Art. 208 – Codice civile – Diritti della moglie
[La moglie che ha ottenuto la separazione della dote ne ha la libera amministrazione. La dote rimane inalienabile, e le somme che la moglie riceve in soddisfazione di essa sono dotali e si devono impiegare con l'autorizzazione giudiziale. Nel caso in cui occorre provvedere a norma dell'articolo 187, il tribunale può autorizzare l'alienazione anche se il marito non consente.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 13514/2025
Nell'ipotesi di infortunio del dipendente dell'impresa subappaltatrice, la responsabilità del preposto del subappaltante non è configurabile né ai sensi dell'art. 7 del d.lgs. n. 626 del 1994 (disposizione che non riguarda il preposto e regola solo la responsabilità del datore di lavoro, committente o subcommittente, e dell'appaltatore, in considerazione di una serie di obblighi che la legge attribuisce ai datori di lavoro chiamati a cooperare tra di loro), né per la mancata adozione delle misure precauzionali previste nel Piano di sicurezza e coordinamento (PSC), in quanto anche l'obbligo di adottare tali misure incombe sul datore di lavoro o su un suo delegato munito di adeguati poteri decisionali e di spesa, e non sul preposto, destinatario del solo obbligo di assicurare il rispetto delle misure già decise e predisposte dal datore e dai dirigenti responsabili, essendo comunque necessario, ai fini di una sua responsabilità, che egli sia titolare dei poteri necessari per impedire l'evento lesivo in concreto verificatosi.
Cass. civ. n. 11918/2025
Il datore di lavoro committente che affidi in appalto lavori, servizi o forniture da svolgersi all'interno della propria azienda, nonché nell'ambito dell'intero ciclo produttivo della medesima, e, avendo la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l'appalto, non ottemperi agli specifici obblighi imposti dall'art. 26 del d.lgs. n. 81 del 2008, risponde dell'infortunio sul lavoro occorso ai dipendenti dell'impresa appaltatrice che sia causalmente riconducibile a tale inadempimento, anche in mancanza di qualsiasi ingerenza sull'attività di quest'ultima, realizzandosi una compresenza organizzata e coordinata di lavoratori di più imprese sinergicamente orientata al medesimo scopo produttivo.
Cass. civ. n. 20796/2024
Il dirigente medico che ha svolto una prestazione di lavoro eccedente gli orari stabiliti dalla contrattazione collettiva, anche se a causa di un erroneo criterio di calcolo del debito orario minimo assolto adottato dall'A.S.L., non ha diritto a un compenso supplementare, in quanto la sua retribuzione dovuta non è stabilita su base oraria, bensì mensile, ed è comprensiva di tutte le prestazioni rese, cosicché l'azione di esatto adempimento per il pagamento di differenze retributive consente di conseguire soltanto detta retribuzione, ferma restando la possibilità di far eventualmente valere la responsabilità datoriale a titolo risarcitorio, allegando specificamente e provando, anche attraverso presunzioni semplici, un concreto pregiudizio alla salute, alla personalità morale o al riposo.
Cass. civ. n. 18390/2024
La mancata fruizione del riposo giornaliero o settimanale, in assenza di previsioni legittimanti la scelta datoriale, è fonte di un danno non patrimoniale che deve ritenersi presunto, perché l'interesse leso dall'inadempimento del datore ha una diretta copertura costituzionale nell'art. 36 Cost.
Cass. civ. n. 16493/2024
In tema di circostanze, l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. può essere riconosciuta, nel caso in cui la persona offesa non abbia accettato il risarcimento, solo qualora l'imputato abbia proceduto nelle forme dell'offerta reale di cui agli artt. 1209 e ss. cod. civ., depositando la somma e lasciandola a disposizione della persona offesa, così da consentire a quest'ultima di valutarne l'idoneità a risarcire il danno e di decidere con la necessaria ponderazione se accettarla o meno, ed al giudice di apprezzarne la congruità e la riconducibilità ad una effettiva resipiscenza del reo. (Fattispecie relativa a somma offerta a mezzo di assegno circolare, rifiutato dalla persona offesa, nella quale la Corte ha escluso la configurabilità dell'attenuante, poiché l'assegno non era stato depositato e lasciato a disposizione della vittima).
Cass. civ. n. 13701/2024
La liquidazione equitativa del danno alla salute in applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano impone al giudice di merito di seguire esattamente i criteri ivi dettati, anche con riferimento al parametro dell'età della persona danneggiata al momento del sinistro e, quindi, del verificarsi del danno, sicché eventuali scostamenti ritenuti necessari per tener conto di aspetti particolari (come l'età della persona danneggiata al momento della stabilizzazione degli esiti) devono essere adeguatamente motivati sotto il profilo della maggiore rispondenza ai principi generali in tema di risarcimento ed altresì al criterio dell'equità.
Cass. civ. n. 12842/2024
La parzialità dell'offerta reale, pur determinandone l'invalidità, non può comportare, di per sé, la risoluzione per inadempimento del rapporto giuridico in relazione al quale è stata fatta, essendo pur sempre necessario l'accertamento del requisito imprescindibile della sua gravità, da compiersi avendo riguardo alla natura della causa, all'interesse delle parti, alla loro condotta e alla corretta applicazione degli artt. 1453, 1455 e 1375 c.c..
Cass. civ. n. 5061/2024
L'accertata insussistenza degli estremi del mobbing in ambito lavorativo non esime il giudice di merito dal verificare se, sulla base dei medesimi fatti allegati a sostegno della domanda, si configuri comunque un'ipotesi di responsabilità del datore di lavoro per non avere adottato tutte le misure possibili e necessarie, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, fermo restando che grava su quest'ultimo l'onere della prova della sussistenza del danno e del nesso causale tra l'ambiente di lavoro e il danno, mentre grava sul datore di lavoro l'onere di provare di aver adottato tutte le misure necessarie a prevenirlo.
Cass. civ. n. 4664/2024
La nozione di mobbing - come quella di straining - è una nozione di tipo medico-legale, che non ha autonoma rilevanza ai fini giuridici e serve soltanto per identificare comportamenti che si pongono in contrasto con l'art. 2087 c.c. e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro; pertanto, la reiterazione, l'intensità del dolo o altre qualificazioni della condotta sono elementi che possono eventualmente incidere sul quantum del risarcimento, ma non sull'an dello stesso, che prescinde dal dolo o dalla colpa datoriale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda di risarcimento da mobbing per l'assenza di comportamenti intenzionalmente vessatori, senza verificare se le condotte datoriali avevano generato un ambiente logorante e "stressogeno" per il dipendente).
Cass. civ. n. 3973/2024
Ai fini dell'applicazione dell'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, l'appartenente al nucleo familiare del coltivatore diretto, il quale chieda l'affermazione anche nei suoi riguardi della qualifica, deve allegare e provare, da un lato, il requisito della abitualità dell'attività manuale nella coltivazione dei terreni o nell'allevamento del bestiame - di modo che l'attività in questione abbia la caratteristica della prevalenza, per essere svolta in misura tale da impegnare il familiare per il maggior periodo di tempo nell'anno e costituisca per lui la maggior fonte di reddito - e, dall'altro, che la forza lavoro dell'intero nucleo non sia inferiore ad un terzo di quella necessaria per la coltivazione del fondo.
Cass. civ. n. 526/2024
La cessione dell'azienda di noleggio con conducente, attività d'impresa esercitata con l'organizzazione del mezzo proprio e dell'autorizzazione comunale per il trasporto di persone, fa presumere la sussistenza di una plusvalenza, che concorre alla formazione del reddito d'impresa, ai sensi dell'art. 86, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 917 del 1986, determinabile, ove il contribuente abbia omesso di fornire la relativa documentazione, dall'Ufficio in via induttiva ex art. 39, comma 1, lett. d-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, poiché il trasferimento in favore di un terzo dell'autorizzazione comunale, in presenza delle condizioni di cui all'art. 9 della l. n. 21 del 1992, si presume effettuato a titolo oneroso.
Cass. civ. n. 36606/2023
Ai fini del rispetto del termine per il pagamento del prezzo nel riscatto agrario, di cui all'art. 8 della l. n. 590 del 1965, le norme in tema di offerta reale vanno interpretate ed applicate alla luce dei principi di buona fede e di cooperazione del creditore nell'adempimento, dovendo, pertanto, ritenersi sufficiente la notifica del verbale dell'offerta al creditore assente, senza che sia necessario l'espletamento degli ulteriori adempimenti di cui all'art. 1212 c.c., i quali potrebbero rivelarsi inutili laddove intervenisse l'accettazione da parte del creditore.
Cass. civ. n. 24804/2023
In tema di risarcimento del danno alla salute conseguente all'attività lavorativa, il nesso causale rilevante ai fini del riconoscimento dell'equo indennizzo per la causa di servizio è identico a quello da provare ai fini della condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno, quando si faccia riferimento alla medesima prestazione lavorativa e al medesimo evento dannoso; ne consegue che, una volta provato il predetto nesso causale, grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi dell'evento dannoso.
Cass. civ. n. 19514/2023
Presupposto soggettivo della responsabilità solidale ex art. 29, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003 ("ratione temporis" applicabile), è che il committente eserciti attività d'impresa ovvero, quale "datore di lavoro", si serva delle prestazioni rese dai dipendenti dell'appaltatore per realizzare l'oggetto della propria attività istituzionale - prendendo parte al processo di decentramento produttivo del servizio -, restando escluso dal campo di applicazione della norma (ai sensi del comma 3-ter del citato art. 29) il committente persona fisica che non eserciti attività d'impresa o professionale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la responsabilità solidale di un condominio in relazione alle omissioni contributive afferenti ad alcune lavoratrici che vi avevano prestato attività di pulizia - per il periodo dal luglio 2012 al gennaio 2016 - per conto di un appaltatore, sul presupposto, da un lato, che il condominio, quale ente di gestione dei beni comuni, non assume, soprattutto ai fini lavoristici, rilievo giuridico diverso da quello dei singoli condomini, e, dall'altro, che non svolge attività d'impresa e non partecipa per propri scopi istituzionali al decentramento produttivo).
Cass. civ. n. 13806/2023
PRESTATORE DI LAVORO - TUTELA DELLE CONDIZIONI DI LAVORO Malattia professionale contratta dal “de cuius” - Diritto degli eredi al risarcimento del danno “iure hereditatis” e “iure proprio” - Prescrizione - Decorrenza - Fattispecie. In materia di malattia professionale contratta nel corso del rapporto di lavoro dal "de cuius", da cui sia derivato il decesso di quest'ultimo, la prescrizione del diritto dei superstiti al risarcimento del danno, sia "iure hereditatis" che "iure proprio", decorre dal momento della conoscenza o conoscibilità, da parte dei medesimi - secondo il metro dell'ordinaria diligenza, tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche -, della malattia, quale danno ingiusto conseguente al comportamento illegittimo del datore, e del carattere professionale della stessa, che deve necessariamente comprendere la conoscenza (o possibilità di conoscenza) della presenza dell'agente nocivo nell'ambito del processo lavorativo e dell'esposizione ad esso del lavoratore con modalità tali da poter costituire un probabile fattore causale della malattia stessa. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva dichiarato prescritta la domanda risarcitoria, sul rilievo della conoscenza o conoscibilità della eziologia della malattia da parte dei ricorrenti per effetto dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 277 del 1991 - che ha predisposto cautele per i lavoratori esposti all'amianto -, in assenza, tuttavia, di qualsiasi accertamento su elementi anche indiziari da cui avrebbero potuto percepire la derivazione della malattia dall'esposizione del loro congiunto ad agenti nocivi nel corso del rapporto di lavoro).
Cass. civ. n. 10227/2023
L'inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore di eseguire la prestazione lavorativa in quanto, vertendosi in ipotesi di contratto a prestazioni corrispettive, trova applicazione il disposto dell'art. 1460, comma 2, c.c., alla stregua del quale la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto, avuto riguardo alle circostanze concrete, non risulti contrario alla buona fede. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittima la sanzione disciplinare conservativa irrogata ad alcuni dipendenti, aventi qualifica di macchinista, di Trenitalia s.p.a. - a causa del rifiuto dai medesimi opposto all'ordine datoriale di eseguire la prestazione a partire dalle ore 4.25, in anticipo rispetto all'orario ordinario delle 5.00 -, avuto riguardo, in una valutazione comparativa del comportamento delle parti, da un lato, all'assenza di profili di illiceità penalmente rilevanti nella richiesta di turno allargato, peraltro effettuata al massimo in due occasioni, senza quindi pregiudizio per le esigenze vitali dei lavoratori, e, dall'altro, alle conseguenze negative che tale rifiuto aveva provocato sul funzionamento del servizio di trasporto pubblico gestito dalla società).
Cass. civ. n. 6874/2023
In tema di redditi d'impresa, il reddito del mercante d'arte - cioè, il soggetto che, a differenza dello speculatore occasionale e del collezionista, professionalmente e abitualmente esercita il commercio delle opere d'arte, ancorché in maniera non organizzata imprenditorialmente, al fine di trarre un profitto dall'incremento del loro valore - va tassato quale reddito d'impresa ex art. 55 del TUIR, poiché, ai fini delle imposte sui redditi, l'esercizio delle attività di cui all'art. 2195 c.c., se abituale, determina sempre la sussistenza di un'impresa commerciale, indipendentemente dall'assetto organizzativo scelto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata nella parte in cui aveva qualificato il contribuente come "mercante d'arte" e non quale "collezionista", in ragione del numero e della frequenza delle alienazioni di opere di artisti di rilievo per importi elevati).
Cass. civ. n. 5480/2023
Ai fini della dichiarazione di fallimento, l'art. 1, comma 2, l.fall., nel testo modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007, stabilisce la necessità del superamento di alcune soglie dimensionali, escludendo implicitamente la possibilità di ricorrere al criterio qualitativo sancito dall'art. 2083 c.c. in tema di c.d. "piccolo imprenditore".
Cass. civ. n. 4980/2023
In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro è responsabile anche dei danni ascrivibili a negligenza o imprudenza dei lavoratori o alla violazione, da parte degli stessi, di norme antinfortunistiche o di direttive, stante il dovere di proteggerne l'incolumità anche in tali evenienze prevedibili, potendo ravvisarsi un concorso colposo della vittima nel solo caso in cui la stessa abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento e creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere. (Nella specie, la S.C. ha cassato l'impugnata sentenza che aveva ritenuto che l'imprevisto mutamento delle concrete modalità esecutive da parte del lavoratore, preposto alla sicurezza, fosse sufficiente a far ricadere l'evento dannoso nella sua esclusiva sfera di responsabilità).
Cass. civ. n. 3692/2023
In tema di responsabilità del datore di lavoro per danni alla salute del dipendente, anche ove non sia configurabile una condotta di "mobbing", per l'insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare la pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli, è ravvisabile la violazione dell'art. 2087 c.c. nel caso in cui il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori ovvero ponga in essere comportamenti, anche in sé non illegittimi, ma tali da poter indurre disagi o stress, che si manifestino isolatamente o invece si connettano ad altri comportamenti inadempienti, contribuendo ad inasprirne gli effetti e la gravità del pregiudizio per la personalità e la salute latamente intesi.
Cass. civ. n. 2892/2023
- Requisito necessario ma non sufficiente - Verifica circa la sussistenza in concreto dei requisiti sostanziali - Necessità - Criteri. In tema di privilegio generale sui mobili ex art. 2751 bis, n. 5, c.c., l'iscrizione nell'albo delle imprese artigiane integra un presupposto formale necessario, anche se non sufficiente, per il riconoscimento del cd. privilegio artigiano, ai cui fini occorre altresì verificare la sussistenza in concreto dei requisiti sostanziali, alla stregua dell'art. 2083 c.c., oppure della legge-quadro n. 443 del 1985, a seconda che si tratti, rispettivamente, di crediti sorti prima o dopo il 10 febbraio 2012, data di entrata in vigore del d.l. n. 5 del 2012 (conv. con modif. dalla l. n. 35 del 2012), il cui art. 36 ha modificato il predetto art. 2751 bis, n. 5, c.c.
Cass. civ. n. 2517/2023
In tema di responsabilità ex artt. 2087 c.c. e 7 del d.lgs. n. 626 del 1994, per i danni derivati al lavoratore dall'inosservanza delle misure di tutela delle condizioni di lavoro nel corso di attività concesse in appalto, le locuzioni normative di cui agli artt. 6, par. 4, della Direttiva 89/391/CEE (datori di lavoro), e 8 della Direttiva 92/57/CEE (realizzazione dell'opera) vanno interpretate nel senso che nella categoria dei "datori di lavoro" tenuti agli obblighi di protezione e di prevenzione dei rischi professionali, rientrano sia il sub-committente che il sub-appaltatore, qualora collaborino insieme nell'ambito del medesimo procedimento produttivo, finalizzato alla realizzazione di una "stessa opera", che si compia all'interno di un qualunque luogo a ciò funzionalmente destinato e che li coinvolga entrambi in attività, ancorché parziali e diverse, sinergicamente dirette al medesimo scopo produttivo, così rendendoli reciprocamente responsabili delle omissioni degli obblighi di sicurezza nei confronti dei lavoratori in essa impiegati. Commissione CEE 24/06/1992 num. 57 art. 8, Tratt. Internaz. 07/12/2000 art. 31, Tratt. Internaz. 13/12/2007 art. 267, Legge 02/08/2008 num. 130 CORTE COST.
Cass. civ. n. 770/2023
In tema di tutela delle condizioni di lavoro, l'ampio ambito applicativo dell'art. 2087 c.c. rende necessaria la predisposizione da parte del datore di lavoro di adeguati mezzi di tutela dell'integrità fisiopsichica dei lavoratori nei confronti dell'attività criminosa di terzi, nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro sia insita nella tipologia di attività esercitata, in ragione della movimentazione, anche contenuta, di somme di denaro. (Affermando tale principio, la S.C. ha escluso il rilievo disciplinare del contegno tenuto da una cassiera che, dopo aver individuato persone sospette e riferito immediatamente della loro presenza ad altro personale del supermercato, era stata lasciata sola a fronteggiare tre individui che, usando minaccia alla sua incolumità personale, avevano prelevato merce in quantità maggiore di quella pagata).
Cass. civ. n. 678/2023
In materia di risarcimento danni causati da malattia professionale, l'onere della prova del nesso causale tra prestazione lavorativa e danno, incombe su colui che ne chiede il riconoscimento, che potrà a tal fine avvalersi anche delle certificazioni I.N.A.I.L. - nello specifico riferite all'esposizione all'amianto e all'origine professionale della malattia - la cui rilevanza probatoria, sia pure non dirimente, non è subvalente rispetto all'accertamento giudiziale, una volta che detti documenti siano entrati a far parte, nel contraddittorio tra le parti, del materiale probatorio utilizzabile ex art. 115 c.p.c., comma 1.
Cass. civ. n. 546/2023
In tema di enti collettivi non societari costituiti nella forma dell'associazione non riconosciuta, la perdita della natura decommercializzata dell'attività esercitata e la conseguente qualificazione commerciale della stessa comportano che l'ente collettivo va qualificato alla stregua di una società di fatto se la predetta attività è svolta in comune da più associati, ai quali si applica, come ai soci, il regime di "trasparenza".
Cass. civ. n. 375/2023
L'azione di regresso dell'INAIL, esperibile non solo nei confronti del titolare del rapporto assicurativo, ma anche di chi, assumendo una posizione di garanzia nel luogo di lavoro, ha l'obbligo di tutelare l'incolumità degli occupati al di là della qualifica formale di datore di lavoro, in caso di opere svolte in esecuzione di un contratto di appalto può essere esercitata anche nei confronti del committente, quale garante della vigilanza relativa alle misure di protezione da adottare in concreto, e del direttore dei lavori, di cui risulti la concreta ingerenza nell'esecuzione dei lavori e nella specifica materia della sicurezza.
Cass. civ. n. 19735/2023
Ai fini della dichiarazione di fallimento, l'art. 1, comma 2, l.fall., nel testo modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007, stabilisce la necessità del superamento di alcune soglie dimensionali, escludendo implicitamente la possibilità di ricorrere al criterio qualitativo sancito dall'art. 2083 c.c. in tema di c.d. "piccolo imprenditore".
Cass. civ. n. 770/2023
In tema di tutela delle condizioni di lavoro, l'ampio ambito applicativo dell'art. 2087 c.c. rende necessaria la predisposizione da parte del datore di lavoro di adeguati mezzi di tutela dell'integrità fisiopsichica dei lavoratori nei confronti dell'attività criminosa di terzi, nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro sia insita nella tipologia di attività esercitata, in ragione della movimentazione, anche contenuta, di somme di denaro.
Cass. civ. n. 33380/2022
Ai fini della tempestività del pagamento del prezzo nel riscatto agrario, le norme che attengono agli adempimenti di cui all'art. 1208 c. c. e seguenti, in tema di offerta reale, vanno interpretate ed applicate alla luce dei principi di buona fede e di cooperazione del creditore nell'adempimento, sicché l'offerta reale, e i conseguenti effetti del riscatto, devono ritenersi integrati qualora la mancata ricezione del pagamento sia imputabile all'ingiustificato rifiuto del creditore di prestare la cooperazione indispensabile a rendere possibile l'adempimento del debitore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia di merito che aveva ritenuto validamente effettuata l'offerta reale del prezzo di riscatto, a fronte della notifica del relativo verbale di deposito, corredato dall'invito ai creditori ad accettarlo e dall'avvertenza che, in caso di mancata accettazione, la somma gli sarebbe stata attribuita all'esito dell'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato, ritenendo irrilevante che l'invito suddetto non fosse formalmente riferito al ritiro della somma medesima, secondo la lettera dell'art. 1212, n. 4, c.c.).
Cass. civ. n. 37019/2022
All'associato in partecipazione che svolge attività lavorativa si applicano la disciplina di prevenzione a tutela della salute e della sicurezza e la norma "di chiusura" dell'art. 2087 c.c., in quanto l'ordinamento individua i beneficiari degli obblighi di protezione prescindendo da una loro formale categoria contrattuale e dando rilievo, invece, alla prestazione di attività nell'ambito di un contesto professionale organizzato da un datore di lavoro, ancorché senza retribuzione.
Cass. civ. n. 34968/2022
In tema di azione risarcitoria ex art. 2087 c.c. per i danni cagionati dallo svolgimento di un'attività eccedente la ragionevole tollerabilità, il lavoratore è tenuto ad allegare compiutamente lo svolgimento della prestazione secondo le predette modalità nocive e a provare il nesso causale tra il lavoro svolto e il danno, mentre al datore di lavoro, in ragione del suo dovere di assicurare che l'attività lavorativa non risulti pregiudizievole per l'integrità fisica e la personalità morale del dipendente, spetta dimostrare che la prestazione si è, invece, svolta secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, con modalità normali, congrue e tollerabili. (
Cass. civ. n. 33639/2022
In tema di obbligo di protezione ex art. 2087 c.c., la dimensione organizzativa assume rilevanza quale fattore di rischio per la salute dei lavoratori, atteso che l'art. 28 del T.U. n. 81 del 2008, ulteriore specificazione del più generale canone presidiato dall'art. 2087 c.c., impone al datore di lavoro la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli collegati allo stress lavoro-correlato; ne consegue che, ove il datore di lavoro indebitamente tolleri l'esistenza di una condizione di lavoro lesiva della salute, per configurare la responsabilità datoriale è sufficiente che l'inadempimento, imputabile anche solo per colpa, si ponga in nesso causale con un danno alla salute.
Cass. civ. n. 33428/2022
In tema di tutela della salute del lavoratore nell'ambiente di lavoro, rientra nell'obbligo datoriale di protezione di cui all'art. 2087 c.c. la tutela contro le tecnopatie da costrittività organizzativa, potendosi configurare lo "straining" sia in presenza di comportamenti stressogeni scientemente attuati dal datore di lavoro nei confronti di un dipendente, sia in caso di una condotta datoriale che colposamente consenta il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute.
Cass. civ. n. 33080/2022
In tema di violazione da parte del datore di lavoro degli obblighi di protezione imposti dall'art. 2087 c.c. verso i lavoratori, il permanere dell'inadempimento, successivamente all'eziopatogenesi della malattia, configura un illecito permanente solo ove sia stato causalmente rilevante quale fattore di accelerazione o di aggravamento della patologia, così concretizzando una ipotesi di causalità correlata.
Cass. civ. n. 31919/2022
In tema di violazione da parte del datore di lavoro degli obblighi imposti dall'art. 2087 c.c., la prescrizione - decennale, ove il lavoratore esperisca l'azione contrattuale - decorre dal momento in cui il danno si è manifestato, divenendo percepibile e riconoscibile dal danneggiato.
Cass. civ. n. 29769/2022
In caso di infortunio sul lavoro, la responsabilità ex art. 2087 c.c. è di carattere contrattuale sicché grava sul datore di lavoro l'onere di fornire la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare l'evento dannoso e che questo sia stato determinato da fattori imprevisti ed imprevedibili; la sentenza penale ex art. 444 c.p.p., presupponendo una ammissione di colpevolezza, costituisce un importante elemento di prova da cui il giudice di merito può desumere la responsabilità del datore di lavoro.
Cass. civ. n. 2403/2022
In materia di responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 c.c., non costituisce fattore di esclusione della responsabilità datoriale il fatto che il lavoratore, per la sua posizione apicale, avesse la possibilità di modulare dal punto di vista organizzativo la propria prestazione, anche in relazione ai carichi di lavoro, alle modalità di fruizione delle ferie e dei riposi, residuando pur sempre in capo al datore di lavoro un obbligo di vigilanza del rispetto di misure atte a prevenire conseguenze dannose per la salute psicofisica del dipendente lavoratore, salva l'ipotesi che la condotta di questi si configuri come abnorme e del tutto imprevedibile.
Cass. civ. n. 36058/2021
In tema di riscatto agrario, ai fini della tempestività del pagamento del prezzo, occorre che si avveri la condizione sospensiva del versamento del prezzo di acquisto che, secondo quanto previsto dalla l. n. 2 del 1979, va effettuato nei termini indicati per la prelazione dall'art. 8 della l. n. 590 del 1965, decorrenti dall'adesione del terzo acquirente alla dichiarazione di riscatto oppure, ove sorga contestazione, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto; atteso che le norme che attengono agli adempimenti di cui all'art. 1208 c.c. e ss., in tema di offerta reale, vanno interpretati ed applicati alla luce dei principi di buona fede e cooperazione del creditore nell'adempimento, ai fini del verificarsi della predetta condizione sospensiva, nell'ipotesi di rifiuto, ancorché pretestuoso, da parte del creditore di accettare l'indicato pagamento, è necessario - in difetto di norme specifiche sul punto - che il retraente effettui, secondo le generali disposizioni civilistiche sulle obbligazioni, il deposito liberatorio della relativa somma, ai sensi dell'art. 1210 c.c., dovendo, invece, escludersi una equipollenza tra versamento del prezzo ed offerta non formale di esso, dal momento che l'art. 1220 c.c. ricollega alla seria e tempestiva offerta non formale della prestazione il solo venir meno della "mora debendi", mentre la liberazione del debitore, unico evento equivalente al versamento del prezzo, consegue all'accettazione dell'offerta reale ovvero - in caso di mancata accettazione - all'accettazione della somma depositata o, in difetto, all'accertata validità del deposito dell'offerta ex art. 1210 c.c.
Cass. civ. n. 1466/2019
In tema di fallibilità dell'impresa individuale di mediatore professionale, gli elementi identificativi dell'impresa commerciale di cui all'art. 2082 c.c. sono costituiti dalla professionalità e dall'organizzazione, intesa come svolgimento abituale e continuo dell'attività nonchè sistematica aggregazione di mezzi materiali e immateriali, al di là della scarsezza dei beni predisposti, tanto più quando l'attività non necessiti di mezzi materiali e personali rilevanti.
Cass. civ. n. 8911/2019
La responsabilità del datore di lavoro per inadempimento dell'obbligo di prevenzione di cui all'art. 2087 c.c. non è una responsabilità oggettiva, ma colposa, dovendosi valutare il difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire danni per i lavoratori, in relazione all'attività lavorativa svolta, non potendosi esigere la predisposizione di misure idonee a fronteggiare ogni causa di infortunio, anche quelle imprevedibili. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c. per la predisposizione di equipaggi cd. misti sui treni, e, di conseguenza, aveva ritenuto legittimo il rifiuto del macchinista di condurre il treno senza la presenza in cabina di un secondo agente abilitato alla condotta). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO GENOVA, 19/07/2016).
Cass. civ. n. 12437/2018
E' configurabile il "mobbing" lavorativo ove ricorra l'elemento obiettivo, integrato da una pluralità di comportamenti del datore di lavoro, e quello soggettivo dell'intendimento persecutorio del datore medesimo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ravvisato entrambi gli elementi, individuabili, il primo, nello svuotamento progressivo delle mansioni della lavoratrice e, il secondo, nell'atteggiamento afflittivo del datore di lavoro, all'interno di un procurato clima di estrema tensione in azienda).
Cass. civ. n. 16026/2018
Il datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 c.c., è tenuto a prevenire anche le condizioni di rischio insite nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia del lavoratore, dimostrando di aver messo in atto a tal fine ogni mezzo preventivo idoneo, con l'unico limite del cd. rischio elettivo, da intendere come condotta personalissima del dipendente, intrapresa volontariamente e per motivazioni personali, al di fuori delle attività lavorative ed in modo da interrompere il nesso eziologico tra prestazione e attività assicurata. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito, che aveva escluso la responsabilità del datore in un caso di infortunio mortale occorso ad un lavoratore, investito dal treno mentre operava un controllo degli scambi ferroviari sul rilievo che l'intervento era stato effettuato in anticipo rispetto all'orario prefissato).
Cass. civ. n. 24742/2018
L'art. 2087 c.c. non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva, in quanto la responsabilità del datore di lavoro - di natura contrattuale - va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell'attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l'onere di provare, oltre all'esistenza di tale danno, la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'una e l'altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l'onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva rigettato la pretesa risarcitoria della lavoratrice - caduta in ufficio scivolando su di una carpetta di plastica trasparente portadocumenti - sul presupposto che non era stata provata la nocività dell'ambiente di lavoro, non emergendo quale misura organizzativa fosse adottabile per evitare l'infortunio).
Cass. civ. n. 20080/2018
In tema di obblighi di protezione ex art. 2087 c.c. trova applicazione il medesimo principio espresso in riferimento al demansionamento illegittimo, nel senso che il giudice di merito, oltre a sanzionare l'inadempimento dell'obbligo da parte del datore di lavoro con la condanna al risarcimento del danno, può emanare una pronuncia di adempimento in forma specifica, di contenuto satisfattorio dell'interesse leso, che condanni il datore ad affidare al lavoratore mansioni confacenti alle condizioni di salute e riconducibili a quelle già assegnate ovvero di contenuto equivalente; tale obbligo è derogabile solo nel caso in cui il datore provi l'impossibilità di ricollocare utilmente il lavoratore nell'azienda, secondo l'assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall'imprenditore.
Cass. civ. n. 9314/2017
L'esperimento dell'azione diretta ad ottenere, giusta l'art. 2932 c.c., una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso non è condizionato ad una preventiva costituzione in mora dell'obbligato a concludere il contratto, dovendosi l'interesse alla sua proposizione stabilire solo in base ad una situazione obiettiva di inadempimento, né il suo accoglimento è subordinato alla presentazione di un'offerta formale della controprestazione, ex artt. 1208 e 1209 c.c., essendo idonea anche la sola manifestazione di volontà del promissario acquirente, contenuta nell'atto di citazione, di corrispondere il residuo prezzo.
Cass. civ. n. 10319/2017
Il lavoratore che agisca, nei confronti del datore di lavoro, per il risarcimento integrale del danno patito a seguito di infortunio sul lavoro ha l'onere di provare il fatto costituente l'inadempimento ed il nesso di causalità materiale tra l'inadempimento ed il danno, ma non anche la colpa della controparte, nei cui confronti opera la presunzione ex art. 1218 c.c.. In particolare, nel caso di omissione di misure di sicurezza espressamente previste dalla legge, o da altra fonte vincolante, c.d. nominate, la prova liberatoria incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella negazione degli stessi fatti provati dal lavoratore; viceversa, ove le misure di sicurezza debbano essere ricavate dall’art. 2087 c.c., c.d. innominate, la prova liberatoria è generalmente correlata alla quantificazione della misura di diligenza ritenuta esigibile nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, quali anche l’assolvimento di puntuali obblighi di comunicazione. (Nella specie, la S.C., ha cassato la sentenza impugnata che, pur non avendo ravvisato un'ipotesi di rischio elettivo, aveva escluso, per difetto di specifiche indicazioni da parte del lavoratore sulle cautele adottabili, la responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio subito dal dipendente durante la discesa dalla cabina di guida di un autocarro ribaltata ed in pendenza).
Cass. civ. n. 24217/2017
In materia esercizio di attività pericolose ed esposizione dei lavoratori alle polveri di amianto, la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 c.c., pur non configurando un'ipotesi di responsabilità oggettiva, non è circoscritta alla violazione di regole d'esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, essendo volta a sanzionare, anche alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l'omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della sua maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e d'indagare sull'esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico. (Nella specie, la S.C. ha confermato la pronuncia del giudice di merito che – riconosciuto il nesso di causalità tra affezione ed esposizione alle polveri da asbesto - aveva ritenuto la responsabilità del datore di lavoro sul presupposto che ad esso, Autorità portuale di Venezia, all’epoca di svolgimento del rapporto di lavoro - anni dal 1968 al 2000 - dovesse essere ben nota la pericolosità delle fibre di amianto, materiale il cui uso è sottoposto a particolari cautele fin dal principio del secolo scorso, indipendentemente dal grado di concentrazione di fibre in relazione a periodi temporali di esposizione per attività lavorativa).
Cass. civ. n. 26684/2017
Ai fini della configurabilità del mobbing lavorativo, l'elemento qualificante, che deve essere provato da chi assume di avere subito la condotta vessatoria, va ricercato non nell'illegittimità dei singoli atti bensì nell'intento persecutorio che li unifica, sicché la legittimità dei provvedimenti può rilevare indirettamente perché, in difetto di elementi probatori di segno contrario, sintomatica dell'assenza dell'elemento soggettivo che deve sorreggere la condotta, unitariamente considerata; parimenti la conflittualità delle relazioni personali all'interno dell'ufficio, che impone al datore di lavoro di intervenire per ripristinare la serenità necessaria per il corretto espletamento delle prestazioni lavorative, può essere apprezzata dal giudice per escludere che i provvedimenti siano stati adottati al solo fine di mortificare la personalità e la dignità del lavoratore.
Cass. civ. n. 11311/2017
L’art. 2087 c.c. che, integrando le disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro previste da leggi speciali, impone all’imprenditore l’adozione delle misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro, è applicabile anche nei confronti del committente, obbligandolo a provvedere alle misure di sicurezza dei lavoratori, benché da lui non dipendenti, ove egli stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alle misure da adottare in concreto, riservandosi i poteri tecnico-organizzativi dell’opera da eseguire.
Cass. civ. n. 798/2017
Ai sensi degli artt. 2087 c.c. e 7 del d.l.vo n. 626 del 1994, quest'ultimo applicabile “ratione temporis”, che disciplina l'affidamento di lavori in appalto all'interno dell'azienda, il committente, nella cui disponibilità permanga l'ambiente di lavoro, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie a tutelare l'integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell'impresa appaltatrice, e che consistono nel fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori circa le situazioni di rischio, nel predisporre quanto necessario a garantire la sicurezza degli impianti e nel cooperare con l'appaltatrice nell'attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro sia all'attività appaltata.
Cass. civ. n. 14468/2017
In tema di responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c., posto che, ai fini del superamento della presunzione di cui all’art. 1218 c.c., grava sul datore di lavoro l’onere di dimostrare di aver rispettato le norme specificamente stabilite in relazione all’attività svolta, e di aver adottato tutte le misure che, in considerazione della peculiarità dell’attività e tenuto conto dello stato della tecnica, siano necessarie per tutelare l’integrità del lavoratore, vigilando altresì sulla loro osservanza, il vizio strutturale del macchinario, quale fatto liberatorio, non può prescindere dalla prova circostanziata, da parte del datore di lavoro, dell’assolvimento dei suddetti obblighi di protezione specifici.
Cass. civ. n. 20051/2016
In materia di obbligo di sicurezza di cui all'art. 2087 c.c. gravano sul datore di lavoro specifici obblighi di informazione del lavoratore, al fine di evitare il rischio specifico della lavorazione, insuscettibili di essere assolti mediante indicazioni generiche (quali, nella specie, di "svuotare la carriola con il badile, per renderla più leggera" o di "non sollevarla quando completamente piena" rispetto ad un danno verificatosi a causa del sollevamento manuale del carico), in quanto in tal modo la misura precauzionale non risulta adottata dal datore di lavoro ma l'individuazione dei suoi contenuti è inammissibilmente demandata al lavoratore; né l'obbligo di controllo può ritenersi esaurito nell'accertamento della prassi seguita in azienda, esigendosi, viceversa, una verifica riferita ai singoli lavoratori, attraverso specifici preposti e con riferimento ad ogni fase lavorativa rischiosa.
Cass. civ. n. 18503/2016
In materia di tutela della salute del lavoratore, il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell'art. 2087 c.c., a garantire la sicurezza al meglio delle tecnologie disponibili, sicché, con riferimento alle patologie correlate all'amianto, l'obbligo, risultante dal richiamo effettuato dagli artt. 174 e 175 del d.P.R. n. 1124 del 1965 all'art. 21 del d.P.R. n. 303 del 1956, norma che mira a prevenire le malattie derivabili dall'inalazione di tutte le polveri (visibili od invisibili, fini od ultrafini) di cui si è tenuti a conoscere l'esistenza, comporta che non sia sufficiente, ai fini dell'esonero da responsabilità, l'affermazione dell'ignoranza della nocività dell'amianto a basse dosi secondo le conoscenze del tempo, ma che sia necessaria, da parte datoriale, la dimostrazione delle cautele adottate in positivo, senza che rilevi il riferimento ai valori limite di esposizione agli agenti chimici (cd. tlv, "threshold limit value") poiché il richiamato articolo 21 non richiede il superamento di alcuna soglia per l'adozione delle misure di prevenzione prescritte.
Cass. civ. n. 3291/2016
Ai sensi dell'art. 2087 c.c., norma di chiusura del sistema antinfortunistico e suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute sia dei principi di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro, il datore è tenuto ad astenersi da iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente mediante l'adozione di condizioni lavorative "stressogene" (cd. "straining"), e a tal fine il giudice del merito, pur se accerti l'insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare gli episodi in modo da potersi configurare una condotta di "mobbing", è tenuto a valutare se, dagli elementi dedotti - per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto - possa presuntivamente risalirsi al fatto ignoto dell'esistenza di questo più tenue danno.
Cass. civ. n. 2209/2016
Ai fini dell'accertamento della responsabilità del datore di lavoro per un infortunio sul luogo di lavoro, incombe sul lavoratore l'onere di provare di aver subito un danno, la nocività dell'ambiente di lavoro ed il nesso causale fra questi due elementi, mentre grava sul datore di lavoro l'onere di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedirlo e, tra queste, di aver vigilato circa l'effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al dipendente, non potendo essere ragione di esonero totale da responsabilità l'eventuale concorso di colpa di altri dipendenti, se non quando la loro condotta rappresenti la causa esclusiva dell'evento. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, individuati elementi di colpa nella condotta di altri dipendenti, aveva esonerato da ogni responsabilità il datore di lavoro senza accertarne l'esclusione da ogni addebito in merito alla violazione degli obblighi di vigilanza e prevenzione).
Cass. civ. n. 7405/2015
L'ampio ambito applicativo dell'art. 2087 c.c., rende necessario l'apprestamento di adeguati mezzi di tutela dell'integrità fisiopsichica dei lavoratori nei confronti dell'attività criminosa di terzi nei casi in cui la prevedibilità del verificarsi di episodi di aggressione a scopo di lucro sia insita nella tipologia di attività esercitata, in ragione della movimentazione, anche contenuta, di somme di denaro, nonché delle plurime reiterazioni di rapine in un determinato arco temporale. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza che aveva negato la sussistenza del nesso di causalità tra la verificazione degli eventi criminosi e la mancata adozione di qualsivoglia misura specificamente diretta ad impedire, prevenire o comunque rendere più difficoltoso il realizzarsi di rapine ai danni di un ufficio postale di ridotte dimensioni, presso il quale non vi era alcun sistema di allarme rivolto all'esterno, ma solo una protezione del banco cassa con vetro antisfondamento).