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Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2702 del 16 novembre 1990

Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2702 del 16 novembre 1990

Testo massima n. 1

Una volta emessi la richiesta di rinvio a giudizio o, nel procedimento pretorio, il decreto di citazione a giudizio, il P.M. non può revocarli ostandovi il principio della irretrattabilità dell’azione penale, sancito sia dall’art. 50, comma terzo, sia dall’art. 60, comma secondo, del nuovo c.p.p. Ne consegue che l’eventuale provvedimento di revoca emesso deve essere considerato abnorme. [ Nella specie la Cassazione ha annullato senza rinvio, per abnormità, un provvedimento del P.M. di revoca di un decreto di citazione, stabilendo altresì che tale annullamento si estendeva anche, a norma dell’art. 185, comma primo, del nuovo c.p.p., ad un decreto di archiviazione emesso nel medesimo procedimento e per gli stessi fatti successivamente alla revoca di quello di citazione ].

Secondo il disposto combinato degli artt. 60 e 405 del nuovo c.p.p., l’azione penale è esercitata e l’indagato assume la qualità d’imputato con la formulazione del capo di imputazione da parte del P.M. contenuta nella richiesta di citazione a giudizio, nelle richieste di giudizio immediato, di giudizio direttissimo, di decreto penale o di applicazione della pena ex artt. 444 e seguenti di detto codice, nonché, nel giudizio pretorio, nel decreto di citazione emesso a norma dell’art. 555 del medesimo codice. I surricordati articoli non recano, per quanto riguarda le varie richieste del P.M. in essi elencate, alcun riferimento al deposito dell’atto o alla sua notifica all’imputato, tal che deve escludersi che tali formalità siano necessarie per l’inizio dell’azione penale; siffatto principio vale anche nell’ipotesi in cui si tratti del decreto di citazione nel processo pretorio, non essendovi alcun ragionevole motivo idoneo a giustificare una disciplina processuale differenziata per ipotesi regolate in modo unitario dalla medesima norma, in vista dell’identità degli effetti che ne conseguono.

Una volta emessi la richiesta di rinvio a giudizio o, nel procedimento pretorio, il decreto di citazione a giudizio, il P.M. non può revocarli ostandovi il principio della irretrattabilità dell’azione penale, sancito sia dall’art. 50, comma terzo, sia dall’art. 60, comma secondo, del nuovo c.p.p. Ne consegue che l’eventuale provvedimento di revoca emesso deve essere considerato abnorme. [ Nella specie la Cassazione ha annullato senza rinvio, per abnormità, un provvedimento del P.M. di revoca di un decreto di citazione, stabilendo altresì che tale annullamento si estendeva anche, a norma dell’art. 185, comma primo, del nuovo c.p.p., ad un decreto di archiviazione emesso nel medesimo procedimento e per gli stessi fatti successivamente alla revoca di quello di citazione ].

Una volta emessi la richiesta di rinvio a giudizio o, nel procedimento pretorio, il decreto di citazione a giudizio, il P.M. non può revocarli ostandovi il principio della irretrattabilità dell’azione penale, sancito sia dall’art. 50, comma terzo, sia dall’art. 60, comma secondo, del nuovo c.p.p. Ne consegue che l’eventuale provvedimento di revoca emesso deve essere considerato abnorme. [ Nella specie la Cassazione ha annullato senza rinvio, per abnormità, un provvedimento del P.M. di revoca di un decreto di citazione, stabilendo altresì che tale annullamento si estendeva anche, a norma dell’art. 185, comma primo, del nuovo c.p.p., ad un decreto di archiviazione emesso nel medesimo procedimento e per gli stessi fatti successivamente alla revoca di quello di citazione ].

Le formalità previste dall’art. 548, comma primo, nuovo c.p.p. per il deposito delle sentenze – ossia l’espressa attestazione, in calce all’atto, di tale adempimento correlata dalla firma del pubblico ufficiale addetto e dalla relativa data, distinta da quella concernente la formazione dell’atto valgono, in difetto di una diversa disciplina, anche per il deposito degli atti di diversa natura e, quindi, nel processo pretorile, anche del decreto di citazione il cui deposito nella segreteria del P.M. è espressamente prescritto dall’art. 554, comma quarto, nuovo c.p.p.

La rilevabilità ex officio da parte della Corte di cassazione del carattere abnorme di un provvedimento è consentita soltanto nei casi in cui tale vizio incida sul thema decidendum devoluto alla corte, costituendo un passaggio logico essenziale ai fini della decisione del ricorso. [ Nell’affermare il principio di cui in massima la Cassazione ha rilevato di ufficio l’abnormità della revoca di un decreto di citazione, sul presupposto che la stessa incideva in modo assorbente sulla legittimità – contestata dal ricorrente, sia pure sotto un diverso profilo – di un decreto di archiviazione successivamente emesso ].

La rilevanza del decreto di citazione e della richiesta di rinvio a giudizio in quanto emanati ed ancorché non notificati, costituisce una regola non circoscritta al solo esercizio dell’azione penale ma valevole anche in tema di interruzione della prescrizione, atteso che l’art. 160 c.p., come modificato dall’art. 239 att. nuovo c.p.p., enumera la richiesta di rinvio ed il decreto di citazione a giudizio tra gli atti interruttivi e considera questi ultimi nella loro consistenza obiettiva, senza alcun riferimento alla notificazione agli interessati.

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