Art. 341 – Codice di procedura civile – Giudice dell’appello
L'appello contro le sentenze del giudice di pace e del tribunale si propone rispettivamente al tribunale ed alla corte di appello nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha pronunciato la sentenza.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale nei casi di discordanza rispetto al presente.
Massime correlate
Cass. civ. n. 34464/2024
In tema di oltraggio, ricorre l'esimente del diritto di critica politica se le espressioni profferite, pur aspre, non si risolvano in un'aggressione gratuita alla sfera morale altrui, né trasmodino in disprezzo per la persona, concretizzandosi in censure all'operato degli avversari politici, nella dialettica tra maggioranza e minoranza. (Nella specie, la Corte ha ritenuto scriminate le espressioni con le quali, rivolgendosi al Sindaco, un consigliere comunale di opposizione aveva affermato che le forze politiche di minoranza non riconoscevano ai vincitori della competizione elettorale "il ruolo, morale e politico per stare seduti sui banchi della maggioranza" perché il loro successo era frutto di pratiche clientelari, di cui nemmeno la persona offesa aveva contestato i presupposti fattuali).
Cass. civ. n. 26886/2024
In tema di reati di bancarotta, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., dell'art. 236, comma 2, n. 1, legge fall. nella parte in cui impone anche per la bancarotta fraudolenta "da concordato preventivo" il medesimo trattamento sanzionatorio previsto per la bancarotta fraudolenta fallimentare, in quanto anche il concordato preventivo, come la procedura fallimentare, ha una dimensione concorsuale e eventualmente liquidatoria.
Cass. civ. n. 23623/2024
In tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, la disposizione di cui alla legge 8 agosto 2019,n. 77, di conversione del d.l. 14 giugno 2019, n. 53, che, a modifica dell'art. 131-bis cod. pen., ha stabilito che l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per i reati di cui agli artt. 336, 337 e 341-bis cod. pen. commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni, non si applica ai fatti posti in essere prima della sua entrata in vigore in data 10 agosto 2019, trattandosi di disciplina più sfavorevole incidente su norme sostanziali.
Cass. civ. n. 3079/2024
Non è configurabile il reato di oltraggio a pubblico ufficiale nel caso in cui le frasi oltraggiose siano state udite da soggetti non fisicamente presenti al fatto, posto che il requisito della "presenza" non può essere surrogato dalla mera possibilità che le frasi offensive siano udite da terzi. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, che non chiariva se i testi avessero udito le offese mentre si trovavano nella propria abitazione e, quindi, senza essere fisicamente presenti all'accaduto).
Cass. civ. n. 5092/2018
In materia di giudizio di impugnazione, l'appello erroneamente proposto ad un giudice diverso da quello legittimato a riceverlo esula dalla nozione di competenza dettata dal codice di procedura civile per il giudizio di primo grado, pertanto l'ipotesi non e` riconducibile all'art. 50 c.p.c. e alla regola della "translatio udicii", ponendosi, l'erronea individuazione del giudice dell'impugnazione, non come questione attinente ai poteri cognitivi dell'organo giudicante adito, bensì alla mera valutazione delle condizioni di proponibilita` o ammissibilita` del gravame che, pertanto, va dichiarato precluso se prospettato ad un giudice diverso da quello individuato per legge.
Cass. civ. n. 18121/2016
L'appello proposto davanti ad un giudice diverso, per territorio o grado, da quello indicato dall'art. 341 c.p.c. non determina l'inammissibilità dell'impugnazione, ma è idoneo ad instaurare un valido rapporto processuale, suscettibile di proseguire dinanzi al giudice competente attraverso il meccanismo della "translatio iudicii".
Cass. civ. n. 26375/2011
Nel nostro ordinamento processuale civile non ha fondamento l'assunto secondo cui la regola d'individuazione dell'ufficio giudiziario legittimato a essere investito dell'impugnazione sia riconducibile alla nozione di competenza adoperata dal codice di procedura civile nel Capo I del Titolo I del Libro I, in quanto, se anche la normativa in parola assolve a uno scopo simile, sul piano funzionale, a quello che ha la disciplina dell'individuazione del giudice competente in primo grado, l'una e l'altra afferendo a regole che stabiliscono davanti a quale giudice debba svolgersi un determinato processo civile, tuttavia non è possibile ravvisare tra le due fattispecie una stessa "ratio" sufficiente, quindi, a giustificare l'estensione analogica anche parziale di aspetti applicativi della seconda alla prima. Ne deriva che l'erronea individuazione del giudice legittimato a decidere sull'impugnazione non si pone come questione di competenza, ma riguarda la valutazione delle condizioni di proponibilità o ammissibilità del gravame, che deve, pertanto, dichiararsi precluso se prospettato a un giudice diverso da quello individuato dall'art. 341 c.p.c.. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione con cui la corte d'appello, invece di limitarsi a dichiarare inammissibile l'appello, aveva dichiarato la propria incompetenza, in favore del tribunale, a decidere il gravame avverso una sentenza del giudice di pace, e ha escluso la conversione del ricorso per cassazione, con cui si era dedotta la nullità della sentenza per vizio "in procedendo", in regolamento di competenza).
Cass. civ. n. 23594/2010
L'individuazione del giudice di appello, ai sensi dell'art. 341 c.p.c., attiene ad una competenza territoriale "sui generis", che prescinde dai comuni criteri di collegamento tra una causa e un luogo, né è al riguardo applicabile la norma di cui all'art. 38 c.p.c., che si riferisce esclusivamente al giudizio di primo grado, dipendendo tale competenza indefettibilmente dal luogo in cui ha sede il giudice "a quo". Ne consegue il carattere funzionale della competenza, che impedisce il definitivo suo radicamento presso un giudice diverso per il solo fatto che la relativa questione non sia stata posta "in limine litis".
Cass. civ. n. 12788/2003
In caso di appello proposto dinanzi ad un organo della giurisdizione ordinaria diverso da quello che sarebbe competente secondo legge, può riconoscersi al medesimo un effetto conservativo alla sola condizione che l'organo adito, pur territorialmente competente, sia ugualmente giudicante in secondo grado e possa quindi disporre la remissione della causa al giudice competente, davanti al quale dovrà essere effettuata apposita riassunzione, a norma dell'art. 50 c.p.c., mentre l'effetto conservativo deve escludersi ove l'appello sia stato proposto dinanzi allo stesso giudice che abbia pronunziato la sentenza oggetto del gravame, oppure davanti ad altro giudice di primo grado, mancando in questi casi uno strumento legislativo che legittimi il passaggio del rapporto processuale dal primo al secondo grado, senza che possa spiegare effetti sananti l'eventuale costituzione in giudizio dell'appellato.