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Art. 1531 — Interessi, dividendi e diritto di voto

Art. 1531 — Interessi, dividendi e diritto di voto

Nella vendita a termine di titoli di credito, gli interessi e i dividendi esigibili dopo la conclusione del contratto e prima della scadenza del termine, se riscossi dal venditore, sono accreditati al compratore [ 1550 ].

Qualora la vendita [ 1470 ] abbia per oggetto titoli azionari, il diritto di voto [ 2351 ] spetta al venditore fino al momento della consegna.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 21641/2005

Nel caso di vendita a termine di titoli azionari, il diritto di recesso contemplato dall’art. 2437 c.c. (nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, applicabile nella specie ratione temporis) – a differenza del diritto di opzione e degli altri diritti presi in considerazione dagli artt. 1531 ss. c.c. – non passa immediatamente in capo al compratore, ma resta di spettanza del venditore fino al momento in cui, col maturare del termine, questi non abbia perso la titolarità delle azioni. Dai citati artt. 1531 ss. c.c. – destinati a risolvere specifiche situazioni di contrapposizione d’interessi tra compratore e venditore in ipotesi di vendita a termine di titoli di credito – non può infatti dedursi l’esistenza di un regola generale, in forza della quale, nel caso di vendita a termine di titoli azionari, tutti i diritti sociali si trasmettono immediatamente al compratore, con la sola eccezione del diritto di voto menzionato dal secondo comma dell’art. 1531. Né, d’altra parte, è ipotizzabile l’applicazione analogica al diritto di recesso della disciplina prevista per il diritto di opzione – che in pendenza del termine compete al compratore, ai sensi dell’art. 1532 – trattandosi di istituti di fondamento logico ben diverso: giacché l’uno – il diritto di opzione – è destinato ad assicurare a ciascun socio la possibilità di mantenere la preesistente percentuale di partecipazione in caso di aumento del capitale, e dunque esprime una esigenza di stabilità nel rapporto reciproco tra i soci; mentre l’altro – il diritto di recesso – è finalizzato a porre termine alla partecipazione sociale, consentendo al socio che dissente da determinate decisioni della maggioranza, modificative dell’assetto della società, di fuoriuscire dalla compagine societaria.

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