Art. 629 – Codice di procedura penale – Condanne soggette a revisione
1. È ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condanna o delle sentenze emesse ai sensi dell'articolo 444, comma 2, o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata eseguita o è estinta.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23075/2021
E' inammissibile la richiesta di rescissione del giudicato depositata, con le forme di cui agli artt. 582 e 583 cod. proc. pen., in un luogo diverso dalla cancelleria della Corte di appello nel cui distretto ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento, stante la tassatività delle modalità di presentazione previste dall'art. 629-bis, comma 2, cod. proc. pen. (Rigetta, CORTE APPELLO FIRENZE, 23/10/2020).
Cass. civ. n. 49916/2018
In tema di rescissione del giudicato, deve escludersi l'incolpevole mancata conoscenza del processo, con conseguente inammissibilità del ricorso di cui all'art. 629-bis, comma 3, cod. proc. pen., nel caso in cui risulti che l'imputato abbia, nella fase delle indagini preliminari, eletto domicilio presso il difensore di ufficio, derivando da ciò una presunzione di conoscenza del processo che legittima il giudice a procedere in assenza dell'imputato, sul quale grava l'onere di attivarsi per tenere contatti informativi con il proprio difensore sullo sviluppo del procedimento.(Fattispecie nella quale l'indagato aveva eletto domicilio presso il difensore d'ufficio nel verbale di identificazione redatto al momento della sottoposizione a controllo da cui era scaturito il procedimento per il reato di cui all'art. 187, comma 8, cod. strada).
Cass. civ. n. 15402/2016
In tema di revisione, sussiste distinzione logica-funzionale tra la fase rescindente - avente ad oggetto la preliminare delibazione sulla non manifesta infondatezza della richiesta, con riferimento alla astratta capacità demolitoria del giudicato, rilevabile "ictu oculi", da parte del "novum" dedotto - e quella successiva, c.d. rescissoria, che si instaura mediante la citazione del condannato e nella quale il giudice è tenuto a procedere alla celebrazione del giudizio con le forme e le modalità di assunzione della prova nel contraddittorio proprie del dibattimento, in attuazione dei principi costituzionali del giusto processo. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la decisione della Corte di appello che, dopo aver disposto la citazione del condannato, aveva dichiarato, con ordinanza, l'inammissibilità della richiesta di revisione sulla base di una valutazione meramente cartolare delle nuove prove dedotte, senza procedere ad alcuna assunzione delle stesse).
Cass. civ. n. 10167/2010
È illegittima la decisione con cui il giudice di appello rigetti l'istanza di revisione, perché fondata su prove preesistenti che erano nella disponibilità della parte, ritenendo che l'adesione all'accordo per l'applicazione della pena implichi la rinuncia a sottoporle alla cognizione del giudice, in quanto, e da un lato, le prove nuove rilevanti, ex art. 630, comma primo, lett. c), c.p.p., sono, non solo quelle sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite ma non valutate neanche implicitamente; dall'altro, l'istituto della revisione è applicabile anche alla sentenza di applicazione della pena, in virtù della nuova formulazione dell'art. 629 c.p.p., introdotta con l'art. 3, comma primo, della legge n. 134 del 2003 e, sia pure nell'ambito della peculiarità delle valutazioni e dei limiti che ne caratterizzano la motivazione, il giudice, quantomeno ai fini di accertare o escludere l'esistenza dei presupposti per la pronuncia della sentenza ex art. 129, comma secondo, c.p.p., deve tener conto di tutti gli elementi emergenti dagli atti.
Cass. civ. n. 28192/2004
La sentenza di applicazione della pena su richiesta ha conservato la propria peculiare natura pur dopo la espressa previsione della sua assoggettabilità a revisione, contenuta nell'art. 629 c.p.p., nel testo modificato dall'art. 3, comma primo, della legge 12 giugno 2003, n. 134, per cui rimane valido il principio che essa non implica un accertamento della penale responsabilità dell'imputato, con relativo obbligo di motivazione, ma richiede solo la verifica dell'insussistenza delle cause di non punibilità previste dall'art. 129 c.p.p.
Cass. civ. n. 1554/1999
Ai fini dell'accoglimento o meno della richiesta di revisione, quando il giudicato di condanna si fonda soprattutto su prove testimoniali, ove queste abbiano concorso a formare il libero convincimento del giudice, solo la dimostrazione (positiva) della loro falsità è suscettibile di essere utilizzata come supporto ad una richiesta di revisione della sentenza, e non già il mero dubbio postumo della loro affidabilità.
Cass. civ. n. 2244/1998
L'istituto della revisione, di cui agli artt. 629 e segg. c.p.p., non è applicabile nel caso di sopravvenienza di nuove prove che siano idonee a dimostrare la legittima provenienza dei beni che siano stati confiscati in base alla legislazione antimafia. In tal caso l'interessato può ottenere la revoca della confisca tramite incidente di esecuzione, e il giudice investito dell'incidente può rimettere la parte davanti al giudice civile, a norma degli artt. 676, comma secondo, e 263, comma terzo, c.p.p. Allorché, invece, le nuove prove mirano ad escludere anche la pericolosità sociale, accertata definitivamente nel procedimento di prevenzione, il sottoposto o anche il terzo interessato può avvalersi dell'istituto della revoca di cui all'art. 7 della legge n. 1423 del 1956.
Cass. civ. n. 4231/1993
Poiché la revisione è un mezzo (sia pur straordinario) di impugnazione, anche per essa opera il principio di tassatività di cui all'art. 568, primo comma, c.p.p. Ne consegue che, riguardando l'art. 629 c.p.p. soltanto le sentenze di condanna, le sentenze che applichino l'amnistia non sono assoggettabili a revisione. E ciò anche quando la corte di appello o la Corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia, abbia confermato le statuizioni civili della precedente sentenza, giacché anche in tal caso non si ha una condanna penale.