Cass. pen. n. 20072 del 5 maggio 2003

Testo massima n. 1


Il divieto di intercettazione di conversazioni o comunicazioni nei confronti dei difensori, sancito dall'art. 103, quinto comma, c.p.p., riguarda l'attività captativa in danno del difensore in quanto tale, e dunque nell'esercizio delle funzioni inerenti al suo ufficio, quale che sia il procedimento cui si riferisca, e non si estende ad ogni altra conversazione, non inerente (tanto più ove costituisce essa stessa reato), che si svolga nel suo studio o domicilio. La prescrizione anzidetta non si traduce, in definitiva, in un divieto assoluto di conoscenza ex ante, come se il legale godesse di un ambito di immunità assoluta o di un privilegio di categoria, ma implica una verifica postuma del rispetto dei relativi limiti, la cui violazione comporta l'inutilizzabilità delle risultanze dell'ascolto non consentito, ai sensi dell'art. 103, settimo comma, e la distruzione della relativa documentazione, a norma dell'art. 271 richiamato dallo stesso art. 103, settimo comma, del codice di rito.

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