Art. 1823 – Codice civile – Nozione
Il conto corrente è il contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto.
Il saldo del conto è esigibile alla scadenza stabilita [1831]. Se non è richiesto il pagamento, il saldo si considera quale prima rimessa di un nuovo conto e il contratto s'intende rinnovato a tempo indeterminato.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 15825/2024
In tema di formazione dello stato passivo fallimentare, ove la banca sia stata ammessa al passivo per l'intero suo credito verso il fallito derivante dal saldo debitore dei conti correnti e dei conti collegati di anticipazione salvo buon fine, ed abbia opposto il decreto di esecutività per il mancato riconoscimento della compensazione tra tale credito e quello vantato dal fallito nei suoi confronti, a titolo di restituzione degli importi ad essa versati dai singoli debitori dei crediti oggetto dell'anticipazione, senza che il curatore abbia, a sua volta, autonomamente impugnato il decreto di ammissione, il giudice dell'opposizione non può nuovamente esaminare la questione relativa all'opponibilità verso la massa delle singole operazioni di anticipazione in base ad una rivalutazione dei fatti che sono stati o avrebbero dovuto essere oggetto di quel provvedimento, essendo l'ammissione coperta dal predetto giudicato; in tal caso, quindi, l'opponibilità del documento contrattuale e delle conseguenti anticipazioni comporta il dovere del giudice di accertare l'esistenza della clausola di compensazione, che deroga al principio di cristallizzazione dei crediti, indipendentemente dal fatto che il credito ed il correlativo debito siano, rispettivamente, anteriore e posteriore rispetto all'ammissione della correntista alla procedura concorsuale.
Cass. civ. n. 15177/2024
In tema di rapporti bancari di conto corrente, l'estratto conto che inizi con il saldo negativo di un rapporto precedente non può dirsi incompleto e solo a fronte di una specifica contestazione del correntista, in ordine alla veridicità ed effettiva debenza di quanto dovuto in forza del conto secondario o precedente, scatta l'obbligo della banca di fornire la prova della correttezza della posta negativa di cui trattasi, prova che consiste, di regola, nella produzione degli estratti conto da cui risulti quel saldo iniziale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto tempestiva la contestazione della posta corrispondente al saldo negativo di un conto secondario, formulata solo con la seconda memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c., ratione temporis vigente, poiché la banca non aveva prodotto anteriormente, né in sede monitoria né con la comparsa di risposta o con la prima memoria, l'estratto del conto principale, da cui risultava la confluenza dei saldi negativi dei conti secondari).
Cass. civ. n. 13586/2024
In tema di operazioni bancarie regolate in conto corrente, il correntista può esercitare l'azione di ripetizione dell'indebito ex art. 2033 c.c. anche in costanza di rapporto (c.d. "conto aperto"), se avente ad oggetto versamenti di natura solutoria, ma in tal caso ha diritto unicamente al saldo del conto, eventualmente rettificato nelle poste illegittimamente annotate, sicché l'azione di indebito da parte sua, che in presenza di rimesse solutorie si rende proponibile anche se il conto non sia stato ancora chiuso, si risolve solo nella determinazione di un saldo purgato delle annotazioni illegittime, senza alcuna sanzione restitutoria in danno della banca; infatti solo a conto chiuso, venuta meno la indisponibilità dei singoli crediti, di cui all'art. 1823, comma 1, c.c., l'azione di indebito può determinare l'obbligo per la banca di rimborsare le somme illegittimamente incamerate.
Cass. civ. n. 9526/2019
Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta esclusa la validità di talune pattuizioni relative agli interessi a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso la produzione in giudizio dei relativi estratti a partire dalla data della sua apertura; non trattandosi tuttavia di prova legale esclusiva, all'individuazione del saldo finale possono concorrere anche altre prove documentali, nonché gli argomenti di prova desunti dalla condotta processuale tenuta del medesimo correntista (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello, che aveva respinto integralmente la domanda della banca di condanna del correntista al pagamento del saldo passivo, in mancanza di un solo estratto conto relativo ad un periodo in cui il correntista aveva ammesso l'assenza di movimentazioni nel rapporto).
Cass. civ. n. 23313/2018
La banca che intende far valere un credito derivante da un rapporto di conto corrente, deve provare l'andamento dello stesso per l'intera durata del suo svolgimento, dall'inizio del rapporto e senza interruzioni.
Cass. civ. n. 9365/2018
Nel contratto di conto corrente bancario, la banca che assuma di essere creditrice del cliente ha l'onere di produrre in giudizio i relativi estratti conto a partire dalla data della sua apertura, non potendo pretendere l'azzeramento delle eventuali risultanze del primo degli estratti utilizzabili, in quanto ciò comporterebbe l'alterazione sostanziale del medesimo rapporto, che vede nella banca l'esecutrice degli ordini impartiti dal cliente, i quali si concretizzano in operazioni di prelievo e di versamento ma non integrano distinti e autonomi rapporti di debito e credito tra cliente e banca, rispetto ai quali quest'ultima possa rinunciare azzerando il primo saldo.
Cass. civ. n. 13258/2017
Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità della pattuizione relativa agli interessi a carico del correntista, la banca ha l'onere di produrre gli estratti a partire dall'apertura di conto, né essa banca può sottrarsi all'assolvimento di tale onere invocando l'insussistenza dell'obbligo di conservare le scritture contabili oltre dieci anni, perché non si può confondere l'onere di conservazione della documentazione contabile con quello di prova del proprio credito.
L'approvazione degli estratti conto non implica l'insussistenza di addebiti illegittimi da parte della banca. Come è noto, infatti, l'approvazione tacita dell'estratto di conto corrente non si estende alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti, ma ha la funzione di certificare la verità storica dei dati riportati nel conto.
Cass. civ. n. 20693/2016
Nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi ultralegali a carico del correntista, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data della sua apertura, così effettuandosi l'integrale ricostruzione del dare e dell'avere, con applicazione del tasso legale, sulla base di dati contabili certi in ordine alle operazioni ivi registrate, inutilizzabili, invece, rivelandosi, a tal fine, criteri presuntivi od approssimativi. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto non provato l'intero andamento di un rapporto ultraventennale, avendone il correntista, gravato del corrispondente onere per aver agito ex art. 2033 c.c., prodotto, tardivamente, solo alcuni estratti conto in aggiunta a quelli relativi all'ultimo decennio depositati dalla banca, non risultando nemmeno incontroverso il saldo ad una determinata data).
Cass. civ. n. 12263/2015
In caso di recesso della banca dal contratto di conto corrente bancario, il fideiussore resta tenuto al soddisfacimento del debito quale esistente alla data dello scioglimento del rapporto e in tale misura cristallizzato, dovendo ad esso essere raffrontato il limite di massimale della garanzia; gli interessi moratori maturati dopo quel momento a causa del mancato tempestivo adempimento imputabile (anche) allo stesso fideiussore restano, invece, a suo carico oltre il limite del massimale della fideiussione, in applicazione della regola generale della garanzia patrimoniale di cui all'art. 2740 cod. civ. per i fatti a lui riferibili, nonché dei principi di divieto dell'abuso del diritto e della correttezza nei rapporti interprivati.
Cass. civ. n. 17732/2014
Nel contratto bancario regolato in conto corrente, gli atti di accreditamento e di prelevamento non sono qualificabili alla stregua di autonomi negozi giuridici o di pagamenti, vale a dire come atti estintivi di obbligazioni, ma si presumono, fino a prova contraria, atti di utilizzazione dell'unico contratto ad esecuzione ripetuta. Ne consegue che i relativi documenti non costituiscono prova di debito o di credito, ma solo della correttezza della posta contabile che concorre al saldo esigibile dall'una o dall'altra parte, onde può esserne dimostrata l'erroneità senza i limiti previsti, per la prova per testi, per presunzioni ed in tema di confessione, rispettivamente, dagli artt. 2725, 2726, 2729, comma secondo, e 2732 cod. civ. (Nella specie, in una controversia per l'accertamento dell'errore commesso da un cassiere, che aveva accreditato al correntista una somma maggiore di quella effettivamente versata, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto provato dalla banca, in via presuntiva, l'errore di scritturazione).
Cass. civ. n. 19640/2005
Quantunque debba escludersi che l'accreditamento del terzo venga attratto, sempre e comunque, nella disciplina del conto corrente (rappresentando esso, piuttosto, un atto neutro, la cui portata va accertata avendo riguardo al negozio nel quale esso si inserisce), il pagamento da parte del debitore ceduto, effettuato mediante versamento della relativa somma sul conto corrente acceso dal cedente presso una banca, costituisce un'operazione che, di regola e salvo patto contrario, si inserisce nell'ambito dell'unitario, complesso rapporto di conto corrente, determinando una mera variazione quantitativa (del credito o) del debito del correntista, e quindi rappresenta, secondo le circostanze, un atto ripristinatorio delle disponibilità del correntista medesimo ovvero un atto solutorio del debito di questo, risultante dal saldo contabile; ne deriva che, ove risulti escluso (in base agli accertamenti compiuti dal giudice del merito) che la banca abbia accettato il mandato, ad essa conferito dal correntista-cedente, di procedere al pagamento, in favore del cessionario, della (intera) somma versata dal debitore ceduto, la rimessa operata da quest'ultimo non si sottrae alla disciplina del conto corrente, sicchè legittimamente la banca provvede all'esecuzione dell'ordine, impartito dal correntista, di girata in favore del cessionario soltanto entro il limite dell'esistenza di un credito del correntista medesimo, computato tenendo conto di detta annotazione.
Cass. civ. n. 4022/1985
Il saldo passivo di un conto corrente bancario, quando non sia ricollegabile ad un'apertura di credito (non evincibile dalla mera tolleranza di una situazione di «scoperto»), è immediatamente esigibile dalla banca, mentre resta a tal fine irrilevante l'eventuale diversa previsione contenuta nelle cosiddette «norme uniformi bancarie», le quali integrano mere condizioni generali di contratto, operanti nel singolo rapporto se ed in quanto ne vengano a far parte. Ne consegue che le rimesse effettuate su detto conto a riduzione del saldo passivo, sia con versamenti diretti del correntista, sia con versamenti eseguiti da terzi debitori del correntista, configurano in casi di fallimento di quest'ultimo pagamenti parziali di un suo debito liquido ed esigibile, e come tali sono soggette a revocatoria fallimentare ai sensi dell'art. 67 secondo comma del R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
Cass. civ. n. 2415/1983
La sussistenza di una convenzione di conto corrente, per regolare i rapporti fra agente e preponente, anche al fine dell'applicazione del disposto dell'art. 1832 c.c. in tema di approvazione del conto, postula un'espressa pattuizione, e, pertanto, in difetto di questa, ovvero in presenza di una pattuizione contraria, non può essere desunta dalla mera circostanza dell'invio di estratti-conto circa le rispettive situazioni di dare ed avere.
Cass. civ. n. 2840/1971
Nel contratto di conto corrente bancario, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1823, 1827, 1831, 2697 c.c., la banca non può esigere il pagamento di singole voci del suo avere (nella specie per il protesto di assegni versati dal correntista) senza prima aver proceduto alla chiusura del conto e dimostrato l'esistenza di un saldo attivo a suo favore, e sempre nei limiti di tale saldo.
Cass. civ. n. 2893/1969
Il rapporto di conto-corrente, caratterizzato dall'accredito delle reciproche rimesse con rinvio dell'esazione del saldo attivo ad una data stabilita nel contratto, si distingue da altri rapporti ad esso similari soltanto sotto l'aspetto formale, fra i quali va annoverato il c.d. conto di gestione che, consistendo nella semplice scritturazione di crediti e debiti relativi a rapporti a carattere continuativo correnti fra determinati soggetti, manca del necessario esplicito accordo delle parti a differire l'esigibilità del saldo attivo ad un determinato momento.