Art. 1469 bis – Codice civile – Contratti del consumatore
Le disposizioni del presente titolo si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14537/2025
In relazione al contratto autonomo di garanzia con clausola che limita la facoltà di opporre eccezioni, una volta accertata la qualità di consumatore del garante, non sussiste alcun impedimento ad applicare la disciplina del codice del consumo sulle clausole vessatorie.
Cass. civ. n. 785/2024
In tema di mediazione, la clausola predisposta unilateralmente dal mediatore - che prevede il diritto del compenso provvigionale, dopo la scadenza del contratto e senza limiti di tempo, da parte di un soggetto che si sia avvalso della sua attività qualora l'affare sia stato successivamente concluso da un familiare, società o persona "riconducibile" - è vessatoria ed abusiva, ai sensi dell'art.1341 c.c. e dell'art.33 del Codice del Consumo, in quanto determina un significativo squilibrio a carico del consumatore, obbligato ad una prestazione in favore del professionista indipendentemente da ogni accertamento, anche in via presuntiva, del preventivo accordo con il soggetto che ha concluso l'affare o di ogni altra circostanza concreta da cui risulti che l'affare sia stato agevolato in ragione dei rapporti familiari o personali tra le parti. (Principio affermato dalla S.C. in fattispecie in cui, successivamente alla scadenza della mediazione, il contratto di locazione oggetto della stessa, veniva concluso dal coniuge della parte che si era vista rifiutare l'originaria proposta).
Cass. civ. n. 9612/2023
Deve considerarsi come non apposta per nullità parziale di protezione, ex art. 36, comma 1, del d.lgs. n. 206 del 2005, la clausola contenuta in un contratto di mediazione che preveda la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione dell'affare, nell'interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità, poiché determina un significativo squilibrio normativo ex art. 33, comma 1, del citato d.lgs., così stravolgendo il fondamento causale dell'operazione economica posta in essere dalle parti.
Cass. civ. n. 11639/2022
In tema di contratti del consumatore, ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui al vecchio testo dell'art. 1469-bis cod. civ. (ora art. 33 del Codice del consumo, approvato con D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), la qualifica di "consumatore" spetta solo alle persone fisiche e la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale potrà essere considerata alla stregua del semplice "consumatore" soltanto allorché concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività; correlativamente deve essere considerato "professionista" tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che utilizzi il contratto non necessariamente nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma per uno scopo connesso all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale.
Cass. civ. n. 36740/2021
La nozione di significativo squilibrio contenuta nell'art. 1469-bis c.c. (e, successivamente, nell'art. 33 codice del consumo), relativamente alle clausole vessatorie contenute nei contratti tra professionista e consumatore, fa esclusivo riferimento ad uno squilibrio di carattere giuridico e normativo, riguardante la distribuzione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, non consentendo invece di sindacare l'equilibrio economico, ossia la convenienza economica dell'affare concluso.
Cass. civ. n. 7176/2015
In materia di assicurazione contro gli infortuni, la clausola contrattuale che subordini il diritto dell'assicurato di agire in giudizio al previo esperimento di una perizia contrattuale arbitrale sulla quantificazione dei danni, allorché comporti un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto, deve ritenersi abusiva ai sensi degli artt. 1469 bis e ss. cod. civ. ("ratione temporis" vigenti). (Nella specie, la S.C. ha ritenuto abusiva la clausola che prevedeva che la decisione arbitrale, presa a maggioranza, fosse definitivamente vincolante per entrambe le parti, poneva sull'assicurato, pur se il lodo avesse confermato "in toto" la congruità della sua richiesta, le intere spese del proprio arbitro ed il 50 percento di quelle del presidente del collegio, e, infine, attribuiva al collegio peritale la facoltà di rinviare "ad libitum" la propria decisione ad epoca da definirsi "ove ne riscontri l'opportunità", con il solo potere - ma non l'obbligo - di concedere all'assicurato un anticipo sull'indennizzo, senza che ne fosse determinata la misura minima).
Cass. civ. n. 7479/2013
Ai fini dell'accertamento della simulazione di un contratto atipico di mantenimento (denominato anche vitalizio assistenziale), in quanto dissimulante una donazione, l'elemento essenziale dell'aleatorietà va valutato in relazione al momento della conclusione del contratto, essendo lo stesso caratterizzato dall'incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata di vita del vitaliziato e dalla correlativa eguale incertezza del rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante, legate alle esigenze assistenziali del vitaliziato, ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio, potendosi, peraltro, ritenere presuntivamente provato lo spirito di liberalità, tipico della dissimulata donazione, proprio tramite la verifica della originaria sproporzione tra le prestazioni.
Cass. civ. n. 5050/2013
Il contratto è aleatorio qualora, già al momento della sua conclusione, l'alea sia, per legge o per volontà delle parti, elemento essenziale del sinallagma. Pertanto, l'aleatorietà non può derivare dall'apposizione di una condizione sospensiva, che incide sull'efficacia e non sulla struttura contrattuale, né dal versamento di una caparra, rientrando gli effetti di tale dazione nell'alea normale di un contratto sottoposto a condizione sospensiva.
Cass. civ. n. 21763/2013
In tema di contratti del consumatore, ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui al vecchio testo dell'art. 1469-bis cod. civ. (ora art. 33 del Codice del consumo, approvato con d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), la qualifica di "consumatore" spetta solo alle persone fisiche e la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale potrà essere considerata alla stregua del semplice "consumatore" soltanto allorché concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività; correlativamente deve essere considerato "professionista" tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che utilizzi il contratto non necessariamente nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma per uno scopo connesso all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale. (Nella specie, la S.C. ha escluso l'applicabilità della disciplina di cui al vecchio testo dell'art. 1469-bisc.c. art. 1469-bis - Contratti del consumatore cod. civ. in favore di una persona fisica la quale, pur avendo concluso un contratto di apertura di credito con una banca in nome proprio, aveva però ottenuto il finanziamento - come emergeva dalle risultanze istruttorie - non per sé ma in favore della società di cui era amministratore e principale azionista, con la conseguente validità della clausola di deroga alla competenza territoriale prevista dal contratto).
Cass. civ. n. 12872/2011
La disposizione dettata dall'art. 1469 bis, terzo comma, numero 19, c.c. - applicabile nella specie "ratione temporis" - si interpreta nel senso che il legislatore, nelle controversie tra consumatore e professionista, ha stabilito la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui il consumatore ha la residenza o il domicilio elettivo, presumendo vessatoria la clausola che preveda una diversa località come sede del foro competente; tale criterio, che implica il superamento dei fori alternativi di cui all'art. 20 c.p.c., si applica anche se la pretesa azionata si fondi su di una promessa di pagamento o una ricognizione di debito, poiché queste ultime non costituiscono un'autonoma fonte di obbligazione ma, determinando un'astrazione meramente processuale della "causa debendi", non dispensano il creditore dall'onere di proporre la domanda davanti al giudice competente.
Cass. civ. n. 13967/2007
Il soggetto che stipula un contratto come persona fisica che agisce per scopi relativi alla attività di agente di un'impresa di assicurazioni non può assumere la veste di consumatore ai sensi dell'art. 1469 bis c.c..
Cass. civ. n. 449/2005
Qualora in un contratto di fideiussione la posizione di beneficiario sia rivestita da una persona fisica che, in relazione alla controparte nel rapporto principale, debba considerarsi consumatore, e quelle di fideiussore e debitore principale da due società, la clausola che stabilisca un foro esclusivo diverso da quello della residenza o del foro elettivo del beneficiario non produce effetto nei confronti di quest'ultimo, tenuto conto che il contratto di fideiussione ha natura trilatera e che l'obbligazione fideiussoria è collegata e subordinata a quella inerente il rapporto principale. Ne consegue che erroneamente il giudice adito dal beneficiario contro il fideiussore ed il creditore garantito declina la competenza a favore del giudice del foro di cui a detta clausola, dando rilievo alla natura societaria del debitore garantito agli effetti dell'esclusione dell'operatività dell'art. 1469 bis c.c. (principio affermato dalla Corte Cass. n. in relazione ad una controversia introdotta da un beneficiario — locatore persona fisica contro un conduttore avente natura di società ed un fideiussore avente identica natura).
Cass. civ. n. 16336/2004
In tema di contratti stipulati tra professionista e consumatore, l'art. 1469 bis, terzo comma, n. 19, c.c., nel presumere la vessatorietà della clausola che stabilisca come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore, ha introdotto un foro esclusivo speciale, derogabile dalle parti solo con trattativa individuale. Ne consegue che è da presumere vessatoria anche la clausola che stabilisca un foro coincidente con uno dei fori legali di cui agli artt. 18 e 20 c.p.c., se è diverso quello del consumatore, perchè l'art. 1469 ter, terzo comma, c.c. — per il quale non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge — non può essere interpretato vanificando in modo surrettizio la tutela del consumatore, come nel caso in cui il forum destinatae solutionis coincida con la residenza del professionista. Ne consegue ulteriormente che, se la clausola è inefficace perchè vessatoria ex art. 1469 quinquies, terzo comma, c.c., sia per incompatibilità sia per il principio di successione delle leggi nel tempo, non sono applicabili gli artt. 18 e 20 c.p.c.
Cass. civ. n. 17399/2004
Tenuto conto che nel contratto aleatorio è incerto — al momento della stipulazione — il rapporto fra il sacrificio e il vantaggio derivante dal negozio, la vendita del diritto di usufrutto è un contratto commutativo, atteso che il valore del diritto, seppure con valutazione probabilistica, è determinato in modo obiettivo sulla base di coefficienti rapportati alla vita dell'usufruttuario e secondo un meccanismo stabilito dalla legge.
Cass. civ. n. 14561/2002
L'art. 1469 bis c.c., che presume la vessatorietà della clausola tra professionista e consumatore quando sia stato stabilito per le controversie relative ai contratti conclusi tra i medesimi come sede del foro competente una località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore, non si applica nel caso in cui la controparte del professionista sia una persona giuridica, non potendo quest'ultima essere qualificata come «consumatore» a norma dello stesso art. 1469 bis, con conseguente inapplicabilità non solo della norma già citata, ma anche dell'art. 12 del D.L.vo n. 50 del 1992.
Cass. civ. n. 11282/2001
In materia di contratti conclusi tra consumatori e professionisti, la disposizione dettata, in tema di competenza territoriale, dall'art. 1469 bis, n. 19 c.c. — a mente del quale la competenza a conoscere dell'eventuale controversia insorta tra le parti si radica presso l'autorità giudiziaria del foro di residenza o domicilio del consumatore — si applica, attesane la natura processuale, anche ai giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore, ma concernenti rapporti sorti precedentemente.
Cass. civ. n. 10127/2001
Al fine dell'applicazione della disciplina di cui agli artt. 1469 bis e ss. c.c. relativa ai contratti del consumatore, deve essere considerato «consumatore» la persona fisica che, anche se svolge attività imprenditoriale o professionale, conclude un qualche contratto (avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi — secondo l'originaria formulazione del primo comma dell'art. 1469 bis c.c. — e senza tale limitazione dopo la modifica di cui all'art. 25 della legge 21 dicembre 1999, n. 526) per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività, mentre deve essere considerato «professionista» tanto la persona fisica, quanto quella giuridica, sia pubblica che privata, che, invece, utilizza il contratto (avente ad oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi e senza tale limitazione dopo l'entrata in vigore della citata legge n. 526/99) nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale. Perché ricorra la figura del «professionista» non è necessario che il contratto sia posto in essere nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, essendo sufficiente che venga posto in essere per uno scopo connesso all'esercizio dell'attività imprenditoriale o professionale.
Cass. civ. n. 7436/2001
La clausola derogativa della competenza territoriale per le controversie relative alla partecipazione al concorso Totogol, prevista dall'art. 14, terzo comma, decreto del Ministero delle finanze del 10 marzo 1993, recante il regolamento del concorso pronostico, non determina un significativo squilibrio a carico dello scommettitore e non può, dunque, qualificarsi come vessatoria per gli effetti dì cui all'art. 1469 bis c.c. (introdotto dall'art. 25 legge 6 febbraio 1996, n. 52, e modificato dall'art. 25 legge 21 dicembre 1999, n. 526).
Cass. civ. n. 4946/2001
Con riguardo al contratto bancario inerente al servizio delle cassette di sicurezza, la clausola che contempli la concessione dell'uso della cassetta per la custodia di cose di valore non eccedente un determinato ammontare, facendo carico al cliente di non inserirvi beni di valore complessivamente superiore, e che, correlativamente, neghi oltre detto ammontare la responsabilità della banca per la perdita dei beni medesimi, lasciando gravare sul cliente gli effetti pregiudizievoli ulteriori, integra un patto limitativo non dell'oggetto del contratto, ma del debito risarcitorio della banca, in quanto, a fronte dell'inadempimento di essa all'obbligo di tutelare il contenuto della cassetta (obbligo svincolato da quel valore, alla stregua della segretezza delle operazioni dell'utente), fissa un massimale all'entità del danno dovuto in dipendenza dell'inadempimento stesso. Tale clausola, pertanto, è soggetta tanto alle disposizioni dell'art. 1229 primo comma, c.c., in tema di nullità dell'esclusione o delimitazione convenzionale della responsabilità del debitore per i casi di dolo o colpa grave, quanto a quelle di cui agli artt. 1469 bis seguenti stesso codice, in tema di «inefficacia» (rectius, nullità) di clausole comportanti uno squilibrio a carico del cliente - consumatore, che si risolvano, in caso di inadempimento della banca, in una limitazione nella proposizione dell'azione risarcitoria nei confronti della stessa (art. 1469 quinquies, punto 2 c.c.).
Cass. civ. n. 314/2001
Sebbene la fideiussione non possa essere inclusa di per sé fra i contratti di cessione dei beni o di prestazione di servizi intercorrenti tra un professionista ed un consumatore, previsti dall'art. 1469 bis c.c. nel testo anteriore alla legge n. 526 del 1999, tuttavia, anche nel vigore della precedente formulazione, per la fideiussione che accede a contratti bancari deve ritenersi sussistente il requisito oggettivo per l'applicabilità della disciplina delle clausole abusive, introdotta dalla legge n. 52 del 1996, in ragione del collegamento contrattuale che intercorre tra il contratto costitutivo del debito principale garantito ed il contratto costitutivo dell'obbligazione fideiussoria. Quanto al requisito soggettivo di applicabilità della medesima disciplina, la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore ai fini della individuazione del soggetto che deve rivestire la qualità di consumatore. (Nella specie è stata conseguentemente ritenuta valida — per difetto del requisito soggettivo di applicabilità della disciplina delle clausole abusive nei contratti con i consumatori — la clausola derogativa della competenza territoriale, contenuta nel contratto di fideiussione per le esposizioni bancarie di una società di capitali, stipulato dal suo amministratore unico).
Cass. civ. n. 15101/2000
In tema di contratti conclusi tra consumatori e professionisti, la regula iuris dettata, in tema di competenza territoriale, dall'art. 1469 bis n. 19 c.c. (introdotto con legge 6 febbraio 1996 n. 55), secondo la quale la competenza a conoscere dell'eventuale controversia insorta tra le parti si radica presso l'autorità giudiziaria del foro di residenza o domicilio del consumatore, non si applica ai procedimenti instaurati in epoca precedente all'entrata in vigore della norma citata, attesane la natura sostanziale e non meramente processuale.
Cass. civ. n. 13339/1999
I nuovi artt. 1469 bis e seguenti c.c. non sono applicabili ai contratti stipulati prima della loro entrata in vigore, in virtù del generale principio della irretroattività della legge.
Cass. civ. n. 10/1993
L'incertezza circa l'entità del vantaggio e, correlativamente, della perdita di ciascun contraente all'atto della stipulazione del contratto, nella quale si concretizza l'alea, cioè il rischio del contratto aleatorio, deve essere obiettiva e dipendere dal verificarsi o meno di un evento futuro dedotto quale fonte dell'alea. Pertanto, un contratto tipicamente commutativo, quale la compravendita, non può qualificarsi aleatorio per volontà delle parti, per il solo fatto della mancata determinazione e precisazione del prezzo al momento della conclusione, che però sia pienamente determinabile in base agli elementi di riferimento indicati nel contratto medesimo.
Cass. civ. n. 8949/1990
Il contratto di appalto (disciplinato dagli artt. 1665 e ss. c.c.) cui è assimilato — ai sensi dell'art. 241 c.n. — il contratto di costruzione navale, pur non essendo per sua natura aleatorio, può assumere tale carattere per volontà delle parti, quando vi sia introdotto un coefficiente di assoluta incertezza nel rischio cui i contraenti vengono esposti, cioè l'assunzione dell'alea per ogni evento, anche il più anomalo. In tal caso, per il disposto dell'art. 1469 c.c., non sono applicabili le disposizioni degli artt. 1467 e 1468 c.c. circa le conseguenze dell'eccessiva onerosità sopravvenuta. (Nella specie, la S.C. nell'affermare il principio in cui di massima, ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano attribuito carattere aleatorio per volontà delle parti al contratto di costruzione navale nel quale era stata inserita una clausola di blocco dei prezzi anche a fronte di futuri aumenti del costo dei materiali e della mano d'opera).
Cass. civ. n. 3694/1984
Anche al di fuori dei contratti tipicamente aleatori la previsione da parte dei contraenti del rischio di un evento comporta l'assunzione dell'alea in relazione ad ogni fatto incidente su di esso, con la conseguenza che le norme sulla sopravvenuta impossibilità della prestazione e sull'eccessiva onerosità della stessa non sono applicabili nei confronti della parte in danno della quale si sia risolto quell'evento.
Cass. civ. n. 167/1976
Il contratto di vendita con riserva di usufrutto è, per sua natura, commutativo e non aleatorio, in quanto le parti possono determinare, sin dal momento della conclusione del negozio, il valore della nuda proprietà, calcolando quello dell'usufrutto a tale data (sulla base dei coefficienti fondati sull'età o sulle altre condizioni soggettive dell'usufruttuario) e detraendolo poi dal valore della piena proprietà.
Cass. civ. n. 1003/1970
Il contratto aleatorio ricorre allorquando l'alea sia insita nella natura stessa del negozio o derivi da specifiche pattuizioni stabilite dai contraenti e lo caratterizzi nella sua interezza fin dalla formazione, per modo che in relazione al rischio, al quale si espongono i contraenti, divenga incerto per uno o per tutti i contraenti il vantaggio economico perseguito. Pertanto, è da escludersi l'ipotesi del contratto aleatorio quando ciascuna delle parti all'atto del perfezionamento del contratto ha avuto la possibilità di valutare il proprio rispettivo sacrificio e vantaggio.