Art. 286 – Codice civile – Legittimazione domandata dall’ascendente
[La domanda di legittimazione di un figlio naturale riconosciuto può in caso di morte del genitore essere fatta da uno degli ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque espressa una volontà in contrasto con quella di legittimare.]
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 8892/2025
Il pagamento del debito ipotecario da parte del terzo acquirente dell'immobile comporta, ai sensi dell'art. 2866, comma 2, c.c., la sua surrogazione, ex art. 1203, n. 3, c.c., nei diritti e nella garanzia ipotecaria del creditore iscritto a condizione che il debito garantito sia stato integralmente estinto e che, dunque, la garanzia abbia esaurito la sua funzione in favore del creditore soddisfatto.
Cass. civ. n. 23606/2023
Il principio secondo il quale i rimedi generali dettati in tema di inadempimento contrattuale (risoluzione del contratto, "exceptio inadimpleti contractus" ecc.) non sono utilizzabili nel diverso ambito dei contratti societari (per essere questi ultimi caratterizzati non già dalla corrispettività delle prestazioni dei soci, bensì dalla comunione di scopo, sicché i rimedi invocabili sono quelli del recesso e dell'esclusione del socio) non si applica alle società cooperative, nelle quali il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni di collaborazione o di scambio tra socio e società si palesa ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all'organizzazione della vita sociale ed è caratterizzato non dalla comunione di scopo, ma dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e la retribuzione o il prezzo corrispettivo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ammissibile l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. proposta dal socio nei confronti di una società cooperativa agricola e zootecnica, venendo in rilievo un rapporto di natura sinallagmatica tra l'obbligo del socio di conferire il latte e quello della società di pagamento del conferimento stesso).
Cass. civ. n. 7876/2023
Il creditore che, a garanzia del suo credito, abbia iscritto ipoteca su di un immobile, in relazione al quale sia successivamente trascritto un atto dispositivo compiuto dal debitore, non può esercitare l'azione revocatoria ex art. 2901 c.c., in quanto lo "ius sequelae" proprio del diritto di ipoteca gli attribuisce comunque il diritto di soddisfarsi "in executivis" sull'immobile in danno del terzo acquirente, sicché l'atto dispositivo non reca alcun pregiudizio alle ragioni creditorie, alla cui verificazione la legge condiziona il vittorioso esperimento dell'azione revocatoria.
Cass. civ. n. 28853/2021
La servitù costituita anteriormente al pignoramento del fondo servente ed estintasi per confusione successiva alla trascrizione di detto pignoramento, per effetto dell'inopponibilità del titolo di acquisto del proprietario del fondo dominate nei confronti del creditore procedente, riprende efficacia nei confronti del terzo che abbia acquistato il fondo servente in sede coattiva.
Cass. civ. n. 7249/2020
Quando un terzo costituisce una ipoteca su beni propri a garanzia di un debito altrui, il creditore ha diritto di fare espropriare la cosa ipotecata in caso di inadempimento del debitore, ed ai fini dell'esercizio di tale diritto è tenuto a notificare al terzo datore di ipoteca, oltre che al debitore, sia il titolo esecutivo che il precetto, specificando in quest'ultimo la "res" del terzo che si intende eventualmente sottoporre ad esecuzione forzata. Tuttavia, va rigettata per difetto di interesse l'opposizione a precetto proposta dal terzo per accertare di non essere obbligato a corrispondere la somma indicata nel precetto, se dall'interpretazione del medesimo precetto si evince che esso non presuppone l'obbligazione diretta dello stesso terzo al soddisfacimento del debito, né l'intenzione del creditore di procedere esecutivamente nei suoi confronti, in ipotesi di mancato pagamento, anche su beni diversi da quelli ipotecati. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato l'opposizione a precetto formulata dai terzi intimati deducendo di non avere accettato l'eredità del datore di ipoteca sul bene indicato in precetto). (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO ROMA, 05/10/2017).
Cass. civ. n. 19508/2020
Il patto commissorio, vietato dall'art. 2744 c.c., è configurabile solo quando il debitore sia costretto al trasferimento di un bene, a tacitazione dell'obbligazione, e non anche ove tale trasferimento sia frutto di una scelta, come nel caso in cui venga liberamente concordato quale "datio in solutum" (art. 1197 c.c.), ovvero esprima esercizio di una facoltà che si sia riservata all'atto della costituzione dell'obbligazione medesima (art. 1286 c.c.).
Cass. civ. n. 31122/2018
In tema di rimborsi per i crediti IVA, con decorrenza dal 4 luglio 2006, data di entrata in vigore dell'art. 37, comma 50, del d.l. 4 n. 223 del 2006 (conv. in l.n.248 del 2006), non si calcolano gli interessi anatocistici sulle somme dovute a titolo di ritardato rimborso d'imposta al contribuente, mentre il principio dettato dall'art. 1283 c.c. continua ad avere pieno effetto per il periodo anteriore. Ne deriva che il discrimine temporale per detto periodo va identificato nella domanda di rimborso dell'imposta. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva accordato gli interessi anatocistici fino al 4 luglio 2006, in quanto la domanda di rimborso, pur riguardante l'annualità di imposta 1992, era stata proposta nel 2010).
Cass. civ. n. 6542/2016
Il diritto di separazione in favore del terzo, previsto dall'art. 2864, comma 2, c.c., prescinde dalla situazione soggettiva di buona o mala fede, poiché rileva esclusivamente l'obiettiva sussistenza dell'incremento di valore della cosa ipotecata rispetto all'epoca di concessione della garanzia, potendo il terzo, inoltre, cumulare, quand'anche sia rimasto del tutto inerte, il valore degli incrementi apportati dai suoi danti causa (o dal terzo estraneo), purchè si tratti di soggetti diversi dal debitore concedente l'ipoteca.
Cass. civ. n. 13642/2013
L'assunzione della qualità di socio e l'obbligo di buona fede nell'adempimento delle obbligazioni, che discendono dal contratto di società, non comportano la rinuncia del medesimo ad avvalersi dei suoi diritti e facoltà, anche derivanti da rapporti estranei al contratto sociale e se pure essi possano, in ipotesi, rivelarsi lesivi dell'interesse della società; pertanto, l'esercizio di tali facoltà e diritti, ove non sia allegato l'abuso del diritto, non può giustificare l'esclusione del socio stesso della società. (Così statuendo, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, negando la sussistenza di un divieto di concorrenza ex art. 2301 cod. civ e di un divieto statutario di sostituzione del socio d'opera, aveva giudicato nulla la deliberazione di esclusione del resistente, cui era stato ascritto di aver reiteratamente lavorato al di fuori della società e di essersi fatto sostituire dal padre, remunerandolo, per l'attività manuale rientrante tra i suoi compiti, rendendosi, altresì irreperibile per dodici giorni consecutivi.
Cass. civ. n. 8860/2012
La messa in liquidazione della società di persone non osta all'applicazione dell'art. 2286 cod. civ., atteso che lo scioglimento della società determina soltanto il passaggio ad una nuova fase, nella quale la società permane come gruppo organizzato e i soci continuano ad essere titolari di diritti e obblighi sicché i comportamenti di un socio in danno degli altri o della società nel suo complesso non possono restare, neppure in questa fase, privi di effetti giuridici, ai sensi e per gli effetti della citata disposizione codicistica. Ne consegue che il socio, colpevole di gravi inadempienze delle obbligazioni derivanti dalla legge o dal contratto sociale, può, anche durante lo stato di liquidazione, essere escluso dalla compagine, non rilevando, in senso contrario la disposizione dell'art. 2270, secondo comma, cod. civ., che unicamente sancisce l'impossibilità per il creditore particolare del socio di ottenere la liquidazione della quota del suo debitore una volta deliberato lo scioglimento della società.
Cass. civ. n. 21061/2009
In materia di obbligazioni, ove l'adempimento sia possibile nel concorso di due o più prestazioni poste in posizione di reciproca parità e dedotte in modo disgiuntivo, nessuna delle quali può essere adempiuta prima dell'indispensabile scelta tra una di esse, se la scelta è rimessa alla volontà di un terzo, l'obbligazione diviene eseguibile soltanto con la relativa dichiarazione comunicata alle parti; ne consegue che prima di tale momento, non potendo il debitore adempiere in alcun modo, l'inadempimento non sussiste, non essendo propriamente configurabile in difetto della verificazione del suddetto presupposto.
Cass. civ. n. 29776/2008
L'assunzione della qualità di socio e l'obbligo di buona fede nell'adempimento delle obbligazioni, che discendono dal contratto di società, non comportano la preventiva rinuncia del socio ad avvalersi dei suoi diritti e facoltà, anche derivanti da rapporti estranei al contratto sociale, ogni qual volta essi possano in ipotesi rivelarsi lesivi dell'interesse della società; pertanto, l'esercizio di tali facoltà e diritti, ove non sia allegato l'abuso del diritto, non può fondare l'azione di esclusione del socio stesso dalla società. (Nella specie, la S.C. ha affermato il principio, con riguardo ad un socio di s.n.c., locatore di un bene utilizzato dalla società, il quale aveva intimato ad essa lo sfratto per morosità, nonchè mancato di approvare il bilancio sociale, richiesto la restituzione di somme mutuate alla stessa, esercitato le azioni di messa in liquidazione della società e di revoca dell'amministratore).
Cass. civ. n. 694/2001
Il principio secondo il quale i rimedi generali dettati in tema di inadempimento contrattuale (risoluzione del contratto, exceptio inadimpleti contractus ecc.) non sono utilizzabili nel diverso ambito dei contratti societari (per essere questi ultimi caratterizzati non già dalla corrispettività delle prestazioni dei soci, bensì dalla comunione di scopo, sì che i rimedi invocabili sono quelli del recesso e dell'esclusione del socio), non si applica alle società cooperative, nelle quali il rapporto (ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all'organizzazione della vita sociale) attinenti al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni (di collaborazione o) di scambio tra socio e società è indiscutibilmente caratterizzato non dalla comunione di scopo, bensì dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e (la retribuzione o) il prezzo corrispettivo. In particolare, con riguardo alle cooperative edilizie, un tale rapporto economico-giuridico, distinto da quello sociale, instaurandosi (tra società e socio prenotatario) nella fase della successiva attribuzione dell'unità immobiliare costruita, caratterizza tale attribuzione come vero e proprio atto traslativo della proprietà a titolo oneroso, sicché riprendono vigore i rimedi generali volti a mantenere o ristabilire l'equilibrio sinallagmatico tra la prestazione traslativa e la controprestazione economica.
Cass. civ. n. 7707/2000
L'articolo 2864 c.c. che prevede il diritto del terzo (nella specie acquirente del bene ipotecato) di far separare dal prezzo di vendita la parte corrispondente ai miglioramenti eseguiti dopo la trascrizione del suo titolo, fino a concorrenza del valore dei medesimi al tempo della vendita, trova applicazione anche nell'ipotesi in cui il terzo abbia costruito un immobile sul terreno ipotecato, dovendosi comprendere nel termine «miglioramento» tutte le attività che abbiano prodotto un incremento di valore dell'immobile. La ratio della norma risiede infatti nell'intento di evitare un ingiustificato arricchimento del creditore ipotecario che si avvantaggerebbe dell'attività posta in essere dal terzo, con un danno ulteriore per quest'ultimo rispetto alla perdita del bene ipotecato.
Cass. civ. n. 3/1997
Nelle obbligazioni con prestazioni alternative o con facoltà alternativa (caratterizzate, le prime, dalla deduzione nel vincolo obbligatorio di più prestazioni poste sul piano di parità, e le seconde da più prestazioni poste in subordinazione tra loro, in modo che il debitore può liberarsi eseguendo la prestazione secondaria solo se rispetto ad essa sia stata esercitata, dal soggetto a cui è rimessa, la facoltà di scelta), aventi ad oggetto prestazioni continuate o periodiche, la volontà negoziale può legittimamente riconoscere, al soggetto cui sia rimessa la facoltà di scelta, il potere di operare in futuro l'opzione inizialmente operata.
Cass. civ. n. 6410/1996
Durante la fase di liquidazione della società di persone non vi sono ostacoli all'applicabilità dell'art. 2286 c.c. e quindi il socio che si sia reso colpevole di gravi inadempienze può essere escluso dalla compagine sociale.
Cass. civ. n. 12628/1995
Per il socio di una società in nome collettivo il pagamento pro quota delle rate di un mutuo contratto da quest'ultima è oggetto di una obbligazione che discende direttamente dallo status di partecipante all'organismo societario, che, se gli dà diritto alla partecipazione agli utili in proporzione ai conferimenti, lo obbliga anche a partecipare nella stessa misura ad oneri e passività e lo rende (salvo il beneficium excussionis) solidalmente ed illimitatamente responsabile per le obbligazioni sociali. Di conseguenza l'inadepimento dell'obbligazione suddetta ben può giustificare una deliberazione di esclusione del socio inadempiente dalla società, ai sensi dell'art. 2286 c.c.
Cass. civ. n. 12487/1995
Nelle società di persone, le norme sull'esclusione del socio «per gravi inadempienze», di cui agli artt. 2286 e 2287 c.c., hanno carattere speciale e sostituiscono quelle generali sulla risoluzione per inadempimento dei contratti con prestazioni corrispettive, di cui agli artt. 1453 ss. c.c., le quali ultime non sono applicabili al contratto di società sia per la mancanza di interessi contrapposti tra il socio e l'ente sociale, sia per le diverse finalità cui esse sono preposte. Infatti, la risoluzione mette nel nulla il rapporto contrattuale nei confronti della parte inadempiente, con gli effetti restitutori di cui all'art. 1458 c.c., e, nel caso le parti in contratto siano soltanto due, elimina del tutto il rapporto con i reciproci obblighi restitutori delle parti di cui alla citata disposizione di legge; l'esclusione del socio comporta, invece, soltanto lo scioglimento del vincolo sociale limitatamente al socio inadempiente, con il diritto di quest'ultimo esclusivamente ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota, ma non anche, di per sé, lo scioglimento della società, neppure nel caso in cui i soci siano soltanto due, perché, in tale ipotesi, la società si scioglie solo se, nel termine di sei mesi, non venga ripristinata la pluralità di soci.
Cass. civ. n. 6452/1994
Nel giudizio promosso dal socio in opposizione alla delibera di esclusione, la società, avendo la veste sostanziale di parte istante per la risoluzione del rapporto, è tenuta a provare il fatto in base al quale è stata adottata quella delibera (nella specie, inadempimento del socio), mentre non può invocare a sostegno di essa fatti distinti, ancorché potenzialmente idonei a giustificare la rescissione del rapporto sociale.
Cass. civ. n. 8695/1991
Nel giudizio d'opposizione, avverso la delibera di una società in nome collettivo di esclusione del socio e di conseguenziale revoca dello stesso dalla carica di amministratore, è consentito il controllo sulla sussistenza o meno delle inadempienze in relazione alle quali tale esclusione è stata decisa, posto che l'insindacabilità delle scelte sociali attiene soltanto alla valutazione discrezionale dell'opportunità del provvedimento in presenza di determinati fatti.
Cass. civ. n. 6200/1991
L'ipotesi di esclusione dalla società prevista dal secondo comma dell'art. 2286 c.c., per la sopravvenuta inidoneità del socio che ha conferito la propria opera a svolgerla, presuppone la presenza di cause oggettive che precludano in via definitiva la prestazione dell'opera personale del socio e prescinde dalla colposità dell'inadempimento, che invece caratterizza l'ipotesi di esclusione (per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale) prevista dal comma precedente. Pertanto, al socio che per sua colpa abbia solo temporaneamente omesso la prestazione della propria opera personale nella società, cui sia obbligato in base alle norme statutarie, è applicabile la disposizione del primo comma dell'articolo citato, e non quella del secondo comma, con la conseguenza che egli può essere escluso dalla società qualora il suo inadempimento, pur sfornito del carattere della definitività, risulti grave.
Cass. civ. n. 11916/1990
Il terzo acquirente di un immobile ipotecato a garanzia di mutuo fondiario non può vantare alcun diritto contrario né alla suddivisione del mutuo stesso. né al correlato frazionamento dell'ipoteca, stante la sua estraneità al contratto di finanziamento e, configurandosi, inoltre, ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. n. 7 del 1976, detto frazionamento come oggetto di una rinuncia del creditore ipotecario al diritto all'indivisibilità dell'ipoteca e perciò come riconducibile ad un atto unilaterale, che non cessa di essere tale anche se consacrato nel contesto degli accordi intercorsi col mutuatario al fine della suddivisione del mutuo. Pertanto, qualora detto terzo abbia dovuto soddisfare, nei limiti della quota gravante sull'immobile trasferitogli, le ragioni del creditore ipotecario, non può da questi pretendere alcun indennizzo, sotto il profilo dell'impedimento frapposto dall'intervenuto frazionamento al subingresso, ex art. 2866, secondo comma c.c., nelle ipoteche costituite sugli altri beni del debitore inadempiente — operando tale norma solo quando il terzo sia stato chiamato a rispondere dell'intero debito del suo dante causa e, comunque, esclusivamente nei rapporti fra questi due soggetti, sicché un eventuale profilo risarcitorio, connesso a comportamenti asseritamente idonei a compromettere la compiuta realizzazione del diritto di cui al primo comma della medesima norma, può utilmente affermarsi nei soli confronti di detto dante causa — o del venir meno delle garanzie connesse all'originaria unità dell'ipoteca, che sarebbero state utilizzabili in sede di surrogazione ex art. 1203 c.c.
Cass. civ. n. 2616/1988
Con riguardo alle obbligazioni alternative, nelle quali due o più prestazioni vengono poste su una posizione di reciproca parità, restando rimessa alla volontà del debitore o del creditore la scelta di una di esse, questa diventa irrevocabile a norma dell'art. 1286 c.c. con l'esecuzione di una delle prestazioni ovvero con la dichiarazione di scelta comunicata all'altra parte, salvo che, ove la scelta spetti al debitore, la possibilità della prestazione scelta sia legata o condizionata ad un'attività o collaborazione del creditore e, per essere venuta meno questa, la prestazione non possa essere eseguita, essendo in tal caso il debitore liberato dall'obbligazione qualora non preferisca eseguire (od offrire di eseguire) l'altra prestazione. (Nella specie, il giudice d'appello aveva ritenuto che al promissario acquirente, obbligato a saldare il prezzo previa accensione di nuovo mutuo a suo nome ovvero ad accollarsi il mutuo intestato al venditore, non fosse precluso, pur avendo scelto la prima alternativa, di optare successivamente per l'altra dopo aver constatato la mancanza dell'indispensabile collaborazione del venditore ad estinguere il suo mutuo ed a cancellare l'ipoteca; la S.C. ha confermato la pronuncia, enunciando i principi di cui alla massima).
Cass. civ. n. 1946/1976
Nell'ipotesi dell'azione spettante, a norma dell'art. 2867 c.c., al creditore ipotecario nei confronti del terzo acquirente del bene ipotecato, al fine di ottenere da questo il pagamento del prezzo non ancora corrisposto all'alienante, il diritto esercitato dal suddetto creditore non è né il credito ipotecario, che non riguarda il terzo acquirente, né il diritto di ipoteca isolatamente considerato, che non è configurabile senza credito, bensì il credito personale dell'alienante con tutte le sue modalità, i suoi limiti e le eccezioni ad esso opponibili. Trattasi, peraltro, di una fattispecie che non è inquadrabile nello schema della comune azione surrogatoria, perché caratterizzata da una legittimazione primaria all'esercizio del diritto altrui e, pertanto il pagamento va eseguito direttamente al creditore ipotecario con efficacia estintiva sia del credito dell'alienante che del credito ipotecario. Inoltre non avendo la suddetta azione carattere reale, non sussiste un necessario collegamento strumentale fra la perdurante esistenza ed operatività dell'ipoteca, quale diritto reale, e la detta azione. (Nella specie per effetto della vendita dell'immobile ipotecato ad una P.A. ed alla conseguente trasformazione del medesimo in bene patrimoniale indisponibile, l'ipoteca si era estinta).