Art. 1458 – Codice civile – Effetti della risoluzione
La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite.
La risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita [1456], non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione [1467, 2652 n. 1].
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Massime correlate
Cass. civ. n. 23354/2025
In tema di confisca di prevenzione, il titolare formale del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene oggetto di ablazione al momento in cui il provvedimento di confisca è divenuto definitivo può proporre incidente di esecuzione per la tutela del proprio diritto, qualora sia rimasto estraneo al procedimento, sempre che vi sia la sua buona fede e che abbia trascritto il proprio titolo anteriormente alla confisca. (Fattispecie relativa a terzo che, dopo aver venduto al proposto il bene poi confiscato, aveva trascritto, prima dell'inizio del procedimento di prevenzione, la domanda di risoluzione del contratto di compravendita per grave inadempimento, domanda poi accolta - dopo l'adozione del provvedimento di confisca - dalla sentenza del giudice civile che aveva dichiarato la risoluzione del contratto, con l'effetto retroattivo previsto dall'art. 1458 cod. civ.).
Cass. civ. n. 10145/2025
L'efficacia retroattiva della risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare comporta l'insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell'obbligo di restituire le prestazioni ricevute, rimaste prive di causa, secondo i principi della ripetizione dell'indebito ex art. 2033 c.c., e, pertanto, implica che il promissario acquirente, che abbia ottenuto la consegna e la detenzione anticipate del bene promesso in vendita, debba non solo restituirlo al promittente alienante, ma altresì corrispondere a quest'ultimo i frutti per l'anticipato godimento dello stesso. Ne consegue che, nel caso di occupazione di un immobile, fondata su di un titolo contrattuale venuto meno per effetto della risoluzione giudiziale del contratto, va esclusa la funzione risarcitoria degli obblighi restitutori. (Nella fattispecie in esame, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello che, dichiarata la risoluzione di un preliminare di vendita per inadempimento del promissario acquirente, aveva erroneamente ricondotto ad una richiesta di risarcimento del danno per illegittima occupazione la domanda dei promittenti alienanti relativa ai frutti per l'anticipato godimento dell'immobile).
Cass. civ. n. 5891/2024
La promessa di vendita di un immobile con consegna anticipata integra un contratto misto, la cui causa è data dalla fusione di quelle di due contratti tipici: il preliminare di compravendita e il comodato precario; pertanto, stante l'unitarietà funzionale che contraddistingue il collegamento negoziale, tale contratto trova la sua disciplina giuridica in quella prevalente del preliminare di compravendita, con conseguente applicazione degli effetti restitutori ex art. 1458 c.c..
Cass. civ. n. 20460/2023
In tema di risoluzione del contratto di appalto privato, qualora la risoluzione consegua all'inadempimento del committente e non sia configurabile la restituzione in natura all'impresa appaltatrice della costruzione, parzialmente eseguita, il contenuto dell'obbligo restitutorio a carico della committente va determinato in relazione all'ammontare del corrispettivo originariamente pattuito, sulla cui base l'appaltatrice si è determinata a concludere il contratto, comprensivo dell'importo dovuto per revisione prezzi se pattiziamente previsto, che fa parte del corrispettivo pattuito.
Cass. civ. n. 12213/2023
Al contratto di affitto di cava sono analogicamente applicabili le norme sulla locazione, con la conseguenza che - pur quando il rapporto venga risolto, contrattualmente o giudizialmente - l'obbligo del conduttore di corrispondere il corrispettivo ai sensi dell'art. 1591 c.c. non richiede la sua costituzione in mora e permane per tutto il tempo in cui rimanga nella detenzione del bene e fino al momento dell'effettiva riconsegna, la quale può avvenire mediante formale restituzione del bene al locatore ovvero con il suo rilascio in condizioni tali da essere per quello disponibile.
Cass. civ. n. 5651/2023
In tema di contratto preliminare di compravendita di bene immobile, in caso di risoluzione per inadempimento del promissario acquirente, ai sensi dell'art. 1383 c.c., è legittimo il cumulo tra la penale per l'inadempimento e l'indennità di occupazione, svolgendo le due somme funzioni diverse: la prima, predetermina il danno da risoluzione del preliminare, il quale comprende l'interesse negativo, ossia quello a non essere coinvolti in una vicenda contrattuale che poi non ha esito e, dunque, il danno da tempo e occasioni perdute, nonché le spese sostenute; la seconda ripaga da altri pregiudizi, ossia quelli derivanti dalla circostanza che il proprio bene è goduto senza titolo da altri, e ciò a maggior ragione se la restituzione non è avvenuta o non deve avvenire, non essendovi stata domanda.
Cass. civ. n. 5651/2023
In tema di contratto preliminare di compravendita di bene immobile, in caso di risoluzione per inadempimento del promissario acquirente, ai sensi dell'art. 1383 c.c., è legittimo il cumulo tra la penale per l'inadempimento e l'indennità di occupazione, svolgendo le due somme funzioni diverse: la prima, predetermina il danno da risoluzione del preliminare, il quale comprende l'interesse negativo, ossia quello a non essere coinvolti in una vicenda contrattuale che poi non ha esito e, dunque, il danno da tempo e occasioni perdute, nonché le spese sostenute; la seconda ripaga da altri pregiudizi, ossia quelli derivanti dalla circostanza che il proprio bene è goduto senza titolo da altri, e ciò a maggior ragione se la restituzione non è avvenuta o non deve avvenire, non essendovi stata domanda.
Cass. civ. n. 28722/2022
La risoluzione del contratto, pur comportando, per l'effetto retroattivo sancito dall'art. 1458 cod. civ., l'obbligo del contraente di restituire la prestazione ricevuta, non autorizza il giudice ad emettere il provvedimento restitutorio in assenza di domanda dell'altro contraente, atteso che rientra nell'autonomia delle parti disporre degli effetti della risoluzione, chiedendo, o meno, la restituzione della prestazione rimasta senza causa, con la conseguenza che la domanda di restituzione proposta per la prima volta in grado d'appello è inammissibile, in quanto domanda nuova.
Cass. civ. n. 24915/2022
In tema di giudicato, va esclusa la riconducibilità della domanda restitutoria nell'ambito del "deducibile" connesso all'azione di risoluzione del contratto, in quanto l'effetto restitutorio non può ritenersi implicito nella domanda di risoluzione, con la conseguenza che la predetta risoluzione, pur comportando, per l'effetto retroattivo sancito dall'art. 1458 c.c., l'obbligo del contraente di restituire la prestazione ricevuta, non autorizza il giudice ad emettere il provvedimento restitutorio in assenza di domanda dell'altro contraente, rientrando nell'autonomia delle parti disporre degli effetti della risoluzione, chiedendo o meno, anche in un successivo e separato giudizio, la restituzione della prestazione rimasta senza causa.
Cass. civ. n. 10917/2021
La condanna alla restituzione del bene o del prezzo, quale conseguenza dell'inesatto adempimento di un contratto a prestazioni corrispettive, presuppone l'espressa domanda di parte, non essendo l'effetto restitutorio implicito nella domanda di risoluzione, né potendosi tale istanza ricondurre, in via interpretativa, alla domanda - proposta nella specie - di riduzione del prezzo che, peraltro, non rappresenta una conseguenza della domanda di risoluzione.
Cass. civ. n. 6027/2021
In tema di società di capitali, l'adempimento dei doveri di controllo, gravanti sui sindaci per l'intera durata del loro ufficio, può essere valutato non solo in modo globale e unitario ma anche per periodi distinti e separati, come si desume dalla disciplina generale, contenuta nell'art. 1458, comma 1, c.c., riferita a tutti i contratti ad esecuzione continuata, pertanto, poiché l'art. 2402 c.c. prevede una retribuzione annuale in favore dei sindaci, è in base a questa unità di misura che l'inadempimento degli obblighi di controllo deve essere confrontato con il diritto al compenso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la statuizione di merito, che aveva escluso la retribuzione al sindaco per la sola annualità in cui erano state riscontrate gravi inadempienze, in assenza di specifiche contestazioni riguardanti gli altri anni di svolgimento dell'incarico).
Cass. civ. n. 40873/2021
In tema di appalto pubblico la disposizione dell'art. 1 del capitolato generale per le opere pubbliche approvato con d.P.R. n. 1063 del 1962, secondo la quale gli imprenditori, per essere ammessi alla gara di appalto, debbono dichiarare di essersi recati sul luogo dei previsti lavori e di avere preso conoscenza delle condizioni locali e di tutte le circostanze che possono avere effetto sulla determinazione dei prezzi e delle condizioni contrattuali e che possono influire sulla esecuzione dell'opera, ha lo scopo di consentire, e nello stesso tempo imporre, all'aspirante appaltatore consapevoli determinazioni in ordine alla misura del prezzo, onde precludere contestazioni basate sull'asserita mancata conoscenza dei luoghi e ridurre al minimo le possibilità di modifiche contrattuali, e non riguarda anche la dichiarazione circa l'esistenza di linee elettriche, telefoniche, telegrafiche, acquedotti e di altri impedimenti del genere, non connessi o dipendenti dalla natura dei luoghi, ma estranei ad essa od in essa occultati, ovvero destinati ad essere rimossi ad opera della stazione appaltante.
Cass. civ. n. 16077/2020
In virtù dell'operatività del nesso sinallagmatico che connota il contratto di vendita ed in dipendenza degli effetti retroattivi riconducibili alla risoluzione contrattuale (ai sensi dell'art. 1458, comma 1, c.c., in correlazione con l'art. 1493 c.c.), nella determinazione del prezzo da restituire al compratore di un'autovettura, che abbia agito vittoriosamente in redibitoria, si deve tener conto dell'uso del bene fatto dal medesimo, dovendosi, sul piano oggettivo, garantire l'equilibrio anche tra le reciproche prestazioni restitutorie delle parti ed evitare un'illegittima locupletazione dell'acquirente, ove lo stesso abbia continuato ad utilizzare il bene (ancorché accertato come viziato ma non completamente inidoneo al suo uso), determinandone una sua progressiva e fisiologica perdita di valore.
Cass. civ. n. 8760/2019
L'eccezione di inadempimento, anche se sollevata in buona fede, non ha effetti liberatori ma solo sospensivi; pertanto, quando ad essa faccia seguito una pronuncia di risoluzione del contratto per inadempimento della parte contro cui fu sollevata l'"exceptio inadimpleti contractus", gli effetti risarcitori, liberatori e restitutori della risoluzione restano disciplinati dalle previsioni dell'art. 1458c.c. art. 1458 - Effetti della risoluzione c.c. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva erroneamente attribuito all'eccezione ex art. 1460 c.c. un effetto liberatorio non considerando che, una volta risolto il contratto di durata, nella specie di affitto di azienda, l'effetto della risoluzione non poteva travolgere l'obbligo del pagamento dei canoni). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI, 17/06/2016).
Cass. civ. n. 26862/2019
Nei contratti ad esecuzione periodica o continuata, se l'effetto della risoluzione per inadempimento non si estende alle prestazioni già eseguite, in ogni caso la disposizione di cui all'art. 1458, comma 2, c.p.c., è invocabile solo se esse abbiano pienamente soddisfatto le ragioni del creditore e risultino conformi al contratto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte d'appello che aveva respinto la domanda di risoluzione del contratto di appalto di servizi, ritenendola preclusa per effetto della esecuzione integrale del contratto, senza considerare che il rapporto non poteva considerarsi esaurito, stante la pendenza di contenziosi e di molteplici contestazioni circa l'esatto adempimento del contratto).
Cass. civ. n. 8571/2019
Qualora, anziché recedere dal contratto, la parte non inadempiente si avvalga dei rimedi ordinari della richiesta di adempimento ovvero di risoluzione del negozio, la restituzione della caparra è ricollegabile agli effetti restitutori propri della risoluzione negoziale, come conseguenza del venire meno della causa della corresponsione, giacché, in tale ipotesi, essa perde la suindicata funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria all'importo convenzionalmente stabilito in contratto e la parte che allega di avere subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione al contratto od in esecuzione del medesimo, ha diritto anche al risarcimento dell'integrale danno subito, se e nei limiti in cui riesce a provarne l'esistenza e l'ammontare in base alla disciplina generale degli artt. 1453 ss. c.c.
Cass. civ. n. 6911/2018
Ai sensi dell'art. 1458 c.c., alla risoluzione del contratto consegue sia un effetto liberatorio, per le obbligazioni che ancora debbono essere eseguite, sia un effetto restitutorio, per quelle che siano, invece, già state oggetto di esecuzione ed in relazione alle quali sorge, per l'"accipiens", il dovere di restituzione, anche se le prestazioni risultino ricevute dal contraente non inadempiente. Se tale obbligo restitutorio ha per oggetto somme di denaro, il ricevente è tenuto a restituirle maggiorate degli interessi calcolati dal giorno della domanda di risoluzione e non da quello in cui la prestazione pecuniaria venne eseguita dall'altro contraente.
Cass. civ. n. 27640/2018
In tema di appalto, gli effetti recuperatori della risoluzione in ordine alle prestazioni già eseguite operano retroattivamente, in base alla regola generale prevista dall'art. 1458 c.c., verificandosi, per ciascuno dei contraenti ed indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempienza, una totale "restitutio in integrum". Ne consegue che, nel caso di risoluzione del contratto per colpa dell'appaltatore, quest'ultimo ha diritto, in detrazione alle ragioni di danno spettanti al committente, al riconoscimento del compenso per le opere effettuate e delle quali, comunque, il committente stesso si sia giovato.
Cass. civ. n. 14915/2018
La liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione può verificarsi, secondo la previsione degli artt. 1218 e 1256 c.c., solo se ed in quanto concorrano l'elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la prestazione medesima, in sè considerata, e quello soggettivo dell'assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell'evento che ha reso impossibile la prestazione. Pertanto, nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare la predetta impossibilità con riferimento ad un ordine o divieto dell'autorità amministrativa ("factum principis") sopravvenuto, e che fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all'atto della assunzione della obbligazione, ovvero rispetto al quale non abbia, sempre nei limiti segnati dal criterio della ordinaria diligenza, sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità.
Cass. civ. n. 14289/2018
In caso di risoluzione per inadempimento di un contratto, le restituzioni a favore della parte adempiente non ineriscono ad un'obbligazione risarcitoria, derivando dal venir meno, per effetto della pronuncia costitutiva di risoluzione, della causa delle reciproche obbligazioni, e, quando attengono a somme di danaro, danno luogo a debiti non di valore, ma di valuta, non soggetti a rivalutazione monetaria, se non nei termini del maggior danno rispetto a quello ristorato con gli interessi legali di cui all'art. 1224 c.c. che va, peraltro, provato dal richiedente.
Cass. civ. n. 24958/2014
La pronuncia di risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare (nella specie, di compravendita di un immobile) ha natura costitutiva, sicché nei confronti dei terzi produce effetti solo dal momento del passaggio in giudicato. Ne consegue che, ove il promissario acquirente abbia ceduto il bene, in virtù di un autonomo titolo, ad un altro soggetto, quest'ultimo, in qualità di occupante dell'immobile, non è tenuto a corrispondere l'indennità di occupazione all'originario promissario venditore per il periodo che precede il passaggio in giudicato della pronuncia di risoluzione del contratto preliminare.
Cass. civ. n. 4442/2014
Nei contratti a prestazioni corrispettive, la pronuncia costitutiva di risoluzione per inadempimento, facendo venir meno la causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali già eseguite, comporta l'insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell'obbligo di restituzione della prestazione ricevuta, indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempimento, con un effetto liberatorio "ex nunc" rispetto alle prestazioni da eseguire ed un effetto recuperatorio "ex tunc" rispetto alle prestazioni eseguite. Ne consegue che l'eccezione "inadimplenti non est adimplendum" può paralizzare la richiesta della controprestazione relativa alla prestazione già eseguita, ma non quella relativa alla parte della prestazione che non sia stata restituita né offerta in restituzione.
Cass. civ. n. 16556/2013
La risoluzione parziale del contratto, esplicitamente prevista dall'art. 1458 c.c. per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, è possibile anche per il contratto ad esecuzione istantanea, quando il relativo oggetto sia rappresentato - secondo la valutazione del giudice di merito, censurabile in sede di legittimità solo per violazione di legge o vizi logici - non da un'unica cosa infrazionabile, ma da più cose aventi propria individualità, quando, cioè, ciascuna di queste, separata dal tutto, mantenga un'autonomia economico-funzionale, che la renda definibile come bene a sé, suscettibile di diritti o di negoziazione distinti.
Cass. civ. n. 15705/2013
L'appalto, anche nei casi in cui la sua esecuzione si protragga nel tempo, e fatte salve le ipotesi in cui le prestazioni in esso dedotte attengano a servizi o manutenzioni periodiche, non può considerarsi un contratto ad esecuzione continuata o periodica e, pertanto, non si sottrae alla regola generale, dettata dall'art. 1458 c.c., della piena retroattività di tutti gli effetti della risoluzione, anche in ordine alle prestazioni già eseguite; ne consegue che il prezzo delle opere già eseguite può essere liquidato, a seguito della risoluzione del contratto, a titolo di equivalente pecuniario della dovuta "restitutio in integrum".
Cass. civ. n. 22902/2012
La disposizione dell'art. 1458, primo comma, c.c., per la quale, nei contratti di durata, l'effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite, non significa che abbia diritto alla controprestazione la parte inadempiente, atteso che l'irretroattività della risoluzione concerne le prestazioni "eseguite", non quelle "ineseguite", non venendo meno l'esigenza di rispetto del sinallagma neppure nella disciplina della risoluzione. Pertanto, in caso di affitto di azienda, l'affittuario non è tenuto al pagamento del canone per il periodo nel quale non ha goduto dell'azienda a causa dell'inagibilità dei locali, pur se tale periodo è anteriore alla pronuncia di risoluzione del contratto.
Cass. civ. n. 5771/2010
La sentenza che pronuncia la risoluzione per inadempimento di un contratto ad esecuzione continuata o periodica, sebbene costitutiva, ha efficacia retroattiva ex art. 1458 c.c. solo dal momento dell'inadempimento (non estendendo i propri effetti alle prestazioni già eseguite): pertanto, nel rapporto tra domanda di risoluzione proposta dal locatore e domanda di riscatto proposta dal conduttore ai sensi dell'art. 39 della legge n. 392 del 1978, la prima è pregiudiziale alla seconda solo se il grave inadempimento dedotto in giudizio è anteriore all'esercizio del diritto di riscatto, poiché l'accoglimento di essa priverebbe il retraente della qualità soggettiva di conduttore, che lo legittima al riscatto.
Cass. civ. n. 4604/2008
La sentenza di risoluzione per inadempimento con riguardo alle prestazioni da eseguire produce un effetto liberatorio ex nunc e rispetto alle prestazioni già eseguite un effetto recuperatorio ex tunc ad eccezione dei contratti ad esecuzione continuata e periodica. Pertanto, in caso di risoluzione di un contratto di vendita per inadempimento del venditore questi è tenuto a restituire le somme ricevute con gli interessi legali a decorrere dal giorno in cui le stesse somme gli furono consegnate dall'acquirente. (Nella specie, la S.C, ravvisando l'aliud pro alio nella consegna al compratore di un dipinto non autentico, ha ritenuto non idonea a neutralizzare l'obbligo del venditore di corrispondere gli interessi legali sul denaro da restituire la detenzione della res sino alla esecuzione della sentenza di risoluzione del contratto ).
Cass. civ. n. 18143/2004
Nei contratti a prestazioni corrispettive (nella specie, preliminare di compravendita di immobile), la retroattività della pronuncia costitutiva di risoluzione stabilita dall'art. 1458, c.c., in ragione del venir meno della causa giustificatrice delle prestazioni già eseguite, comporta l'insorgenza, a carico di ciascun contraente, dell'obbligo di restituire la prestazione ricevuta, indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempimento e toglie — al riguardo — operatività al meccanismo dell'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c.
Cass. civ. n. 3555/2003
La retroattività della pronuncia costitutiva di risoluzione contrattuale, sancita dall'art. 1458 comma primo c.c., comporta, in ragione del venir meno della causa giustificatrice delle prestazioni già eseguite, l'insorgere, a carico di ciascun contraente (ed indipendentemente dall'eventuale sua inadempienza), dell'obbligo di restituire la prestazione ricevuta che, nel caso di somma di denaro, deve essere corrisposta con i relativi interessi, a decorrere dalla data di costituzione in mora.
Cass. civ. n. 5434/2002
La risoluzione parziale del contratto — espressamente prevista dall'art. 1458 c.c. nella ipotesi di contratti ad esecuzione continuata o periodica — è ammissibile anche nella ipotesi in cui l'oggetto del negozio, sia rappresentato non già da una cosa caratterizzata da una sua unicità non frazionabile, ma da più cose funzionalmente collegate purché esse, una volta separate, abbiano una propria individualità fisica rispetto all'aggregato, conservino una concreta funzione economico-giuridica ed abbiano attitudine ad essere oggetto di diritti come beni a sé stanti (nella specie, la S.C. ha confermato la decisione dei giudici di merito che avevano rigettato la domanda di risoluzione parziale di un contratto di vendita relativo ad una cucina componibile con riferimento alla sola fornitura del marmo di copertura dei piani d'appoggio, ritenendo che questa singolarmente considerata, non fosse suscettibile di utilizzazione separata).
Cass. civ. n. 7470/2001
Una volta pronunciata la risoluzione del contratto in forza della operatività retroattiva di essa, stabilita dall'art. 1458 c.c., si verifica per ciascuno dei contraenti ed indipendentemente dall'imputabilità dell'inadempienza, rilevante ad altri fini, una totale restitutio in integrum e, pertanto, tutti gli effetti del contratto vengono meno e con essi tutti i diritti che ne sarebbero derivati e che si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti stessi.
Cass. civ. n. 15358/2000
In tema di risoluzione del contratto per inadempimento, l'obbligo di restituire la somma ricevuta a titolo di anticipo del corrispettivo ha natura di debito di valuta, e non di valore, insensibile, come tale, al fenomeno della svalutazione monetaria, salvo che il creditore non dimostri di avere risentito, per l'indisponibilità della somma anticipata la cui restituzione, peraltro, deve avvenire con le maggiorazioni imputabili a titolo degli interessi compensativi, i quali, tenuto conto della efficacia retroattiva della pronuncia di risoluzione, hanno la funzione di compensare il creditore del mancato godimento dei frutti della somma stessa eventuali ulteriori danni, e perciò anche di quello sofferto in conseguenza della svalutazione monetaria, e ne chieda il risarcimento.
Cass. civ. n. 4604/1999
Con la sentenza di risoluzione di un contratto e di condanna alla restituzione del bene che ne aveva costituito oggetto, il giudice non può fissare un termine per la consegna del bene in quanto una tale previsione si traduce nell'illegittimo differimento della provvisoria esecutività della sentenza in relazione al capo di condanna alle restituzioni. (Nella specie, il giudice di merito aveva dichiarato risolto un contratto preliminare di compravendita di un immobile e condannato alla restituzione dello stesso entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza).
Cass. civ. n. 9906/1998
Nei contratti caratterizzati da un'esecuzione continuata, in caso di scioglimento, qualora una prestazione già eseguita non sia proporzionale all'altra occorre che, anche attraverso una restituzione parziale, sia ristabilito l'equilibrio sinallagmatico tra prestazioni e controprestazioni. Pertanto le prestazioni già eseguite, che non possono essere oggetto di restituzione, sono solo quelle che sono riferibili, nel loro valore satisfattorio al periodo di vigenza del contratto, e non quelle anticipatamente eseguite e che, in relazione alla sopravvenuta risoluzione, non trovano più giustificazione causale, in tutto o in parte.
Cass. civ. n. 639/1996
La parte adempiente che chiede la risoluzione del contratto preliminare di compravendita per inadempimento del promittente venditore ha diritto sia alla restituzione della somma pagata in conto prezzo, in virtù dell'efficacia retroattiva della risoluzione, sia al risarcimento del danno, comprensivo anche del pregiudizio costituito dal deprezzamento della somma pagata, con la conseguenza che tale somma, pur essendo oggetto di una obbligazione pecuniaria, avendo per oggetto il prezzo corrisposto alla parte adempiente, deve essere restituita con la rivalutazione monetaria perché solo in tal modo quest'ultima parte è reintegrata nella posizione in cui era al momento della conclusione del contratto.
Cass. civ. n. 3019/1996
Ai fini dell'applicabilità della regola contenuta nella seconda parte del primo comma dell'art. 1458 codice civile — secondo cui gli effetti retroattivi della risoluzione non operano, nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, per prestazioni già eseguite — sono contratti ad esecuzione continuata o periodica quelli che fanno sorgere obbligazioni di durata per entrambe le parti, ossia quelli in cui l'intera esecuzione del contratto avvenga attraverso una serie di prestazioni da realizzarsi contestualmente nel tempo. Pertanto, mentre non possono considerarsi compresi nella previsione normativa del citato art. 1458 codice civile quei contratti in cui ad una prestazione periodica o continuativa si contrappone una prestazione istantanea dell'altra parte, debbono esservi ricompresi quei contratti in cui ad una prestazione continuativa se ne contrappone un'altra periodica, poiché in tal caso la corrispettività si riflette su tutte le prestazioni attraverso le quali il contratto riceva esecuzione. (Nella specie, la Suprema Corte, in applicazione dell'enunciato principio, ha affermato che la locazione ha natura di contratto ad esecuzione continuata, che si concreta nella corresponsione del canone integrata dal godimento del bene protrattosi nel tempo).