Art. 152 – Codice civile – Separazione per condanna penale
[La separazione può essere anche chiesta contro il coniuge che è stato condannato alla pena dell'ergastolo o della reclusione per un tempo superiore ai cinque anni, ovvero è stato sottoposto all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, tranne il caso in cui la condanna o l'interdizione è anteriore al matrimonio e l'altro coniuge ne è consapevole.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 7527/2024
La l. n. 124 del 2017 si applica anche ai contratti di leasing traslativo risolti anteriormente alla sua entrata in vigore, se i loro effetti non si sono ancora esauriti e sono ancora sub iudice, non in modo diretto, perché la disciplina è priva di efficacia retroattiva, ma per interpretazione storico-evolutiva, determinandosi altrimenti - in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza e di ragionevolezza - un'irragionevole ed ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai contratti risolti successivamente.
Cass. civ. n. 29936/2023
In tema di elusione fiscale, l'avvenuta stipulazione di un leasing traslativo in luogo dell'acquisto del bene, benché all'interno di un gruppo societario, non depone, di per sé, per una distorsione dello strumento giuridico utilizzato, dovendosi invece verificare e accertare se, alla base dell'operazione, vi sia stato un uso distorto del contratto e dei negozi ad esso collegati al fine di perseguire indebiti vantaggi fiscali.
Cass. civ. n. 28037/2023
Nel leasing traslativo risoltosi in data anteriore al fallimento e prima dell'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, come tale sottoposto all'applicazione dell'art. 1526 c.c. anziché dell'art. 72-quater l.fall., la penale contrattuale non può essere ridotta a zero per la sostanziale inesistenza di un pregiudizio al quale parametrarla, perché la pattuizione della pena prescinde dal danno e dalla sua prova; ai fini dell'art. 1384 c.c. il criterio fondamentale per valutare l'eccessività della penale coincide con il dato oggettivo dello squilibrio tra le posizioni delle parti con riferimento alla valutazione dell'interesse del creditore all'adempimento alla data di stipulazione del contratto; tuttavia il riferimento all'interesse del creditore, avendo la funzione di indicare lo strumento per mezzo del quale giungere a stabilire se la penale sia o meno manifestamente eccessiva presuppone una motivata valutazione della situazione esistente al momento della sua applicazione, perché l'ammontare, che pur potrebbe essere eccessivo rispetto al momento della stipulazione, potrebbe non esserlo più rispetto a quello di applicazione, cosa che varrebbe semplicemente a testimoniare l'esistenza di un irrilevante errore di previsione del contratto, ma non l'iniquità della clausola in rapporto alla sua funzione.
Cass. civ. n. 16632/2023
In caso di leasing traslativo risolto prima dell'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, non operando quest'ultima disciplina retroattivamente, trova applicazione analogica l'art. 1526 c.c., con conseguente validità della clausola di confisca che preveda la detrazione, in favore dell'utilizzatore, del prezzo effettivamente ricavato dalla vendita del bene oggetto di riconsegna, senza che sia necessario - nel caso in cui la ricollocazione del bene sia già avvenuta - far riferimento al valore di mercato, bensì al prezzo effettivamente incassato, spettando all'utilizzatore dedurre e dimostrare che la liquidazione sia stata effettuata dall'impresa in modo non diligente o abusivamente aggravando la posizione debitoria.
Cass. civ. n. 8159/2023
La liquidazione del compenso di una consulenza tecnica di carattere agronomico avente ad oggetto la verifica della corretta fornitura di piante da giardino e della corretta posa "in situ" deve effettuarsi in base al criterio sussidiario delle vacazioni, senza che possa applicarsi il criterio a percentuale, previsto dall'art. 6 del d.m. 30 maggio del 2002, poiché tale criterio contiene l'esplicito richiamo alla nozione di "avaria", da intendersi riferita univocamente agli eventi avversi legati alla navigazione o al trasporto delle merci.
Cass. civ. n. 7367/2023
Ai contratti di leasing traslativo risolti anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, in assenza di una regolazione legislativa, si applica in via analogica la disciplina dell'art. 1526 c.c.; di conseguenza, la clausola che, in ipotesi di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, attribuisce al concedente il diritto di trattenere i canoni pagati ed impone all'utilizzatore di corrispondere quelli scaduti non è, di per sé, affetta da nullità, atteso che l'utilizzatore, una volta pagato il dovuto e restituito il bene, ha diritto di vedersi restituiti i canoni versati corrispondendo l'equo compenso, fermo restando il potere officioso del giudice di ridurre l'indennità ai sensi del secondo comma dell'art. 1526 c.c. in caso di definitiva acquisizione al concedente delle rate corrisposte.
Cass. civ. n. 3746/2023
Il creditore che agisca esecutivamente su un bene acquistato dal debitore con riserva della proprietà è tenuto a provare l'avvenuto pagamento del prezzo, al quale soltanto è subordinato l'effetto traslativo; in mancanza, il giudice dell'esecuzione, a fronte dell'evidenza del titolo e della relativa opponibilità, deve rilevare anche d'ufficio l'assenza della titolarità dominicale che legittima la vendita in danno del debitore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva revocato l'aggiudicazione del bene oggetto di vendita forzata, siccome gravato da patto di riservato dominio trascritto anteriormente alla trascrizione del pignoramento).
Cass. civ. n. 12483/2022
Il diritto di ritenzione di cui all'art. 1152 c.c., è un mezzo di autotutela di natura eccezionale, ed in quanto tale non è applicabile in via analogica a casi che non siano contemplati dalla legge e non può essere esercitato dall'appaltatore rispetto alle opere da lui costruite sul suolo del committente.
Cass. civ. n. 9210/2022
Alla risoluzione del leasing traslativo, i cui presupposti si siano verificati anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, si applica analogicamente la disciplina di cui all'art. 1526 c.c., sicché, ove detta risoluzione consegua all'inadempimento dell'utilizzatore, dal principio di salvaguardia del corretto equilibrio contrattuale discende che egli abbia diritto alla restituzione delle rate pagate solo previa restituzione del bene, dal momento che solo dopo tale restituzione il concedente potrà trarre dalla cosa ulteriori utilità e sarà possibile determinare l'equo compenso spettantegli per il godimento garantito all'utilizzatore nel periodo di durata del contratto.
Cass. civ. n. 9211/2022
In caso di risoluzione del leasing traslativo per inadempimento dell'utilizzatore (alla quale - ove i relativi presupposti si siano verificati anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 124 del 2017 - si applica analogicamente la disciplina di cui all'art. 1526 c.c.), l'equo compenso per l'uso della cosa deve tener conto anche dell'eventuale deprezzamento economico del bene in conseguenza della crisi economica, in quanto riferibile all'uso che, nella variabile temporale, ne abbia fatto il concessionario, posto che, diversamente, si finirebbe per scaricare sul concedente l'ulteriore "costo" legato al minor valore di realizzo posseduto dal bene, in relazione alla durata per la quale si sia protratto l'uso da parte dell'utilizzatore.
Cass. civ. n. 2061/2021
In tema di leasing finanziario, la disciplina di cui all'art. 1, commi 136-140, della legge n. 124 del 2017 non ha effetti retroattivi, sì che il comma 138 si applica alla risoluzione i cui presupposti si siano verificati dopo l'entrata in vigore della legge stessa; per i contratti anteriormente risolti resta valida, invece, la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest'ultima figura, della disciplina dell'art. 1526 c.c., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell'utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente l'art. 72 quater l.fall. (Rigetta, TRIBUNALE MACERATA, 20/12/2017).
Cass. civ. n. 36541/2021
In tema di accertamento del passivo fallimentare, il creditore che reclami la proprietà dei beni acquisiti al fallimento, deducendo di averli venduti al fallito con patto di riservato dominio, è tenuto solo a provare il titolo in base al quale agisce, spettando al curatore provare che il prezzo sia stato integralmente pagato e che, dunque, la vendita abbia prodotto l'effetto reale del trasferimento della proprietà dei beni al compratore.
Cass. civ. n. 26531/2021
In tema di leasing finanziario, per i contratti risolti anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, che non ha effetti retroattivi, resta valida la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo, con conseguente applicazione analogica, a quest'ultima figura, della disciplina dell'art. 1526 c.c., e ciò anche se la risoluzione sia stata seguita dal fallimento dell'utilizzatore, non potendosi applicare analogicamente l'art. 72 quater l.fall.; ne consegue l'esclusione della declaratoria di nullità della clausola cd. di confisca (volta a consentire al concedente di ottenere, quale penale, sia i canoni riscossi sia il mantenimento della proprietà del bene) e la necessità della deduzione dell'omesso esercizio del potere di riduzione della penale da parte del giudice di appello cui spetta il potere officioso di applicare l'art. 1384 c.c., il cui rilievo può avvenire a istanza di parte e, integrando un'eccezione in senso lato, può avvenire anche da parte giudice di legittimità, a condizione che non siano necessari accertamenti di fatto.
Cass. civ. n. 1581/2020
L'applicazione al leasing traslativo della disciplina di carattere inderogabile di cui all'art. 1526 c.c. in tema di vendita con riserva della proprietà comporta, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la restituzione dei canoni già corrisposti e il riconoscimento di un equo compenso in ragione dell'utilizzo dei beni, tale da remunerare il solo godimento e non ricomprendere anche la quota destinata al trasferimento finale di essi. Ne consegue che il concedente, mantenendo la proprietà della cosa ed acquisendo i canoni maturati fino al momento della risoluzione, non può ottenere un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 02/05/2018).
Cass. civ. n. 22190/2020
In tema di vendita con riserva della proprietà, la disposizione di cui all'art. 1525 c.c. ha lo scopo di limitare l'autonomia contrattuale attraverso "l'eteroregolamentazione legale che richiede, affinché la vendita possa risolversi su domanda del venditore rimasto creditore del prezzo, che il compratore non sia inadempiente per il mancato pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo", con "la rilevanza dell'inadempimento tipizzata dall'ordinamento che preclude al venditore o al suo cessionario di poter chiedere la risoluzione oltre i limiti della rilevanza legale".
Cass. civ. n. 27990/2019
Il diritto di ritenzione, che è riconosciuto in via generale dall'art. 1152 c.c. e si configura come una situazione non autonoma ma strumentale all'autotutela di altra situazione attiva generalmente costituita da un diritto di credito, è contemplato in favore dell'affittuario di fondo rustico nell'art. 20 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (così come lo era, già, nell'art. 15 della precedente legge n. 11 del 1971) in stretta correlazione al diritto di credito per le indennità spettanti al coltivatore diretto per i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni da lui apportati al fondo condotto, sicché, presupponendo l'esistenza di un credito derivante dalle opere indicate e realizzate dal coltivatore diretto, non è scindibile dall'esistenza di detto credito o dall'accertamento di questo. Pertanto, eccepito dall'affittuario che si opponga all'esecuzione del rilascio di un fondo rustico il diritto di ritenzione a garanzia del proprio credito per i miglioramenti apportati al fondo, il giudice non può limitarsi ad accertare l'esistenza delle opere realizzate dall'affittuario, ma deve verificarne anche l'indennizzabilità, rigettando l'eccezione ove tale verifica dia esito negativo.
Cass. civ. n. 27999/2019
In caso di scioglimento per mutuo consenso del contratto di leasing traslativo non trova applicazione - nemmeno in via analogica - il disposto dell'art. 1526 c.c. (che prevede il ripristino delle originarie posizioni delle parti attraverso la restituzione all'utilizzatore delle rate versate e il riconoscimento al concedente del diritto all'equo compenso per l'uso del bene), mancando il presupposto dell'inadempimento imputabile all'utilizzatore determinante la risoluzione, sicchè l'accordo solutorio - ove non contenga ulteriori previsioni concernenti il rapporto estinto - produce il solo effetto di liberare i contraenti dall'obbligo di eseguire le ulteriori prestazioni ancora dovute in virtù del contratto risolto. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 16/06/2017).
Cass. civ. n. 29020/2018
Nel leasing traslativo, al quale si applica per analogia la disciplina dettata dall'art. 1526 c.c. per la risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà in caso di inadempimento dell'utilizzatore, il diritto all'equo compenso spettante all'utilizzatore per l'uso della cosa comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e il logoramento per l'uso", non includendo, invece, né il risarcimento del danno che può derivare da un deterioramento anormale della cosa, né il mancato guadagno.
Cass. civ. n. 15975/2018
In tema di leasing traslativo, l'azione ordinaria di risoluzione del contratto promossa dal locatore, per inadempimento dell'utilizzatore assoggettato a concordato preventivo, è disciplinata dall'art. 1526 c.c.; deve essere esclusa, pertanto, l'applicazione analogica dell'art. 72 quater l. fall., che ha natura di norma eccezionale e non riguarda la risoluzione del contratto di leasing bensì il suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell'utilizzatore.
Cass. civ. n. 20840/2018
In tema di "leasing" traslativo, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la clausola penale che attribuisca al concedente, oltre all'intero importo del finanziamento, anche la proprietà e il possesso del bene è manifestamente eccessiva in quanto attribuisce vantaggi maggiori di quelli conseguibili dalla regolare esecuzione del contratto, dovendo il giudice effettuare, ai fini della sua riducibilità ex art. 1384 c.c., una valutazione comparativa tra il vantaggio che detta clausola assicura al contraente adempiente e il margine di guadagno che il medesimo si riprometteva legittimamente di trarre dalla regolare esecuzione del contratto.
Cass. civ. n. 24182/2017
Nella vendita su tipo di campione, questo serve unicamente ad indicare, in modo approssimativo, la qualità della merce da consegnare, che può anche non corrispondere al tipo, purché ne conservi le qualità essenziali; sicché, in caso di merce difforme rispetto al tipo, la domanda di risoluzione per inadempimento è giustificata solo se tale difformità sia notevole e, cioè, superi il margine di tollerabilità dell'approssimazione, secondo una valutazione demandata al giudice di merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato.
Cass. civ. n. 21895/2017
Al leasing traslativo si applica la disciplina della vendita con riserva della proprietà, sicché, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, quest'ultimo ha diritto alla restituzione delle rate riscosse solo dopo la restituzione della cosa, mentre il concedente ha diritto, oltre al risarcimento del danno, a un equo compenso per l'uso dei beni oggetto del contratto. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 03/06/2015).
Cass. civ. n. 12406/2016
Il diritto di ritenzione, previsto dall'art. 1152 c.c. e spettante al possessore di buona fede a garanzia del credito per i miglioramenti apportati all'immobile, è in astratto idoneo a giustificare una opposizione ai sensi dell'art. 615 c.p.c. avverso l'esecuzione per rilascio promossa in suo danno, ma a condizione che la domanda per i miglioramenti sia stata avanzata nel corso di giudizio per rivendicazione.
Cass. civ. n. 8491/2016
La vendita a prova è un contratto perfetto nei suoi elementi costitutivi ma sospensivamente condizionato all'esito positivo della prova, il cui accertamento attiene ad una verifica obiettiva circa le qualità pattuite del bene compravenduto o la sua idoneità all'uso cui è destinato, sicché, a tal fine, è sufficiente la dimostrazione che la prova sia stata oggettivamente superata, senza necessità di accertare, all'esito di valutazione comparativa, che solo quel bene possa assicurare il risultato programmato dalle parti.
Cass. civ. n. 6162/2016
Nella vendita su campione, ex art. 1522, comma 1, c.c., qualora sia il campione che la cosa compravenduta presentino identici vizi o mancanza di qualità e, al momento dell'accettazione del campione medesimo, gli uni e le altre non siano rilevabili dal compratore, è applicabile la disciplina ordinaria in tema di garanzia per vizi o mancanza di qualità della cosa venduta.
Cass. civ. n. 8687/2015
L'introduzione nell'ordinamento, tramite l'art. 59 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, dell'art. 72 quater legge fall. non consente di ritenere superata la tradizionale distinzione tra leasing finanziario e traslativo, e le differenti conseguenze (nella specie, l'applicazione in via analogica dell'art. 1526 cod. civ. al leasing traslativo) che da essa derivano nell'ipotesi di risoluzione del contratto per inadempimento dell'utilizzatore.
Cass. civ. n. 3381/2015
In tema di leasing traslativo, in caso di inadempimento dell'utilizzatore, il concedente ha sempre diritto alla restituzione del bene, spettando al primo provare di aver provveduto alla restituzione.
Cass. civ. n. 19272/2014
In materia di leasing traslativo, le parti possono convenire, ai sensi dell'art. 1526 cod. civ., applicabile in via analogica, l'irripetibilità dei canoni versati al concedente in esito alla risoluzione del contratto, la cui natura di clausola penale ne preclude, nel giudizio successivamente instaurato, la rilevabilità d'ufficio e la deducibilità dopo il decorso dei termini di cui all'art. 183 cod. proc. civ., trattandosi di eccezione in senso stretto.
Cass. civ. n. 23967/2013
In tema di vendita con riserva della proprietà, le disposizioni degli artt. 1525 e 1526 c.c., concernenti l'inadempimento del compratore e la risoluzione del contratto, hanno la funzione di impedire al venditore di chiedere la risoluzione del contratto oltre i limiti della rilevanza legale dell'inadempimento del compratore per il mancato pagamento del prezzo (come nell'ipotesi di omesso pagamento di una sola rata che non superi l'ottava parte del prezzo), ma non gli impediscono di far valere l'azione contrattuale di adempimento in relazione al bene oggetto del patto di riservato dominio.
Cass. civ. n. 15792/2013
Per identificare un contratto di vendita "su campione", ai sensi dell'art. 1522 c.c., è necessaria una volontà delle parti espressa nel senso di assumere il campione come esclusivo paragone per la qualità della merce, o così ricostruibile oltre ogni ragionevole dubbio; in caso contrario, la vendita deve intendersi, ai sensi del secondo comma, "su tipo di campione", dovendosi ritenere che le parti, come avviene normalmente, abbiano assunto il campione per indicare in modo approssimativo la qualità della merce venduta.
Cass. civ. n. 21388/2013
Il compratore con riserva di proprietà, acquistando la proprietà della cosa soltanto con il pagamento dell'ultima rata del prezzo, ai sensi dell'art. 1523 cod. civ., non può costituire enfiteusi sulla stessa, in quanto tale diritto reale di godimento graverebbe sul diritto del venditore, che è ancora titolare del dominio diretto sul bene.
Cass. civ. n. 9582/2012
Nella vendita su campione il venditore non ha altro obbligo che quello di provare di aver consegnato la merce contrattata, senza che egli possa essere tenuto a provarne la conformità, laddove l'onere di provare che la merce non aveva le caratteristiche richieste e risultanti dal campione, incombe al compratore, a dimostrazione del fondamento dell'eccezione opposta alla pretesa del venditore; inoltre, la prova della relativa difformità deve essere valutata esclusivamente mediante il raffronto con il campione, sicché ove il campione manchi o non sia esibito con le necessarie garanzie d'identificazione, viene meno la possibilità di accertare l'inadempimento del venditore in ordine alla particolare qualità della merce oggetto della convenzione.
Cass. civ. n. 19732/2011
Al leasing traslativo si applica la disciplina di carattere inderogabile di cui all'art. 1526 c.c. in tema di vendita con riserva della proprietà, la quale comporta, in caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, la restituzione dei canoni già corrisposti e il riconoscimento di un equo compenso in ragione dell'utilizzo dei beni, tale da remunerare il solo godimento e non ricomprendere anche la quota destinata al trasferimento finale di essi; ne consegue che il concedente, mantenendo la proprietà del bene ed acquisendo i canoni maturati fino al momento della risoluzione, non può conseguire un indebito vantaggio derivante dal cumulo della somma dei canoni e del residuo valore del bene. (Nella specie, alla stregua dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato con rinvio l'impugnata sentenza che, dichiarata la nullità della clausola contrattuale contenente la previsione dell'obbligo di pagamento in unica soluzione, da parte dell'utilizzatore, dei canoni non ancora scaduti, aveva poi quantificato l'equo compenso dovuto per l'uso della cosa nella entità del residuo debito, compresi gli interessi convenzionali).
Cass. civ. n. 6489/2011
Colui il quale abbia acquistato il possesso di un fondo agricolo a titolo di esecuzione anticipata di un contratto preliminare non è possessore di esso, ma mero detentore qualificato. Ne consegue che, dichiarato nullo il contratto preliminare, al promissario acquirente non spetta né il diritto all'indennità per i miglioramenti previsto dall'art. 1150 c.c., né quello di ritenzione previsto dall'art. 1152 c.c., diritti attribuiti dalla legge unicamente al possessore di buona fede, e non anche al detentore, ancorché qualificato.
Cass. civ. n. 19287/2010
In tema di vendita con riserva di proprietà, l'art. 1526 c.c., applicabile alla fattispecie negoziale del leasing traslativo prevede che nel caso in cui la risoluzione avvenga per l'inadempimento del compratore (nel leasing, utilizzatore), debba essere riconosciuto al venditore (nel leasing, concedente) - tenuto a restituire le rate riscosse - il diritto all'equo compenso per l'uso della cosa comprensivo della remunerazione del godimento del bene, del deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e del logoramento per l'uso, oltre al risarcimento del danno, eventualmente derivante da un deterioramento anormale della cosa. Ne consegue che il diritto all'equo compenso e quello al risarcimento del danno costituiscono autonome pretese, le quali, se esercitate nel corso del giudizio, necessitano di autonoma e tempestiva domanda.
Cass. civ. n. 9267/2010
Il diritto di ritenzione, che è riconosciuto in via generale nell'art. 1152 cod. civ e si configura come situazione non autonoma ma strumentale all'autotutela di altra situazione attiva generalmente costituita da un diritto di credito, è contemplato in favore dell'affittuario di fondo rustico nell'art. 20 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (così come lo era, già, nell'art. 15 della precedente legge n. 11 del 1971) in stretta correlazione al diritto di credito per le indennità spettanti al coltivatore diretto per i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni da lui apportati al fondo condotto, sicché, presupponendo l'esistenza di un credito derivante dalle opere indicate e realizzate dal coltivatore diretto, non è scindibile dall'esistenza di detto credito o dall'accertamento di questo. Pertanto, eccepito dall'affittuario che si opponga all'esecuzione del rilascio di un fondo rustico il diritto di ritenzione a garanzia del proprio credito per i miglioramenti apportati al fondo, il giudice non può limitarsi ad accertare l'esistenza delle opere realizzate dall'affittuario, ma deve verificarne anche l'indennizzabilità, rigettando l'eccezione ove tale verifica dia esito negativo.
Cass. civ. n. 73/2010
Nel leasing traslativo, al quale si applica per analogia la disciplina dettata dall'art. 1526 cod. civ. per la risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà in caso di inadempimento dell'utilizzatore, quest'ultimo, riconsegnato il bene, ha diritto alla restituzione delle rate riscosse, mentre il concedente ha diritto ad un equo compenso per l'uso della cosa, il quale comprende la remunerazione del godimento del bene, il deprezzamento conseguente alla sua incommerciabilità come nuovo e il logoramento per l'uso, ma non include il risarcimento del danno che può derivare da un deterioramento anormale della cosa né comprende il mancato guadagno. (Nella specie, relativa alla risoluzione del contratto di locazione finanziaria di una motonave, la S.C. ha rigettato il proposto ricorso, poiché nella sentenza impugnata si era correttamente escluso dall'area del "giusto compenso" - individuato, adeguatamente, mediante il criterio equitativo del "bare boat" - il mancato guadagno ed essendo fallito l'utilizzatore era stata individuata nella procedura di insinuazione al passivo la sede esclusiva per la determinazione della penale, per la quale era stata predisposta apposita clausola ai fini della liquidazione del risarcimento del danno).