della stessa, potendo presumersi, fino a querela di falso, che quanto riportato a verbale corrisponda a quanto dichiarato al giudice da parte dei testimoni.
Cass. civ. n. 2013/1992
La nullità di un atto processuale è irrilevante se, una volta eccepita e dichiarata, l'atto venga rinnovato nelle forme di legge, salva la verificazione di una decadenza; né, ove l'atto viziato sia consistito nell'assunzione di una prova testimoniale, determina alcuna invalidità o inattendibilità della successiva deposizione il fatto che il teste abbia in questa effettuato riferimenti o richiami a quella precedente.
Cass. civ. n. 2401/1976
Il giudice, usando della facoltà concessa dal secondo comma dell'art. 253 del codice di procedura civile, ben può rivolgere al teste, d'ufficio o su istanza delle parti, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti sui quali il teste è chiamato a deporre. Tale facoltà non può estendersi sino al punto di supplire alle deficienze del mezzo istruttorio proposto ed ammesso. Tuttavia, ove siffatto limite sia stato valicato, la nullità che potrebbe derivarne non è rilevabile d'ufficio dal giudice, e la parte che implicitamente, con il proprio contegno processuale, o esplicitamente abbia rinunciato a dolersi dell'inosservanza di regole e formalità relative alla deduzione ed escussione della prova testimoniale, non può successivamente elevare tale inosservanza a motivo di impugnazione verso la sentenza, dovendosi ritenere sanata detta inosservanza per effetto di acquiescenza.
Cass. civ. n. 761/1976
La facoltà, attribuita al giudice dall'art. 253 c.p.c., di rivolgere al testimone, anche d'ufficio, domande di chiarimento, può esercitarsi soltanto nell'ambito dei fatti specificati nei capitoli di prova articolati dalle parti, sicché è da escludere che la genericità o l'incompletezza su aspetti essenziali dei fatti ivi dedotti sia sanabile in sede di espletamento della prova, mediante esercizio della facoltà di cui alla norma citata.
Cass. civ. n. 446/1976
Qualora la parte che abbia interesse a dolersi dell'inosservanza delle formalità relative alla deduzione o all'escussione della prova testimoniale, vi rinunci, anche implicitamente, non opponendosi all'espletamento della prova stessa ovvero discutendo delle risultanze di essa o della rilevanza rispetto al merito della controversia, ogni nullità va considerata sanata per acquiescenza e, sotto questo profilo, non può essere neppure fatta valere in sede d'impugnazione.
Cass. civ. n. 414/1976
Nella fase di assunzione della prova testimoniale è consentito al giudice estendere l'indagine anche a circostanze non specificamente dedotte, purché attinenti ai fatti articolati, sempre che non vi sia opposizione della parte interessata. In tal caso l'acquisizione delle nuove risultanze può essere utilizzata ai fini della decisione della controversia.
Cass. civ. n. 1775/1975
In tema di prova testimoniale, mentre i dettagli dei fatti da provare possono essere precisati dal giudice o dalla parte nel corso dell'assunzione della prova, non è consentita, al contrario, nella formulazione dei capitoli di prova, l'omissione dei fatti indispensabili per sorreggere le allegazioni della parte.
Cass. civ. n. 575/1961
Secondo la caratteristica funzione processuale della prova testimoniale, i testi possono essere ammessi a deporre su circostanze obiettive, cadenti sotto la comune percezione sensoria, non anche ad esprimere giudizi di natura tecnica, la cui acquisizione al processo può aver luogo unicamente attraverso il consulente tecnico.
Cass. civ. n. 2309/1951
Qualora nel corso dell'esame testimoniale, questo sia stato esteso senza alcuna opposizione della controparte all'accertamento di fatti controversi non specificamente compresi nei capitoli ammessi, i risultati di tale indagine restano definitivamente acquisiti al processo, ed è quindi preclusa alla controparte stessa la possibilità di insorgere contro la successiva utilizzazione di questi accertamenti da parte dei giudici del merito ai fini della decisione.