La rinuncia alla proprietà immobiliare tra principi giuridici e applicazione concreta
La sentenza n. 23093/2025 delle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione ha reso più agevole l’istituto della rinuncia alla proprietà immobiliare fissando due principi di diritto di rilievo sistematico.
In primo luogo, la Corte ha chiarito che la rinuncia costituisce un atto unilaterale non recettizio volto esclusivamente alla dismissione del diritto di proprietà e riconducibile alla facoltà di disposizione prevista dall’art. 832 c.c.
L’effetto giuridico che ne deriva è la devoluzione automatica del bene allo Stato a titolo originario ai sensi dell’art. 827 c.c. quale conseguenza della situazione di vacanza del bene stesso; ne consegue che la rinuncia trova giustificazione e meritevolezza nel mero esercizio della libertà di disporre senza necessità di adesione di altra parte.
Con il secondo principio, le Sezioni Unite hanno escluso che una rinuncia – anche dettata da finalità meramente egoistiche – possa essere dichiarata nulla per contrarietà all’art. 42, comma 2 Cost., ovvero per illiceità della causa o del motivo. I Giudici hanno altresì evidenziato che le limitazioni al diritto di proprietà, finalizzate ad assicurarne la funzione sociale, possono derivare soltanto dalla legge e che dalla Costituzione non si ricava alcun obbligo di mantenere lo status di proprietario per esigenze di interesse generale.
Il caso concreto approdato allo scrutinio dei Giudici riguardava due comproprietarie che con atto notarile avevano rinunciato a terreni privi di utilità economica.
Il Ministero dell’Economia e l’Agenzia del Demanio avevano impugnato l’atto sostenendone la nullità o, in subordine, l’inefficacia nei confronti dello Stato.
Dette doglianze sono state respinte dalla Corte sull’assunto che la disponibilità della proprietà non implica necessariamente uno scambio sinallagmatico potendo estrinsecarsi tanto nel trasferimento a terzi quanto nella rinuncia e ciò alla stregua della donazione; ne deriva che l’attitudine di un bene a costituire oggetto di proprietà si esprime anche nella facoltà del titolare di rinunciarvi.
Le Sezioni Unite hanno inoltre precisato che dall’impianto costituzionale non discende un obbligo generale di esercitare il diritto dominicale secondo criteri funzionali all’ordinamento socio-economico: godimento e disposizione del bene restano strumenti a tutela di un interesse patrimoniale rimesso alla libera autodeterminazione del proprietario. Il “minimo costituzionale” della proprietà si sostanzia, pertanto, nel vincolo di appartenenza e nella capacità del bene di esprimere un apprezzabile valore economico. Qualora tali elementi vengano meno, la proprietà stessa si estingue, non potendo il titolare essere ricondotto al ruolo di gestore nell’interesse collettivo.
È stato altresì chiarito che, nei casi in cui l’ordinamento vieta specifiche condotte di abbandono incontrollato, l’illegittimità della condotta non discende dall’abusività dell’atto di rinuncia – che rientra nel contenuto tipico del diritto di proprietà – ma dalla violazione di norme imperative poste a presidio dell’ordine pubblico.
La rinuncia alla proprietà immobiliare deve, dunque, essere intesa come atto essenzialmente unilaterale, diretto unicamente alla dismissione del diritto, senza che assuma rilievo la destinazione successiva del bene. L’unilateralità deriva dalla natura individuale dell’interesse perseguito: la dichiarazione del proprietario, resa mediante atto pubblico o scrittura privata e resa opponibile ai terzi mediante trascrizione, produce i propri effetti senza necessità di essere indirizzata a un determinato destinatario.
Note pratiche
1. Conformità catastale, urbanistica ed energetica
La rinuncia è atto unilaterale non traslativo pertanto non trovano applicazione le disposizioni sulla conformità catastale dei fabbricati. Non è necessaria né l’elencazione dei titoli edilizi, né la produzione del certificato di destinazione urbanistica per i terreni e né l’allegazione dell’attestato di prestazione energetica.
2. Effetti sui gravami e sulle obbligazioni pregresse
Lo Stato acquista a titolo originario, tuttavia, l’atto di rinuncia non estingue i diritti reali di garanzia o di godimento costituiti sul bene (ipoteche, usufrutti, servitù). Parimenti, le obbligazioni già insorte in capo al proprietario – ad esempio risarcimenti a vario titolo ovvero responsabilità per reati ambientali – non vengono meno per effetto della rinuncia. Il creditore può persino esperire l’azione revocatoria nei confronti dell’atto.
3. Trascrizione e voltura catastale
L’atto di rinuncia deve essere trascritto “contro” il rinunciante. È inoltre facoltà la trascrizione “a favore” del Demanio dello Stato; l'esecuzione determina la voltura catastale automatica e la conseguente cancellazione dell’intestazione a nome del rinunciante.
4. Regime fiscale
L’atto di rinuncia, gratuito e destinato a favore dello Stato, non è soggetto a imposta di donazione né alle imposte ipotecarie e catastali.