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Art. 1570 — Rinvio

Art. 1570 — Rinvio

Si applicano alla somministrazione, in quanto compatibili con le disposizioni che precedono, anche le regole che disciplinano il contratto a cui corrispondono le singole prestazioni.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 14330/2000

In tema di contratto di somministrazione, la disciplina dei vizi delle cose somministrate da consumare (nel caso di specie il caffè) è quella prevista dal codice per la vendita, stante il rinvio posto dall’art. 1570 c.c. È quindi applicabile, per l’operatività della garanzia per i vizi, l’art. 1495 c.c. con l’onere della denunzia dei vizi entro cinque giorni.

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Cass. civ. n. 2842/1998

Le norme sulle garanzie per i vizi sulla cosa, dettate in tema di contratto di compravendita, sono compatibili con la disciplina della somministrazione di cose da consumare e per esse vale il rinvio contenuto nell’art. 1370 c.c. Nel contratto di somministrazione il somministrato può contestare forniture diverse da quelle per cui gli è richiesto l’adempimento, sia in via di azione – domanda riconvenzionale – sia in via di eccezione, ma accertare se si tratta delle medesime o di altre è compito del giudice del merito. Poiché le prestazioni continuative di merci possono configurare un contratto di somministrazione, nel caso di vizi o difetti di cose da consumare e non da godere, per la domanda o l’eccezione di riduzione del prezzo – ovvero di compensazione con quello dovuto per altre – la normativa applicabile, per il rinvio effettuato dall’art. 1570 c.c., è quella della vendita, perché le prestazioni possono considerarsi separatamente, e quindi quella contenuta negli artt. 1492, 1494 e 1495 c.c., mentre se la domanda è di risoluzione, si applica la norma di cui all’art. 1564 c.c. – secondo la quale l’inadempimento deve avere una notevole importanza e deve esser tale da menomare la fiducia nei successivi adempimenti – in deroga all’art. 1455 c.c., e gli effetti sono quelli disciplinati dall’art. 1458, primo comma, c.c. e non dall’art. 1493 c.c.

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Cass. civ. n. 3205/1974

A mente dell’art. 1570 c.c., anche al contratto di somministrazione è applicabile la norma di cui all’art. 1510, secondo comma c.c., secondo cui, nella vendita di cose mobili da piazza a piazza, l’obbligo della consegna è adempiuto mediante la rimessa della merce al vettore o allo spedizioniere, salvo che ricorrano particolari ipotesi, nelle quali l’intento negoziale possa realizzarsi soltanto con l’effettiva attribuzione al somministrato del possesso materiale delle singole cose. Pertanto, nel caso di un contratto di somministrazione di cose mobili ad una società italiana da parte di una ditta straniera, il quale preveda che la merce sia rimessa al vettore in un porto estero, è da ritenere; ai sensi del citato art. 1510 c.c. che la consegna debba essere eseguita all’estero e che, pertanto, in ordine alla controversia avente ad oggetto la risoluzione per inadempimento di tale contratto, non sussista il criterio di collegamento consistente nell’eseguibilità in Italia di detta obbligazione, idoneo a radicare, a norma dell’art. 4 n. 2 c.p.c., la giurisdizione del giudice italiano. Qualora un contratto di somministrazione, concluso tra una ditta estera ed una società italiana, preveda che l’obbligazione del pagamento del prezzo debba essere soddisfatta mediante un’apertura irrevocabile di credito da parte di una banca sita in paese straniero, è da ritenere che tale obbligazione deve essere adempiuta all’estero e che, pertanto, in ordine alla controversia attinente alla risoluzione del suddetto contratto, non ricorra il criterio di collegamento consistente nella eseguibilità in Italia della cennata obbligazione di pagamento, idonea a radicare, ai sensi dell’art. 4 c.p.c. la giurisdizione del giudice italiano.

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