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Cassazione civile Sez. II sentenza n. 16739 del 9 agosto 2005

Cassazione civile Sez. II sentenza n. 16739 del 9 agosto 2005

Testo massima n. 1

In tema di successioni mortis causa l’art. 484 c.c., nel prevedere che l’accettazione con beneficio d’inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario, delinea una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti; infatti, sia la prevista indifferenza della loro successione cronologica, sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, sia la mancata di una distinta disciplina dei loro effetti, fanno apparire ingiustificata l’attribuzione all’uno dell’autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il successivo suo venir meno, in caso di difetto dell’altro. Ne consegue che, se da un lato la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra perciò in universum ius defuncti compresi i debiti del de cuius d’altro canto essa non incide sulla limitazione della responsabilità intra vires che è condizionata [ anche ] alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario,in mancanza del quale l’accettante è considerato erede puro e semplice [ artt. 485, 487, 488 c.c. ] non perché abbia perduto ex post il beneficio, ma per non averlo mai conseguito.
Infatti, le norme che impongono il compimento dell’inventario in determinati termini non ricollegano mai all’inutile decorso del termine stesso un effetto di decadenza ma sanciscono sempre come conseguenza che l’erede viene considerato accettante puro e semplice, mentre la decadenza è chiaramente ricollegata solo ed esclusivamente ad alcune altre condotte,che attengono alla fase della liquidazione e sono quindi necessariamente successive alla redazione dell’inventario. Poiché l’omessa redazione dell’inventario comporta il mancato acquisto del beneficio e non la decadenza dal medesimo, ne consegue che all’erede, il quale agisce contro i terzi non chiamati alla successione, è precluso l’esperimento dell’azione di riduzione, non sussistendo il presupposto al riguardo richiesto dall’art. 564, primo comma, ultima parte, c.c., cioè l’accettazione con beneficio d’inventario.

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