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Art. 266 — Istigazione di militari a disobbedire alle leggi

Art. 266 — Istigazione di militari a disobbedire alle leggi

Chiunque istiga i militari a disobbedire alle leggi o a violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato, ovvero fa a militari l’apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri doveri militari, è punito, per ciò solo, se il fatto non costituisce un più grave delitto, con la reclusione da uno a tre anni.

La pena è della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso pubblicamente.

Le pene sono aumentate se il fatto è commesso in tempo di guerra.

Agli effetti della legge penale, il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso:

  1. 1) col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda;
  2. 2) in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;
  3. 3) in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata [ 268, 654 ].
  1. 1) col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda;
  2. 2) in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;
  3. 3) in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata [ 268, 654 ].
L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 44789/2010

Ai fini della configurabilità del reato di istigazione di militari a disobbedire alle leggi la relativa condotta deve rivestire carattere di effettiva pericolosità per l’esistenza di beni costituzionalmente protetti ed essere concretamente idonea a promuovere la commissione di delitti.

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Cass. pen. n. 7979/1992

Perché agli effetti della legge penale possa ritenersi sussistere il requisito della «pubblicità» del fatto è sufficiente, ai sensi dell’art. 266, quarto comma, n. 2, c.p., che il fatto sia commesso, oltre che in luogo pubblico o aperto al pubblico, in presenza di due persone le quali possono anche essere quelle previste nell’art. 331 c.p.p. (Fattispecie relativa al reato di bestemmia, in cui l’espressione oltraggiosa verso la Divinità era stata pronunciata in luogo pubblico in presenza di due militari verbalizzanti; la Cassazione ha ritenuto infondata la tesi secondo cui per integrare il requisito della «pubblicità» sarebbe necessaria la presenza di una pluralità indeterminata di persone, tra le quali non dovrebbero essere compresi i verbalizzanti, ed ha enunciato il principio di cui in massima).

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Cass. pen. n. 10428/1989

Integra gli estremi del reato di istigazione aggravata di militari a disobbedire alle leggi l’apologia, compiuta mediante scritte su edifici e cose mobili, di fatti posti in essere o propugnati dalle brigate rosse e cioè la lotta armata per il comunismo ed il sovvertimento dello stato cosiddetto imperialista, contrari all’ordinamento democratico e quindi al giuramento di fedeltà prestato dai militari stessi alla Repubblica ed ai doveri più specifici della disciplina.

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Corte cost. n. 139/1989

È illegittimo costituzionalmente l’art. 266 del codice penale, nella parte in cui non prevede che per l’istigazione di militari a commettere un reato militare la pena sia «sempre applicata in misura inferiore alla metà della pena stabilita per il reato al quale si riferisce l’istigazione».

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