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Cassazione penale Sez. I sentenza n. 44 del 4 marzo 1993

Cassazione penale Sez. I sentenza n. 44 del 4 marzo 1993

Testo massima n. 1

Il Gip che rimette gli atti al P.M. per la modificazione dell’imputazione con la contestazione del fatto nuovo non può procedere all’attività prevista dall’art. 392 c.p.p. perché tale norma presuppone l’esercizio dell’azione penale e questo si attua solo con la nuova contestazione. La proposizione di richiesta di incidente probatorio e il suo accoglimento prima che la nuova contestazione sia formulata dal P.M. integra un’ipotesi di nullità assoluta ex art. 179 c.p.p. concernente l’esercizio dell’azione penale da parte di quest’ultimo. [ Nella fattispecie, il Gip, dopo avere trasmesso gli atti al P.M. ai sensi dell’art. 423 c.p.p., aveva accolto una richiesta di incidente probatorio avanzata dai difensori degli imputati, facendo eseguire una perizia medico-legale, all’esito della quale aveva emesso sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste ].

Testo massima n. 2

La pena dell’ergastolo, in quanto pena detentiva perpetua non è condonabile «in parte», cioè non può subire la detrazione di un periodo predeterminato, poiché la durata complessiva, essendo stabilita fino alla morte del reo, non è determinabile a priori; essa può solo essere condonata «in tutto» oppure commutata in un’altra specie di pena stabilita dalla legge. Nessuno di detti effetti è previsto dal D.P.R. n. 394 del 1990 il quale, dunque, non ha riguardo alla pena dell’ergastolo. [ Fattispecie in cui il ricorrente sosteneva anche che il principio enunciato dall’art. 54 ord. pen. in materia di concessione della liberazione anticipata anche al condannato all’ergastolo, che può quindi beneficiarne ai fini dell’ammissione alla liberazione condizionale ex art. 176, comma terzo, c.p., dovesse estendersi anche all’indulto, in forza di applicazione analogica in bonam partem; la Cassazione ha respinto siffatto assunto osservando che tra i due istituti non sussiste un rapporto di affinità tale da configurare un’identica ratio legis e da legittimare quindi la richiesta applicazione analogica ].

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