Art. 255 – Codice penale – Soppressione, falsificazione o sottrazione di atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato
Chiunque , in tutto o in parte, sopprime, distrugge o falsifica, ovvero carpisce, sottrae o distrae, anche temporaneamente, atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato od altro interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a otto anni.
Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto ha compromesso la preparazione o l'efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 26518/2024
In tema di rifiuti, la contravvenzione di inottemperanza all'ordinanza sindacale di rimozione e smaltimento, di cui all'art. 255, comma 3, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, è integrata anche nel caso in cui i rifiuti siano abbandonati su di un terreno confiscato, posto che la sopravvenuta indisponibilità dello stesso non è ostativa all'adempimento degli obblighi imposti al destinatario dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 192, comma 3, d.lgs. citato, che, per ottemperarvi, deve richiedere al giudice l'autorizzazione ad accedere ai luoghi.
Cass. civ. n. 23577/2024
In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la cessione di un ramo d'azienda - che, qualora non adeguatamente remunerata, integra la condotta distrattiva - presuppone che il trasferimento abbia a oggetto un complesso aziendale inteso secondo la definizione dell'art. 2555 cod. civ., ossia come l'insieme di beni organizzati per l'esercizio dell'attività imprenditoriale.
Cass. civ. n. 16007/2024
La cessione da parte dell'impresa designata per il Fondo di garanzia per le vittime della strada di un ramo d'azienda, comprensivo di rapporti relativi al Fondo stesso, se autorizzata dall'IVASS,
Cass. civ. n. 9536/2024
Il cd. principio del consolidamento del criterio impositivo, in virtù del quale è precluso all'Amministrazione finanziaria, decorso il termine previsto dall'art. 76 del d.P.R. n. 131 del 1986, procedere ad una diversa qualificazione dell'atto presentato per la registrazione ed esigere di conseguenza una diversa imposta, opera quando, essendo pacifica l'applicabilità dell'imposta di registro, ne sia in discussione la misura, non quando si contesti al contribuente di avere assolto in relazione all'atto un'imposta di tipo diverso da quella dovuta, atteso che in caso di imposizione alternativa il contribuente ha l'obbligo di corrispondere il tributo previsto dalla legge e non quello scelto in base a considerazioni soggettive. (In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha ritenuto legittima la rettifica della dichiarazione IVA effettuata entro il termine più lungo di cui all'art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, per indebita detrazione dell'Iva pagata - e non di imposta di registro - in conseguenza della cessione di singoli beni di un complesso aziendale, di cui non era stata valutata l'attitudine all'esercizio dell'impresa).
Cass. civ. n. 9461/2024
Integra la contravvenzione di inottemperanza all'ordinanza sindacale di rimozione di rifiuti la condotta del legale rappresentante di una società dichiarata fallita, al quale sia stata indirizzata l'intimazione, che ometta di provvedere in tal senso, anche nel caso in cui l'area sulla quale siano stati abbandonati i rifiuti sia nella concreta disponibilità del curatore fallimentare, dovendosi escludere, in tal caso, l'inesigibilità dell'ottemperanza qualora il predetto non si sia attivato né presso il curatore fallimentare per poter adempiere, né in sede giurisdizionale onde essere autorizzato ad accedere all'area da bonificare o per contestare la legittimità dell'ordine.
Cass. civ. n. 4150/2024
Ai fini dell'accesso al mercato dell'autotrasporto di cose per conto terzi, l'art. 2, comma 227, della l. n. 244 del 2007 richiede il subentro, tramite cessione di azienda o di ramo aziendale, nell'attività di impresa del cedente, in tal modo presupponendo il trasferimento, in favore del cessionario, di beni, mobili o immobili, che compongono, nel loro complesso, l'azienda o un ramo di essa, non essendo, invece, sufficiente il mero trasferimento della licenza, posto che questa, non essendo un bene suscettibile di atti di disposizione negoziali privati, atteso il suo carattere personale, non può essere ricompresa tra gli elementi materiali o immateriali il cui insieme costituisce l'azienda.
Cass. civ. n. 32487/2023
In tema di cessione di azienda, il regime fissato dall'art. 2560, comma 2, c.c., con riferimento ai debiti relativi all'azienda ceduta (secondo cui dei debiti suddetti risponde anche l'acquirente dell'azienda allorché essi risultino dai libri contabili obbligatori) è destinato a trovare applicazione quando si tratti di debiti in sé soli considerati e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma del precedente art. 2558 c.c., inserendosi la responsabilità, in tal caso, nell'ambito della più generale sorte del contratto (purché non già del tutto esaurito), anche se in fase contenziosa al tempo della cessione dell'azienda. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, al debito conseguente al mancato pagamento, prima dell'insorgenza dell'affitto d'azienda, dei premi relativi a un contratto di assicurazione stipulato dalla cedente, aveva ritenuto applicabile l'art. 2560 c.c., omettendo di considerare che, per essersi completata la fattispecie risolutoria di cui all'art. 1901, comma 3, c.c., dopo la stipula del suddetto affitto, a venire in questione era, piuttosto, la cessazione di un contratto trasferitosi in capo all'affittuario ai sensi dell'art. 2558 c.c.).
Cass. civ. n. 13363/2023
Le autorizzazioni amministrative all'esercizio di un'attività di impresa, avendo carattere personale, non sono riconducibili tra i beni che compongono l'azienda; pertanto, nel caso in cui questa sia ceduta, il relativo contratto non può ritenersi, di per sé, nullo per violazione del principio di intrasferibilità delle autorizzazioni amministrative.
Cass. pen. n. 1289/2000
Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 255 c.p., per «atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato», possono intendersi — nell'ambito dell'accertamento del requisito della segretezza, demandato all'autorità giudiziaria — anche quelli per tali individuabili sulla base delle direttive emanate dal Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge 24 ottobre 1977 n. 801. Fra gli atti e documenti anzidetti possono quindi rientrare anche quelli concernenti le spese riservate effettuate dai servizi segreti, cui si riferisce la direttiva n. 4012/1 del 10 gennaio 1986, sempre che gli stessi contengano elementi tali da rivelare il contesto nel quale il prelievo o la spesa si inseriscono. Nel caso di sottrazione di atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato, prevista come reato dall'art. 255 c.p., la punibilità non è esclusa dal fatto che l'agente abbia operato con l'intento, poi realizzato, di produrre gli atti o documenti anzidetti all'autorità giudiziaria, nell'ambito di procedimento penale nel quale egli era imputato per altro reato.