Art. 2043 – Codice civile – Risarcimento per fatto illecito
Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno [2058].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 1923/2025
In tema di risarcimento del danno da illecito anticoncorrenziale, il termine di prescrizione della relativa azione comincia a decorrere dal momento in cui il titolare sia stato adeguatamente informato o si possa pretendere ragionevolmente e secondo l'ordinaria diligenza che lo sia stato, non solo dell'altrui violazione, ma anche dell'esistenza di un possibile danno ingiusto, il cui accertamento va compiuto senza alcun automatismo, ma sulla base delle condizioni ricavabili dal caso concreto.
Cass. civ. n. 1903/2025
In tema di risarcimento del danno da nascita indesiderata conseguente a responsabilità medica, poiché l'interruzione volontaria della gravidanza è legittima in evenienze che restano eccezionali, l'impossibilità della scelta della madre di determinarsi a quella, imputabile a negligente carenza informativa del medico curante, può essere fonte di responsabilità civile a condizione che: a) ricorrano i presupposti normativi di cui all'art. 6 della l. n. 194 del 1978; b) risulti la volontà della donna di non portare a termine la gravidanza. Il relativo onere della prova ricade sulla gestante, ma può essere assolto anche in via presuntiva, sempre che i presupposti della fattispecie facoltizzante siano stati tempestivamente allegati e siano rispettati i requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all'art. 2729 c.c..
Cass. civ. n. 1002/2025
L'obbligo di comunicare i dati dei condomini morosi (e la conseguente legittimazione passiva in caso di azione giudiziale) spetta all'amministratore in proprio, trattandosi di un dovere legale di cooperazione con i creditori funzionale al rispetto dell'ordine di escussione contemplato dal comma 2 dell'art. 63 disp. att. c.c., che è estraneo al rapporto di mandato intercorrente con il condominio e la cui violazione dà luogo, pertanto, a una responsabilità di tipo aquiliano.
Cass. civ. n. 626/2025
In tema di illecito concorrenziale, il presupposto della comunanza di clientela non è dato dall'identità soggettiva degli acquirenti dei prodotti, ma dall'insieme dei consumatori del medesimo bisogno di mercato, che, pertanto, si rivolgono a tutti i prodotti uguali, affini o succedanei, a quelli posti in commercio, che sono in grado di soddisfare quel bisogno, con la conseguenza che sussiste rapporto di concorrenza tra gli imprenditori che, per la commercializzazione degli stessi prodotti, si avvalgono di differenti canali di distribuzione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva escluso l'illecito concorrenziale tra l'imprenditore operante tramite punti di vendita fisici e quello operante online).
Cass. civ. n. 486/2025
Ai sensi degli artt. 27 e 28 della l. n. 89 del 1913 (l.notarile), il notaio è obbligato a prestare il suo ministero e, dunque, tenuto a rogare gli atti che gli vengono richiesti col solo divieto inerente agli atti nulli, ma non può comunque rogare l'atto richiesto se è consapevole che esso, benché non nullo, è potenzialmente idoneo ad arrecare pregiudizio a terzi, perché le citate disposizioni, dettate eminentemente a fini disciplinari e deontologici, non esimono il professionista dal generale dovere di "neminem laedere" e, cioè, di astensione da comportamenti produttivi di danni. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, sul presupposto del divieto di rifiutare il ministero, aveva escluso la responsabilità extracontrattuale di un notaio, il quale - pur consapevole della carenza di legittimazione del richiedente ex art. 2882 c.c. - aveva rogato un atto di restrizione di una formalità ipotecaria e curato i conseguenti adempimenti pubblicitari, così arrecando un pregiudizio al titolare della garanzia, cancellata senza il suo consenso).
Cass. civ. n. 375/2025
In tema di fatto illecito suscettibile di integrare gli estremi di un reato, ai fini dell'individuazione del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, l'intervenuta archiviazione in sede penale non determina alcun vincolo per il giudice civile, il quale è tenuto a compiere un'autonoma valutazione del fatto, onde verificare se esso soggiaccia al termine generale quinquennale di cui al primo comma dell'art. 2947 c.c., ovvero al più lungo termine di cui al terzo comma della medesima disposizione.
Cass. civ. n. 341/2025
In tema di risarcimento del danno, il potere discrezionale del giudice di liquidazione in via equitativa comporta un giudizio di prudente contemperamento dei vari fattori di probabile incidenza sul danno e non è censurabile in sede di legittimità, purché la motivazione dia adeguatamente conto del peso specifico attribuito a ciascuno di essi nel caso concreto e consenta di ricostruire il percorso logico seguito e di verificare il rispetto dei principi del danno effettivo e dell'integralità del risarcimento. (Principio applicato in un giudizio di accertamento della paternità, in cui non era stato adeguatamente spiegato il criterio per la quantificazione monetaria degli esborsi sostenuti dalla madre per il mantenimento e la cura del figlio).
Cass. civ. n. 25805/2024
In tema di responsabilità per attività sanitaria, l'accertamento del nesso causale è improntato al criterio giuridico del "più probabile che non", il quale impone al giudice di dare prevalenza alla spiegazione causale che si presenta come più probabile, tenuto conto della comparazione tra le diverse spiegazioni alternative, attenendosi nella valutazione ad un concetto di probabilità non necessariamente statistico, ma altresì logico, tale per cui, nella comparazione tra due o più possibili spiegazioni di un evento, una di esse prevale sulle altre in ragione dei suoi riscontri probatori o della sua coerenza intrinseca o di altro criterio di giudizio valido a sorreggere la decisione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che aveva escluso che l'accertamento del CTU corrispondesse al concetto di "causa più probabile", avendo il consulente usato il termine "grado medio sul piano statistico", senza considerare che tale giudizio era di comparazione delle cause, avendo escluso categoricamente che le altre spiegazioni causali fossero plausibili).
Cass. civ. n. 25755/2024
L'illegittimità dell'ipoteca ex art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973, derivante dall'omissione della comunicazione preventiva sull'iscrizione, non comporta ex se la responsabilità risarcitoria dell'agente della riscossione, essendo necessario verificare la sussistenza del requisito soggettivo del dolo o della colpa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la colpa dell'agente della riscossione, il quale aveva proceduto all'iscrizione in relazione alla disciplina normativa vigente ratione temporis, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità dell'epoca).
Cass. civ. n. 25698/2024
Il professionista delegato ex art. 591-bis c.p.c. non esercita pienamente le funzioni giudiziarie o giurisdizionali, perché la delegabilità di un novero assai ampio di atti del processo esecutivo non fa venir meno la direzione del giudice dell'esecuzione, a norma dell'art. 484, comma 1, c.p.c.; tuttavia, l'imputazione degli atti fa sempre capo all'ufficio giudiziario nel suo complesso, nei cui confronti va rivolta l'eventuale azione di risarcimento dei danni per violazioni commesse nell'esercizio dell'attività giurisdizionale ai sensi della l. n. 117 del 13/4/1988, mentre il professionista delegato può essere chiamato a rispondere in via ordinaria, per colpa o dolo, ai sensi dell'art. 2043 c.c., qualora ne sussistano i presupposti, ossia quando i suoi atti sono stati posti in essere al di fuori dello schema legale e non possano essere ricondotti in alcun modo al legittimo esercizio della delega.
Cass. civ. n. 25466/2024
In caso di intervento chirurgico che presenta un'elevata percentuale di rischio di provocare conseguenze pregiudizievoli, ove sia accertato il nesso causale tra la condotta colposa del sanitario e i postumi permanenti riportati dal paziente, il danno deve essere risarcito integralmente, senza che possa procedersi ad una liquidazione parametrata alla perdita di chance di conseguire un risultato totalmente favorevole. (In applicazione del principio la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che, in relazione ad un intervento che presentava una percentuale di rischio del 70%, aveva liquidato il danno riportato dalla paziente, in conseguenza della condotta gravemente superficiale del sanitario, nella misura del 30% dell'invalidità permanente conseguitane).
Cass. civ. n. 25457/2024
In tema di danni da occupazione di beni sine titulo, ai fini della verifica dell'esistenza del pregiudizio in capo al proprietario del bene non occorre, necessariamente, che l'occupante abusivo abbia tratto un utile dalla propria condotta illecita. (In applicazione del principio la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva escluso il danno da lucro cessante, consistito nella mancata percezione dei contributi comunitari erogati da AGEA, perché tali contributi non erano stati percepiti neppure dall'occupante abusivo).
Cass. civ. n. 25213/2024
In tema di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, quando, all'esito del giudizio di primo grado, l'ammontare del danno sia stato liquidato utilizzando tabelle "a forbice", il danneggiato è legittimato a proporre impugnazione per ottenere la liquidazione di un maggiore importo risarcitorio in forza di tabelle "a punti", adottate nelle more del giudizio di appello, purché deduca, con specifico motivo di gravame, la differenza tra i valori minimi o massimi tra le tabelle e alleghi che l'applicazione dei nuovi valori-punto nel minimo comporterebbe, per ciò stesso, un risultato più favorevole della liquidazione del danno attribuitagli con la sentenza impugnata. (Nella specie, la S.C. ha affermato l'inammissibilità del motivo di censura, avendo la ricorrente del tutto mancato di puntualizzare gli esiti dell'applicazione delle tabelle "a punti" al caso concreto, non adducendo che la sua applicazione avrebbe comportato un maggior ristoro risarcitorio per il pregiudizio patito, né fornendo qualsivoglia indicazione degli specifici parametri da apprezzare ai fini della liquidazione con detta modalità).
Cass. civ. n. 23934/2024
In tema di sospensione del processo con messa alla prova, il giudizio sull'adeguatezza del programma dev'essere effettuato alla stregua dei parametri di cui all'art. 133, cod. pen., tenendo conto non solo dell'idoneità a favorire il reinserimento sociale dell'imputato, ma anche dell'effettiva corrispondenza alle sue condizioni di vita, attesa la previsione di un risarcimento del danno che, ove possibile, corrisponda al pregiudizio dal predetto recato alla vittima o sia, comunque, espressione del massimo sforzo sostenibile in base alle sue condizioni economiche, verificabili dal giudice ai sensi dell'art. 464-bis, comma 5, cod. proc. pen., sicché è illegittimo il provvedimento di rigetto dell'istanza di ammissione al beneficio per la ritenuta assenza di prova del risarcimento integrale del danno.
Cass. civ. n. 23300/2024
La lesione del rapporto parentale può produrre dei danni apprezzabili in termini dinamico relazionali o, sul piano morale soggettivo, come sofferenza, non richiedendosi necessariamente la concorrente sussistenza di una lesione dell'integrità psicofisica del congiunto; tali danni possono essere dimostrati con ricorso alla prova presuntiva, in riferimento a quanto ragionevolmente riferibile alla realtà dei rapporti di convivenza ed alla gravità delle ricadute della condotta illecita.
Cass. civ. n. 23233/2024
In tema di responsabilità civile, la domanda con la quale un soggetto chieda il risarcimento dei danni a lui cagionati da un dato comportamento del convenuto, senza ulteriori specificazioni, si riferisce a tutte le possibili voci di danno originate da quella condotta, purché, avendo ad oggetto la richiesta di risarcimento la violazione di un diritto c.d. eterodeterminato, l'attore indichi espressamente i fatti costitutivi che assume essere stati lesivi del proprio diritto.(Nella specie, la S.C. ha escluso, ad opera della decisione impugnata, la violazione dell'art. 163, comma 3, c.p.c., per aver riconosciuto alla parte attrice la possibilità di specificare le voci di danno solo nella comparsa conclusionale).
Cass. civ. n. 22835/2024
La lesione del diritto di proprietà, conseguente all'esercizio abusivo di una servitù, è di per sé produttiva di un danno, il cui accertamento non richiede, pertanto, una specifica attività probatoria, cosicché per il risarcimento di esso il giudice deve procedere ex art. 1226 c.c., adottando, eventualmente, un parametro di liquidazione equitativa.
Cass. civ. n. 21527/2024
In tema di risarcimento del danno non patrimoniale derivante da demansionamento e dequalificazione, il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, dell'esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul fare reddituale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l'inadempimento datoriale.
Cass. civ. n. 21479/2024
I parametri dettati dall'art. 4 del DPCM del 14 novembre 1997 sono volti a proteggere la salute pubblica mentre, nei rapporti tra privati, vige la disciplina dell'art.844 c.c., che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle immissioni; tale giudizio non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.
Cass. civ. n. 21415/2024
In tema di responsabilità sanitaria, se è accertato, secondo i comuni criteri eziologici, che l'errore medico ha anticipato la morte del paziente e se la vittima, vivente all'inizio del giudizio, è deceduta al momento della liquidazione del danno, è risarcibile agli eredi, iure hereditario, soltanto il danno biologico differenziale determinato dalla peggiore qualità della vita effettivamente vissuta e il danno morale da lucida consapevolezza della anticipazione della morte, se esistente e a far data dall'acquisizione di tale consapevolezza in vita; se, invece, vi è incertezza sulle conseguenze quoad vitam dell'errore medico, gli eredi hanno diritto, iure hereditario, al risarcimento del danno da perdita delle chance di sopravvivenza, qualora ricorrano i presupposti di serietà, apprezzabilità, concretezza e riferibilità eziologica certa della perdita di quella chance alla condotta, mentre non è in alcun caso risarcibile agli eredi il danno da "perdita anticipata della vita", suscettibile di ristoro ai congiunti iure proprio quale pregiudizio da minor tempo vissuto col congiunto.
Cass. civ. n. 21261/2024
In tema di responsabilità medica, allorché un paziente, già affetto da una situazione di compromissione dell'integrità fisica, sia sottoposto ad un intervento che, per la sua inesatta esecuzione, determini un esito di compromissione ulteriore rispetto alla percentuale che sarebbe comunque residuata anche in caso di ottimale esecuzione dell'intervento stesso, ai fini della liquidazione del danno con il sistema tabellare, deve assumersi come percentuale di invalidità quella effettivamente risultante, alla quale va sottratto quanto monetariamente indicato in tabella per la percentuale di invalidità comunque ineliminabile, e perciò non riconducibile alla responsabilità del sanitario.
Cass. civ. n. 21049/2024
La costituzione di parte civile determina l'interruzione del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno scaturito dal reato, con effetto permanente fino all'irrevocabilità della sentenza che definisce il processo penale, anche nei confronti dei coobbligati solidali rimasti estranei a quest'ultimo. (Nella specie, relativa alla responsabilità solidale della Consob per omessa vigilanza sull'operato di due società di intermediazione finanziaria, i cui esponenti erano stati sottoposti a giudizio penale per i reati di appropriazione indebita e bancarotta, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva riconosciuto effetto interruttivo istantaneo – e non permanente – all'istanza di ammissione al passivo fallimentare delle suddette società, formulata dai risparmiatori danneggiati).
Cass. civ. n. 20790/2024
Non è riconducibile ad un'attività pericolosa ex art. 2050 c.c. l'infortunio sportivo subito da uno studente all'interno della struttura scolastica nel corso della lezione di educazione fisica, durante la quale era stata simulata una fase del gioco del rugby, non trattandosi di una partita, bensì di esercizi di approccio a tale sport, dei quali vanno rilevati - conformemente alla ratio dell'art. 33, ult. comma (introdotto dalla l.cost. n. 1 del 2023), Cost. - gli aspetti intrinsecamente educativi (oltre che ludici) di valorizzazione del gioco di squadra e della fiducia nei compagni, di attenzione alle regole e al rispetto dell'avversario, di accrescimento nei giovani della sicurezza di sé per il raggiungimento di obiettivi.
Cass. civ. n. 20589/2024
In tema di risarcimento del danno, le condotte attive (da valutarsi con giudizio prognostico ex ante) a cui il creditore, in applicazione del dovere generale di buona fede, è tenuto al fine di evitare o di limitare il danno attraverso l'uso dell'ordinaria diligenza, ex art. 1227, comma 2, c.c., non possono consistere in comportamenti pregiudizievoli per altre situazioni personali del danneggiato. (Nella specie, la S.C. ha escluso la riducibilità del danno da tardiva assunzione in ruolo di docente scolastico in ragione della mancata presentazione, da parte del danneggiato, di una domanda di supplenza in una provincia diversa da quella di residenza).
Cass. civ. n. 20269/2024
In tema di responsabilità civile per diffamazione, il pregiudizio da sofferenza morale e reputazionale, derivante dall'attribuzione di condotte disonorevoli e indimostrate a componenti deceduti della famiglia "successiva" (coniuge e figli) e "originaria" (genitori e fratelli), non é in re ipsa, ma si presume iuris tantum, secondo una valutazione ordinaria, ovverosia in difetto di elementi opposti che, quali fatti modificativi o anche impeditivi della pretesa risarcitoria, ricadono nell'area di onere probatorio dell'autore dell'illecito. (Nella fattispecie in esame, nella quale l'attore aveva agito per il risarcimento dei danni conseguenti alla diffusione, nel corso di una trasmissione radiofonica, di notizie diffamatorie nei riguardi del fratello, deceduto sei anni prima, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d'appello, che aveva rigettato la domanda, erroneamente ritenendo che non vi fosse prova del danno conseguenza, in termini di rapporto tra soggetto asseritamente diffamato e deducente, senza allegazione e dimostrazione, cioè, di circostanze atte a qualificare la detta relazione tra i congiunti, in modo da poter ipotizzare un effettivo pregiudizio, neppure dal punto di vista del danno morale da sofferenza, tenuto conto del fatto che i due fratelli avevano una differenza di età di quasi vent'anni ed erano vissuti in diverse realtà geografiche, tanto far presumere un'autonomia delle rispettive sfere di vita).
Cass. civ. n. 19808/2024
Alla nullità del contratto di locazione per violazione dell'obbligo di registrazione, ai sensi dell'art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, consegue il diritto del proprietario del bene alla corresponsione dell'indennità di occupazione, la cui quantificazione soggiace alla predeterminazione legale di cui all'art. 1, comma 59, della l. n. 208 del 2015 nel solo caso in cui, ricorrendone gli altri presupposti, il rapporto sia sorto dopo l'entrata in vigore della norma. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nel dichiarare nullo ex art. 1, comma 346, della l. n. 311 del 2004, un contratto di locazione del 2010 - che era stato successivamente denunziato, nel 2012, ai sensi dell'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23 del 2011 -, aveva condannato gli occupanti dell'immobile al pagamento di un'indennità parametrata al canone convenuto tra le parti, ritenendo inapplicabile, ratione temporis, la disciplina di cui all'art. 1, comma 59, della l. n. 208 del 2015).
Cass. civ. n. 19806/2024
L'indennizzo di cui all'art. 44 del d.lgs. n. 327 del 2001 - spettante al proprietario dell'immobile che subisce un danno permanente per effetto della realizzazione di un'opera di pubblica utilità - integra un indennizzo per un'attività lecita che produce una "deminutio" permanente atta a ripercuotersi su una o più delle possibilità di godimento del bene, con la conseguenza che il relativo diritto si prescrive nel termine di dieci anni, decorrerente da quando il privato inizia a subire il pregiudizio ovvero dal momento dell'inizio di operatività dell'opera pubblica. (In applicazione del principio, la S.C. - affermando l'inapplicabilità, ai fini della decorrenza della prescrizione, del diverso termine prescrizionale relativo all'azione di risarcimento dei danni da immissioni e della nozione di illecito permanente, alle stesse collegata - ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva affermato la prescrizione del diritto all'indennizzo del proprietario di un immobile per il pregiudizio subito in conseguenza delle immissioni di rumori prodotti dall'intenso traffico veicolare su una tangenziale, computando la decorrenza del termine decennale dall'apertura della strada al pubblico transito).
Cass. civ. n. 19028/2024
In tema di responsabilità civile per diffamazione, se il legittimo esercizio del diritto di cronaca esonera il giornalista dall'obbligo di verificare l'attendibilità della fonte informativa nel caso in cui questa provenga dall'autorità investigativa o giudiziaria, l'applicabilità della esimente del diritto di cronaca, quantomeno putativa, gli impone di verificare in modo completo e specifico, mediante un necessario aggiornamento temporale, la veridicità della notizia al momento della sua divulgazione.
Cass. civ. n. 18817/2024
L'ente responsabile per i danni cagionati da fauna selvatica, nel caso in cui tale responsabilità sia sussunta nella previsione normativa di cui all'art. 2043 c.c., va individuato nel soggetto che, in base ad un accertamento in concreto, risulti affidatario dei poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna; al fine di detto accertamento, l'art. 15 l.r. Marche n. 25 del 2008 - istitutivo di un apposito "fondo per l'indennizzo da parte della Regione dei danni causati alla circolazione stradale dalla fauna selvatica" nel bilancio regionale - assume rilevanza sintomatica della scelta di allocare in capo alla Regione la "neutralizzazione" di tale pregiudizio mediante attribuzione dei poteri funzionali alla sua prevenzione. (La S.C. ha affermato tale principio in una fattispecie in cui si era formato il giudicato interno sulla qualificazione giuridica della responsabilità ai sensi dell'art. 2043 c.c.).
Cass. civ. n. 18625/2024
La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario è improntata al principio di effettività, sicché, per la sua configurabilità, non rileva la tipologia della fonte violata, né è necessario che sia preventivamente intervenuta una pronuncia interpretativa o dichiarativa dell'inadempienza statale da parte della CGUE, potendo essere integrata, quindi, anche dalla diretta violazione di norme contenute nei trattati comunitari.
Cass. civ. n. 18222/2024
L'occupazione appropriativa e l'occupazione usurpativa sono caratterizzate l'una dall'irreversibile trasformazione del fondo in assenza del decreto di esproprio, e l'altra dalla trasformazione in mancanza, originaria o sopravvenuta, della dichiarazione di pubblica utilità. Tuttavia, nel caso di proposizione dell'azione di risarcimento del danno in conseguenza di occupazione usurpativa è ammissibile la riqualificazione della domanda, anche da parte del giudice, come relativa ad una occupazione appropriativa, in quanto entrambe fonte di responsabilità risarcitoria della P.A. secondo i principi di cui all'art. 2043 c.c.
Cass. civ. n. 17809/2024
In tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione impartito dal giudice ha come destinatario non solo il condannato responsabile dell'abuso, ma anche l'attuale proprietario del bene, rimasto estraneo al processo, che assume una responsabilità di natura "sussidiaria", ferma restando la sua facoltà di far valere, sul piano civile, la responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, del proprio dante causa. (In motivazione, la Corte ha precisato che non è causa di nullità dell'ingiunzione emessa dal pubblico ministero in esecuzione dell'ordine di demolizione la prospettazione che questa potrà essere eseguita d'ufficio a spese e a carico dell'attuale proprietario del bene).
Cass. civ. n. 17758/2024
In caso di violazione di distanze legali, l'esistenza del danno può essere provata attraverso le presunzioni, tenendo conto di fattori, utili anche alla valutazione equitativa, e da cui si desuma una riduzione di fruibilità della proprietà, del suo valore e di altri elementi che vanno allegati e provati dall'attore.
Cass. civ. n. 17253/2024
In caso di proposizione di domanda di risarcimento dei danni da fauna selvatica, la scelta tra l'applicazione dell'art. 2043 c.c. o dell'art. 2052 c.c. non attiene alla qualificazione giuridica della domanda, bensì al riparto dell'onere della prova, con la conseguenza che non può formarsi il giudicato sostanziale sull'error in procedendo eventualmente commesso.
Cass. civ. n. 17171/2024
Allorquando l'illecito è integrato dalla violazione di regole finalizzate ad evitare la creazione di un rischio irragionevole, la responsabilità si estende ai soli eventi dannosi che rappresentino la concretizzazione del suddetto rischio. (Nella specie, relativa alla domanda di risarcimento del danno alla salute conseguente alla tardiva diagnosi di due neoplasie benigne, del tutto indipendenti l'una dall'altra, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che l'insorgenza della seconda potesse essere eziologicamente correlata all'operato dei sanitari, essendo la regola dell'arte violata preordinata a scongiurare unicamente la concretizzazione del rischio relativo al manifestarsi della prima patologia, siccome fondata sul relativo quadro clinico, diverso da quello che avrebbe imposto indagini strumentali orientate all'individuazione dell'altra).
Cass. civ. n. 16967/2024
In tema di responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazione del feto, il danno conseguente all'impossibilità di prepararsi psicologicamente al parto (ad es., mediante la tempestiva organizzazione della vita in modo compatibile con le future esigenze di cura del figlio ovvero il ricorso a una psicoterapia) integra un pregiudizio diverso da quello correlato alla mancata interruzione della gravidanza, stante l'autonoma rilevanza dell'informazione allo scopo di evitare o mitigare la sofferenza indotta dal suddetto evento, indipendentemente da qualsivoglia profilo di strumentalità rispetto all'eventuale scelta abortiva della donna.
Cass. civ. n. 16780/2024
Nel giudizio risarcitorio promosso per i danni derivanti dalla trasfusione di sangue infetto, il provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto all'indennizzo ai sensi della l. n. 210 del 1992, pur non integrando una confessione stragiudiziale, costituisce un elemento grave e preciso, da solo sufficiente a giustificare il ricorso alla prova presuntiva e a far ritenere provato, per tale via, il nesso causale, nei confronti non solo del Ministero della Salute, ma anche di altri soggetti eventualmente responsabili sul piano risarcitorio (nella specie la gestione liquidatoria di una soppressa USSL), in ragione della natura di presunzione semplice del mezzo di prova.
Cass. civ. n. 16755/2024
In tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito imputabile a più soggetti, in solido tra loro, la diversità dei titoli della responsabilità ascrivibile ai vari coobbligati non incide sull'interruzione della prescrizione, che resta disciplinata dai principi sulle obbligazioni solidali e, segnatamente, dall'art. 1310, comma 1, c.c., per la cui applicabilità è necessaria e sufficiente l'esistenza del vincolo obbligatorio solidale scaturente dall'unicità del fatto dannoso previsto ex art. 2055 c.c.. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto esteso, nei confronti di singoli complessi condominiali, l'effetto interruttivo della prescrizione prodotto dalla costituzione di parte civile nel procedimento penale a carico degli ex amministratori, autori dell'illecito, consistito nell'omessa manutenzione di una ringhiera e nell'omessa adozione di cautele idonee a scongiurarne il crollo che aveva cagionato la caduta e il conseguente decesso di una persona).
Cass. civ. n. 16289/2024
La mancata escussione di un fideiussore, in assenza di specifiche contestazioni dell'operato del creditore, non può di per sé essere qualificata come contraria ai principi di correttezza e buona, in mancanza di una norma dell'ordinamento che preveda un tale obbligo, sicché tale circostanza non può neppure essere dedotta come motivo di inadempimento imputabile al creditore, né la parte del debito garantita dal fideiussore non escusso può essere ritenuta un danno ingiusto risarcibile verso il debitore, atteso che quest'ultimo rimane l'unico soggetto a dover rispondere del debito per l'intero, stante la funzione della fideiussione di mera garanzia di un debito altrui.
Cass. civ. n. 16199/2024
In materia di responsabilità per attività sanitaria, l'accertamento del nesso causale in caso di condotta omissiva va compiuto secondo un criterio di probabilità logica, stabilendo se il comportamento doveroso omesso sarebbe stato in grado di impedire, o meno, l'evento lesivo, tenuto conto di tutte le risultanze del caso concreto, in base ad un giudizio ancorato non solo alla determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di eventi, ma anche agli elementi di conferma e all'esclusione di quelli alternativi, disponibili nel caso concreto; non si tratta, dunque, di un criterio probatorio diverso da quello del "più probabile che non", utilizzato nel giudizio civile, quanto piuttosto espressione di un accertamento di natura sostanziale del nesso di causalità materiale.
Cass. civ. n. 15755/2024
In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel c.d. giornalismo d'inchiesta - in cui i fatti, esposti nel rispetto del criterio della verità, possono essere analizzati, interpretati e posti in correlazione tra loro, col contributo di originalità proprio dell'approfondimento giornalistico - il giornalista è scriminato allorché rimanga chiaro, all'interno dell'articolo, quali sono i fatti obiettivi e quale la loro lettura e valutazione, cosicché non sia alterata la percezione del lettore.
Cass. civ. n. 15296/2024
La sentenza penale irrevocabile di assoluzione con la formula "perché il fatto non costituisce reato" non ha efficacia vincolante nel giudizio civile di danno, nel quale compete al giudice civile, nell'esercizio del potere discrezionale di libero apprezzamento, procedere ad autonoma valutazione delle prove assunte e degli atti contenuti nel giudizio penale, ove ritualmente introdotti dalle parti, quali prove precostituite atipiche, senza che si determini una violazione del principio dispositivo, né in senso sostanziale, restando devoluta alle parti la disponibilità dell'oggetto del processo, né in senso formale, rimanendo ad esse riservata la disponibilità delle prove. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in accoglimento della domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla natura calunniosa della denuncia querela presentata nei confronti dell'attore per i reati di calunnia e diffamazione, dai quali egli era stato assolto per mancanza dell'elemento soggettivo, aveva tratto la prova della consapevolezza, in capo ai convenuti, dell'innocenza dell'attore dalla sentenza di assoluzione).
Cass. civ. n. 15112/2024
Qualora la vittima di un danno alla salute sia deceduta, prima della conclusione del giudizio, per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, l'ammontare del risarcimento spettante agli eredi del defunto iure successionis va parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato e non a quella statisticamente probabile, sicché tale danno va liquidato in base al criterio della proporzionalità, cioè assumendo come punto di partenza il risarcimento spettante, a parità di età e di percentuale di invalidità permanente, alla persona offesa che sia rimasta in vita fino al termine del giudizio e diminuendo quella somma in proporzione agli anni di vita residua effettivamente vissuti.
Cass. civ. n. 14980/2024
In caso di morte dell'alunno minore, la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante per i danni da perdita del rapporto parentale ha natura contrattuale nei confronti dei genitori - che rivestono la qualità di contraenti, avendo richiesto l'iscrizione del figlio - ed extracontrattuale nei confronti dei fratelli, atteso che l'esecuzione della prestazione della struttura scolastica non incide direttamente sulla loro posizione né è predicabile, in loro favore, un effetto protettivo del contratto, dovendo conseguentemente applicarsi la regola generale di cui all'art. 1372, comma 2, c.c., in virtù della quale il contratto ha efficacia solo tra le parti.
Cass. civ. n. 14705/2024
In tema di impugnazioni, il giudice, a fronte dell'appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria, può dichiarare la sopravvenuta estinzione del reato solo nel caso in cui ritenga fondata l'impugnazione e fornisca, al riguardo, adeguata motivazione. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato, con rinvio al giudice civile, la decisione che, riformando la sentenza assolutoria di primo grado senza motivare sulla fondatezza dell'appello del pubblico ministero, aveva dichiarato l'estinzione del reato per prescrizione e condannato l'imputato al risarcimento dei danni in favore delle parti civili).
Cass. civ. n. 14245/2024
La condotta truffaldina e fraudolenta consistente nel prospettare falsamente come efficaci, per una patologia incurabile e ad esito infausto, cure alternative a quelle tradizionali è idonea a determinare una lesione della libertà di autodeterminazione del paziente, sufficiente a giustificare la condanna al risarcimento del danno per la perdita di quel ventaglio di opzioni tra le quali egli ha il diritto di scegliere, nella prospettiva dell'imminenza della morte. (In applicazione del principio la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza di condanna al risarcimento dei danni di un medico che, ingenerando una falsa speranza di guarigione in un caso in cui era stato diagnosticato, come incurabile, un tumore polmonare, aveva consigliato ed attuato una terapia alternativa a quella tradizionale, che aveva richiesto l'interruzione del trattamento chemioterapico e dei cicli di morfina a cui il paziente si stava sottoponendo).
Cass. civ. n. 13104/2024
L'organizzatore di una gara sportiva è responsabile, a titolo extracontrattuale, per l'omessa adozione delle cautele doverose idonee a prevenire i rischi di danno alla persona dei partecipanti. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva ravvisato la responsabilità dell'organizzatore di una gara ciclistica amatoriale per la mancata segnalazione della situazione di pericolo e nella omessa informazione ai ciclisti della esistenza, sul tracciato della gara, di un tombino, posto a un dislivello di tre centimetri, causa della caduta di un partecipante).
Cass. civ. n. 13093/2024
La denuncia o la proposizione di una querela per un reato perseguibile d'ufficio possono costituire fonte di responsabilità civile a carico del denunciante o del querelante, in caso di successivo proscioglimento o assoluzione del denunciato (o querelato), solo ove contengano gli elementi costitutivi (oggettivo e soggettivo) del reato di calunnia, poiché, al di fuori di tale ipotesi, l'attività del pubblico ministero titolare dell'azione penale si sovrappone all'iniziativa del denunciante-querelante, interrompendo ogni nesso causale tra denuncia calunniosa e danno eventualmente subito dal denunciato (o querelato).
Cass. civ. n. 13038/2024
La decisione di ricorrere o meno ad una consulenza tecnica d'ufficio costituisce un potere discrezionale del giudice, che, tuttavia, è tenuto a motivare adeguatamente il rigetto dell'istanza di ammissione proveniente da una delle parti, dimostrando di poter risolvere, sulla base di corretti criteri, i problemi tecnici connessi alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della
Cass. civ. n. 12901/2024
In tema di rapporti tra giudizio civile risarcitorio e giudizio penale, l'efficacia probatoria della sentenza penale dibattimentale di condanna passata in giudicato non è circoscritta all'interno dei limiti oggettivi del giudicato penale di condanna, segnati dall'art. 651 c.p.p., attinenti alla sussistenza del fatto materiale, alla sua illiceità penale ed alla sua ascrivibilità all'imputato, potendo il giudice civile utilizzare le prove assunte nel processo penale, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, ai fini dell'autonomo accertamento degli ulteriori elementi costitutivi dell'illecito civile sui quali egli è chiamato ad indagare, con particolare riferimento al nesso causale, al danno risarcibile e all'elemento soggettivo civilistico.
Cass. civ. n. 12773/2024
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esimente del c.d. giornalismo d'inchiesta si fonda sul requisito dell'interesse pubblico generale perseguito, occorrendo a tal fine considerare che il ruolo civile e utile alla vita democratica di una collettività, svolto attraverso la divulgazione della notizia, richiede una valutazione sulla sua attualità, con riferimento al momento in cui la conoscenza dei fatti è sorta ed al contesto sociale in cui è proposta la pubblicazione, piuttosto che al momento in cui si sono svolti i fatti che la integrano.
Cass. civ. n. 12497/2024
Il fatto che i figli di una persona deceduta in seguito ad un fatto illecito siano maggiorenni ed economicamente indipendenti non esclude la configurabilità e la conseguente risarcibilità del danno patrimoniale da essi subito per effetto del venir meno delle provvidenze aggiuntive che il genitore destinava loro, posto che la sufficienza dei redditi del figlio esclude l'obbligo giuridico del genitore di incrementarli, ma non il beneficio di un sostegno durevole, prolungato e spontaneo, sicché la perdita conseguente si risolve in un danno patrimoniale, corrispondente al minor reddito per chi ne sia stato beneficato.
Cass. civ. n. 11950/2024
La P.A. che, pur avendo collocato una barriera laterale di contenimento per diminuire la pericolosità di un tratto stradale, non curi di verificare che la stessa non abbia assunto nel tempo una conformazione tale da costituire un pericolo per gli utenti ed ometta di intervenire con adeguati interventi manutentivi al fine di ripristinarne le condizioni di sicurezza, viola sia le norme specifiche che le impongono di collocare barriere stradali nel rispetto di determinati standard di sicurezza, sia i principi generali in tema di responsabilità civile. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la responsabilità dell'A.N.A.S. per aver omesso la manutenzione di un guard-rail, costituito da due segmenti separati da un varco di circa 8 metri, con una parte tagliente nel secondo tratto, che aveva cagionato la morte di un'automobilista).
Cass. civ. n. 11601/2024
In tema di confessoria servitutis, la legittimazione dal lato passivo è anzitutto di colui che, oltre a contestare l'esistenza della servitù, abbia un rapporto attuale con il fondo servente (proprietario, comproprietario, titolare di un diritto reale sul fondo o possessore suo nomine), potendo solo nei confronti di tali soggetti esser fatto valere il giudicato di accertamento, contenente, anche implicitamente, l'ordine di astenersi da qualsiasi turbativa nei confronti del titolare della servitù o di rimessione in pristino ex art. 2933 c.c.; gli autori materiali della lesione del diritto di servitù possono, invece, essere eventualmente chiamati in giudizio quali destinatari dell'azione ex art. 1079 c.c., solo se la loro condotta abbia concorso con quella di uno dei predetti soggetti, o abbia comunque implicato la contestazione della servitù, fermo restando che, nei loro riguardi, possono essere esperite, ex art. 2043 c.c., l'azione di risarcimento del danno e, ai sensi dell'art. 2058 c.c., l'azione di riduzione in pristino con l'eliminazione delle turbative e molestie.
Cass. civ. n. 11482/2024
Ai sensi dell'art. 882, comma 1, c.c., le riparazioni e le ricostruzioni necessarie del muro comune sono a carico di tutti i comproprietari in proporzione alle rispettive quote, salvo che la spesa sia stata cagionata dal fatto esclusivo di uno dei partecipanti, nel qual caso l'obbligo di riparare il muro comune è posto per l'intero a chi abbia cagionato il fatto che ha dato origine alla spesa.
Cass. civ. n. 10901/2024
Nel giudizio di risarcimento del danno derivato da colpa medica non costituisce inammissibile mutamento della domanda la circostanza che l'attore, dopo avere allegato nell'atto introduttivo che l'errore del sanitario sia consistito nell'imperita esecuzione di un intervento chirurgico, nel concludere alleghi, invece, che l'errore sia consistito nell'inadeguata assistenza postoperatoria, dovendosi considerare il fatto costitutivo, idoneo a delimitare l'ambito dell'indagine, nella sua essenzialità materiale, senza che le specificazioni della condotta, inizialmente indicate dall'attore, possano avere portata preclusiva, stante l'inesigibilità dell'individuazione ex ante di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all'esito dell'istruttoria e dell'espletamento di una c.t.u. (In applicazione del principio, la S.C., in una fattispecie di decesso di un paziente dovuto a shock settico conseguito ad una lesione intestinale, ha rigettato i motivi di ricorso con cui si censurava la sentenza d'appello per aver basato il giudizio di responsabilità su un fatto diverso, sia rispetto a quello posto a fondamento della condanna in primo grado - diversamente individuando l'errore di esecuzione dell'intervento, nonostante la mancanza di appello incidentale sul punto - sia riguardo a quello dedotto con l'atto di citazione, individuando ulteriori profili di responsabilità nella mancata applicazione di drenaggi, dedotta da parte attrice solo in comparsa conclusionale, e nell'omessa vigilanza post-operatoria, rilevata solo con l'appello incidentale).
Cass. civ. n. 10720/2024
La tutela inibitoria rientra tra i rimedi previsti dall'art. 2043 c.c. essendo riconducibile alla reintegrazione in forma specifica di cui all'art. 2058 c.c. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della Corte d'appello che aveva rigettato la domanda spiegata da un concessionario di tre piste di down hill, volta ad ottenere l'ordine al convenuto di non utilizzare le dette piste, ritenendo erroneamente che la rinuncia della parte alle domande riconducibili alle disposizioni di cui agli artt. 2598 e ss. c.c., ma non a quelle spiegate ex art. 2043 c.c., comportasse anche la rinuncia implicita alla domanda inibitoria).
Cass. civ. n. 9960/2024
In tema di responsabilità della pubblica amministrazione, il danno derivante dall'illecito rifiuto dell'amministrazione comunale di addivenire alla stipula della convenzione di lottizzazione, dopo averne approvato il progetto, non va parametrato all'utilità perduta, bensì all'interesse negativo a non essere coinvolti in operazioni rivelatesi inutili, in quanto il carattere ingiustificato del ripensamento integra una violazione del principio dell'"alterum non laedere", sotto forma della lesione della libertà negoziale.
Cass. civ. n. 8826/2024
In caso di illecito ambientale, la prescrizione del credito risarcitorio del proprietario del sito inquinato, non responsabile dell'inquinamento e che ne abbia sostenuto le spese di bonifica, nei confronti del responsabile dell'inquinamento decorre dal momento della prima manifestazione del danno, da identificarsi in quello in cui egli abbia ricevuto l'ingiunzione a provvedere alla bonifica.
Cass. civ. n. 8778/2024
In presenza di fatti imputabili a più persone, coevi o succedutisi nel tempo, deve essere riconosciuta a tutti un'efficacia causativa del danno, ove abbiano determinato una situazione tale che, senza l'uno o l'altro di essi, l'evento non si sarebbe verificato, mentre deve attribuirsi il rango di causa efficiente esclusiva ad uno solo dei fatti imputabili quando lo stesso, inserendosi quale causa sopravvenuta nella serie causale, interrompa il nesso eziologico tra l'evento dannoso e gli altri fatti, ovvero quando il medesimo, esaurendo sin dall'origine e per forza propria la serie causale, riveli l'inesistenza, negli altri fatti, del valore di concausa e li releghi al livello di occasioni estranee. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che, in una fattispecie di compravendita immobiliare inefficace perché stipulata da falsus procurator, aveva condannato al risarcimento dei danni, nei confronti dell'apparente venditore, non solo i notai roganti la falsa procura e la compravendita, ma anche il compratore, rilevando come le condotte dei due notai avevano esaurito fin dall'origine la serie causale del danno evento).
Cass. civ. n. 8547/2024
In tema di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, non è viziata da ultrapetizione la decisione di merito che - in caso di domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla morte di un congiunto per una responsabilità sanitaria correlata a ritardo diagnostico - accerta che il danno-evento determinato dall'errore medico non è costituito dal decesso, bensì dalla significativa riduzione della durata della vita della vittima, sempre che il giudizio di fatto compiuto nel merito non sia fondato su fatti diversi rispetto a quelli allegati dalla parte con la domanda originaria.
Cass. civ. n. 8543/2024
In tema di responsabilità professionale del notaio, la trascrizione di un atto poi dichiarato inefficace non costituisce illecito permanente, in quanto l'eventuale pregiudizio subito dal terzo non è conseguenza della trascrizione, in sé legittima, ma dell'atto inefficace in base al quale si è proceduto ad essa, sicchè la prescrizione del diritto al risarcimento del danno che si assume causato a terzi dal notaio è soggetta al termine di cui all'art. 2947 c.c., decorrente non dalla cancellazione della formalità, ma dal compimento dell'atto e della correlata pubblicità nei registri immobiliari.
Cass. civ. n. 8248/2024
In tema diffamazione a mezzo stampa, al fine di garantire un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto ed un'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno non patrimoniale deve essere liquidato, in via equitativa, secondo i criteri elaborati dal Tribunale di Milano, che prevedono, salva la possibilità di applicare dei correttivi alla luce della specifica situazione, parametri oggettivi e largamente diffusi, tra i quali: la notorietà del diffamante, la carica pubblica o il ruolo istituzionale o professionale eventualmente ricoperti dalla persona diffamata, la natura della condotta diffamatoria, l'esistenza di condotte diffamatorie singole o reiterate, lo spazio occupato dalla notizia diffamatoria, l'intensità dell'elemento psicologico in capo all'autore della diffamazione, il mezzo con cui è stata perpetrata la diffamazione e la sua diffusione, la risonanza mediatica suscitata dalle notizie, la natura e l'entità delle conseguenze sull'attività professionale e sulla vita del diffamato, la rettifica successiva o lo spazio dato a dichiarazioni correttive del diffamato.
Cass. civ. n. 8217/2024
In tema di risarcimento dei danni da responsabilità civile, il danneggiato, a fronte di un unitario fatto illecito produttivo di danni a cose e persone, non può frazionare la tutela giudiziaria, agendo separatamente per il risarcimento dei relativi danni, neppure mediante riserva di farne valere ulteriori e diversi in altro procedimento, trattandosi di condotta che aggrava la posizione del danneggiante-debitore, ponendosi in contrasto al generale dovere di correttezza e buona fede e risolvendosi in un abuso dello strumento processuale, salvo che risulti in capo all'attore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata. (In applicazione del detto principio, la S.C. ha confermato la decisione impugnata che aveva ritenuto illegittima la condotta processuale degli attori, i quali, in seguito ad un sinistro stradale nel quale avevano perso la vita entrambi i genitori, avevano agito con due separati giudizi, chiedendo nell'uno il risarcimento per i danni subiti in conseguenza della morte del padre e, nell'altro, i danni conseguenti alla morte della madre).
Cass. civ. n. 8036/2024
In caso di prestazione sanitaria resa in ambito di pronto soccorso, in presenza di una sintomatologia aspecifica del paziente, la valutazione della diligenza del medico deve essere operata avuto riguardo alla rapidità dell'inquadramento diagnostico e alla determinazione degli accertamenti indispensabili al pronto intervento per confermare la diagnosi e predisporre con speditezza le azioni per la risoluzione della patologia che ha determinato l'accesso al pronto soccorso. (In applicazione del principio, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva respinto la domanda di risarcimento dei danni conseguenti al ritardo della diagnosi di una mielopatia cervicale in ernie discali, proposta da un paziente che, al momento dell'accesso al pronto soccorso, presentava sintomi non specifici di tale malattia neurologica e tali da indurre alla verifica soltanto dell'alternativa tra una patologia cardiaca e una di rilevanza ortopedica e che era stato dimesso nella stessa giornata, dopo che erano stati esclusi, all'esito di esami strumentali, disturbi cardiaci, con diagnosi di artrosi acromion-claveare sinistra, con segni di conflitto sub acromiale ed artrosi cervicale e consiglio di sottoporsi a visita ortopedica).
Cass. civ. n. 7073/2024
L'entrata in vigore della l. n. 97 del 2013 (che, modificando l'art. 311 del d.lgs. n. 152 del 2006, ha concentrato la legittimazione attiva in capo al Ministero dell'Ambiente) non fa venir meno la legittimazione dei soggetti o enti territoriali diversi dallo Stato a coltivare i giudizi di risarcimento del danno ambientale precedentemente instaurati, né determina l'inammissibilità della domanda risarcitoria per equivalente che vi sia stata eventualmente proposta, ferma restando la necessità di coordinarne la statuizione di accoglimento con le prescrizioni della nuova disciplina, alla cui stregua il giudice è tenuto ad individuare le misure di riparazione primaria, complementare e compensativa e a determinarne il costo, il cui rimborso potrà essere oggetto di condanna nei confronti dei danneggianti nel caso di omessa o incompleta esecuzione delle stesse.
Cass. civ. n. 6895/2024
Nell'opposizione all'esecuzione, promossa sulla base di una condanna penale al pagamento di una provvisionale, non è consentito contestare il diritto di agire in executivis deducendo l'assenza del nesso di causalità tra il fatto dannoso ed il pregiudizio lamentato dalla parte civile, perché l'instabilità della provvisionale - provvedimento inidoneo al giudicato, in quanto caratterizzato da una diuturna ed indefinita provvisorietà, e quindi suscettibile di essere rimesso in discussione "sine tempore" (e anche travolto) in un ordinario giudizio civile - non investe ogni possibile aspetto del rapporto risarcitorio, posto che detta condanna è invece munita di una circoscritta efficacia preclusiva nel giudizio civile avente ad oggetto il danno derivante dal reato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito di rigetto dell'opposizione a precetto proposta dall'intimato, riconosciuto penalmente responsabile del reato di bancarotta colposa semplice e condannato al pagamento di una provvisionale nei confronti di tutti gli obbligazionisti costituitisi parte civile, con cui si deduceva l'inesistenza del credito risarcitorio degli intimanti obbligazionisti di società del gruppo diverse da quella di cui aveva causato il dissesto e di quelli divenuti obbligazionisti in data successiva a quella in cui aveva cessato la carica di consigliere di amministrazione).
Cass. civ. n. 5922/2024
L'accertamento del nesso di causalità nella responsabilità sanitaria è improntato alla regola di funzione della preponderanza dell'evidenza (o del "più probabile che non"), la quale, con riguardo al caso in cui, rispetto a uno stesso evento, si pongano un'ipotesi positiva e una complementare ipotesi negativa, impone al giudice di scegliere quella rispetto alla quale le probabilità che la condotta abbia cagionato l'evento risultino maggiori di quelle contrarie, e con riguardo, invece, al caso in cui, in ordine allo stesso evento, si pongano diverse ipotesi alternative, comporta che il giudice dapprima elimini, dal novero delle ipotesi valutabili, quelle meno probabili e poi analizzi le rimanenti ipotesi ritenute più probabili, selezionando, infine, quella che abbia ricevuto, secondo un ragionamento di tipo inferenziale, il maggior grado di conferma dalle circostanze di fatto acquisite al processo, in ogni caso esercitando il proprio potere di libero apprezzamento di queste ultime tenendo conto della qualità, quantità, attendibilità e coerenza delle prove disponibili, dalla cui valutazione complessiva trarre il giudizio probabilistico. (Nella specie, relativa alle lesioni occorse ad un paziente a seguito dell'errata esecuzione dell'anestesia nell'ambito di un intervento chirurgico per ipertrofia prostatica, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, che, nel rigettare la domanda sull'erroneo presupposto che competesse all'attore l'onere di provare la condotta imperita del medico, aveva omesso di formulare qualsivoglia valutazione, in punto di nesso causale, degli elementi di prova dallo stesso forniti e delle risultanze dell'accertamento tecnico preventivo, che pure avevano individuato una relazione probabilistica tra la manovra anestesistica e i postumi neurologici ed ortopedici reliquati).
Cass. civ. n. 5787/2024
Il danno da lesione della capacità di guadagno, derivante dall'invalidità permanente parziale causata a una persona che, al momento del fatto illecito, non svolgeva alcuna attività lavorativa, deve essere liquidato prendendo, quale base reddituale, quella corrispondente all'attività lavorativa che il danneggiato, se non fosse intervenuto l'evento dannoso, avrebbe presumibilmente esercitato in futuro, tenuto conto della sua posizione economica e sociale e di quella della sua famiglia, delle correlative possibilità di scelta secondo l'id quod plerumque accidit, del tipo di studi intrapresi e degli esiti raggiunti. (In applicazione del principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva parametrato la liquidazione del danno subito da una persona che aveva conseguito il diploma in geometria e che si era iscritta al relativo esame di abilitazione, al reddito medio di un geometra abilitato alla professione, rilevando che la concreta individuazione di un reddito di lavoro a cui il danneggiato possa ragionevolmente aspirare esclude il ricorso al criterio residuale del triplo della pensione sociale di cui all'art. 137 c.ass.).
Cass. civ. n. 5769/2024
In tema di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, la presunzione iuris tantum di esistenza del pregiudizio - configurabile per i membri della famiglia nucleare "successiva" (coniuge e figli) - si estende ai membri della famiglia "originaria" (genitori e fratelli), senza che assuma ex se rilievo il fatto che la vittima ed il superstite non convivessero o che fossero distanti; tale presunzione impone al terzo danneggiante l'onere di dimostrare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, con conseguente insussistenza in concreto dell'aspetto interiore del danno risarcibile (c.d. sofferenza morale) derivante dalla perdita, ma non riguarda, invece, l'aspetto esteriore (c.d. danno dinamico-relazionale), sulla cui liquidazione incide la dimostrazione, da parte del danneggiato, dell'effettività, della consistenza e dell'intensità della relazione affettiva (desunta dalla coabitazione o da altre allegazioni fornite di prova).
Cass. civ. n. 5701/2024
In tema di diffamazione, nell'ipotesi di comunicazione con una unica persona, l'elemento oggettivo dell'illecito, integrato dalla diffusività della condotta denigratoria, sussiste solo nell'ipotesi in cui l'agente esprima la volontà o ponga in essere un comportamento tale da provocare l'ulteriore diffusione del contenuto diffamatorio attraverso il destinatario, non essendo sufficienti a far ritenere l'implicita accettazione, da parte del mittente, del rischio di diffusione le caratteristiche intrinseche dello strumento di comunicazione utilizzato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la sussistenza dell'illecito in presenza di più comunicazioni, ma tutte indirizzate, sul canale Facebook privato, ad un singolo destinatario, non potendo presumersi che i messaggi inviati tramite social network sui canali di posta privati siano, di per sé, destinati alla diffusione ad altre persone).
Cass. civ. n. 5380/2024
Nell'ipotesi di dolo incidente ex art. 1440 c.c., il danno risarcibile corrisponde al minor vantaggio o al maggior aggravio economico rispetto alle diverse condizioni alle quali sarebbe stato concluso il contratto in mancanza della condotta dolosa, nonché agli ulteriori pregiudizi correlati alla lesione dell'interesse positivo sotteso all'accordo, ove discendenti dalla suddetta condotta alla stregua dell'art. 1223 c.c. (Nella specie, con riferimento alla responsabilità precontrattuale dei promittenti alienanti per aver sottaciuto, in sede di conclusione del contratto preliminare di compravendita di un immobile, la circostanza che quest'ultimo fosse gravato da servitù di passaggio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nel commisurare il risarcimento al minor valore di scambio che sarebbe stato attribuito al bene ove fosse stata conosciuta la servitù, aveva escluso la risarcibilità del pregiudizio patrimoniale corrispondente alle spese sopportate per addivenire a una soluzione transattiva con i relativi titolari, ritenendolo non causalmente riconducibile al contegno decettivo).
Cass. civ. n. 5277/2024
In tema di diffamazione, ove le dichiarazioni che si assumono offensive siano state rese, in funzione difensiva, in seno a un procedimento disciplinare, la verifica dell'eventuale riconducibilità delle stesse nell'ambito del legittimo esercizio del diritto di difesa dev'essere compiuta in via logicamente preliminare rispetto all'accertamento della sussistenza dei presupposti della speciale esimente di cui all'art. 598 c.p. (Nella specie, la S.C., con riferimento alle dichiarazioni rese, in un procedimento disciplinare, da due commercialisti nei riguardi di un collega che aveva presentato un esposto nei loro confronti, ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto integrato il reato di diffamazione, senza verificare se le stesse si fossero mantenute nei limiti del legittimo esercizio del diritto di difesa e, decidendo la causa nel merito, ha rigettato la domanda risarcitoria, in considerazione della mancanza di allegazione e prova della diffusione delle suddette dichiarazioni al di fuori del procedimento in questione).
Cass. civ. n. 5212/2024
Ai fini della decorrenza del termine quinquennale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, nei casi previsti dall'art. 2947, comma 3, secondo periodo, c.c., nella nozione di sentenza penale irrevocabile deve ritenersi compresa anche quella di non luogo a procedere ex art.425 c.p.p., in coerenza con la ratio della disposizione citata di escludere l'effetto - più favorevole per il danneggiato - dell'applicazione del termine prescrizionale più ampio previsto per il reato, nei casi in cui il procedimento penale per gli stessi fatti causativi di responsabilità civile non abbia avuto un esito fausto per il danneggiato.
Cass. civ. n. 5131/2024
In caso di condanna generica al risarcimento dei danni contenuta nella sentenza penale, se il giudice penale non si sia limitato a statuire solo sulla potenzialità dannosa del fatto addebitato al soggetto condannato e sul nesso eziologico in astratto, ma abbia accertato e statuito sull'esistenza in concreto di detto danno e del relativo nesso causale con il comportamento del soggetto danneggiato, valgono sul punto i principi del giudicato.
Cass. civ. n. 4955/2024
In tema di responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa, l'attività di qualificazione giuridica di un fatto, così come emerge nella sua realtà storica dagli atti del processo di merito e dallo stesso contenuto della sentenza impugnata, è suscettibile di verifica e riesame in sede di legittimità, anche per una ragione giuridica diversa da quella indicata dalla parte ed individuata d'ufficio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto il carattere diffamatorio di un articolo di stampa, applicando erroneamente i principi che presiedono all'esercizio del diritto di critica ed omettendo di valutare la fattispecie concreta nella più specifica dimensione del c.d. giornalismo d'inchiesta).
Cass. civ. n. 4658/2024
La determinazione del risarcimento dovuto a titolo di danno biologico iure hereditatis, nel caso in cui il danneggiato sia deceduto dopo un apprezzabile lasso di tempo dall'evento lesivo, va commisurata all'invalidità temporanea rapportabile a tale periodo, ferma restando la necessità di adeguarla alle circostanze del caso concreto, tenuto conto che il pregiudizio, pur temporaneo, ha raggiunto la massima intensità, esitando nella morte e non già nella stabilizzazione dei postumi. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che, a fronte della morte intervenuta, a causa di precedente contagio da emotrasfusioni infette, a distanza di oltre due anni e mezzo dalla diagnosi di cirrosi epatica da HCV, aveva liquidato il danno biologico invocato iure hereditatis dagli attori rapportandolo all'invalidità permanente, anziché all'invalidità temporanea).
Cass. civ. n. 4415/2024
In tema di responsabilità derivante da emotrasfusioni con sangue infetto, la compensatio lucri cum damno fra l'indennizzo ex l. n. 210 del 1992 e il risarcimento del danno opera anche nel caso di apparente non coincidenza fra il danneggiante e il soggetto che eroga la provvidenza (nella specie, rispettivamente, la regione e il commissario liquidatore dell'USL, da un lato, e il Ministero della Difesa dall'altro), nonostante quest'ultimo, ai sensi della legge suddetta, non sia abilitato ad agire in surrogazione nei confronti del primo, allorquando possa comunque escludersi che, per effetto del diffalco, si determini un ingiustificato vantaggio per il responsabile.
Cass. civ. n. 4289/2024
Reddito effettivamente percepito dalla vittima - Cessazione del rapporto lavorativo - Stato di disoccupazione - Applicabilità - Condizioni e limiti. In tema di danni alla persona, in applicazione del principio dell'integralità del risarcimento sancito dall'art. 1223 c.c., il danno da perdita della capacità lavorativa specifica deve essere liquidato - ferma restando l'esigenza di tener conto anche della persistente, benché ridotta, capacità di reperire e mantenere altra occupazione retribuita - in base al reddito che il danneggiato avrebbe potuto conseguire proseguendo nell'attività lavorativa perduta a causa dell'illecito o dell'inadempimento, sia nell'ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro in atto al tempo dell'evento dannoso, sia in quella di stato di disoccupazione, purché questa sia involontaria e incolpevole, nonché temporanea e contingente, e sussista ragionevole certezza o positiva dimostrazione che lo stesso danneggiato, se rimasto sano, avrebbe intrapreso un nuovo rapporto di lavoro avente ad oggetto la medesima attività o altra confacente al proprio profilo professionale.
Cass. civ. n. 4252/2024
In tema di valutazione della prova, l'avvenuto risarcimento del danno in favore della persona offesa che non si sia costituita parte civile non ne mina la credibilità come testimone, trovandosi altrimenti la predetta nell'anomala condizione di dover rinunciare all'esercizio del diritto riconosciutole dall'ordinamento in conseguenza dell'illecito subito per poter essere creduta. (In motivazione, la Corte ha altresì affermato che non è offerta al giudice alcuna prova della penale responsabilità in conseguenza dell'avvenuto risarcimento del danno, essendo questo un istituto privatistico, non suscettibile di essere inteso come una confessione tacita, giudiziale o extragiudiziale).
Cass. civ. n. 4105/2024
In tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, non è ravvisabile una mutatio libelli qualora a fondamento della domanda venga dedotta, inizialmente, la violazione del requisito della continenza formale (nella specie l'illecito accostamento del calciatore al giro delle scommesse clandestine) e, in sede di prima memoria ex art. 183 c.p.c., la violazione del requisito della verità (intesa come omessa informazione del dubbio che gli inquirenti avrebbero formulato circa la vera identità del calciatore citato nelle intercettazioni), posto che il thema decidendum, costituito dall'accertamento della sussistenza dei presupposti della diffamazione a mezzo stampa a fini risarcitori, rimane immutato.
Cass. civ. n. 3917/2024
La responsabilità risarcitoria del consulente tecnico d'ufficio per i danni arrecati alle parti, prevista dall'art. 64 c.p.c., è diretta ed esclusiva, non essendo ipotizzabile una concorrente responsabilità del Ministero della Giustizia, e non è limitata alla colpa grave, rispondendo il perito per i danni provocati alle parti da un suo comportamento doloso o colposo. (In applicazione del principio la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva affermato il difetto di legittimazione passiva, rispetto alla domanda risarcitoria delle parti civili, dei consulenti tecnici designati dal P.M. in sede di indagini preliminari, perché operanti esclusivamente quali ausiliari del giudice in funzione del superiore interesse della giustizia).
Cass. civ. n. 3755/2024
La cognizione sulla domanda risarcitoria del privato per i danni causati dalla mancata adozione di atti che avrebbero dovuto essere emanati da parte dell'autorità amministrativa competente spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo, poiché si risolve nella contestazione circa l'omesso o cattivo (in tempi e modi non congrui) esercizio di un dato potere da parte dell'Amministrazione, donde la posizione giuridica soggettiva del danneggiato è costituita dall'interesse legittimo al corretto esercizio di tale potere; sussiste, per converso, la giurisdizione del giudice ordinario nell'ipotesi di responsabilità civile della P.A. per lesione del legittimo affidamento del privato da contatto sociale "qualificato", ovvero in quella in cui, sebbene l'inerzia della P.A. sia collegata al mancato esercizio di attività provvedimentale, la stessa assuma natura di attività vincolata. (Nella specie, la S.C. - in relazione a domanda risarcitoria di una società, riferita ai ritardi di un Comune nel completamento di opere viarie, rientranti in quelle di urbanizzazione primaria previste nel P.R.G. e disciplinate da apposita convenzione, nonché nella conclusione del procedimento per l'espropriazione e la demolizione di un rudere di proprietà di terzi ubicato sulla direttrice stradale incompiuta - ha confermato la sentenza impugnata, affermando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in relazione sia all'art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, sia all'art. 133, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 104 del 2010).
Cass. civ. n. 3231/2024
In caso di riorganizzazione delle articolazioni territoriali del servizio sanitario nazionale tramite fusione, per incorporazione, di due o più AUSL preesistenti in un'unica Azienda ULSS, qualora l'evento dannoso subito da un paziente sia conseguito al contatto con più strutture confluite nell'incorporante, quest'ultima ha interesse all'accertamento del nesso causale tra l'attività svolta in ciascuna struttura e il danno, nonché alla ripartizione della responsabilità tra le due strutture, sia al fine di essere garantita dalle assicurazioni di ciascuna incorporata, sia per potersi rivalere nei confronti dei sanitari responsabili, in proporzione delle rispettive responsabilità.
Cass. civ. n. 2840/2024
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento dei danni da emotrasfusioni con sangue infetto, l'indennizzo previsto dall'art. 2, comma 3, della l. n. 210 del 1992 dev'essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo risarcitorio per il principio della "compensatio lucri cum damno"; inoltre, la "compensatio" è rilevabile d'ufficio dal giudice il quale, per determinarne l'esatta misura, può avvalersi del proprio potere officioso di sollecitazione presso gli uffici competenti, il cui esercizio, di regola non suscettibile di sindacato di legittimità, non può essere immotivatamente omesso quando la percezione dell'indennizzo è stata ammessa, essendo necessario per verificarne lo specifico ammontare, e per inibire un'ingiustificata locupletazione risultata certa, anche se non nella sua misura. (In applicazione di tale principio la S.C. ha affermato la sindacabilità del mancato esercizio del potere di acquisire informazioni ex art. 213 c.p.c. in un caso in cui l'erogazione dell'indennizzo, ammessa dall'avente diritto senza indicare l'importo riscosso, era stata effettuata non dal predetto Ministero, ignaro perciò dell'esatto ammontare percepito, ma dalla Regione Sicilia).
Cass. civ. n. 2725/2024
In tema di danni lungolatenti da emotrasfusione, il momento della contrazione della malattia è di per sé irrilevante a fini risarcitori; quanto ai successivi momenti, la manifestazione di sintomi incidenti sull'integrità fisica può radicare il diritto al risarcimento del danno biologico, mentre l'acquisita consapevolezza della specifica e grave patologia diagnosticata, eventualmente anche precedente all'apparizione dei sintomi, può far sorgere il diritto al risarcimento del danno morale da sofferenza.
Cass. civ. n. 2340/2024
In tema di risarcimento dei danni da emotrasfusione, gli interessi sul credito risarcitorio decorrono dal momento di manifestazione dei sintomi della malattia contratta in ragione delle trasfusioni infette e non dall'epoca a cui queste risalgono, in quanto il danno biologico non consiste nella semplice lesione dell'integrità psicofisica in sé e per sé considerata, bensì nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona, sicché, fino a che tali conseguenze non si manifestano, difetta un danno risarcibile.
Cass. civ. n. 2232/2024
Il contratto di appalto avente ad oggetto l'allestimento di un bene, con affidamento in custodia all'appaltatore, non dispiega effetti protettivi a favore del terzo proprietario diverso dal committente, atteso che, fatta eccezione per il circoscritto campo delle prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione, trova applicazione il principio generale di efficacia limitata alle parti degli effetti negoziali di cui all'art. 1372, comma 2, c.c.; ne discende che le conseguenze pregiudizievoli dell'inadempimento contrattuale nei confronti dei terzi hanno natura riflessa e comportano una responsabilità che è di tipo extracontrattuale, soggetta al termine di prescrizione quinquennale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto, per intervenuta prescrizione quinquennale, della domanda svolta dalla proprietaria di un natante, posto sotto sequestro e successivamente affidato dalla Guardia di finanza in custodia a una società appaltatrice, di risarcimento del danno patito in conseguenza della distruzione del bene a seguito di un incendio).
Cass. civ. n. 2203/2024
In tema di responsabilità civile, la lesione del diritto alla "serenità personale e familiare" conseguente a immissioni illecite può generare un danno risarcibile, che, tuttavia, non è in re ipsa, ma deve essere, innanzitutto, allegato in maniera circostanziata, con riferimento a fatti specifici, concreti e indicativi del lamentato peggioramento qualitativo della vita (attraverso il raffronto tra la situazione precedente e quella successiva alle immissioni), e, poi, provato, anche mediante presunzioni. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva accolto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale lamentato dagli attori quale conseguenza di una frana, causata da lavori eseguiti dalla convenuta nel suo fondo, verificatasi a poca distanza dalla loro abitazione sulla base della verosimiglianza e della gravità del timore di abitare nelle vicinanze di un'area interessata da eventi franosi, senza accertare se l'allegazione degli attori fosse idoneamente circostanziata per la necessaria verifica in concreto della gravità della lesione del diritto e della serietà del danno, tenuto conto che la stessa riconducibilità del "rischio frana" nell'ambito delle immissioni intollerabili avrebbe dovuto essere oggetto di adeguata valutazione).
Cass. civ. n. 1607/2024
In tema di danno patrimoniale da lesione della salute ove, in conseguenza dell'illecito, il danneggiato abbia subito una perdita della capacità lavorativa specifica e un conseguente demansionamento che abbia determinato una riduzione della retribuzione precedentemente percepita, è risarcibile, a titolo di danno futuro, da valutare in via prognostica, non solo la componente fissa della retribuzione, ma anche tutti i relativi accessori ed i probabili aumenti retributivi, in ossequio al principio di integralità del risarcimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, nella liquidazione del danno patrimoniale, non aveva tenuto conto delle somme che il danneggiato avrebbe percepito a titolo di indennità per la specifica prestazione di macchinista precedentemente svolta alle dipendenze di Trenitalia S.p.A., e che, a seguito dei postumi permanenti riportati in un incidente stradale, consistenti in "acufeni con ipoacusia", non aveva più potuto svolgere, con conseguente suo impiego in mansioni tecnico amministrative presso la stessa società).
Cass. civ. n. 252/2024
In caso di occupazione sine titulo di un immobile di proprietà comunale da parte di un ufficio giudiziario, non è configurabile un danno in re ipsa, pari al valore locatizio del bene, per l'amministrazione del Comune, che è tenuto a sostenere le spese per la locazione degli uffici giudiziari in forza dell'art. 1, comma 1, n. 2, l. n. 392 del 1941. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che, dopo aver condannato il Ministero della Giustizia al rilascio dell'immobile occupato da uffici del CISIA, aveva rigettato la domanda risarcitoria, in mancanza di prova di un danno maggiore di quello corrispondente alla perdita dei canoni locativi).
Cass. civ. n. 36593/2023
L'art. 96 c.p.c. si pone in rapporto di specialità rispetto all'art. 2043 c.c., sicché la responsabilità processuale aggravata, pur rientrando nella generale responsabilità per fatti illeciti, ricade interamente, in tutte le sue ipotesi, sotto la disciplina del citato art. 96 c.p.c., senza che sia configurabile un concorso, anche alternativo, tra le due fattispecie, risultando conseguentemente inammissibile la proposizione di un autonomo giudizio di risarcimento per i danni asseritamente derivati da una condotta di carattere processuale, i quali devono essere chiesti esclusivamente nel relativo giudizio di merito. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto ammissibile la domanda volta al risarcimento dei danni derivanti dall'abusivo esercizio dell'azione esecutiva, proposta autonomamente anziché in seno al giudizio di opposizione ex art. 615 c.p.c., nel quale era stata accertata l'inesistenza del credito vantato dal procedente).
Cass. civ. n. 36530/2023
In tema di responsabilità civile per diffamazione a mezzo stampa, l'efficacia esimente del diritto di critica postula la verità (anche putativa) del fatto suscettibile di rivestire valenza diffamatoria e non di altri, nemmeno se costituenti il presupposto del primo. (Nella specie - relativa a un caso in cui un questore aveva affermato che dovevano interpretarsi come un implicito invito a un gruppo di facinorosi a prendere parte a una manifestazione di protesta le dichiarazioni rese dall'organizzatore, il quale aveva preannunciato che non vi sarebbe stato un servizio d'ordine interno -, la S.C ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto integrata la scriminante del diritto di critica, erroneamente incentrando il giudizio di verità sul contenuto estrinseco delle suddette dichiarazioni, anziché sul fatto che dalle stesse era stato indotto, consistente nell'agevolazione delle azioni violente ventilate dal gruppo sopra richiamato).
Cass. civ. n. 36524/2023
A seguito di annullamento, ai soli effetti civili, della sentenza penale di proscioglimento dell'imputato per prescrizione del reato, il giudice civile di rinvio ex art. 622 c.p.p. deve procedere a un'autonoma qualificazione del fatto, indipendente dalla formale imputazione penale, restando conseguentemente irrilevante la mancata formulazione, in quella sede, della contestazione suppletiva ex art. 521 c.p.p. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte d'appello che, pronunciandosi in sede di rinvio ex art. 622 c.p.p., aveva accolto la domanda risarcitoria proposta dalla parte civile vittima di lesioni personali, reputando irrilevante, ai fini civilistici, che all'iniziale contestazione, in sede penale, delle stesse quali aggravante del reato di rissa non fosse seguita una rituale contestazione suppletiva quale autonomo titolo di reato, ai sensi dell'art. 521 c.p.p.).
Cass. civ. n. 36519/2023
In virtù della formulazione letterale dell'art. 142, comma 1, c.ass. (che fa generico riferimento alle "spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato"), il diritto di surrogazione in favore dell'INAIL comprende anche le spese sostenute per l'accertamento della spettanza e della misura dell'indennizzo, benché le stesse non siano qualificabili in senso stretto alla stregua di danno patrimoniale dal punto di vista del danneggiato.
Cass. civ. n. 36511/2023
In caso di violazione delle distanze legali per l'apertura di vedute ex art. 905 c.c., l'azione volta alla condanna al ripristino dello stato dei luoghi, integrando un'actio negatoria servitutis di carattere reale, può essere proposta esclusivamente nei confronti del proprietario dell'immobile dal quale la veduta abusiva è esercitata, mentre l'azione risarcitoria per il conseguente pregiudizio è esperibile tanto nei confronti di quest'ultimo quanto dell'autore della violazione, quali responsabili in solido.
Cass. civ. n. 36399/2023
Poiché l'appaltatore gode di autonomia organizzativa e gestionale, una responsabilità del committente per i danni causati a terzi durante l'esecuzione dell'opera è configurabile solo quando l'opera sia stata affidata a un'impresa manifestamente inidonea (cd. culpa in eligendo) ovvero quando la condotta causativa del danno sia stata imposta all'appaltatore dal committente stesso, attraverso rigide ed inderogabili direttive, costituendo l'accertamento della sussistenza di tali circostanze un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, come tale incensurabile in sede di legittimità ove correttamente motivata.
Cass. civ. n. 36270/2023
Poiché, ai fini del concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, è necessario che il comportamento del debitore, avulso dalla fattispecie obbligatoria, rivesta un'autonoma rilevanza giuridica come atto illecito ex art 2043 c.c., in caso di perdita delle cose trasportate deve escludersi la responsabilità extracontrattuale del vettore o del subvettore nei confronti del proprietario di esse (sia questi il mittente o un terzo) per inadempimento dell'obbligazione accessoria della custodia, che non è configurabile al di fuori e indipendentemente dal contratto di trasporto.
Cass. civ. n. 36099/2023
L'omessa esecuzione della sentenza di condanna al risarcimento del danno permanente non integra un autonomo titolo di responsabilità rispetto alla iniziale condotta illecita, contribuendo, piuttosto, ad aggravarne le conseguenze.
Cass. civ. n. 35998/2023
In ragione dell'inconfigurabilità di un danno tanatologico, la perdita della vita anticipatamente rispetto a quando si sarebbe verificata per causa non imputabile al responsabile non integra un danno risarcibile per colui che la subisce (invocabile, dunque, iure successionis dai suoi eredi), potendo, invece, configurarsi come pregiudizio da perdita del rapporto parentale, risarcibile iure proprio in favore dei congiunti, rispetto al quale la durata presumibile della residua sopravvivenza della vittima primaria rileva quale parametro per la relativa liquidazione equitativa. (Nella specie, la S.C. ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che, in un caso in cui l'errore medico aveva determinato la morte anticipata di un sessantatreenne il quale, in considerazione delle pregresse condizioni patologiche, si era accertato sarebbe sopravvissuto, con elevata probabilità, per altri sette anni, aveva liquidato il danno da perdita del rapporto parentale in favore dei suoi congiunti prendendo come riferimento i parametri della tabella di Milano e applicandovi una decurtazione equitativa del trenta per cento, in ragione della minore durata dell'aspettativa di vita residua della vittima rispetto a quella predicabile, per una persona di quell'età, in base alla statistica demografica).
Cass. civ. n. 35663/2023
Nel caso di lesione della salute di rilevante entità, occorsa a soggetto che, all'epoca del sinistro, non svolgeva alcuna attività lavorativa, il pregiudizio conseguente alla riduzione della capacità lavorativa generica è risarcibile quale danno patrimoniale allorquando, alla stregua di un criterio di regolarità causale, risulti diminuita la capacità del danneggiato di produrre reddito mediante lo svolgimento di occupazioni consone al livello d'istruzione posseduto. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che - a fronte di un'invalidità permanente del 36% occorsa a un sedicenne provvisto di un livello d'istruzione non elevato, tradottasi in disturbi quali la difficoltà di deambulazione, la zoppia e il basculamento del bacino - non gli aveva riconosciuto il danno da perdita della capacità lavorativa generica, né in termini di "appesantimento" del risarcimento tabellare del pregiudizio non patrimoniale, né sub specie di danno patrimoniale futuro).
Cass. civ. n. 34621/2023
In tema di azione di risarcimento danni da ingiuria, la sentenza di assoluzione "perché il fatto non costituisce più reato" pronunciata in appello a seguito dell'abrogazione della norma incriminatrice ex d.lgs. n.7 del 2016, non ha per effetto la completa eliminazione dell'illiceità del fatto, la quale va, pertanto, accertata dal giudice civile con pienezza di cognizione e sulla base di una adeguata valutazione, quantomeno indiziaria, delle acquisizioni fattuali e probatorie già compiute innanzi al giudice del dibattimento penale, onde evitare un'indebita dispersione delle stesse.
Cass. civ. n. 34570/2023
In tema di responsabilità del Ministero della Salute per i danni da emotrasfusione infetta, in caso di decesso del soggetto emotrasfuso, il termine di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni iure proprio, patiti dai congiunti, decorre dal giorno in cui il decesso venga percepito - o possa essere percepito usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche - quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, dovendo farsi riferimento non al momento della verificazione materiale dell'evento di danno, bensì al momento della conoscibilità del danno inteso nella sua dimensione giuridica. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva individuato il suindicato dies a quo nel momento della presentazione della domanda di indennizzo ex l. n. 210 del 1992, non potendo esso coincidere con la conoscenza, da parte dei congiunti, della patologia di cui era affetta la vittima, non essendo stati forniti elementi certi tali da far ritenere che essi non potessero ignorare l'eziopatogenesi della malattia).
Cass. civ. n. 34536/2023
Nel giudizio civile di risarcimento del danno da truffa aggravata ai danni dello Stato, qualora sia già intervenuta confisca in sede penale del profitto del reato ai sensi dell'art. 322 ter c.p. ovvero ai sensi dell'art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001, deve tenersi conto nella quantificazione del danno risarcibile, costituito da quanto indebitamente percepito dall'autore del reato, del valore economico dell'oggetto della confisca, pena una duplicazione risarcitoria in violazione del principio di effettività del danno.
Cass. civ. n. 34530/2023
Il proprietario che fa eseguire opere di escavazione nel suo fondo risponde, ex art. 840 c.c., direttamente del danno che esse causano al fondo confinante, anche se l'esecuzione dei lavori è stata data in appalto e, dunque, indipendentemente dal suo diritto di rivalsa nei confronti dell'appaltatore, la cui responsabilità verso i terzi danneggiati può eventualmente aggiungersi alla sua, ma non sostituirla od eliminarla.
Cass. civ. n. 34427/2023
In tema di responsabilità medica, ove le carenze colpose della condotta del medico, tipicamente omissive e astrattamente idonee a causare il pregiudizio lamentato, abbiano reso impossibile l'accertamento del nesso eziologico, tale deficit, non potendo logicamente riflettersi a danno della vittima, sia pur in generale onerata della dimostrazione del rapporto causale, rileva non solo in punto di accertamento della colpa ma anche al fine di ritenere dimostrata l'esistenza di un valido nesso causale tra l'operato del medico e il danno patito dal paziente. (In applicazione del principio la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di rigetto della domanda di risarcimento del danno da ritardo diagnostico e terapeutico di una neoplasia, ascritto al medico per la mancata effettuazione di un esame istologico, omissione che aveva reso impossibile accertare lo stadio della patologia e determinare se fosse possibile una terapia idonea ad evitare le conseguenze iatrogene riportate dalla paziente).
Cass. civ. n. 31817/2023
La mancata impugnazione delle parti civili della sentenza assolutoria pronunciata in primo grado dal giudice penale, poi riformata con sentenza irrevocabile di condanna penale dell'imputato, su gravame del solo pubblico ministero, non determina alcun effetto preclusivo nei confronti dell'azione risarcitoria promossa nel successivo giudizio civile nei confronti del medesimo imputato, dovendo escludersi la formazione di una sorta di giudicato (implicito) di rinuncia alla pretesa civile e di improponibilità della relativa domanda in sede civile.
Cass. civ. n. 31335/2023
In tema di responsabilità per danni derivanti dall'urto tra un autoveicolo ed un animale, la presunzione di responsabilità a carico del conducente (ex art. 2054 c.c.) concorre con la presunzione di colpa a carico del proprietario dell'animale, ma non prevale su questa, sicché, se uno dei soggetti interessati supera la presunzione posta a suo carico, la responsabilità grava sull'altro; se, invece, entrambi vincono la presunzione di colpa, ciascuno va esente da responsabilità; se nessuno dei due raggiunge la prova liberatoria, la responsabilità grava su ognuno in pari misura.
Cass. civ. n. 31301/2023
Poiché la responsabilità ex art. 1669 c.c. è speciale rispetto a quella prevista dalla norma generale di cui all'art. 2043 c.c., l'applicazione di quest'ultima può essere invocata soltanto ove non ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi della prima e non già al fine di superare i limiti temporali entro cui l'ordinamento positivo appresta la tutela specifica, ovvero senza poter "aggirare" il peculiare regime di prescrizione e decadenza che connota l'azione speciale.
Cass. civ. n. 31170/2023
In tema di proprietà industriale, il rimedio della retroversione degli utili, previsto dall'art. 125, comma 3, c.p.i., essendo finalizzato a dissuadere dall'attività contraffattiva l'operatore economico che sia più efficiente del titolare della privativa, non muta entità in caso di pluralità dei danneggiati, nei cui confronti il contraffattore non può essere tenuto, al tempo stesso, al risarcimento del lucro cessante (siccome superiore agli utili da lui conseguiti) in favore di uno ed alla retroversione degli utili in favore degli altri, ovvero ad una plurima retroversione in favore di ciascuno di loro, dovendo, semmai, il giudice di merito valutare come ripartire tra i diversi aventi diritto il risarcimento del danno o l'utile retrovertibile oggetto della condanna.
Cass. civ. n. 30992/2023
La facoltà del giudice penale di pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno ed alla provvisionale, prevista dall'art. 539 c.p.p., non incontra restrizioni di sorta in ipotesi di incompiutezza della prova sul quantum, bensì trova implicita conferma nei limiti dell'efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile per la restituzione e il risarcimento del danno fissati dall'art. 651 c.p.p. quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità ed all'affermazione che l'imputato l'ha commesso, con la conseguenza che deve escludersi che il giudicato penale si estenda alle conseguenze economiche del fatto illecito commesso dall'imputato. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso che fosse coperta dal giudicato l'affermazione del giudice penale in ordine alla insufficienza degli elementi probatori atti a quantificare il danno lamentato dalla parte civile).
Cass. civ. n. 30522/2023
In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel cd. giornalismo d'inchiesta – che ricorre allorquando il giornalista non si limiti alla divulgazione della notizia ma provveda egli stesso alla raccolta della stessa dalle fonti, attraverso un'opera personale di elaborazione, collegamento e valutazione critica, al fine di informare i cittadini su tematiche di interesse pubblico – il requisito della verità (anche putativa) va inteso in un'accezione meno rigorosa, implicando una valutazione non tanto dell'attendibilità e della veridicità della notizia, quanto piuttosto il rispetto dei doveri deontologici di lealtà e buona fede gravanti sul giornalista. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, in relazione a un articolo contenente un'inchiesta giornalistica sulla gestione dei voli di Stato, aveva ritenuto diffamatorie le notizie divulgate in merito all'alto ufficiale posto a capo della relativa organizzazione – definito, tra l'altro "dominus" e "boiardo dei cieli" -, omettendo di considerare che le suddette notizie erano state autonomamente acquisite dall'autore, attraverso fonti riservate ed ufficiali e riesaminando documenti pubblici o già noti, e che i relativi elementi di indagine erano stati, poi, posti a base di provvedimenti giurisdizionali successivi).
Cass. civ. n. 30293/2023
In tema di risarcimento del danno da lesione del diritto alla salute, le somme corrisposte dall'assicuratore sociale (nella specie, l'INAIL) devono essere detratte dal credito risarcitorio non secondo il criterio delle poste omogenee (vale a dire distinguendo, all'interno dell'indennizzo, le due sole poste del danno patrimoniale e non patrimoniale, e sottraendole dall'importo complessivamente liquidato, per ciascuna delle corrispondenti categorie, a titolo di risarcimento "civilistico"), bensì secondo quello delle poste identiche, dovendosi, pertanto, sottrarre dall'ammontare del risarcimento solo gli importi corrispondenti alle specifiche tipologie di pregiudizio oggetto del suddetto indennizzo.
Cass. civ. n. 29859/2023
Il dies a quo della prescrizione del diritto al risarcimento del danno da attività medico chirurgica si identifica non già con quello della verificazione materiale dell'evento lesivo, bensì con quello (che può non coincidere col primo) in cui il pregiudizio, alla stregua della diligenza esigibile all'uomo medio e del livello di conoscenze scientifiche proprie di un determinato contesto storico, possa essere astrattamente ricondotto alla condotta colposa o dolosa del sanitario; il relativo accertamento è oggetto di un giudizio di fatto, censurabile in cassazione nei limiti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva fatto coincidere il dies a quo della prescrizione del diritto al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale con il momento del decesso della vittima primaria, sul presupposto che di quest'ultimo fosse percepibile, in base all'ordinaria diligenza, la riconducibilità causale alla condotta potenzialmente inadempiente dei sanitari, trattandosi di intervento chirurgico routinario di osteosintesi).
Cass. civ. n. 29787/2023
La domanda di surrogazione proposta dall'INPS nei confronti del responsabile di un fatto illecito, avente ad oggetto il recupero delle somme versate all'assistito a titolo di assegno ordinario di invalidità ex art. 1 della l. n. 222 del 1984, esige la dimostrazione che la vittima abbia effettivamente subito un danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro, da accertare e liquidare con gli ordinari criteri della responsabilità civile.
Cass. civ. n. 29308/2023
Il risarcimento del pregiudizio patrimoniale corrispondente alle spese mediche sostenute dal danneggiato non può essere ridotto ai sensi dell'art. 1227, comma 2, c.c., per il sol fatto che egli abbia scelto di farsi curare da una struttura privata anziché pubblica, non essendo configurabile alcun obbligo di rivolgersi al sistema sanitario nazionale.
Cass. civ. n. 28626/2023
In caso di patologie conseguenti ad infezione da virus HBV, HIV e HCV, contratte a seguito di emotrasfusioni, è configurabile la responsabilità, ex art. 2043 c.c., del Ministero della salute - sebbene sprovvisto, all'epoca dell'evento lesivo, di compiti e poteri sulle procedure relative all'attività trasfusionale - anche per le trasfusioni praticate prima della l. n. 592 del 1967 e nella vigenza della circolare del Ministero della sanità n. 50 del 1966, a condizione che vengano accertate: a) l'inosservanza, da parte dell'operatore, delle specifiche prescrizioni di cautela e profilassi dettate dalla citata circolare; b) la riferibilità di tale inosservanza anche a manchevolezze imputabili al medico provinciale nel dare attuazione alle direttive; c) un legame causale tra l'inosservanza e l'evento dannoso, poiché la citata circolare, pur dettando norme di condotta con finalità di generica profilassi, era rivolta ai medici provinciali che, all'epoca, costituivano articolazioni periferiche del Ministero, ad esso organicamente riferibili. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di rigetto impugnata, poiché, trattandosi di infezione contratta nel giugno 1967, prima dell'entrata in vigore della l. n. 592 del 24 luglio 1967, non era stata allegata, né dimostrata, l'inosservanza della circolare n. 50 del 1966 ed il nesso causale tra essa e l'evento dannoso).
Cass. civ. n. 28418/2023
Il danno patrimoniale da ritardato compimento degli studi e conseguente ritardato ingresso nel mondo del lavoro è risarcibile se provato dal danneggiato, anche tramite presunzioni. (In applicazione del principio la Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che non aveva riconosciuto, per mancanza di prova, il risarcimento di tale danno a una minore di anni 14 che, in conseguenza delle lesioni subite, aveva perso un anno scolastico, per non aver fatto uso delle presunzioni desumibili dalle regole di comune esperienza secondo cui la perdita di un anno di scuola produce gravi conseguenze).
Cass. civ. n. 28352/2023
In tema di impugnazioni, sussiste l'interesse della parte civile a interloquire nel giudizio di rinvio sulla ricorrenza di una o più circostanze aggravanti a carico dell'imputato, anche ove non ne venga in discussione la responsabilità penale per il fatto di reato, in quanto si tratta di aspetti suscettibili di incidere sull'entità del risarcimento del danno. (In applicazione del principio, la Corte ha riconosciuto il conseguente diritto della parte civile a ottenere, secondo il generale criterio della soccombenza, la rifusione della spese di lite sostenute).
Cass. civ. n. 28139/2023
Non è configurabile una responsabilità contrattuale da contatto sociale del Comune affidante per i danni occorsi a un minore collocato in affidamento eterofamiliare, in ragione dell'assenza di specifici e reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione che distinguono tale specie di obbligazione dalla responsabilità aquiliana. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità contrattuale del Comune per i danni conseguenti all'annegamento di un minore nella piscina di proprietà dei coniugi ai quali era stato affidato, anche tenuto conto che questi ultimi, in quanto individuati dal Tribunale per i minorenni, non potevano considerarsi ausiliari del Comune ex art. 1228 c.c., in assenza di un rapporto di preposizione).
Cass. civ. n. 27536/2023
La predisposizione di un atto di opposizione a precetto, che non sia stato poi notificato, non è suscettibile di integrare un pregiudizio extracontrattuale risarcibile. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che - a fronte della proposizione, in un'opposizione ex art. 615 c.p.c., della domanda risarcitoria per avere la parte dovuto predisporre una precedente opposizione a precetto, mai notificata - aveva escluso la configurabilità di qualsivoglia danno patrimoniale, sia perché non poteva ravvisarsi una responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., non essendo seguito alcun processo alla prima opposizione, la quale peraltro, ove notificata, sarebbe stata tardiva rispetto al termine ex art. 617 c.p.c., sia perché l'attività professionale volta alla predisposizione della prima opposizione era stata comunque messa a frutto per la predisposizione della seconda, fondata, quantomeno in parte, sui medesimi presupposti).
Cass. civ. n. 27385/2023
La previsione dell'art. 1669 c.c. concreta un'ipotesi di responsabilità extracontrattuale con carattere di specialità rispetto al disposto dell'art. 2043 c.c., fermo restando che - trattandosi di una norma non di favore, diretta a limitare la responsabilità del costruttore, bensì finalizzata ad assicurare una più efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale - ove non ricorrano in concreto le condizioni per la sua applicazione (come nel caso di danno manifestatosi e prodottosi oltre il decennio dal compimento dell'opera), può farsi luogo all'applicazione dell'art. 2043 c.c., senza che, tuttavia, operi il regime speciale di presunzione della responsabilità del costruttore contemplato dall'art. 1669 c.c., atteso che spetta a chi agisce in giudizio l'onere di provare tutti gli elementi richiesti dall'art. 2043 c.c., compresa la colpa del costruttore.
Cass. civ. n. 26801/2023
In tema di azione popolare comunale, ai fini del riconoscimento del risarcimento del danno non patrimoniale all'identità cittadina, in conseguenza della negazione della dignità delle persone trattenute nel centro di identificazione ed espulsione (CIE) in condizioni inumane e degradanti, non è sufficiente la lesione di valori coincidenti con quelli enunciati nello statuto dell'ente locale, dovendosi dimostrare come la predetta lesione abbia concretamente inciso sul sentimento dell'intera comunità cittadina e quali ripercussioni essa abbia prodotto sul sentimento e sull'agire di quest'ultima, ispirati a quei valori umanitari e solidaristici, espressamente sanciti nello statuto, così da giustificare il risarcimento dei danni, liquidati in via equitativa.
Cass. civ. n. 26641/2023
In tema di danni alla persona, l'invalidità di gravità tale (nella specie, dell'80 per cento) da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell'aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di "chance", ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, danno che, ove accertato sulla base delle prove, anche presuntive, offerte dal danneggiato, va stimato con valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c..
Cass. civ. n. 26140/2023
Ai fini della risarcibilità del danno da perdita del rapporto parentale è necessaria la dimostrazione, anche presuntiva, della gravità e serietà del pregiudizio (tanto sul piano morale e soggettivo, quanto su quello dinamico-relazionale), senza che sia necessario che questo assurga a un radicale sconvolgimento delle abitudini di vita del danneggiato, profilo quest'ultimo che - al cospetto di una prova circostanziata da parte dell'attore - può incidere sulla personalizzazione del risarcimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda risarcitoria avanzata dai nipoti "ex fratre" della vittima di un incidente stradale, sul solo presupposto della mancata prova di uno stravolgimento delle loro condizioni di vita, senza tener conto delle circostanze di fatto da questi allegate ai fini della prova presuntiva del suddetto pregiudizio).
Cass. civ. n. 26132/2023
La responsabilità conseguente all'avvenuta costituzione di parte civile nel processo penale, connotata da colpa grave, è interamente disciplinata dalla previsione speciale di cui all'art. 541, comma 2, c.p.p., non potendo, pertanto, costituire oggetto di un'autonoma azione risarcitoria civilistica ex art. 2043 c.c.
Cass. civ. n. 26009/2023
L'accertamento in sede penale, con efficacia di giudicato, dell'assenza di un concorso di colpa del danneggiato - costituitosi parte civile - preclude, nel giudizio civile risarcitorio, la riduzione della responsabilità del danneggiante ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c..
Cass. civ. n. 25910/2023
In tema di danno da perdita di chances patrimoniali di futuro guadagno, la prova del nesso causale tra la condotta e la perdita delle possibilità lavorative future può essere fornita anche per presunzioni. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva negato a una trentaquattrenne, che svolgeva l'attività di "ragazza-immagine", il risarcimento del danno patrimoniale da perdita di chances conseguente all'imperita esecuzione di un intervento di mastectomia bilaterale con contestuale ricostruzione del seno, omettendo di attribuire valenza presuntiva, ai fini della relativa prova, all'ottenuto riconoscimento dell'invalidità civile nella misura del 67%, nonché alle ulteriori risultanze istruttorie che avevano confermato la collaborazione della donna con un'agenzia di modelle).
Cass. civ. n. 25772/2023
In tema di danno iatrogeno subito da paziente ricoverato in ospedale, la responsabilità del medico non può essere esclusa per il sol fatto che egli fosse addetto a un reparto diverso e che il paziente non gli fosse stato affidato, dovendo la sua diligenza essere valutata non già "ex ante" in astratto, in base al suo mansionario, bensì "ex post" in relazione alla condotta concretamente tenuta, comparando le istruzioni terapeutiche da lui impartite con quelle suggerite dalle "leges artis" e concretamente esigibili, avuto riguardo alle specializzazioni possedute ed alle circostanze del caso concreto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della Corte territoriale che, in relazione alla morte di una paziente ricoverata in altro reparto a seguito di un intervento chirurgico, aveva escluso la corresponsabilità del medico anestesista di turno in virtù della mera circostanza che egli non avesse il compito di supervisionarne la degenza, senza verificare se, una volta informato del peggioramento dei parametri ematici della stessa, avrebbe dovuto tenere una diversa condotta, alla stregua delle "leges artis" applicabili al caso concreto).
Cass. civ. n. 25712/2023
In tema di concorso del fatto colposo del danneggiato nella produzione dell'evento dannoso, a norma dell'art. 1227 c.c. - applicabile, per l'espresso richiamo contenuto nell'art. 2056 c.c., anche nel campo della responsabilità extracontrattuale - la prova che il creditore-danneggiato avrebbe potuto evitare i danni dei quali chiede il risarcimento, usando l'ordinaria diligenza, deve essere fornita dal debitore-danneggiante che pretende di non risarcire, in tutto o in parte, il creditore. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che - in violazione del suddetto riparto dell'onere probatorio - aveva fondato un concorso di colpa del cliente sull'asserita negligente custodia di codici numerici, pur accertando, contestualmente, che la banca aveva dato esecuzione a quattro ordini di bonifico ravvicinati, su di un conto da anni non movimentato e senza svolgere ulteriori accertamenti, nonostante la macroscopica difformità delle firme ivi apposte rispetto allo "specimen" in possesso dell'istituto).
Cass. civ. n. 25438/2023
Ai fini dell'individuazione del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, l'intervenuta archiviazione in sede penale non determina alcun vincolo per il giudice civile, il quale è tenuto a compiere un'autonoma valutazione del fatto illecito, onde verificare se esso soggiaccia al termine generale quinquennale, di cui all'art. 2947, comma 1, c.c., ovvero al più lungo termine di cui al terzo comma della medesima disposizione, siccome astrattamente integrante gli estremi di un reato.
Cass. civ. n. 25368/2023
Il contratto di locazione dell'immobile pignorato, stipulato dal debitore esecutato senza l'autorizzazione del giudice dell'esecuzione, è nullo per violazione di norma imperativa, con la conseguenza che la somma versata dal (preteso) conduttore al locatore deve intendersi corrisposta per un'occupazione "sine titulo", e che la procedura esecutiva può chiederne conto al debitore-locatore e non già al conduttore che abbia pagato in buona fede e sulla base di un ragionevole affidamento nella legittimazione del ricevente, essendo costui liberato ai sensi dell'art. 1189 c.c.
Cass. civ. n. 25357/2023
In tema di risarcimento del danno per tardivo recepimento delle direttive comunitarie 75/362/CEE e 75/363/CEE (come modificate dalla dir. 82/76/CEE), non è risarcibile, quale danno ulteriore a quello parametrato all'ammontare della borsa di studio prevista dall'art. 11 della l. n. 370 del 1999, il pregiudizio derivante dal recesso del datore di lavoro, motivato in ragione della mancata equipollenza del diploma di specializzazione conseguito dal lavoratore a quelli rilasciati nell'Unione europea, per l'impossibilità di istituire un nesso causale giuridicamente rilevante tra la violazione, da parte dello Stato, dell'obbligo di trasposizione delle suddette direttive e il menzionato recesso. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la risarcibilità di tale voce di danno, sul presupposto che esso dovesse ritenersi causalmente riconducibile, in via esclusiva, all'iniziativa del datore di lavoro, dal momento che il lavoratore non aveva né impugnato il licenziamento né allegato le ragioni che tale impugnativa eventualmente precludessero, avuto riguardo alle previsioni contrattuali e tenuto conto delle circostanze conosciute e delle verifiche esigibili dal datore di lavoro al momento della stipulazione del contratto).
Cass. civ. n. 25289/2023
In tema di responsabilità civile, la condotta attiva colposa, caratterizzata dall'omesso rispetto di regole cautelari proprie (cd. "omissione nell'azione"), va distinta dalla condotta omissiva propria (omissione in senso stretto), in quanto, mentre quest'ultima postula, ai fini del risarcimento del danno ad essa conseguente, la violazione di uno specifico obbligo di agire per impedire la lesione di un diritto altrui, la prima presuppone semplicemente il mancato rispetto di regole di prudenza, perizia o diligenza volte a prevenire il danno medesimo. (Nella specie, la S.C., nel cassare con rinvio la sentenza di merito che aveva ravvisato la responsabilità ex art. 2049 c.c. di una compagnia assicuratrice per le frodi commesse da un suo ex agente, ha escluso che, tra le regole cautelari connesse alla revoca del mandato vi fosse anche quella di farsi materialmente consegnare gli stampati su cui venivano redatti i contratti di assicurazione, al fine di evitarne un uso abusivo, essendo all'uopo sufficiente la diffida dal farne uso).
Cass. civ. n. 24872/2023
In caso di inadempimento del venditore, oltre alla responsabilità contrattuale da inadempimento o da inesatto adempimento, è configurabile anche la responsabilità extracontrattuale del venditore stesso, qualora il pregiudizio arrecato al compratore abbia leso interessi di quest'ultimo che, essendo sorti al di fuori del contratto, hanno la consistenza di diritti assoluti; diversamente, quando il danno lamentato sia la conseguenza diretta del minor valore della cosa venduta o della sua distruzione o di un suo intrinseco difetto di qualità si resta nell'ambito della responsabilità contrattuale, le cui azioni sono soggette a prescrizione annuale. (Nella specie, la S.C. ha affermato sussistere la responsabilità extracontrattuale in capo alla società venditrice di farina viziata nei confronti della società acquirente e produttrice di prodotti alimentari, in ragione del discredito a quest'ultima derivato in ambito commerciale dal suindicato inadempimento).
Cass. civ. n. 24818/2023
In tema di scritti diffamatori pubblicati su un "blog", il "blogger" è responsabile per gli scritti di carattere denigratorio pubblicati sul proprio sito da terzi quando, venutone a conoscenza, non provveda tempestivamente alla loro rimozione, atteso che tale condotta equivale alla consapevole condivisione del contenuto lesivo dell'altrui reputazione e consente l'ulteriore diffusione dei commenti diffamatori. (La S.C. ha applicato detti principi con riferimento a frasi diffamatorie pubblicate, da un soggetto terzo, sul "blog" del ricorrente nel dicembre del 2006, conosciute dal danneggiato nel 2011 e rimosse dal titolare del detto "blog" solo nel novembre del 2012).
Cass. civ. n. 24726/2023
L'art. 25 del d.P.R. n. 3 del 1957 - che impone la previa diffida all'impiegato e all'Amministrazione, ai fini della proponibilità dell'azione risarcitoria per omissione di atti o di operazioni dovute per legge o per regolamento da parte del pubblico impiegato - non trova applicazione in caso di tutela di un diritto soggettivo (Nella specie, la S.C. ha escluso l'operatività della condizione di procedibilità riguardo ad un'azione risarcitoria proposta per l'omesso riconoscimento dei titoli di formazione professionale acquisiti in ambito comunitario).
Cass. civ. n. 24691/2023
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno morale da diffamazione decorre non dal momento in cui l'agente compie il fatto illecito, ma dal momento in cui la parte lesa ne viene a conoscenza.
Cass. civ. n. 24265/2023
In tema di caccia, rientrano nelle specie protette, per le quali sussiste il divieto assoluto di caccia, sia le paridae (cinciarelle) - incluse negli animali a rischio di estinzione di cui alla Convenzione di Berna del 19 settembre 1979 - che i fringuelli - la cui cacciabilità è stata totalmente esclusa dal d.p.c.m. del 22 novembre 1993 - atteso che l'art. 2 della legge n. 157 del 1992 nell'elencare le specie definite come "particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio", oltre ad indicare una serie di uccelli, richiama le altre specie indicate come minacciate di estinzione da direttive comunitarie, convenzioni internazionali e appositi d.p.c.m., così consentendo che gli elenchi delle specie protette siano periodicamente aggiornati anche con fonti di rango inferiore a quella legislativa.
Cass. civ. n. 24196/2023
Il terzo che acquista un bene del debitore con un atto di disposizione patrimoniale suscettibile di revocatoria ex art. 2901 c.c. è responsabile direttamente nei confronti del creditore, ex art. 2043 c.c., per gli atti successivi all'acquisto del bene che abbiano in concreto reso irrealizzabile, in tutto o in parte, il ripristino della garanzia patrimoniale; il pregiudizio consiste esclusivamente nella privazione della possibilità di esercitare utilmente l'azione revocatoria e va commisurata all'utilità che il creditore danneggiato avrebbe potuto conseguire in difetto dell'attività elusiva. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva riconosciuto a titolo risarcitorio il valore commerciale del bene al momento della rivendita, senza considerare i costi, relativi alla liberazione dalle ipoteche, che avevano accresciuto il valore di rivendita).
Cass. civ. n. 23893/2023
È apparente, in quanto atomistica ed intrinsecamente contraddittoria e comunque frutto di insanabile incongruenza logica con le premesse, la motivazione della decisione che escluda la valenza diffamatoria della notizia, pur smentita dagli interessati, di una condotta riservata asseritamente tenuta da un'organizzazione sindacale e dalla sua segretaria generale in aperto ed inconciliabile contrasto con la linea ufficiale di critica e ferma opposizione nella trattativa in corso con il Governo, senza tener conto della valenza attribuita dallo stesso sindacato al rigore nella coerente difesa di tale indirizzo.
Cass. civ. n. 23123/2023
La c.d. "compensatio lucri cum damno" opera, nell'ambito della struttura dell'illecito (anche) contrattuale, sul piano della causalità giuridica, come strumento di selezione delle conseguenze dannose dell'illecito, determinando la compensazione dei vantaggi e dei danni derivanti dal medesimo fatto illecito, stante la funzione eminentemente compensativa della responsabilità civile, basata sulla c.d. teoria differenziale, in virtù della quale il danno risarcibile deve essere quantificato in ragione della differenza tra l'entità del patrimonio attuale del danneggiato e la consistenza che esso avrebbe avuto in mancanza dell'illecito. (Nella specie, relativa alla responsabilità professionale derivante dall'inadempimento di un contratto di consulenza fiscale, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva operato la "compensatio lucri cum damno" tra il danno corrispondente all'importo delle sanzioni comminate alla società contribuente e il vantaggio da quest'ultima conseguito in ragione del risparmio di imposta ottenuto per due annualità).
Cass. civ. n. 21892/2023
esercitata la sua influenza in ordine alla decisione riguardante il ministro, essendo stata invece appurata la circostanza della sua astensione).
Cass. civ. n. 21675/2023
In tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., la condotta imprudente del danneggiato è suscettibile di escludere il nesso causale tra la cosa e l'evento, pur in presenza di un contegno soggettivamente colposo del gestore, che non ne abbia neutralizzato o contenuto la pericolosità intrinseca. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, sul rilievo dell'agevole prevedibilità e percepibilità della situazione di pericolo da parte della vittima, aveva escluso la responsabilità della società gestrice di una piscina per la caduta occorsa a una donna mentre camminava a piedi nudi sul bordo della stessa, nonostante la prospettata violazione, da parte del custode, delle norme di sicurezza regionali).
Cass. civ. n. 21651/2023
In tema di diffamazione con il mezzo televisivo, l'esercizio del diritto di critica quale libera estrinsecazione del pensiero è idoneo a scriminare l'illiceità dell'offesa, a condizione però che siano rispettati i limiti della continenza verbale, della verità dei fatti attribuiti alla persona offesa e della sussistenza di un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto della critica; in particolare il requisito della verità oggettiva della notizia, anche soltanto putativa, richiede che la notizia sia frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca, tanto più attento a fronte della diffusività del mezzo impiegato, che non sussiste quando, pur essendo veri i singoli fatti riferiti, siano, dolosamente o anche soltanto colposamente, taciuti altri fatti, tanto strettamente ricollegabili ai primi da mutarne completamente il significato, ovvero quando i fatti riferiti siano accompagnati da sollecitazioni emotive ovvero da sottintesi, accostamenti, insinuazioni, allusioni o sofismi obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore (od ascoltatore) rappresentazioni della realtà oggettiva false, dovendo in definitiva l'esercizio del diritto di critica essere connotato non soltanto dalla verità oggettiva della notizia, ma anche dall'astensione dall'impiego di maliziose ambiguità e di espressioni potenzialmente fuorvianti. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto diffamatoria la messa in onda di un servizio televisivo in cui, invece di dare conto dell'esistenza di un duplice rapporto lavorativo in capo alla stessa persona - rispettivamente quale segretaria di uno studio legale e collaboratrice di un gruppo politico del Senato - si attribuiva ad un senatore l'utilizzo di denaro pubblico per retribuire la propria segretaria di studio).
Cass. civ. n. 21586/2023
In tema di risarcimento del danno da concorrenza sleale, il pregiudizio alla reputazione commerciale derivante da attività di concorrenza sleale confusoria non può ritenersi sussistente "in re ipsa", ma va allegato e dimostrato da parte del danneggiato.
Cass. civ. n. 20986/2023
In tema di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., l'incertezza in ordine ad una circostanza incidente sull'imputabilità eziologica dell'evento dannoso impedisce di ritenere integrata la prova - gravante sull'attore - del nesso causale tra la cosa e il danno, con conseguente esclusione della responsabilità del custode. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza della corte territoriale che aveva escluso la responsabilità di un Comune per la morte di un uomo, conseguente alla caduta in un fiume in corrispondenza di una recinzione stradale non adeguatamente manutenuta, per esserne rimasta ignota la causa, tenuto conto della astratta plausibilità di una diversa ricostruzione dell'accaduto, nel senso di un atto volontario della vittima o del gesto doloso di un terzo).
Cass. civ. n. 20922/2023
L'impedimento o la riduzione della capacità di svolgere il lavoro domestico a proprio favore determina un danno patrimoniale per la casalinga, liquidabile attraverso i parametri del reddito figurativo, desunto dal contratto collettivo delle COLF, ovvero del triplo della pensione sociale.
Cass. civ. n. 20800/2023
In tema di diritti di privativa industriale, il titolare del marchio oggetto di contraffazione può chiedere, in luogo del risarcimento del danno da lucro cessante, la restituzione (cd. "retroversione") degli utili realizzati dall'autore della violazione, ai sensi dell'art. 125 del codice della proprietà industriale, senza che sia necessario allegare e provare che il convenuto abbia agito con colpa o dolo, ed anche nel caso in cui tali utili superino quelli che il titolare avrebbe potuto conseguire qualora la contraffazione non vi fosse stata, trattandosi di un rimedio diverso da quello puramente risarcitorio, improntato ad una funzione, oltre che compensativa anche dissuasiva e deterrente, volta a prevenire la pianificazione di attività contraffattive da parte di operatori economici più efficienti per capacità imprenditoriale del titolare del diritto di proprietà industriale.
Cass. civ. n. 20345/2023
In materia di responsabilità civile, anche nei confronti degli enti collettivi è configurabile il risarcimento del danno non patrimoniale, da identificare con qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione - compatibile con l'assenza di fisicità del titolare - di diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, ivi compreso quello alla reputazione. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva condannato al risarcimento del danno non patrimoniale, in favore di un circolo culturale, l'autore di una lettera, apparsa su un quotidiano, nel quale l'autore medesimo aveva definito il predetto circolo "parassita di denaro pubblico").
Cass. civ. n. 20137/2023
In materia di responsabilità civile da sinistri stradali, stante la presunzione del 100% di colpa in capo al conducente del veicolo di cui all'art. 2054, comma 1, c.c., ai fini della valutazione e quantificazione di un concorso del pedone investito occorre accertare, in concreto, la sua percentuale di colpa e ridurre progressivamente quella presunta a carico del conducente.
Cass. civ. n. 19922/2023
Il danno patrimoniale da riduzione della capacità lavorativa generica, derivante da postumi macropermanenti, è un pregiudizio ulteriore e distinto rispetto a quello da incapacità lavorativa specifica ed è configurabile in presenza di una invalidità di gravità tale da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro (o comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali); tale danno può essere liquidato attraverso il ricorso alla prova presuntiva e non può essere riconosciuto in via automatica sulla mera base della elevata percentuale di invalidità permanente, richiedendosi in ogni caso la prospettazione di elementi utili ad un giudizio prognostico presuntivo.
Cass. civ. n. 19611/2023
In tema di diffamazione a mezzo stampa, nel cd. "giornalismo d'inchiesta" a rilevare è l'esigenza della valutazione, non tanto dell'attendibilità e veridicità della notizia, quanto piuttosto del rispetto dei doveri deontologici di lealtà e buona fede, oltre che della maggiore accuratezza possibile nella ricerca delle fonti e della loro attendibilità, dal che consegue che è scriminato il giornalista che eserciti la propria attività mediante la denuncia di sospetti di illeciti, allorché i medesimi, secondo un apprezzamento caso per caso riservato al giudice di merito, risultino espressi in modo motivato e argomentato sulla base di elementi obiettivi e rilevanti e mediante il ricorso, attraverso una ricerca attiva, a fonti di notizia attendibili.
Cass. civ. n. 19568/2023
In tema di responsabilità del Ministero della Salute per i danni da trasfusione di sangue infetto, il diritto al risarcimento dei danni invocati dal congiunto "iure proprio", in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, si prescrive nel termine di dieci anni, trattandosi di pretesa che deriva da omicidio colposo, reato a prescrizione decennale: ne consegue che il "dies a quo" va individuato alla data della morte della vittima.
Cass. civ. n. 19551/2023
In tema di risarcimento del danno non patrimoniale subìto dalle persone giuridiche, il pregiudizio arrecato ai diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti, ivi compreso quello all'immagine e alla reputazione commerciale, non costituendo un mero danno-evento, e cioè "in re ipsa", deve essere oggetto di allegazione e di prova, anche tramite presunzioni semplici. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la decisione di merito che - pur ritenendo lesive dell'immagine della società attrice le numerose "mails" inviate ad interlocutori istituzionali da un dipendente licenziato, nelle quali si attribuivano alla società datrice di lavoro comportamenti non etici - aveva rigettato la domanda risarcitoria, in difetto di prova del danno conseguenza per mancanza di elementi dai quali ricavare, neanche con il ricorso a presunzioni semplici, che i destinatari delle "mails" avessero avuto effettiva contezza delle recriminazioni dell'ex dipendente, con conseguente pregiudizio per l'immagine societaria, quali affari o relazioni commerciali non conclusi in conseguenza della condotta diffamatoria realizzata).
Cass. civ. n. 19376/2023
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il giornalista, anche nel caso in cui pubblichi il testo di una intervista, non può limitare il suo intervento a riprodurre esattamente e diligentemente quanto riferito dall'intervistato, soltanto perché le eventuali dichiarazioni possono interessare la pubblica opinione, essendo in ogni caso tenuto a controllare la veridicità delle circostanze e la continenza delle espressioni riferite; ne consegue che, quando non ricorrano detti presupposti, egli diviene "dissimulato coautore" delle eventuali dichiarazioni diffamatorie contenute nel testo pubblicato.
Cass. civ. n. 19355/2023
In tema di danno patrimoniale, ove il danneggiato dimostri di avere "perduto" un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, il danno patrimoniale da lucro cessante, inteso come perdita dei redditi futuri, va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro, in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa specifica accertata come conseguente alle lesioni permanenti riportate, salvo che il responsabile alleghi e dimostri che il danneggiato abbia di fatto reperito una nuova occupazione retribuita, ovvero che avrebbe potuto farlo e non lo abbia fatto per sua colpa, nel qual caso il danno potrà essere liquidato esclusivamente nella differenza tra le retribuzioni perdute e quelle di fatto conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione.
Cass. civ. n. 19303/2023
Nel caso in cui un medesimo fatto diffamatorio sia lamentato da più persone, ma soltanto alcune di queste siano ritenute effettivamente danneggiate e la difesa del dichiarante non sia stata specificamente indirizzata alla condotta di uno piuttosto che degli altri danneggiati, nulla è dovuto a titolo di rifusione delle spese processuali da parte di quei danneggiati la cui domanda non sia stata accolta.
Cass. civ. n. 19214/2023
La violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sussiste sia quando il giudice trascuri di esaminare una domanda od una eccezione, sia quando sostituisca d'ufficio
Cass. civ. n. 19129/2023
sulla sussistenza del nesso causale e sull'insorgenza della patologia - Configurabilità - Conseguenze. Nel giudizio risarcitorio promosso nei confronti del Ministero della Salute per i danni derivanti dalla trasfusione di sangue infetto, il giudicato esterno formatosi fra le stesse parti sul diritto alla prestazione assistenziale, ai sensi della l. n. 210 del 1992, fa stato quanto alla sussistenza del nesso causale tra emotrasfusione e insorgenza della patologia ed il giudice del merito è tenuto a rilevare anche d'ufficio la formazione del giudicato, a condizione che lo stesso risulti dagli atti di causa.
Cass. civ. n. 19103/2023
Non è ammesso il ricorso per cassazione della sentenza con cui il Consiglio di Stato abbia rigettato la domanda di risarcimento del danno fondata sull'illegittimità della sanzione irrogata ad un avvocato - sul presupposto di non poter conoscere, nemmeno incidentalmente, dei vizi della stessa, una volta diventata definitiva all'esito delle impugnazioni previste dalla legge sull'ordinamento forense - perché essa non costituisce rifiuto di esercizio della giurisdizione, ma, al più, un "error in procedendo" o "in iudicando", interno ai limiti del potere giurisdizionale del giudice amministrativo.
Cass. civ. n. 19063/2023
L'obbligazione risarcitoria da illecito aquiliano costituisce un debito di valore, rispetto al quale gli interessi "compensativi" valgono a reintegrare il pregiudizio derivante dalla mancata disponibilità della somma equivalente al danno subito nel tempo intercorso tra l'evento lesivo e la liquidazione; la relativa determinazione non è, peraltro, automatica né presunta "iuris et de iure", occorrendo che il danneggiato provi, anche in via presuntiva, il mancato guadagno derivatogli dal ritardato pagamento. (Nella specie, la S.C. - rilevando che la scelta di uno dei diversi criteri di liquidazione degli interessi "compensativi" non attiene all'applicazione dell'art. 1284 c.c., bensì dell'art. 1223 c.c. ed eventualmente dell'art. 1226 c.c. - ha rigettato il motivo riguardante il riconoscimento di detti interessi ai sensi dell'art. 1284, comma 1, c.c., anziché al saggio ex art. 1284, comma 4, c.c., perché il ricorrente avrebbe dovuto censurare la decisione impugnata evidenziando le ragioni della pretesa erroneità del saggio individuato per gli interessi compensativi rispetto ad altro, in tesi più adeguato all'effettivo ristoro del danno subito).
Cass. civ. n. 18819/2023
In tema di rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell'art. 3 CEDU nei confronti di detenuti o internati, è inammissibile per tardività la richiesta risarcitoria proposta, ex art. 35-ter ord. pen., allorquando risultino decorsi sei mesi dall'entrata in vigore del d.l. 26 giugno 2014, n. 92, nel caso in cui si riferisca a periodi di pena espiati antecedentemente all'entrata in vigore del decreto stesso.
Cass. civ. n. 18445/2023
L'occupazione usurpativa di un fondo da parte della P.A. è compatibile con l'usucapione del fondo medesimo da parte dell'ente occupante, in quanto la totale assenza dei presupposti di esercizio del potere ablativo, che connota detta occupazione, lascia intatta la facoltà del proprietario di rivendicare il bene, col limite di diritto comune dell'intervenuta usucapione; non rileva, in senso contrario, la facoltà di acquisizione sanante ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, essendo l'acquisto postumo del diritto di proprietà logicamente incompatibile con l'intervenuto acquisto retroattivo del medesimo diritto a titolo di usucapione.
Cass. civ. n. 18327/2023
In tema di "danno da nascita indesiderata", l'accertamento della sussistenza del grave pericolo per la salute della donna - presupposto necessario, ai sensi dell'art. 6, lett. b), della l. n. 194 del 1978, per l'interruzione della gravidanza dopo i primi 90 giorni - dev'essere compiuto con valutazione prognostica "ex ante". (Nella specie, relativa all'omessa diagnosi della sindrome di Down a causa dell'erronea ricognizione degli esiti di un esame di translucenza nucale, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la sussistenza del pericolo per la salute della donna, sulla base della valutazione, "ex post", della solidità emotiva dalla stessa dimostrata nell'affrontare le necessità del figlio).
Cass. civ. n. 18050/2023
La domanda con cui l'attore chieda di accertare la natura abusiva dell'occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene ed al risarcimento dei danni, senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico originariamente idoneo a giustificare la consegna della cosa e la relazione di fatto tra questa ed il medesimo convenuto, dà luogo a un'azione di rivendicazione, non potendo qualificarsi alla stregua di azione personale di restituzione, neppure in quanto tendente al risarcimento in forma specifica della situazione possessoria esistente in capo all'attore prima del verificarsi dell'abusiva occupazione, non potendo il rimedio ripristinatorio ex art. 2058 c.c. surrogare - al di fuori dei limiti in cui il possesso è tutelato dall'ordinamento - un'azione di spoglio ormai impraticabile.
Cass. civ. n. 17129/2023
Ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da perdita del lavoro domestico sofferto da una casalinga, la prova che la vittima attendesse a tale attività può essere ricavata in via presuntiva, ex art. 2727 c.c., dalla semplice circostanza che quest'ultima non avesse un lavoro, fermo restando l'onere sulla stessa incombente di dimostrare che gli esiti permanenti residuati alla lesione della salute le impediscono o rendono più oneroso (ovvero impediranno o renderanno più oneroso in futuro) lo svolgimento del lavoro domestico, non essendo all'uopo necessaria la prova di avere dovuto ricorrere all'ausilio di un collaboratore domestico.
Cass. civ. n. 17004/2023
In tema di risarcimento del danno da fatto illecito, l'impugnazione del capo della sentenza contenente la liquidazione del danno impedisce la formazione del giudicato sulla misura legale degli interessi e della svalutazione da ritardato pagamento, poiché essi non costituiscono un autonomo diritto del creditore, ma hanno funzione compensativa volta a reintegrare il patrimonio del danneggiato, qual era all'epoca del danno, e possono essere riliquidati dal giudice dell'impugnazione o del rinvio, utilizzando la tecnica ritenuta più appropriata, anche in difetto di uno specifico rilievo sulla modalità di liquidazione scelta dal giudice precedente. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il giudicato formatosi su alcune voci di danno conseguenti all'abbattimento di un aeromobile, quali il valore dell'avviamento commerciale ed il danno per fermo flotta, non si estendesse alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali relativi alla liquidazione integrale del danno patito dalla compagnia area in conseguenza di quel fatto illecito, essendo esso ancora in discussione).
Cass. civ. n. 16844/2023
Il danno da definitiva e totale perdita della capacità di lavoro conseguente ad errata prestazione sanitaria, a carico di soggetto che non è mai stato percettore di reddito, va risarcito a titolo di danno patrimoniale futuro, pur non potendosi fare riferimento alla capacità di lavoro specifica, e non (soltanto) di danno biologico e può essere liquidato, in assenza di un ragionevole parametro di riferimento, con il criterio, residuale, del triplo della pensione sociale. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ricondotto il danno da lesione della capacità lavorativa generica (totale) al danno biologico, rigettando la domanda di risarcimento del danno patrimoniale svolta da soggetto che aveva riportato sin dalla nascita un'invalidità permanente irreversibile pari al 100%).
Cass. civ. n. 16808/2023
In tema di danni da emotrasfusioni, la responsabilità del Ministero della salute è di tipo extracontrattuale, rispetto alla quale quella della struttura dove materialmente è avvenuta la trasfusione ha natura di obbligazione solidale, con la conseguenza che è ammissibile la domanda risarcitoria proposta solo nei confronti del predetto Ministero, non essendo necessario che il danneggiato convenga in giudizio anche la struttura ospedaliera.
Cass. civ. n. 16628/2023
Il danno di natura patrimoniale, derivante dalla perdita di capacità lavorativa specifica, richiede un giudizio prognostico sulla compromissione delle aspettative di lavoro in relazione alle attitudini specifiche della persona, mentre il danno da lesione della "cenestesi lavorativa", di natura non patrimoniale, consiste nella maggiore usura, fatica e difficoltà incontrate nello svolgimento dell'attività lavorativa, non incidente, neanche sotto il profilo delle opportunità, sul reddito della persona offesa, risolvendosi in una compromissione biologica dell'essenza dell'individuo. Tale tipologia di danno, configurabile solo ove non si superi la soglia del 30% del danno biologico, va liquidato onnicomprensivamente come danno alla salute, potendo il giudice, che abbia adottato per la liquidazione il criterio equitativo del valore differenziato del punto di invalidità, anche ricorrere ad un appesantimento del valore monetario di ciascun punto.
Cass. civ. n. 16322/2023
In tema di diffamazione a mezzo d'opera cinematografica, la domanda volta ad ottenere l'eliminazione di scene ritenute offensive svolge sia una funzione di integrale riparazione del "vulnus" arrecato ad un diritto della personalità, sia una funzione di prevenzione, per il futuro, della continuazione di attività "contra ius": ne consegue che, trattandosi di domanda non sovrapponibile a quella volta ad ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale, ove il giudice non abbia provveduto sulla stessa, si configura un vizio di omessa pronuncia. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, limitandosi a provvedere in merito alla domanda risarcitoria, non si era pronunciata sulla domanda volta ad ottenere l'eliminazione di alcune scene di una "fiction" ritenuta diffamatoria del diritto alla reputazione di un magistrato).
Cass. civ. n. 15447/2023
strada sol perché il guardrail aveva un'altezza inferiore rispetto alle prescrizioni del d.m. n. 223 del 1992, senza considerare che l'incidente, avvenuto con impatto alla velocità di 100 km/h, era occorso in un tratto di strada rettilineo, sufficientemente illuminato, con fondo stradale asciutto e regolato da limite di velocità a 50 km/h).
Cass. civ. n. 14527/2023
Il professionista autore di un progetto edilizio per l'edificazione di una costruzione che si riveli in violazione delle distanze legali è responsabile dei danni conseguentemente patiti dai committenti, essendo questi ultimi eziologicamente correlati al suo inadempimento. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso, ai sensi dell'art. 2236 c.c., la responsabilità di un architetto per l'avvenuta progettazione di un edificio in violazione dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, sul presupposto che rientrasse nel sapere specialistico del professionista avvedersi del contrasto della normativa urbanistica locale – cui si era uniformato – con quella sovraordinata nazionale).
Cass. civ. n. 14241/2023
Quantificazione del risarcimento - Criteri - Reddito effettivamente percepito dalla vittima - Rilevanza - Limiti. Nel caso in cui il sinistro abbia determinato la cessazione di un rapporto lavorativo in atto, il reddito perduto dalla vittima costituisce la base di calcolo per la quantificazione del danno da perdita della capacità lavorativa specifica, la quale, peraltro, deve tener conto anche della persistente – benché ridotta – capacità del danneggiato di procurarsi e mantenere, seppur con accresciute difficoltà (il cui peso deve essere adeguatamente considerato), un'altra attività lavorativa retribuita.
Cass. civ. n. 14209/2023
La Pubblica Amministrazione, in quanto tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni - e, quindi, il principio del "neminem laedere" - è responsabile dei danni conseguenti alla lesione dei diritti soggettivi dei privati, cagionata da immissioni provenienti da aree pubbliche, potendo conseguentemente essere condannata al risarcimento del danno, così come al "facere" necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono – di per sé – atti autoritativi e discrezionali, bensì un'attività materiale soggetta al richiamato principio del "neminem laedere".
Cass. civ. n. 13920/2023
L'interpretazione e la qualificazione giuridica della domanda spetta al giudice di merito, sulla base dei fatti dedotti dall'attore, con la conseguenza che non incorre nel divieto di "nova" in appello la parte che, rimasta soccombente in primo grado con riferimento ad una domanda risarcitoria per illecito extracontrattuale fondata sull'art. 2043 c.c., ripropone in appello la stessa domanda risarcitoria, sulla base dei medesimi fatti costitutivi, pur fondandola sull'art. 2050 c.c.
Cass. civ. n. 13540/2023
In tema di risarcimento del danno non patrimoniale spettante ai congiunti del soggetto macroleso, il giudice deve fare riferimento a tabelle che prevedano specificamente idonee modalità di quantificazione del danno, come le tabelle predisposte dal Tribunale di Roma, le quali, fin dal 2019, contengono un quadro dedicato alla liquidazione dei danni c.d. riflessi subiti dai congiunti della vittima primaria in caso di lesioni.
Cass. civ. n. 13411/2023
In tema di danni da diffamazione, l'uso di una piattaforma come "twitter", o altre equivalenti, implica l'osservanza del limite intrinseco del giudizio che si posta in condivisione, il quale, come ogni giudizio, non può andar disgiunto dal contenuto che lo contraddistingue e dalla forma espressiva, soprattutto perché tradotto in breve messaggio di testo per sua natura assertivo o scarsamente motivato; il "post" in "twitter" non esime l'autore dal necessario rispetto della continenza espressiva, in quanto non può concretizzare una manifestazione del pensiero irresponsabile sol perché veicolata tramite il mezzo prescelto. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto superato il limite della continenza in una serie di "post" pubblicati in "twitter" da un ex senatore e contenenti espressioni lesive della funzione istituzionale svolta dalla Consob).
Cass. civ. n. 13362/2023
Il terzo che assume di essere proprietario dei beni mobili pignorati può proporre l'opposizione ex art. 619 c.p.c. - prima della vendita o dell'assegnazione - per paralizzare l'azione esecutiva e, dopo la vendita, l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. per la ripetizione della somma ricavata; dopo l'assegnazione al creditore, il terzo può agire, ai sensi dell'art. 2926, comma 1, c.c., nei confronti del creditore assegnatario che ha acquisito in buona fede il possesso dei beni, entro il termine decadenziale di 60 giorni, soltanto per la ripetizione della somma corrispondente al credito soddisfatto con l'assegnazione; in caso di mala fede dell'assegnatario, invece, il terzo può rivendicare i beni senza limiti temporali ex artt. 2920 e 2925 c.c.; indipendentemente dalla condizione soggettiva dell'assegnatario, il terzo può proporre l'opposizione tardiva ex art. 620 c.p.c. per far valere i suoi diritti sulla somma ricavata, ma solo nell'ipotesi in cui l'esecuzione mobiliare sia ancora pendente, dopo l'assegnazione, per la distribuzione tra i creditori concorrenti sull'eccedenza; resta ferma, in ogni caso, la responsabilità del creditore procedente di mala fede per i danni cagionati al terzo e per le spese affrontate a causa dell'espropriazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della Corte territoriale che, avendo ravvisato la mala fede dell'assegnatario, aveva qualificato in termini petitori la domanda giudiziale proposta dal terzo e condannato il creditore al risarcimento dei danni).
Cass. civ. n. 13173/2023
In tema di danno da fermo amministrativo illegittimo, tra le varie voci risarcibili va inclusa quella concernente la perdita di valore del mezzo a causa della prolungata indisponibilità dello stesso, quale componente del danno emergente, la cui esistenza ed il cui ammontare sono sottoposti agli ordinari oneri probatori, che possono essere soddisfatti anche con il ricorso alle presunzioni, dalle quali si può trarre conferma della volontà della parte di godere materialmente del proprio bene secondo il suo uso normale. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che - negando il risarcimento del danno all'attore, sul rilievo che quest'ultimo non avesse fornito prova dell'acquisizione di un veicolo sostitutivo per il periodo di blocco del proprio mezzo e del costo legato al noleggio del predetto veicolo - si era limitata a trasporre automaticamente alla fattispecie i criteri di liquidazione riferibili alla diversa situazione, sotto il profilo fattuale e dell'area del danno risarcibile, della indisponibilità del bene da "fermo tecnico" del veicolo).
Cass. civ. n. 13037/2023
In tema di responsabilità per i danni subiti da un paziente ricoverato presso una RSA, la struttura che, pur avendo palesato i propri deficit organizzativi, abbia accettato il ricovero del paziente, è tenuta ad assolvere diligentemente e con perizia gli obblighi di sorveglianza e protezione nei sui confronti, in modo adeguato e coerente rispetto alle condizioni psico-fisiche del paziente al fine di prevenire che questi possa causare danni a terzi o subirne; ne consegue che, accertato l'inadempimento (o inesatto adempimento) dei predetti obblighi, la responsabilità può essere esclusa solo dalla prova liberatoria dell'impossibilità oggettiva non imputabile della prestazione ad essa richiesta in base al c.d. contratto di ricovero, essendo, peraltro, nulla, ai sensi dell'art. 1229 c.c., una pattuizione volta ad escludere o limitare la responsabilità della struttura per colpa grave. (In applicazione di tale principio, la S.C., dopo aver statuito che sull'errata qualificazione in termini contrattuali della responsabilità della struttura per i danni subiti "iure proprio" dai congiunti della paziente deceduta si era formato il giudicato, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva escluso la responsabilità in ragione del fatto che i familiari avevano accettato il ricovero della paziente, pur essendo consapevoli dei "deficit" organizzativi della struttura, che non le consentivano di assicurare l'adeguata sorveglianza).
Cass. civ. n. 12620/2023
Il comproprietario che danneggi o sottragga il bene comune risponde nei confronti degli altri non già ai sensi dell'art. 2051 c.c. (norma che riguarda i danni provocati a terzi e non alla cosa posseduta), bensì alla stregua di mandatario ovvero gestore di affari altrui (a seconda che eserciti il possesso, rispettivamente, con il consenso o senza opposizione degli altri contitolari), di talché egli è chiamato a fornire la prova liberatoria avente ad oggetto non già il caso fortuito, bensì la circostanza di avere adoperato la diligenza del buon padre di famiglia nell'attività di gestione e custodia.
Cass. civ. n. 12605/2023
In tema di danno alla persona, la presenza di postumi macropermanenti (nella specie, del 50%) non consente di desumere automaticamente, in via presuntiva, la diminuzione della capacità di produrre reddito della vittima, potendo per altro verso integrare un danno da lesione della capacità lavorativa generica il quale, risolvendosi in una menomazione dell'integrità psico-fisica dell'individuo, è risarcibile in seno alla complessiva liquidazione del danno biologico.
Cass. civ. n. 11684/2023
In tema di infortuni sul lavoro, la responsabilità del direttore dei lavori per violazione degli obblighi di sicurezza sul lavoro è configurabile ove risulti, in virtù di una specifica clausola del contratto di appalto, che al medesimo sia affidato il compito di sovrintendere all'esecuzione dei lavori con la possibilità di impartire ordini alle maestranze, o, comunque, emerga, in concreto, che egli si sia ingerito nell'organizzazione del lavoro nel cantiere. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ascritto al direttore dei lavori la responsabilità per una caduta da lui stesso riportata nel corso della verifica della corretta esecuzione della gettata di calcestruzzo su una platea di cemento, sul presupposto che egli fosse tenuto a garantire alcune condizioni di sicurezza del cantiere, essendogli stato, peraltro, attribuito, in forza di uno specifico ordine di servizio, il compito di provvedere alla segnalazione delle situazioni di pericolo, la cui omissione aveva dedotto quale causa dell'incidente).
Cass. civ. n. 10686/2023
Ai fini dell'applicazione dell'art. 2058, comma 2, c.c., la verifica relativa all'eccessiva onerosità non può basarsi soltanto sull'entità dei costi, dovendosi valutare, altresì, se la reintegrazione in forma specifica comporti o meno una locupletazione per il danneggiato, tale da superare la finalità risarcitoria che le è propria e da rendere ingiustificata la condanna del debitore a una prestazione che ecceda notevolmente il valore di mercato del bene danneggiato; laddove, peraltro, il danneggiato decida - com'è suo diritto - di procedere alla riparazione anziché alla sostituzione del mezzo danneggiato, non risulta giustificato, traducendosi in una indebita locupletazione per il responsabile, il mancato riconoscimento di tutte le voci di danno che competerebbero in caso di rottamazione e sostituzione del veicolo.
Cass. civ. n. 10634/2023
In caso di illegittima acquisizione del fondo e di sua irreversibile trasformazione senza l'attivazione o la conclusione del procedimento di espropriazione, il danno deve essere liquidato attraverso la duplice operazione della "aestimatio", ossia determinando il valore del bene all'epoca del fatto, e della "taxatio", ossia sottoponendo il valore del bene, fino all'epoca della decisione, alla rivalutazione monetaria anno per anno, in ragione della naturale perdita di valore nel tempo del denaro, oltre agli interessi compensativi derivanti dal ritardo. Peraltro, la predetta obbligazione di valore, una volta determinato l'ammontare del risarcimento all'attualità, si converte in obbligazione di valuta, sulla quale decorrono gli ordinari interessi legali dalla data della decisione fino al saldo definitivo.
Cass. civ. n. 9930/2023
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno da deprivazione del rapporto genitoriale, conseguente all'illecito, di natura permanente, di abbandono parentale, decorre solo dalla cessazione della permanenza, che si verifica dal giorno in cui il comportamento abbandonico viene meno, per effetto di una condotta positiva volta all'adempimento dei doveri morali e materiali di genitore, ovvero dal giorno in cui questi dimostri di non essere stato in grado, per causa a lui non imputabile, di porre fine al comportamento omissivo; al fine di individuare il "dies a quo" della prescrizione, peraltro, in ragione della peculiare natura dell'illecito (che provoca nella parte lesa una condizione di sofferenza personale e morale idonea a segnarne il futuro sviluppo psico-fisico e ad incidere sulla sua capacità di percepire la situazione abbandonica) è necessario verificare se la vittima della condotta di abbandono genitoriale sia pervenuta ad una reale condizione emotiva di consapevole esercitabilità del diritto risarcitorio.
Cass. civ. n. 9883/2023
In tema di prescrizione, al diritto al risarcimento del danno da fatto illecito considerato dalla legge anche come illecito penale si applicano gli istituti della sospensione e dell'interruzione della prescrizione relativi al reato nei soli casi di azione civile esercitata e conclusa in sede penale e non invece nella diversa ipotesi di azione risarcitoria svolta in sede civile (ancorché preceduta dalla costituzione di parte civile nel processo penale), essendo ontologicamente diversi l'illecito civile e quello penale.
Cass. civ. n. 9837/2023
La domanda di risarcimento del danno alla salute nei confronti della P.A., avendo ad oggetto la tutela di un diritto soggettivo inviolabile (come tale, insuscettibile di affievolimento da parte di provvedimenti amministrativi) appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario, a meno che non si verta in un'ipotesi di giurisdizione esclusiva, tornando, peraltro, ad applicarsi la regola generale della giurisdizione del giudice ordinario allorquando, anche nelle materie riservate alla giurisdizione esclusiva, la lesione della salute sia stata provocata non dall'adozione d'un provvedimento amministrativo, bensì da una mera attività materiale della P.A. (Nella specie, la S.C. - con riguardo alla domanda proposta da uno studente nei confronti del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, per il risarcimento del danno psichico subito a seguito dell'esclusione, in virtù di formali provvedimenti del consiglio di classe e del dirigente scolastico, dalla partecipazione a una gita scolastica - ha riconosciuto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, trattandosi di pregiudizio arrecato da un provvedimento adottato nello svolgimento di un pubblico servizio).
Cass. civ. n. 9744/2023
La liquidazione in via equitativa del danno postula, in primo luogo, il concreto accertamento dell'ontologica esistenza di un pregiudizio risarcibile, il cui onere probatorio ricade sul danneggiato e non può essere assolto dimostrando semplicemente che l'illecito ha soppresso una cosa determinata, se non si provi, altresì, che essa fosse suscettibile di sfruttamento economico, e, in secondo luogo, il preventivo accertamento che l'impossibilità o l'estrema difficoltà di una stima esatta del danno stesso dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell'allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l'entità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la liquidazione in via equitativa del danno patito dal conduttore di un locale cantinato, ove erano allocati articoli da regalo deteriorati in conseguenza di un allagamento ascrivibile al condominio, in assenza di prova di tale pregiudizio).
Cass. civ. n. 9519/2023
In tema di ICI, l'occupazione "sine titulo" di un appartamento da parte di un privato non spoglia il proprietario del possesso del bene fino a quando non intervenga la radicale trasformazione dell'immobile, sicché egli resta soggetto passivo dell'imposta, ancorché il bene sia detenuto dall'occupante, impregiudicato il suo diritto a far valere eventuali pretese di carattere risarcitorio.
Cass. civ. n. 9304/2023
Con riguardo ad immobili del tutto peculiari (quali, ad esempio, monumenti dall'indiscutibile rilevanza storica), il danno patrimoniale da occupazione "sine titulo" può ritenersi dimostrato in virtù della prova presuntiva discendente dalle stesse particolari caratteristiche del bene. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva quantificato il danno per l'occupazione, a partire dal 1985, di una porzione di 160,40 mq. delle Mura Aureliane di Roma, in euro 399.664,83, condannando altresì gli occupanti a pagare al Comune l'ulteriore somma di euro 1.477,49 mensili, fino al rilascio della stessa).
Cass. civ. n. 9100/2023
In tema di risarcimento del danno alla salute causato da emotrasfusione con sangue infetto, la presentazione della domanda di indennizzo in sede amministrativa ex l. n. 210 del 1992 produce un effetto interruttivo della prescrizione di natura istantanea e non già permanente, presupponendo quest'ultimo, ai sensi dell'art. 2945, comma 2, c.c., la pendenza di un procedimento giurisdizionale.
Cass. civ. n. 9003/2023
La "compensatio lucri cum damno" opera nel solo caso in cui il vantaggio da compensare con il danno dipenda dal medesimo atto che ha provocato quest'ultimo e sia ad esso collegato da un identico nesso causale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, nel liquidare il risarcimento del danno occorso a un immobile in conseguenza di un incendio sviluppatosi dal fondo confinante, aveva escluso si potesse tener conto del vantaggio derivante dalla vendita del bene, in corso di causa, per un prezzo superiore al suo valore di mercato).
Cass. civ. n. 8729/2023
Ai fini della pronunzia di una condanna generica, ai sensi dell'art. 278 c.p.c., non occorre la prova certa di un danno, essendo sufficiente, invece, il mero accertamento della sussistenza di condizioni di fatto potenzialmente causative di effetti pregiudizievoli. Ne consegue che il giudicato formatosi su una condanna generica non impedisce che il giudice chiamato a liquidare il danno possa, nel caso concreto, negarne l'esistenza.
Cass. civ. n. 8265/2023
In tema di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale, i criteri di cui alle tabelle milanesi ante 2022 devono essere intesi nel senso che essi non indicano una "forbice liquidatoria" fra un minimo ed un massimo, bensì tra un "valore monetario base", espressione di una valutazione media uniforme del danno e una personalizzazione massima, applicabile solo alla luce di circostanze peculiari specificatamente allegate. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha affermato l'inesistenza del denunciato contrasto della sentenza di merito che, riconoscendo dovuta la liquidazione del danno nella misura del valore medio aveva, poi, fatto riferimento al dato minimo della tabella milanese ante 2022).
Cass. civ. n. 7923/2023
Nell'ipotesi di trasferimento di competenze tra enti pubblici, la legittimazione passiva dell'ente cedente, rispetto alla domanda di risarcimento dei danni causati da illecito permanente, sussiste in relazione ai fatti verificatisi anteriormente al trasferimento di funzioni ove si sia verificato un fenomeno successorio che non incida su detta legittimazione in relazione alle richiamate condotte; in tal caso, peraltro, la prescrizione inizia a decorrere dalla cessazione della permanenza, che si verifica al momento in cui, intervenendo la sostituzione di un soggetto ad un altro, ha termine una certa condotta e ne inizia un'altra. (Nella specie, la S.C., in relazione a vicenda in cui il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti era stato convenuto in giudizio per il risarcimento dei danni arrecati ad un fondo a causa della realizzazione di un porto industriale, ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato il difetto di legittimazione passiva del predetto Ministero sul presupposto dell'avvenuto trasferimento di funzioni da quest'ultimo alla Regione prima dell'instaurazione del giudizio, senza tuttavia verificare se, nella fattispecie, il legislatore avesse disposto la successione in "universum ius", implicante il trasferimento, in capo al subentrante, dei diritti e degli obblighi facenti capo alla struttura amministrativa cedente).
Cass. civ. n. 7922/2023
Nell'esercizio del servizio di trasporto di persone affette da disabilità, affidato dalla Ausl ad una cooperativa sociale privata, grava su quest'ultima, in virtù del principio di affidamento, l'obbligo di sorveglianza e di tenere un comportamento diligente, da valutare ex art. 1176, comma 2, c.c., al fine di garantire, nel caso concreto ed in relazione alle specifiche condizioni di vulnerabilità del trasportato, la sicurezza del trasporto e del servizio nel suo complesso, dovendo rispondere dei danni cagionati per l'omessa adozione delle idonee cautele; la responsabilità della cooperativa sociale non esclude, peraltro, la responsabilità della Ausl, ai sensi degli artt. 1228 e 2049 c.c., per aver affidato ad un preposto/ausiliario un'attività al cui adempimento era tenuta "ex lege".
Cass. civ. n. 7272/2023
Ragioni - Configurabilità del concorso tra inadempimento della società e illecito dell’amministratore - Sussistenza. L'inadempimento contrattuale di una società di capitali non può, di per sé, implicare responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell'altro contraente ex artt. 2395 o 2476, comma 6, c.c., nella formulazione "ratione temporis" vigente, atteso che tale responsabilità, di natura extracontrattuale, postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi; laddove ne ricorrano tutti gli estremi può, peraltro, configurarsi un concorso tra l'inadempimento della società e l'illecito dell'amministratore.
Cass. civ. n. 7262/2023
Nell'azione risarcitoria ex art. 2497 c.c. nei confronti di società che svolga attività di direzione e coordinamento di altra società, il "dies a quo" del termine di prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui il pregiudizio per gli interessi sociali sia conoscibile da parte dei soci della società eterodiretta e non dalla realizzazione dei singoli atti concretanti l'illecita condotta di direzione e coordinamento.
Cass. civ. n. 6893/2023
La responsabilità degli amministratori verso il creditore di società a responsabilità limitata - per il compimento di atti gestori non funzionali alla conservazione del patrimonio sociale dopo il verificarsi della causa di scioglimento di cui all'art. 2484, comma 1, n. 4), c.c. - è disciplinata nel successivo art. 2486 c.c. e, pur avendo natura extracontrattuale, non è suscettibile di essere ricondotta allo schema generale dell'art. 2043 c.c., non venendo in evidenza un "fatto illecito" nel senso postulato da detta norma, in quanto gli amministratori agiscono nel compimento delle operazioni pregiudizievoli non in proprio ma in qualità di organi investiti della rappresentanza dell'ente.
Cass. civ. n. 6589/2023
In tema di illegittima segnalazione alla centrale rischi, il danno all'immagine e alla reputazione non può considerarsi sussistente "in re ipsa", ma va allegato specificamente e dimostrato da chi ne invoca il risarcimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, pur a fronte della erronea segnalazione circa la qualità di terzo datore di ipoteca, ha respinto la richiesta risarcitoria, anche per il danno non patrimoniale, in quanto genericamente allegata ed in assenza di dimostrazione della interlocuzione con soggetti bancari nel periodo di riferimento o l'accesso al sistema di archivio della centrale rischi da parte di operatori interessati).
Cass. civ. n. 6444/2023
In tema di danno non patrimoniale discendente da lesione della salute, se è vero che all'accertamento di un danno biologico non può conseguire in via automatica il riconoscimento del danno morale (trattandosi di distinte voci di pregiudizio della cui effettiva compresenza nel caso concreto il danneggiato è tenuto a fornire rigorosa prova), la lesione dell'integrità psico-fisica può rilevare, sul piano presuntivo, ai fini della dimostrazione di un coesistente danno morale, alla stregua di un ragionamento inferenziale cui deve, peraltro, riconoscersi efficacia tanto più limitata quanto più basso sia il grado percentuale di invalidità permanente, dovendo ritenersi normalmente assorbito nel danno biologico di lieve entità (salvo prova contraria) tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sotto il profilo del danno morale.
Cass. civ. n. 6443/2023
Il danno conseguente alla lesione dell'integrità psicologica della persona è risarcibile come danno morale, se si mantiene nei termini della mera compromissione dell'equilibrio emotivo-affettivo del soggetto, e come danno biologico nel caso di degenerazione patologica, suscettibile di accertamento medico-legale, idonea ad esplicare un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, ferma restando la possibilità, per quest'ultimo, di dimostrare l'effettiva compresenza nel caso concreto delle due voci di pregiudizio.
Cass. civ. n. 6387/2023
A fronte di una domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c., non integra "mutatio libelli" la successiva mera specificazione del fatto dannoso. (Principio affermato dalla S.C. in una fattispecie in cui l'attrice, dopo avere dedotto, nell'atto di citazione, la responsabilità dei convenuti per l'abbandono dei rifiuti e il conseguente inquinamento di un terreno, nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 1, c.p.c., aveva puntualizzato la suddetta condotta illecita in relazione alla violazione dell'obbligo di custodia gravante sugli stessi).
Cass. civ. n. 6122/2023
In tema di danno da perdita del rapporto parentale, la responsabilità dell'autore della condotta illecita non può essere esclusa o diminuita in considerazione della concorrente efficacia eziologica, rispetto alla morte della vittima primaria, del fattore naturale rappresentato dalle pregresse condizioni patologiche di quest'ultima. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva rigettato la domanda dei figli di una ottantatreenne - deceduta a seguito di un ictus dopo le dimissioni da un ricovero ospedaliero per la frattura del femore -, ascrivendone la causa della morte alle pregresse condizioni patologiche, senza vagliare la concorrente incidenza eziologica della condotta umana imputabile a cui era riconducibile la caduta all'origine della suddetta frattura).
Cass. civ. n. 6100/2023
dell'amministrazione medesima. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. - in relazione a vicenda in cui una società aveva agito per il conseguimento del risarcimento del danno prodotto da dedotte illegittime modalità esecutive di un'opera pubblica per effetto delle quali era ostacolato il transito dei mezzi nella sua proprietà - ha evidenziato che, nella fattispecie, era stata lamentata non già l'inesistenza o illegittimità di un provvedimento di approvazione del progetto in variante dell'opera pubblica, quanto l'esecuzione di quest'ultima con modalità tali da risultare lesive dei diritti che competevano alla predetta società quale proprietaria frontista, titolare del diritto di accesso alla via pubblica).
Cass. civ. n. 5948/2023
Il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, ferma restando la possibilità che la valutazione equitativa si traduca nell'utilizzo di un sistema di liquidazione diverso (il quale attinga, ove reputato utile, anche alla fonte rappresentata dall'intervallo di valori numerici offerto dalla versione della tabella milanese anteriore a quella del giugno 2022), purché sorretto da un'adeguata motivazione che dia conto delle circostanze prese in considerazione dal giudice per la quantificazione del danno risarcibile nel caso concreto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, nel quantificare il danno da perdita del rapporto parentale patito dai fratelli della vittima di un incidente stradale sulla base delle tabelle milanesi del 2018, aveva ridotto l'importo - vicino al massimo tabellare - liquidato dal giudice di primo grado, in considerazione della mancata dimostrazione di circostanze eccezionali idonee a giustificare la suddetta liquidazione).
Cass. civ. n. 5737/2023
In materia di rapporto di causalità nella responsabilità civile, in base ai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., qualora le condizioni ambientali od i fattori naturali che caratterizzano la realtà fisica sulla quale incide il comportamento imputabile dell'uomo siano sufficienti a determinare l'evento di danno indipendentemente dal comportamento medesimo, l'autore dell'azione o della omissione resta sollevato, per intero, da ogni responsabilità dell'evento, non avendo posto in essere alcun antecedente dotato in concreto di efficienza causale; ove, invece, quelle condizioni non possano dare luogo, senza l'apporto umano, all'evento di danno, l'autore del comportamento imputabile è responsabile per intero di tutte le conseguenze da esso scaturenti secondo normalità, non potendo, in tal caso, operarsi una riduzione proporzionale in ragione della minore gravità della sua colpa, poiché una comparazione del grado di incidenza eziologica di più cause concorrenti può instaurarsi soltanto tra una pluralità di comportamenti umani colpevoli, ma non tra una causa umana imputabile ed una concausa naturale non imputabile. Ne consegue che, a fronte di una sia pur minima incertezza sulla rilevanza di un eventuale contributo "con-causale" di un fattore naturale (quale che esso sia), non è ammesso, sul piano giuridico, affidarsi ad un ragionamento probatorio "semplificato", tale da condurre "ipso facto" ad un frazionamento delle responsabilità in via equitativa, con relativo ridimensionamento del "quantum" risarcitorio. (In applicazione di detto principio, la S.C., ha cassato la sentenza impugnata che, in relazione ad una fattispecie in cui il danneggiato da un sinistro stradale si era successivamente tolto la vita e, dopo aver affermato che le conseguenze del sinistro avevano contribuito - come movente ultimo - al suicidio della vittima, aveva attribuito efficacia di concausa alle "condizioni personali" e allo sconvolgimento dovuto ad altre vicende familiari, riducendo significatviamente il risarcimento in favore dei congiunti).
Cass. civ. n. 5682/2023
Passata in giudicato la sentenza di revocazione per dolo del giudice che abbia disposto anche la restituzione di quanto in buona fede conseguito per effetto della sentenza revocata, se tale credito restitutorio rimane insoddisfatto all'esito dell'inutile escussione di chi ha ricevuto il pagamento non dovuto, il debito risarcitorio dell'autore del reato di corruzione in atti giudiziari ha ad oggetto non soltanto il danno patrimoniale, nei limiti del mancato guadagno dal giorno del pagamento a quello della domanda di revocazione, e il danno non patrimoniale, ma anche l'oggetto dell'obbligazione restitutoria derivante dalla sentenza di revocazione.
Cass. civ. n. 5651/2023
In tema di contratto preliminare di compravendita di bene immobile, in caso di risoluzione per inadempimento del promissario acquirente, ai sensi dell'art. 1383 c.c., è legittimo il cumulo tra la penale per l'inadempimento e l'indennità di occupazione, svolgendo le due somme funzioni diverse: la prima, predetermina il danno da risoluzione del preliminare, il quale comprende l'interesse negativo, ossia quello a non essere coinvolti in una vicenda contrattuale che poi non ha esito e, dunque, il danno da tempo e occasioni perdute, nonché le spese sostenute; la seconda ripaga da altri pregiudizi, ossia quelli derivanti dalla circostanza che il proprio bene è goduto senza titolo da altri, e ciò a maggior ragione se la restituzione non è avvenuta o non deve avvenire, non essendovi stata domanda.
Cass. civ. n. 5475/2023
La persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà, può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche nei confronti di una sola delle persone coobbligate, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe di costoro e la eventuale diseguale efficienza causale di esse, può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili; conseguentemente il giudice del merito, adito dal danneggiato può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei detti condebitori abbia esercitato l'azione di regresso nei confronti degli altri, atteso che solo nel giudizio di regresso può discutersi della gravità delle rispettive colpe e delle conseguenze da esse derivanti.
Cass. civ. n. 5474/2023
In tema di danno non patrimoniale da invalidità temporanea, in mancanza della tabella prevista dall'art. 138 cod. ass. (prevista dall'art. 1, comma 18, della l. n. 124 del 2017, ma non ancora predisposta) il pregiudizio derivante da lesioni di non lieve entità non può essere liquidato sulla base dei parametri previsti dall'art. 139 cod. ass., i quali riguardano la liquidazione di danni non patrimoniali per inabilità temporanea derivanti da lesioni di lieve entità, potendo il giudice fare ricorso, invece, ai parametri offerti dalle cosiddette "tabelle milanesi".
Cass. civ. n. 5381/2023
In tema di responsabilità civile del magistrato, a seguito della sentenza n. 205 del 2022, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l'art. 2, comma 1, della l. n. 117 del 1988, nel testo antecedente alle modifiche apportate dalla l. n. 18 del 2015, il danno non patrimoniale da lesione dei diritti inviolabili della persona è risarcibile anche in assenza di condotte lesive della libertà personale.
Cass. civ. n. 5119/2023
In caso di danno cd. lungolatente (nella specie, contrazione di epatite C, asintomatica per più di venti anni, derivante da trasfusione), il diritto al risarcimento del danno biologico sorge solo con riferimento al momento di manifestazione dei sintomi e non dalla contrazione dell'infezione, in quanto esso non consiste nella semplice lesione dell'integrità psicofisica in sé e per sé considerata, bensì nelle conseguenze pregiudizievoli per la persona, sicché, in mancanza di dette conseguenze, difetta un danno risarcibile, altrimenti configurandosi un danno "in re ipsa", privo di accertamento sul nesso di causalità giuridica (necessario ex art. 1223 c.c.) tra evento ed effetti dannosi.
Cass. civ. n. 4938/2023
Nei debiti di valore derivanti da fatto illecito, gli interessi compensativi sulla somma rivalutata non possono essere riconosciuti in mancanza di una specifica domanda di parte, perché tali interessi costituiscono la modalità liquidatoria del danno, che deve essere allegato e provato, causato dal ritardato pagamento dell'equivalente monetario attuale della somma dovuta all'epoca dell'evento lesivo e non potendosi onerare il creditore della prova di un danno in relazione al quale non abbia formulato una domanda.
Cass. civ. n. 4707/2023
Nello sport da combattimento la violazione di una norma del regolamento sportivo non costituisce di per sé un illecito civile in mancanza di altri elementi idonei a far ritenere ingiustificata l'azione dell'atleta, né assume ex se rilievo il fatto che l'evento lesivo sia occorso durante un allenamento, il quale, pur mancando del profilo agonistico, è comunque connotato dal contatto fisico e dall'uso della forza, restando così la soglia di tolleranza della violenza più elevata rispetto all'allenamento di uno sport in cui questa è soltanto eventuale.
Cass. civ. n. 4303/2023
Nel caso di litisconsorzio necessario processuale - configurabile quando la presenza di più parti nel primo grado deve necessariamente persistere nell'impugnazione per evitare un possibile conflitto di giudicati - la mancata integrazione del contraddittorio nel grado d'appello determina la nullità, rilevabile anche d'ufficio in sede di legittimità, del procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso; tuttavia, tale regola non trova applicazione qualora la parte che lamenti la non integrità del contraddittorio non possa ottenere una pronuncia di merito a sé favorevole oppure quando le cause non siano inscindibili o comunque dipendenti l'una dall'altra, non sussistendo in tale ipotesi l'esigenza del litisconsorzio. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che - ritenute scindibili le cause risarcitorie originariamente proposte, ex art. 2043 e 2048 c.c., nei confronti del minore e dei genitori - non aveva ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti del figlio, nelle more divenuto maggiorenne, nel processo di appello proposto dai soli genitori).
Cass. civ. n. 4242/2023
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio del diritto di cronaca ha efficacia esimente, sotto il profilo della verità putativa della notizia, ove questa sia tratta da un procedimento disciplinare interno a una P.A., valido ed efficace al momento della sua divulgazione, trattandosi di un atto di investigazione interna, di rilievo pubblico sul quale il giornalista può fare legittimo affidamento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato una legittima espressione del diritto di cronaca in relazione ad una trasmissione televisiva nella quale il conduttore aveva riportato la notizia della sospensione dal servizio del ricorrente, medico, a seguito di una inchiesta amministrativa sull'assenteismo in ospedale, a nulla rilevando la successiva revoca del provvedimento, dovendo la verosimiglianza del fatto essere valutata al momento in cui ne è fatta divulgazione).
Cass. civ. n. 4228/2023
In tema di illecito eurounitario dello Stato, l'entrata in vigore della legge di attuazione dell'art. 12, par. 2, della Direttiva 2004/80/CE (contemplante una prestazione indennitaria in favore delle vittime di reati intenzionali violenti commessi in Italia che prescinde dalla ricorrenza degli elementi costitutivi dell'illecito civile) non determina la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda di risarcimento del danno derivante dalla tardiva trasposizione della suddetta direttiva comunitaria, trovando quest'ultima il proprio fondamento nella diversa fattispecie della responsabilità contrattuale dello Stato per inadempimento di un'obbligazione "ex lege".
Cass. civ. n. 4054/2023
Non è risarcibile il danno da perdita del rapporto parentale patito "iure proprio" dal congiunto della vittima che sia stata unica responsabile del proprio decesso. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva condannato la compagnia assicuratrice del veicolo a bordo del quale si trovava, quale terzo trasportato, il figlio minore della vittima a risarcirgli il danno conseguente alla morte della madre, conducente del mezzo che, dopo esserne discesa per richiudere un cancello, era rimasta schiacciata dal veicolo stesso, il quale aveva iniziato a retrocedere in discesa su una rampa).
Cass. civ. n. 3856/2023
Ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa in favore del titolare di un'impresa familiare, dall'utile prodotto dalla stessa va detratta la quota spettante al familiare collaboratore, non potendo quest'ultima qualificarsi come costo nella determinazione del reddito dell'impresa medesima.
Cass. civ. n. 3737/2023
La responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi grava esclusivamente sull'ente cui le singole leggi regionali, attuative della legge quadro nazionale n. 281 del 1991, attribuiscono il compito di cattura e custodia degli stessi. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto sussistente la legittimazione passiva in capo alle ASL, alle quali la l.r. Campania n. 16 del 2001, "ratione temporis" vigente, demandava l'istituzione dell'anagrafe canina e del servizio di accalappiamento dei cani, con conseguente responsabilità per l'omessa predisposizione o il carente funzionamento dello stesso).
Cass. civ. n. 3692/2023
In tema di responsabilità del datore di lavoro per danni alla salute del dipendente, anche ove non sia configurabile una condotta di "mobbing", per l'insussistenza di un intento persecutorio idoneo ad unificare la pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli, è ravvisabile la violazione dell'art. 2087 c.c. nel caso in cui il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori ovvero ponga in essere comportamenti, anche in sé non illegittimi, ma tali da poter indurre disagi o stress, che si manifestino isolatamente o invece si connettano ad altri comportamenti inadempienti, contribuendo ad inasprirne gli effetti e la gravità del pregiudizio per la personalità e la salute latamente intesi.
Cass. civ. n. 3496/2023
nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto il pregiudizio individuato non si pone quale diretta e immediata conseguenza dell'illegittimità di un atto o dello stesso esercizio del potere pubblico, bensì come effetto di un comportamento (attivo o omissivo) della pubblica amministrazione in cui il provvedimento amministrativo non rileva in sé (quale elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria), ma come mero fatto che ha dato causa all'evento dannoso.
Cass. civ. n. 3368/2023
Il giudice civile, chiamato a decidere sulla domanda di risarcimento del danno per un fatto che sia stato oggetto di un provvedimento di archiviazione in sede penale, è tenuto a verificare l'integrazione della fattispecie atipica di cui all'art. 2043 c.c., senza poter accertare, in via incidentale, la ricorrenza di quella tipica contemplata dalla norma incriminatrice, stante l'ontologica diversità strutturale tra le due forme di illecito e la necessità di conformare l'accertamento giudiziale al rispetto del canone costituzionale della presunzione di non colpevolezza.
Cass. civ. n. 2979/2023
In tema di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito, sulla somma riconosciuta al danneggiato a titolo di risarcimento è necessario considerare, oltre alla svalutazione monetaria (che costituisce un danno emergente), anche il nocumento finanziario subito a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento (integrante un lucro cessante). Qualora tale danno sia liquidato con la tecnica degli interessi, questi non vanno calcolati nè sulla somma originaria, nè sulla rivalutazione al momento della liquidazione, ma debbono computarsi o sulla somma originaria via via rivalutata, anno per anno, ovvero sulla somma originaria rivalutata in base ad un indice medio, con decorrenza sempre dal giorno in cui si è verificato l'evento dannoso.
Cass. civ. n. 2798/2023
In tema di responsabilità del medico per omessa diagnosi di malformazione del feto, i danni risarcibili in conseguenza della lesione del diritto all'autodeterminazione della gestante non si limitano a quelli correlati alla nascita indesiderata, estendendosi anche a quelli connessi alla perdita della possibilità di predisporsi ad affrontare consapevolmente tale nascita (quali, ad es., il ricorso, per tempo, ad una psicoterapia o la tempestiva organizzazione della vita in modo compatibile con le future esigenze di cura del figlio).
Cass. civ. n. 2304/2023
La divulgazione dell'immagine altrui senza il consenso dell'interessato è lecita, ove la riproduzione sia collegata a manifestazioni pubbliche (o anche private, ma di rilevanza sociale), ai sensi degli artt. 96 e 97 della l. n. 633 del 1941, se ed in quanto risponda alle esigenze di pubblica informazione e sia essenziale rispetto al contenuto informativo di interesse pubblico dell'articolo di accompagnamento, salvo che da tale evento derivi pregiudizio all'onore o al decoro della persona ritratta. (Nella specie la S.C. ha ritenuto immune da censure la valutazione operata dal giudice di merito che, in relazione alla pubblicazione, su un quotidiano, di una fotografia che ritraeva il ricorrente, accanto ad una donna sconosciuta, al compleanno di una persona immigrata, celebrato in un centro di immigrazione, aveva escluso un possibile pregiudizio all'onore, al decoro o alla reputazione del ricorrente e ritenuto la pubblicazione essenziale rispetto al contenuto dell'articolo, composto unitamente all'immagine, avente ad oggetto il tema dell'accoglienza delle persone immigrate nel nostro paese).
Cass. civ. n. 1752/2023
In tema di risarcimento del danno da lesione del rapporto parentale, non sussiste alcun limite normativo che determini l'irrisarcibilità del pregiudizio nelle ipotesi in cui gli effetti lesivi della salute del prossimo congiunto non siano particolarmente gravi; perciò, secondo i principi generali, il predetto danno è risarcibile se il parente prova, anche in via presuntiva, di aver subito lesioni in conseguenza della condizione del congiunto.
Cass. civ. n. 1635/2023
In tema di acclaramento e certificazione dell'esito di avvenimenti sportivi oggetto di scommessa da parte dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), posto che l'esito, rilevante ai fini delle scommesse - di cui l'amministrazione dei Monopoli è tenuta ad acquisire la corretta cognizione, attraverso le comunicazioni ufficiali degli enti organizzatori dell'evento o il proprio diretto impegno istruttorio - è necessariamente quello che si realizza sul campo di gara, ove la certificazione originariamente trasmessa alla società concessionaria delle scommesse sia erronea, l'Amministrazione può (e, talora, deve) inoltrare a quest'ultima le opportune rettifiche del (esatto) contenuto dell'esito dell'avvenimento sportivo oggetto della scommessa. (Nella specie la S.C. ha affermato la responsabilità dell'AAMS in relazione al danno patito dallo scommettitore in conseguenza del rifiuto di pagamento della vincita da parte dell'ente concessionario delle scommesse,indotto dall'erronea certificazione, non rettificata, dell'esito effettivo dell'avvenimento oggetto della scommessa).
Cass. civ. n. 701/2023
La realizzazione di una servitù pubblica di elettrodotto in assenza della prescritta autorizzazione dà luogo ad un illecito permanente da parte dell'ente costruttore o gestore ed il proprietario, che abbia implicitamente rinunciato alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, proponendo domanda risarcitoria per equivalente, ha diritto all'integrale ristoro del danno, comprendente la definitiva perdita di valore del bene, conseguente alla condotta materiale tenuta.
Cass. civ. n. 479/2023
In tema di responsabilità civile, l'inserimento e il mantenimento, nell'archivio storico digitale di un quotidiano, di articoli di stampa, il cui contenuto diffamatorio sia stato già accertato con sentenza passata in giudicato, integra una nuova e autonoma fattispecie illecita, qualora comporti la lesione di diritti costituzionalmente garantiti (all'immagine, anche sociale, alla reputazione personale e professionale, o alla vita di relazione), essendo differenti sia il tempo, sia la forma, sia la finalità della veicolazione delle notizie, la cui lesività deve essere valutata in concreto, avuto riguardo a tutte le peculiarità del caso, secondo gli ordinari criteri di cui all'art. 2043 c.c., con onere probatorio a carico del soggetto leso anche, se del caso, ricorrendo a presunzioni, in ordine a tutti gli elementi costitutivi della fattispecie oggetto di accertamento da parte del giudice del merito.
Cass. civ. n. 370/2023
Dal diritto "primario" al sepolcro - consistente nel diritto ad essere seppellito o a seppellire altri in un dato sepolcro - si distingue quello "secondario" dei parenti ad accedere alla sepoltura del proprio congiunto e ad opporsi a qualsiasi trasformazione idonea ad arrecare pregiudizio al rispetto dovuto alle sue spoglie; quest'ultimo costituisce esplicazione della personalità e della libertà religiosa dell'individuo (tutelata dagli artt. 2, 13 e 19 Cost.) e dalla sua lesione può derivare un danno non patrimoniale risarcibile. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto a una donna il risarcimento del danno non patrimoniale patito in conseguenza della cremazione, successiva alla riesumazione, dei resti del padre, in assenza del consenso richiesto dall'art. 3, comma 1, lett. g, della l. n. 130 del 2001).
Cass. civ. n. 9930/2023
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno da deprivazione del rapporto genitoriale, conseguente all'illecito, di natura permanente, di abbandono parentale, decorre solo dalla cessazione della permanenza, che si verifica dal giorno in cui il comportamento abbandonico viene meno, per effetto di una condotta positiva volta all'adempimento dei doveri morali e materiali di genitore, ovvero dal giorno in cui questi dimostri di non essere stato in grado, per causa a lui non imputabile, di porre fine al comportamento omissivo; al fine di individuare il "dies a quo" della prescrizione, peraltro, in ragione della peculiare natura dell'illecito (che provoca nella parte lesa una condizione di sofferenza personale e morale idonea a segnarne il futuro sviluppo psico-fisico e ad incidere sulla sua capacità di percepire la situazione abbandonica) è necessario verificare se la vittima della condotta di abbandono genitoriale sia pervenuta ad una reale condizione emotiva di consapevole esercitabilità del diritto risarcitorio.
Cass. civ. n. 9744/2023
La liquidazione in via equitativa del danno postula, in primo luogo, il concreto accertamento dell'ontologica esistenza di un pregiudizio risarcibile, il cui onere probatorio ricade sul danneggiato e non può essere assolto dimostrando semplicemente che l'illecito ha soppresso una cosa determinata, se non si provi, altresì, che essa fosse suscettibile di sfruttamento economico, e, in secondo luogo, il preventivo accertamento che l'impossibilità o l'estrema difficoltà di una stima esatta del danno stesso dipenda da fattori oggettivi e non dalla negligenza della parte danneggiata nell'allegarne e dimostrarne gli elementi dai quali desumerne l'entità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la liquidazione in via equitativa del danno patito dal conduttore di un locale cantinato, ove erano allocati articoli da regalo deteriorati in conseguenza di un allagamento ascrivibile al condominio, in assenza di prova di tale pregiudizio).
Cass. civ. n. 6444/2023
In tema di danno non patrimoniale discendente da lesione della salute, se è vero che all'accertamento di un danno biologico non può conseguire in via automatica il riconoscimento del danno morale (trattandosi di distinte voci di pregiudizio della cui effettiva compresenza nel caso concreto il danneggiato è tenuto a fornire rigorosa prova), la lesione dell'integrità psico-fisica può rilevare, sul piano presuntivo, ai fini della dimostrazione di un coesistente danno morale, alla stregua di un ragionamento inferenziale cui deve, peraltro, riconoscersi efficacia tanto più limitata quanto più basso sia il grado percentuale di invalidità permanente, dovendo ritenersi normalmente assorbito nel danno biologico di lieve entità (salvo prova contraria) tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sotto il profilo del danno morale.
Cass. civ. n. 6443/2023
Il danno conseguente alla lesione dell'integrità psicologica della persona è risarcibile come danno morale, se si mantiene nei termini della mera compromissione dell'equilibrio emotivo-affettivo del soggetto, e come danno biologico nel caso di degenerazione patologica, suscettibile di accertamento medico-legale, idonea ad esplicare un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, ferma restando la possibilità, per quest'ultimo, di dimostrare l'effettiva compresenza nel caso concreto delle due voci di pregiudizio.
Cass. civ. n. 5475/2023
La persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà, può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche nei confronti di una sola delle persone coobbligate, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe di costoro e la eventuale diseguale efficienza causale di esse, può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili; conseguentemente il giudice del merito, adito dal danneggiato può e deve pronunciarsi sulla graduazione delle colpe solo se uno dei detti condebitori abbia esercitato l'azione di regresso nei confronti degli altri, atteso che solo nel giudizio di regresso può discutersi della gravità delle rispettive colpe e delle conseguenze da esse derivanti.
Cass. civ. n. 36902/2022
In tema di responsabilità per illecito extracontrattuale, il principio secondo cui, nei rapporti interni tra più soggetti tenuti a rispondere solidalmente dell'evento dannoso, il regresso è ammesso, a favore di colui che ha risarcito il danno e contro ciascuno degli altri, nella misura determinata dalla gravità della rispettiva colpa, presupponendo che ciascuno dei corresponsabili abbia una parte di colpa nel verificarsi dell'evento dannoso, esclude implicitamente la possibilità di esercitare l'azione di regresso nei confronti di coloro che, essendo tenuti a rispondere del fatto altrui in virtù di specifiche disposizioni di legge, e quindi in base ad un criterio di imputazione legale, risultino per definizione estranei alla produzione del danno.
Cass. civ. n. 9010/2022
In tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, il venir meno di effettivi rapporti di reciproco affetto e solidarietà con il congiunto è assistita da una presunzione "iuris tantum", fondata sulla comune appartenenza al medesimo "nucleo familiare minimo", che può essere superata dalla prova contraria fornita dal convenuto, anch'essa imperniata su elementi presuntivi tali da far venir meno (ovvero attenuare) la presunzione suddetta, dovendo in ogni caso il giudice procedere, ai sensi dell'art. 2729 c.c., a una valutazione complessiva della gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari a sua disposizione.
Cass. civ. n. 9006/2022
In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, il danno morale consiste in uno stato d'animo di sofferenza interiore del tutto prescindente dalle vicende dinamico relazionali della vita del danneggiato (che pure può influenzare) ed è insuscettibile di accertamento medico-legale, sicché, ove dedotto e provato, deve formare oggetto di separata valutazione ed autonoma liquidazione rispetto al danno biologico.
Cass. civ. n. 3294/2022
Ai fini della responsabilità risarcitoria ex art. 2043 c.c. per omissione, non è sufficiente la sussistenza di un obbligo giuridico di impedire l'evento dannoso quale criterio oggettivo integrante il nesso di causalità materiale, ma occorre altresì un criterio soggettivo di imputazione della responsabilità relativo ad un addebito quantomeno colposo all'agente. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di appello la quale, in una controversia successoria fra un erede legittimo ed uno testamentario, aveva affermato la responsabilità risarcitoria del primo per aver fatto apporre i sigilli ad un immobile di proprietà del defunto senza completare l'inventario "quanto prima", omissione di per sé, erroneamente, considerata idonea alla condanna risarcitoria per la mancata disponibilità del bene).
Cass. civ. n. 3285/2022
In tema di illecito aquiliano, ai fini dell'accertamento del nesso causale, non è sufficiente una relazione di prossimità cronologica tra la condotta e l'evento dannoso, in quanto il criterio "post hoc propter hoc" è errato, posto che correlazione non significa causazione. (In applicazione del principio la Corte ha cassato la sentenza che, per rigettare la domanda di risarcimento del danno per inquinamento ambientale di un'area, aveva escluso il nesso causale tra lo sversamento di materiale oleoso, provocato dal cedimento del manto stradale in corrispondenza delle cisterne che lo contenevano, e le condotte ascritte ai convenuti, precedenti proprietari dell'area, di occultamento sotto la sede stradale di tali cisterne e di mancata rimozione delle stesse, in quanto risalenti a molti anni prima dell'evento lesivo).
Cass. civ. n. 2340/2022
La responsabilità extracontrattuale della P.A., ai sensi dell'art. 2043 c.c., presuppone che il giudice accerti, in concreto e in ordine successivo: a) la presenza di un evento dannoso; b) l'ingiustizia dello stesso; c) la riconducibilità eziologica dell'evento dannoso ad una condotta (positiva od omissiva) della p.a.; d) l'imputabilità dello stesso al dolo o alla colpa dell'amministrazione, senza che sia configurabile una colpa "in re ipsa", connessa al mero dato obiettivo dell'esecuzione volontaria di un provvedimento illegittimo. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva ravvisato la colpa dell'Inail nella mera adozione di una erronea certificazione dei benefici contributivi da esposizione ad amianto, senza procedere ad ulteriori accertamenti).
Cass. civ. n. 39441/2021
In caso di iscrizione di ipoteca giudiziale su beni il cui valore sia eccedente rispetto all'importo del credito vantato, il creditore può essere chiamato a rispondere ai sensi dell'art. 2043 c.c. per il danno subìto dal debitore consistente nella difficoltà o impossibilità della negoziazione dei beni medesimi ovvero nella difficoltà di accesso al credito; invero, la previsione della speciale responsabilità processuale ex art.96 c.p.c. - quale responsabilità del soccombete che abbia abusato del diritto di agire o resistere in giudizio - non esclude l'applicabilità della disciplina generale dell'illecito civile, atteso che il creditore è tenuto ad una condotta prudente e diligente, nonché informata al rispetto dei principi di buona fede e correttezza, non solo in caso di ricorso a rimedi processuali, bensì, ancor prima, nell'attuazione dei propri diritti contrattuali o negoziali, e dunque anche del diritto di garanzia, il quale deve essere esercitato in termini consentanei con la sua funzione di mezzo volto a creare una situazione di preferenza rispetto agli altri creditori, e non per determinare situazioni di discredito sociale e professionale e, conseguentemente, di blocco del patrimonio e dell'attività del debitore.
Cass. civ. n. 36373/2021
La domanda proposta per il risarcimento dei danni che si assumono derivati dall'illegittimo esercizio, in quanto discriminatorio, della potestà legislativa derivante dalla predisposizione, presentazione o mancata modifica di un atto legislativo, non configura un difetto assoluto di giurisdizione perché non riguarda controversie direttamente involgenti attribuzioni di altri poteri dello Stato o di altri ordinamenti autonomi, come tali neppure astrattamente suscettibili di dar luogo ad un intervento del giudice, ma l'esercizio di un diritto soggettivo mediante una comune azione risarcitoria ex art. 2043 c.c., dovendosene, escludere, inoltre, anche l'astratta improponibilità per ragioni di materia o di regolamentazione normativa, e neppure rileva la natura politica dell'atto legislativo, deducendosi la sola lesività della disciplina che ne è derivata. (Nella specie, la domanda risarcitoria era stata promossa nei confronti delle autorità che avevano presentato, approvato e non modificato, il trattamento fiscale di cui all'art. 1, comma 692, lett. d), della l. n. 160 del 2019, ritenuto costituzionalmente illegittimo perché discriminatorio ed in contrasto col diritto unionale).
Cass. civ. n. 33005/2021
Ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale mediante l'applicazione del criterio tabellare, il danneggiato ha l'onere di chiedere che la liquidazione avvenga in base alle tabelle, ma non anche quello di produrle in giudizio, in quanto esse, pur non costituendo fonte del diritto, integrano il diritto vivente nella determinazione del danno non patrimoniale conforme a diritto.
Cass. civ. n. 28218/2021
In tema di contratto preliminare di compravendita di bene immobile, l'occupazione di quest'ultimo, inizialmente legittima in presenza del consenso scritto da parte del promittente venditore, diventa priva di titolo nel momento in cui il promissario acquirente propone domanda giudiziale di recesso dal contratto per l'inadempimento del promittente venditore, sicchè da tale data va riconosciuta l'indennità di occupazione dell'immobile, laddove, nella diversa ipotesi del recesso per inadempimento del promissario acquirente cui il bene sia stato consegnato alla conclusione del contratto preliminare, la data iniziale del computo dell'indennità di occupazione va individuata in quella di consegna dell'immobile. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 21/03/2019).
Cass. civ. n. 26592/2021
Il danno derivante dall'occupazione sine titulo di un alloggio, per il quale è scaduto il termine di efficacia del provvedimento di requisizione amministrativa, ha natura di illecito permanente, dando luogo al ripetersi di fatti illeciti, connessi alla perdita dei frutti naturali dell'immobile per il periodo di illegittima occupazione, con riferimento a ciascun periodo in relazione al quale si determina la perdita di detti frutti, con la conseguenza che in ogni momento sorge per il proprietario il diritto al relativo risarcimento e nello stesso tempo decorre il relativo termine di prescrizione quinquennale previsto dall'art. 2947 cod. civ.
Cass. civ. n. 26334/2021
In tema di responsabilità civile, il criterio del "più probabile che non" costituisce il modello di ricostruzione del solo nesso di causalità - regolante cioè l'indagine sullo statuto epistemologico di un determinato rapporto tra fatti o eventi - mentre la valutazione del compendio probatorio (nella specie, con riferimento ad un determinato comportamento in tema di responsabilità medico-sanitaria) è informata al criterio della attendibilità - ovvero della più elevata idoneità rappresentativa e congruità logica degli elementi di prova assunti - ed è rimessa al discrezionale apprezzamento del giudice di merito, insindacabile, ove motivato e non abnorme, in sede di legittimità. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO GENOVA, 30/06/2018).
Cass. civ. n. 26304/2021
In tema di responsabilità civile, il criterio del "più probabile che non" costituisce il modello di ricostruzione del solo nesso di causalità - regolante cioè l'indagine sullo statuto epistemologico di un determinato rapporto tra fatti o eventi - mentre la valutazione del compendio probatorio (nella specie, con riferimento ad un determinato comportamento in tema di responsabilità medico-sanitaria) è informata al criterio della attendibilità - ovvero della più elevata idoneità rappresentativa e congruità logica degli elementi di prova assunti - ed è rimessa al discrezionale apprezzamento del giudice di merito, insindacabile, ove motivato e non abnorme, in sede di legittimità. (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO GENOVA, 30/06/2018).
Cass. civ. n. 21769/2021
È devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia introdotta dal concessionario di un'area pubblica comunale, adibita ad attività commerciale, al fine di ottenere il risarcimento del danno conseguente all'attività di demolizione del manufatto ivi realizzato, compiuta senza preavviso dall'ente concedente, vertendo il "petitum" sostanziale sull'accertamento della responsabilità derivante da un comportamento materiale della P.A., lesivo di una posizione di diritto soggettivo, senza che rilevi la titolarità in capo all'attore di una concessione su bene demaniale, la quale non viene in discussione nei suoi aspetti provvedimentali di rilievo pubblicistico, ma unicamente nelle sue concrete modalità esecutive, e pertanto costituisce solo la premessa della domanda risarcitoria proposta. (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANZARO, 10/04/2019).
Cass. civ. n. 21649/2021
Pur quando non rimanga integrato un danno biologico, non risultando provato alcuno stato di malattia, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all'interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall'art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, integra una lesione che non costituisce un danno "in re ipsa", bensì un danno conseguenza e comporta un pregiudizio ristorabile in termini di danno non patrimoniale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto dovuta la riparazione del pregiudizio del diritto al riposo, sofferto dalle parti lese in conseguenza delle immissioni sonore - in particolare notturne - dipendenti dall'installazione di un nuovo bagno in un appartamento contiguo, siccome ridondante sulla qualità della vita e, conseguentemente, sul diritto alla salute costituzionalmente garantito). (Rigetta, CORTE D'APPELLO GENOVA, 19/06/2019).
Cass. civ. n. 21145/2021
In caso di patologie conseguenti ad infezione da virus HBV, HIV e HCV, contratte a seguito di emotrasfusioni o di somministrazione di emoderivati, sussiste la responsabilità del Ministero della salute anche per le trasfusioni eseguite in epoca anteriore alla conoscenza scientifica di tali virus e all'apprestamento dei relativi test identificativi (risalenti, rispettivamente, agli anni 1978, 1985, 1988), atteso che già dalla fine degli anni '60 era noto il rischio di trasmissione di epatite virale ed era possibile la rilevazione (indiretta) dei virus, che della stessa costituiscono evoluzione o mutazione, mediante gli indicatori della funzionalità epatica, gravando pertanto sul Ministero della salute, in adempimento degli obblighi specifici di vigilanza e controllo posti da una pluralità di fonti normative speciali risalenti già all'anno 1958, l'obbligo di controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni e gli emoderivati fosse esente da virus e che i donatori non presentassero alterazione della transaminasi.(Nel ribadire il principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito che aveva escluso la responsabilità del Ministero della salute in relazione ad una infezione da epatite C contratta in seguito a emotrasfusioni risalenti al 1965). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 01/12/2015).
Cass. civ. n. 14324/2021
La controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni subiti da un privato, che abbia fatto incolpevole affidamento su di un provvedimento amministrativo ampliativo della propria sfera giuridica, legittimamente annullato, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, in quanto non è relativa alla lesione di un interesse legittimo pretensivo, bensì di diritto soggettivo, rappresentato dalla conservazione dell'integrità del patrimonio, pregiudicato dalle scelte compiute confidando sulla originaria legittimità del provvedimento amministrativo poi caducato. (Principio affermato in fattispecie in cui la realizzazione di edifici, da destinare ad insediamenti produttivi, avrebbe dovuto essere eseguita dal privato sulla base di licenze edilizie revocate, in sede di autotutela, a seguito dell'approvazione di nuovo Piano Regolatore Generale). (Cassa e dichiara giurisdizione, CORTE D'APPELLO BARI, 09/05/2019).
Cass. civ. n. 7027/2021
La responsabilità del proprietario di un fondo per i danni derivanti da attività di escavazione, ex art. 840 c.c., non opera in senso oggettivo, ma richiede una condotta colposa, sicché, nell'ipotesi in cui i lavori di escavazione siano affidati in appalto, è l'appaltatore ad essere, di regola, l'esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi nell'esecuzione dell'opera, salvo che non risulti accertato che il proprietario committente, avendo - in forza del contratto di appalto - la possibilità di impartire prescrizioni o di intervenire per richiedere il rispetto delle normative di sicurezza, se ne sia avvalso per imporre particolari modalità di esecuzione o particolari accorgimenti antinfortunistici che siano stati causa (diretta o indiretta) del sinistro, nel qual caso la responsabilità dell'appaltatore verso il terzo danneggiato può aggiungersi a quella del proprietario, ma non sostituirla o eliminarla. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO GENOVA, 15/06/2016).
Cass. civ. n. 653/2021
Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno cosiddetto da nascita indesiderata, il medico che non informi correttamente e compiutamente la gestante dei rischi di malformazioni fetali correlate a una patologia dalla medesima contratta può essere chiamato a risarcire i danni conseguiti alla mancata interruzione della gravidanza, la quale si giustifica oltre il novantesimo giorno, ai sensi dell'art. 6, lett. b), della legge n. 194 del 1978, in presenza di un accertamento di processi patologici che possono provocare, con apprezzabile grado di probabilità, rilevanti anomalie del nascituro, idonei a determinare per la donna un grave pericolo - da accertarsi in concreto e caso per caso, senza che sia necessario che la malformazione si sia già prodotta o risulti strumentalmente o clinicamente accertata - per la sua salute fisica o psichica.
Cass. civ. n. 457/2021
Ove l'azione civile sia stata esercitata in un processo penale per una fattispecie criminosa qualificata da dolo intenzionale, nel giudizio civile di rinvio ai sensi dell'art. 622 c.p.p., in relazione alla responsabilità ex art. 2043 c.c., il giudice deve verificare la ricorrenza, sul piano oggettivo e soggettivo, di tutti gli elementi dell'illecito civile, sicché - quando il reato contestato risulti quello previsto dall'art. 323 c.p. (come nella fattispecie) - occorre avere riguardo non all'intenzionalità del comportamento dell'asserito responsabile, bensì alla generica dolosità della condotta. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione della Corte territoriale che aveva escluso la sussistenza del dolo del danneggiante - un magistrato, già imputato per aver favorito un altro consulente attraverso la liquidazione di un compenso non dovuto e per avere pregiudicato il danneggiato con la revoca della curatela fallimentare conferitagli - in ragione della mancata prova di una sua intenzionale volontà, anziché limitarsi a verificare la volontarietà delle predette condotte). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BOLOGNA, 30/08/2018).
Cass. civ. n. 39/2021
La vendita a terzi, con atto trascritto, di un bene immobile che abbia già formato oggetto, da parte del venditore, di una precedente alienazione si risolve nella violazione di un obbligo contrattualmente assunto nei confronti del precedente acquirente, determinando la responsabilità contrattuale dell'alienante, con connessa presunzione di colpa ex art. 1218 c.c.; per converso, la responsabilità del successivo acquirente, rimasto estraneo al primo rapporto contrattuale, può configurarsi soltanto sul piano extracontrattuale, ove trovi fondamento in una dolosa preordinazione volta a frodare il precedente acquirente o, almeno, nella consapevolezza dell'esistenza di una precedente vendita e nella previsione della sua mancata trascrizione e, quindi, nella compartecipazione all'inadempimento dell'alienante, in virtù dell'apporto dato nel privare di effetti il primo acquisto, al cui titolare incombe, di conseguenza, la relativa prova ex art. 2697 c.c. (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO ANCONA, 21/02/2018).
Cass. civ. n. 29711/2020
La cosiddetta responsabilità "da contatto sociale", soggetta alle regole della responsabilità contrattuale, pur in assenza d'un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell'eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell'attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell'attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell'art. 1173 c.c. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 13/11/2015).
Cass. civ. n. 29656/2020
In caso di esondazione di un canale, in difetto di prova sul fortuito, la responsabilità per i danni derivati è da ascrivere all'ente locale tenuto alla manutenzione dell'alveo, senza che rilevi l'assegnazione di specifiche risorse per il finanziamento dell'opera pubblica, non potendosi interpretare gli artt. 7 del d.lgs. n. 112 del 1998, 24 e 26 della l. R. Puglia n. 17 del 2000 nel senso che la traslazione delle funzioni e l'attribuzione di competenze siano subordinate alla condizione sospensiva dell'effettivo trasferimento delle risorse, in coerenza, peraltro, con il sistema generale della responsabilità da cose in custodia, che deriva dalla mera relazione di fatto con la cosa. (Rigetta, TRIB.SUP. DELLE ACQUE PUBBLICH ROMA, 11/09/2019).
Cass. civ. n. 29175/2020
L'art. 103 Cost. non consente di ritenere che il giudice amministrativo possa conoscere di controversie di cui non sia parte una P.A., o soggetti ad essa equiparati, sicché la pretesa risarcitoria avanzata nei confronti di funzionari regionali in proprio per comportamenti lesivi del privato, assunti nell'ambito di un procedimento amministrativo di concessione pubblica, va proposta dinanzi al giudice ordinario, a ciò non ostando che tali comportamenti siano stati veicolati nella forma di provvedimenti impugnabili né che questi ultimi possano essere stati impugnati avanti al giudice amministrativo per la rimozione, con l'annullamento giurisdizionale, dei loro effetti pregiudizievoli. (Regola giurisdizione).
Cass. civ. n. 28979/2020
La controversia avente ad oggetto la domanda risarcitoria proposta dal privato aggiudicatario di una gara per l'assegnazione di un pubblico servizio, successivamente annullata o revocata, il quale deduca la lesione dell'affidamento riposto sull'apparente legittimità del provvedimento amministrativo, è devoluta alla giurisdizione ordinaria, invocandosi l'accertamento, non della legittimità dell'aggiudicazione, ma della responsabilità civile della P.A. (avente natura contrattuale, secondo lo schema della responsabilità da "contatto sociale", o eventualmente ricondotta alla responsabilità extracontrattuale) per i danni derivanti dalle spese effettuate in funzione della partecipazione alla gara poi revocata, dalla rinuncia ad un utile di impresa e dalla perdita di altre "chances" economico-commerciali nell'ambito del mercato imprenditoriale. (Regola competenza).
Cass. civ. n. 28634/2020
Gli istituti di credito rispondono dei danni arrecati a terzi dai propri incaricati nello svolgimento delle incombenze loro affidate, quando il fatto illecito commesso sia connesso per occasionalità necessaria all'esercizio delle mansioni, ma la responsabilità dell'intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari è esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto l'estraneità della banca rispetto alla condotta illecita posta in essere dal proprio promotore finanziario ai danni del cliente, che aveva sottoscritto in bianco le distinte per le richieste di assegni circolari, poi consegnate al dipendente, consentendogli di apporre sottoscrizioni apocrife sui moduli predisposti per le operazioni di versamento di contanti e di assegni). (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 11/11/2015).
Cass. civ. n. 21993/2020
In tema di immissioni acustiche provenienti da aree pubbliche, appartiene alla giurisdizione ordinaria la controversia avente ad oggetto la domanda, proposta da cittadini residenti nelle zone interessate, di condanna della P.A. a provvedere, con tutte le misure adeguate, all'eliminazione o alla riduzione nei limiti della soglia di tollerabilità delle immissioni nocive, oltre che al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, patiti, atteso che l'inosservanza da parte della P.A. delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario non solo per conseguire la condanna della P.A. al risarcimento dei danni, ma anche per ottenerne la condanna ad un "facere", tale domanda non investendo scelte ed atti autoritativi della P.A., ma un'attività soggetta al principio del "neminem laedere". (Regola giurisdizione).
Cass. civ. n. 14231/2020
La "causa petendi" della domanda con cui il beneficiario di un permesso di costruire, successivamente annullato in autotutela in quanto illegittimo, abbia invocato la risoluzione del contratto di compravendita del terreno, nonché la condanna della P.A. al risarcimento dei danni conseguenti alla lesione dell'incolpevole affidamento sulla legittimità del predetto atto ampliativo, risiede, non già nella lesione di un interesse legittimo pretensivo (giacché non è in discussione la legittimità del disposto annullamento) ma nella lesione del diritto soggettivo all'integrità del patrimonio; pertanto la controversia è devoluta alla giurisdizione ordinaria, atteso che, avuto riguardo al detto "petitum sostanziale", il provvedimento amministrativo non rileva in sé (quale elemento costitutivo della fattispecie risarcitoria, della cui illegittimità il giudice è chiamato a conoscere "principaliter") ma come fatto (rilevabile "incidenter tantum") che ha dato causa all'evento dannoso subìto dal patrimonio del privato. (Cassa e dichiara giurisdizione, CORTE D'APPELLO ANCONA, 16/03/2018).
Cass. civ. n. 12913/2020
Nell'esercizio del potere di liquidazione del danno alla salute secondo equità si devono assicurare l'adeguatezza del risarcimento all'utilità effettivamente perduta e l'uniformità dello stesso in situazioni identiche; perciò, qualora tali scopi non siano raggiungibili attraverso il criterio cd. "tabellare", venendo in questione un'ipotesi di danno biologico non contemplata dalle tabelle adottate, il giudice di merito è tenuto a fornire specifica indicazione degli elementi della fattispecie concreta considerati e ritenuti essenziali per la valutazione del pregiudizio, nonché del criterio di stima ritenuto confacente alla liquidazione equitativa, anche ricorrendo alle tabelle come base di calcolo, ma fornendo congrua rappresentazione delle modifiche apportate e rese necessarie dalla peculiarità della situazione esaminata. (Nella fattispecie, relativa a liquidazione del danno biologico di un soggetto deceduto "ante tempus" per causa diversa dal fatto dannoso, la S.C. ha confermato la decisione di merito che - nell'impossibilità di applicare il valore tabellare relativo all'età del danneggiato al momento del sinistro e alla sua aspettativa di vita media, dovendosi piuttosto fare riferimento alla durata reale della vita del soggetto - ha liquidato il risarcimento avendo riguardo al valore monetario tabellare giornaliero previsto per l'inabilità temporanea assoluta moltiplicato per il numero di giorni della effettiva esistenza in vita del danneggiato). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ANCONA, 12/07/2017).
Cass. civ. n. 12906/2020
In materia di perdita di "chance", l'attività del giudice deve tenere distinta la dimensione della causalità da quella dell'evento di danno e deve altresì adeguatamente valutare il grado di incertezza dell'una e dell'altra, muovendo dalla previa e necessaria indagine sul nesso causale tra la condotta e l'evento, secondo il criterio civilistico del "più probabile che non", e procedendo, poi, all'identificazione dell'evento di danno, la cui riconducibilità al concetto di "chance" postula una incertezza del risultato sperato, e non già il mancato risultato stesso, in presenza del quale non è lecito discorrere di una "chance" perduta, ma di un altro e diverso danno; ne consegue che, provato il nesso causale rispetto ad un evento di danno accertato nella sua esistenza e nelle sue conseguenze dannose risarcibili, il risarcimento di quel danno sarà dovuto integralmente. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito, la quale aveva dimezzato l'importo del risarcimento dei danni riconosciuti dalla decisone di primo grado ai parenti in conseguenza del decesso di un congiunto - avvenuto a seguito di un errore diagnostico che, secondo la valutazione operata dal consulente tecnico, aveva comportato l'evento lesivo con una probabilità del 50% - sovrapponendo, però, i distinti piani dell'accertamento del nesso causale e l'accertamento e valutazione del danno in concreto subito dagli attori). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 11/12/2017).
Cass. civ. n. 12903/2020
In tema di risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa, la verità dei fatti oggetto della notizia non è scalfita da inesattezze secondarie o marginali che, non mutando in peggio l'offensività della narrazione, non alterano, nel contesto dell'articolo, la portata informativa dello stesso rispetto al soggetto al quale sono riferibili. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che aveva affermato la sostanziale verità della notizia ed escluso il carattere diffamatorio dell'articolo di stampa, nel quale si attribuiva al preteso diffamato il reato di falsa perizia, meno grave rispetto a quello - concorso in tentata concussione - effettivamente contestatogli). (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 16/07/2018).
Cass. civ. n. 12420/2020
In tema di responsabilità del vettore, ferma restando l'ammissibilità in astratto del concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale nelle ipotesi di avaria della merce verificatasi durante il trasporto, il profilo della responsabilità aquiliana deve essere valutato non in base alle disposizioni che regolano il contratto di trasporto, ma sulla base della disciplina della responsabilità per fatto illecito, attraverso la specifica individuazione di comportamenti dolosi o colposi del vettore che rilevino a questi fini. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza con la quale il giudice di appello aveva escluso che la domanda proposta a titolo di responsabilità extracontrattuale potesse trovare accoglimento, atteso che l'accertamento compiuto nelle precedenti fasi di giudizio riguardava unicamente la responsabilità contrattuale e che invece non era emerso alcun accertamento positivo riguardo ad un'eventuale condotta colposa del trasportatore). (Rigetta, TRIBUNALE TRENTO, 06/04/2018).
Cass. civ. n. 11271/2020
Colui che invochi il risarcimento del danno per avere subito una denuncia calunniosa ha l'onere di provare la sussistenza di una condotta integrante il reato di calunnia dal punto di vista sia oggettivo sia soggettivo poiché la presentazione della denuncia di un reato costituisce adempimento del dovere, rispondente ad un interesse pubblico, di segnalare fatti illeciti, che rischierebbe di essere frustrato dalla possibilità di andare incontro a responsabilità in caso di denunce semplicemente inesatte o rivelatesi infondate. (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO ROMA, 28/06/2017).
Cass. civ. n. 11105/2020
In tema di immissione di onde elettromagnetiche, il principio di precauzione - sancito dall'ordinamento comunitario come cardine della politica ambientale - è assicurato dallo stesso legislatore statale attraverso la regolamentazione contenuta nella l. n. 36 del 2001 e nel d.p.c.m. 8 luglio 2003, che ha fissato i parametri relativi ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione e agli obiettivi di qualità, i quali non sono modificabili, neppure in senso restrittivo, dalla normativa delle singole Regioni (Corte cost., sentenza n. 307 del 2003), ed il cui mancato superamento osta alla possibilità di avvalersi della tutela giudiziaria preventiva del diritto alla salute, che è ipotizzabile solo in caso di accertata sussistenza del pericolo della sua compromissione, da ritenersi presuntivamente esclusa quando siano stati rispettati i limiti posti dalla disciplina di settore. (Rigetta, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 25/05/2015).
Cass. civ. n. 11097/2020
L'illecito endofamiliare commesso in violazione dei doveri genitoriali verso la prole può essere sia istantaneo, ove ricorra una singola condotta inadempiente dell'agente, che si esaurisce prima o nel momento stesso della produzione del danno, sia permanente, se detta condotta perdura oltre tale momento e continua a cagionare il danno per tutto il corso della sua reiterazione, poiché il genitore si estranea completamente per un periodo significativo dalla vita dei figli; ne consegue che la natura dell'illecito incide sul termine di prescrizione che decorre, nel primo caso, dal giorno in cui il terzo provoca il danno e, nel secondo, da quello nel quale, in assenza di impedimenti giuridici all'esercizio dell'azione risarcitoria, l'illecito viene percepito o può essere percepito, come danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, con l'ordinaria diligenza e tenendo una condotta non anomala. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione dei giudici di merito i quali, nel rigettare la domanda risarcitoria rivolta dal figlio verso il padre per i danni cagionati dal protratto disinteresse da questi mostrato nei suoi confronti, avevano qualificato erroneamente l'illecito come "istantaneo ad effetti permanenti" e ritenuto maturata la prescrizione del diritto, facendo decorrere il relativo termine dal momento nel quale si era configurata la condotta di abbandono del genitore, ovvero dalla nascita del figlio, anziché da quello in cui il medesimo figlio ne aveva percepito l'intrinseca ingiustizia). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 23/01/2018).
Cass. civ. n. 10814/2020
L'attività della P.A. deve svolgersi, anche nel campo tributario, nei limiti imposti dalla legge e dalla norma primaria del "neminem laedere", per cui è consentito al giudice ordinario adito per il risarcimento del danno - nonostante il divieto di stabilire se il potere discrezionale sia stato opportunamente esercitato - accertare se vi sia stato, da parte dell'amministrazione o del concessionario per la riscossione, un comportamento colposo tale che, in violazione della suindicata norma primaria, abbia determinato la lesione di un diritto soggettivo, ferma restando, per il detto concessionario, l'azione di regresso nei confronti dell'ente impositore per la misura della condotta causalmente e colposamente riferibile allo stesso e alle sue obbligazioni di diligenza. (Nella specie, la S.C., nel cassare la sentenza di appello sul punto relativo alla liquidazione dei danni, ha comunque confermato la decisione nella parte in cui aveva ritenuto la responsabilità dell'ente impositore e del concessionario perché, malgrado l'incontestabile esclusione giudiziale del sotteso credito tributario, sia in fase stragiudiziale che nel corso del giudizio, essi avevano continuato a sostenere la legittimità del proprio operato, esitato nel preavviso di iscrizione ipotecaria). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 29/08/2016).
Cass. civ. n. 1578/2020
In caso di provvedimento acquisitivo adottato dal Sindaco quale Ufficiale di Governo (ex art. 7 della l. n. 2248 del 1965, all. E) per un interesse locale, la domanda risarcitoria connessa alla illecita protrazione dell'occupazione del bene oltre il periodo di requisizione deve essere rivolta al medesimo Sindaco, quale rappresentante dell'amministrazione comunale, in quanto fondata su un'attività puramente materiale di detenzione del bene "sine titulo" che, una volta slegata dai presupposti che l'avevano legittimata, va imputata alla stessa amministrazione comunale, in ragione dello specifico interesse pubblico con essa perseguito e della sua titolarità in capo al comune, ente esponenziale della collettività locale cui tale interesse va riferito. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che, in una vicenda concernente la requisizione di un immobile per destinarlo ad abitazione di soggetti privi di dimora, aveva ritenuto legittimata passiva l'amministrazione comunale, atteso che quest'ultima aveva provveduto solo formalmente alla riconsegna del bene, senza, però, liberarlo da cose e persone). (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 13/10/2017).
Cass. civ. n. 144/2020
Nei casi di occupazione acquisitiva o accessione invertita, alla P.A. non è consentito negare al privato il risarcimento del danno preteso, invocando il mancato formale trasferimento nel proprio patrimonio del bene illegittimamente occupato, sul presupposto che il menzionato istituto sia stato ritenuto contrario ai principi costituzionali e della CEDU e, tuttavia, mantenendo il predetto bene nella propria disponibilità destinandolo in modo definitivo e irreversibile ad un fine pubblico, in quanto la scelta dei rimedi a tutela della proprietà è pur sempre riservata al soggetto danneggiato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO BARI, 30/10/2014).
Cass. civ. n. 2/2020
La domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla perdita del rapporto parentale, proposta "iure proprio" dai congiunti del lavoratore, quali soggetti estranei al rapporto di lavoro, anche se la morte del dipendente sia derivata da inadempimento contrattuale del datore di lavoro verso il dipendente, trova la sua fonte esclusiva nella responsabilità extracontrattuale di cui all'art. 2043 c.c., sicché non è soggetta al regime probatorio proprio della responsabilità ex art. 2087 c.c., né la circostanza che l'azione aquiliana, oggetto del giudizio, individui il nucleo dell'elemento soggettivo del convenuto in una "porzione" di un'azione contrattuale, soggetta a regole probatorie differenti, sposta il relativo onere ex art. 2697 c.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO MILANO, 04/02/2015).
Cass. civ. n. 34267/2019
Ove si sia verificata l'occupazione appropriativa nell'ambito di un'espropriazione finalizzata alla realizzazione di alloggi popolari, rientra nella giurisdizione ordinaria la controversia relativa all'azione di regresso che un Comune, dopo la definizione transattiva con i proprietari interessati, eserciti nei confronti dell'I.A.C.P., delegato solo alla realizzazione dell'opera, non venendo direttamente in considerazione il rapporto tra amministrazione danneggiante e proprietario del fondo e, quindi, l'esercizio di un pubblico potere, bensì il diverso rapporto interno tra l'ente e l'istituto, nei cui confronti il primo accampa un preteso diritto di credito, adducendo a fondamento non l'esistenza di un atto illecito, ma l'effettuato pagamento integrale di un debito altrui, o di un debito riconducibile ad un'ipotesi di responsabilità solidale. (Regola giurisdizione).
Cass. civ. n. 22178/2019
In tema di cronaca politica, l'esercizio del relativo diritto in occasione di un comizio politico non integra di per sé, in presenza dei prescritti presupposti, il reato di diffamazione a mezzo stampa, atteso che il comizio rappresenta il luogo classico ove pubblicamente si confrontano le diverse opinioni pubbliche e le dichiarazioni rese in quel contesto non equivalgono al rilascio di una vera e propria intervista, essendo semmai il detto delitto configurabile a carico dei giornalisti che abbiano pubblicato la notizia senza accertarne la intrinseca veridicità. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 26/06/2017).
Cass. civ. n. 16592/2019
In caso di sinistro mortale dal quale sia derivato il decesso non immediato della vittima, al danno biologico terminale, consistente in un danno da invalidità temporanea totale (sempre presente e che si protrae dalla data dell'evento lesivo fino a quella del decesso), può sommarsi una componente di sofferenza psichica (danno catastrofale), sicché, mentre nel primo caso la liquidazione può essere effettuata sulla base delle tabelle relative all'invalidità temporanea, nel secondo la natura peculiare del danno rende necessaria una liquidazione affidata ad un criterio equitativo puro che tenga conto dell'enormità della sofferenza psichica, giacché tale danno, ancorché temporaneo, è massimo nella sua entità ed intensità e la durata della consapevolezza della vittima non rileva ai fini della sua oggettiva configurabilità, ma soltanto sul piano della quantificazione del risarcimento secondo criteri di proporzionalità e di equità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza con la quale il giudice del rinvio aveva riconosciuto la somma di euro 2.500,00 "pro die" ai parenti della vittima politraumatizzata di un incidente stradale rimasta in vita per tre giorni dopo l'evento, sul presupposto che alla presumibile insussistenza di una piena coscienza del danneggiato circa l'approssimarsi del decesso fosse correlata una minore intensità della sofferenza psichica catastrofale, nonostante la Corte di legittimità in sede rescindente avesse ritenuto sussistente tale consapevolezza e considerato irrisorio il risarcimento del danno precedentemente liquidato dai giudici di merito in complessivi euro 1.000,00). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 17/10/2016).
Cass. civ. n. 16506/2019
Allorchè un'opera artistica riguardi vicende di cronaca ancora in evoluzione, utilizzi i nomi propri delle persone coinvolte ed adotti un taglio al contempo sia narrativo che giornalistico e documentaristico, dovendo darsi prevalenza agli aspetti di tipo informativo rispetto a quelli artistici e creativi, la valutazione dell'esimente della verità putativa deve attenersi ai più stringenti criteri richiesti in tema di esercizio del diritto di cronaca, non limitandosi all'esame dei soli elementi formali ed estrinseci ma estendendo l'analisi anche all'uso di eventuali espedienti stilistici che possono trasmettere agli spettatori, anche al di là di una formale ed apparente correttezza espositiva, connotazioni negative sulle persone e sul ruolo dalle stesse rivestito, sicchè ogni accostamento di notizie vere può considerarsi lecito solo se non produce un significato ulteriore che le trascenda e che abbia autonoma attitudine lesiva. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO ROMA, 11/03/2015).
Cass. civ. n. 16217/2019
La responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, né sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita, o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l'ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, da ritenersi coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui all'art. 4 della l. n. 210 del 1992, ma con la proposizione della relativa domanda amministrativa, che attesta l'esistenza, in capo all'interessato, di una sufficiente ed adeguata percezione della malattia. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 09/03/2017).
Cass. civ. n. 10424/2019
In caso di colpevole ritardo nella diagnosi di patologie ad esito infausto, l'area dei danni risarcibili non si esaurisce nel pregiudizio recato alla integrità fisica del paziente, né nella perdita di "chance" di guarigione, ma include la perdita di un "ventaglio" di opzioni con le quali scegliere come affrontare l'ultimo tratto del proprio percorso di vita, che determina la lesione di un bene reale, certo - sul piano sostanziale - ed effettivo, apprezzabile con immediatezza, qual è il diritto di determinarsi liberamente nella scelta dei propri percorsi esistenziali; in tale prospettiva, il diritto di autodeterminarsi riceve positivo riconoscimento e protezione non solo mediante il ricorso a trattamenti lenitivi degli effetti di patologie non più reversibili, ovvero, all'opposto, mediante la predeterminazione di un percorso che porti a contenerne la durata, ma anche attraverso la mera accettazione della propria condizione. (Nel ribadire il principio, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di merito la quale aveva rigettato la domanda risarcitoria, fatta valere "iure hereditatis", esclusivamente sulla base dell'assenza di prova che la ritardata diagnosi del carcinoma avesse compromesso "chances" di guarigione della paziente o, quantomeno, di maggiore e migliore sopravvivenza, ignorando che l'accertato negligente ritardo diagnostico aveva determinato la lesione del diritto della stessa di autodeterminarsi). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO LECCE, 02/02/2016).
Cass. civ. n. 9318/2019
L'inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al giudice ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale, ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un "facere", giacché la domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell'amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del "neminem laedere". Né è di ostacolo il disposto dell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998, come sostituito dall'art. 7 della l. n. 205 del 2000 - che devolve al giudice amministrativo le controversie in materia di urbanistica ed edilizia - giacché, a seguito della sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, tale giurisdizione esclusiva non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non eserciti alcun potere autoritativo finalizzato al perseguimento di interessi pubblici alla cui tutela sia preposta. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario con riferimento a controversia promossa dalla proprietaria di un immobile nei confronti di un comune al fine di ottenerne la condanna all'esecuzione delle opere necessarie ad eliminare la causa degli allagamenti che interessavano il proprio bene, identificata nell'insufficienza del sistema di raccolta delle acque reflue). (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO BARI, 14/05/2015).
Cass. civ. n. 2778/2019
Nel giudizio promosso nei confronti del Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente al contagio da virus HBV, HIV o HCV a seguito di emotrasfusioni con sangue infetto, l'indennizzo di cui alla l. n. 210 del 1992 non può essere scomputato dalle somme liquidabili a titolo di risarcimento del danno ("compensatio lucri cum damno"), qualora non sia stato corrisposto e tantomeno determinato o determinabile, in base agli atti di causa, nel suo preciso ammontare, posto che l'astratta spettanza di una somma suscettibile di essere compresa tra un minimo ed un massimo, a seconda della patologia riconosciuta, non equivale alla sua corresponsione e non fornisce elementi per individuarne l'esatto ammontare, né il carattere predeterminato delle tabelle consente di individuare, in mancanza di dati specifici a cui è onerato chi eccepisce il "lucrum", il preciso importo da portare in decurtazione del risarcimento. (Rigetta, CORTE D'APPELLO FIRENZE, 14/12/2015).
Cass. civ. n. 1875/2019
Dall'espressa volontà di vietare la pubblicazione di foto relative alla propria vita privata, riferita ad un soggetto molto conosciuto (nella specie un notissimo attore) non discende l'abbandono del diritto all'immagine che ben può essere esercitato, per un verso, mediante la facoltà, protratta per il tempo ritenuto necessario, di non pubblicare determinate fotografie, senza che ciò comporti alcun effetto ablativo e, per altro verso, mediante la scelta di non sfruttare economicamente i propri dati personali, perché lo sfruttamento può risultare lesivo, in prospettiva, del bene protetto. Ne consegue che, nell'ipotesi di plurime violazioni di legge dovute alla pubblicazione e divulgazione di fotografie in dispregio del divieto, non può escludersi il diritto al risarcimento del danno patrimoniale, che ben può essere determinato in via equitativa. (Cassa con rinvio, CORTE D'APPELLO MILANO, 22/02/2016).
Cass. civ. n. 1567/2019
In tema di patologie conseguenti ad infezioni contratte a causa di assunzione di emotrasfusioni o di emoderivati con sangue infetto, incorre in responsabilità contrattuale, imputabile anche alla struttura sanitaria, il medico che, in mancanza di una situazione di reale emergenza e senza informare adeguatamente il paziente del rischio obiettivo che tale pratica terapeutica presentava, abbia eseguito una trasfusione di sangue a causa della quale il paziente abbia contratto un'infezione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in relazione ad una trasfusione eseguita nel 1990, cui era conseguito il contagio di un neonato con il virus dell'epatite C, aveva desunto la prova che i genitori, se informati, avrebbero negato il consenso alla terapia dall'assenza di prova della necessità della trasfusione). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO PALERMO, 21/10/2013).
Cass. civ. n. 33211/2018
La domanda di risarcimento dei danni per lesione della integrità psicofisica proposta da un dipendente pubblico, per fatti avvenuti in epoca antecedente al 30 giugno 1998, rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo qualora sia fatta valere la responsabilità contrattuale dell'ente datore di lavoro, mentre è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario nel caso in cui sia dedotta la responsabilità extracontrattuale, ossia una condotta dell'amministrazione potenzialmente lesiva nei confronti della generalità dei consociati e non solo dei propri dipendenti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la natura aquiliana, e pertanto la giurisdizione del g.o., affermata dalla sentenza impugnata in relazione ad una domanda di risarcimento dei danni subiti da un militare rimasto travolto dalla porta carraia di accesso alla caserma in cui prestava servizio, non potendosi escludere l'ingresso, attraverso quel cancello, anche di persone non legate da rapporto di servizio, come fornitori, familiari o comuni cittadini). (Rigetta, CORTE D'APPELLO CATANIA, 22/06/2017).
Cass. civ. n. 32929/2018
Non sussiste violazione del principio del "ne bis in idem", stante la diversità di oggetto e di funzione, tra il giudizio civile introdotto dalla P.A. mediante l'esercizio dell'azione civile in sede penale e quello promosso dal procuratore contabile innanzi alla Corte dei conti per danno erariale, poiché, il primo ha ad oggetto l'accertamento del danno derivante dal reato (nella specie, di corruzione in atti giudiziari), con funzione essenzialmente riparatoria e integralmente compensativa finalizzata al conseguimento del pieno ristoro a protezione dell'interesse particolare facente capo alle amministrazioni costituitesi parte civile, mentre il secondo ha ad oggetto l'accertamento dell'inosservanza dei doveri inerenti al rapporto di servizio, con funzione essenzialmente o prevalentemente sanzionatoria volta a tutelare l'interesse generale al buon andamento della P.A. ed al corretto impiego delle risorse pubbliche. (Rigetta, CORTE D'APPELLO PERUGIA, 12/03/2015).
Cass. civ. n. 32180/2018
Appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda risarcitoria avanzata dal concessionario di un'area demaniale contigua a quella in cui è stata realizzata un'opera pubblica (nella specie, uno sbancamento operato per la manutenzione della discarica comunale dal quale sono derivate numerose inondazioni marine, con conseguenti danni alle colture) ove, nella prospettazione attorea, fonte del danno non siano né il "se" nè il "come" dell'opera urbanistica progettata o del servizio pubblico da preservare, ma le loro concrete modalità esecutive, trattandosi in tal caso di mere attività materiali lesive di una posizione di diritto soggettivo, senza che rilevi la titolarità in capo all'attore di una concessione su bene demaniale, la quale costituisce soltanto la premessa dell'azione risarcitoria promossa. (Cassa e dichiara giurisdizione, TRIBUNALE AMM. REGIONALE CATANZARO, 14/03/2018).
Cass. civ. n. 27690/2018
Nei giudizi di risarcimento del danno derivante dall'illecito ascrivibile allo Stato legislatore, anche quando la lesione dei diritti del danneggiato sia stata determinata dalla decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, non opera alcuna preclusione per effetto del giudicato formatosi con tale pronuncia, poiché il principio della responsabilità dello Stato per la violazione dell'ordinamento giuridico comunitario impone il risarcimento del pregiudizio arrecato, ma non la revisione della decisione giurisdizionale che lo ha causato. (Rigetta, CORTE D'APPELLO ROMA, 25/03/2016).
Cass. civ. n. 27164/2018
In tema di giurisdizione dei giudici italiani nei confronti di soggetti stranieri, nella materia di illeciti civili, ai sensi dell'art. 5, n. 3, del regolamento CE n. 44 del 2001 (e già dell'art. 5, n. 3, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968), deve aversi riguardo al "luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto", che - come precisato da CGUE, 11 gennaio 1990, C-220/88 e 16 luglio 2009, C-189/08 - è quello in cui è sorto il danno, cioè il luogo in cui il fatto causale, generatore della responsabilità da delitto o da quasi delitto, ha prodotto direttamente i suoi effetti dannosi nei confronti della vittima immediata, dovendosi avere riguardo non solo al "luogo dell'evento generatore del danno", ma anche al "luogo in cui l'evento di danno è intervenuto" e non rilevando invece il luogo dove si sono verificate o potranno verificarsi le conseguenze future della lesione del diritto della vittima. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha affermato la giurisdizione del giudice italiano sulla domanda risarcitoria avanzata da un'emittente radiofonica italiana nei confronti di un'omologa slovena, operante su una frequenza diversa, per le illecite interferenze, provenienti dall'impianto della convenuta sito in Slovenia, con il segnale irradiato dall'impianto dell'attrice in Italia, ivi essendosi verificata la lesione del diritto di questa). (Rigetta e dichiara giurisdizione, CORTE D'APPELLO TRIESTE, 30/11/2015).
Cass. civ. n. 24198/2018
Non rientra nel potere discrezionale della pubblica amministrazione stabilire se dare o meno attuazione ad un provvedimento dell'autorità giudiziaria - a maggior ragione quando lo stesso abbia ad oggetto la tutela di un diritto riconosciuto dalla Costituzione o dalla CEDU -, con la conseguenza che l'inosservanza, da parte dell'autorità amministrativa, del dovere, costituente espressione dello Stato di diritto, di apprestare i mezzi per l'attuazione coattiva dei provvedimenti giudiziari integra una condotta colposa generatrice di responsabilità. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto colposa la condotta dell'amministrazione dell'interno che, a fronte dell'ordine di sgombero di un immobile abusivamente occupato "vi aut clam", ha trascurato per sei anni di dare attuazione al provvedimento di sequestro con contestuale ordine di sgombero impartito dalla Procura della Repubblica).
Cass. civ. n. 23197/2018
In tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell'accertamento della probabilità positiva o negativa del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale, che pone al posto dell'omissione il comportamento dovuto. Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del "più probabile che non", conformandosi ad uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (cd. probabilità quantitativa o pascaliana), la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica o baconiana).
Cass. civ. n. 19180/2018
Si ha interruzione del rapporto di causalità tra fatto del danneggiante ed evento dannoso per effetto del comportamento sopravvenuto di altro soggetto (che può identificarsi anche con lo stesso danneggiato), quando il fatto di costui si ponga, ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p., come unica ed esclusiva causa dell'evento di danno, sì da privare dell'efficienza causale e rendere giuridicamente irrilevante il precedente comportamento dell'autore dell'illecito, ma non quando, essendo ancora in atto ed in fase di sviluppo il processo produttivo del danno avviato dal fatto illecito dell'agente, nella situazione di potenzialità dannosa da questi determinata si inserisca una condotta di altro soggetto (ed eventualmente dello stesso danneggiato) che sia preordinata proprio al fine di fronteggiare e, se possibile, di neutralizzare le conseguenze di quell'illecito. In tal caso lo stesso illecito resta unico fatto generatore sia della situazione di pericolo sia del danno derivante dall'adozione di misure difensive o reattive a quella situazione, sempre che rispetto ad essa coerenti ed adeguate.
Cass. civ. n. 12566/2018
L'importo della rendita per l'inabilità permanente, corrisposta dall'INAIL per l'infortunio "in itinere" occorso al lavoratore, va detratto dall'ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito, in quanto essa soddisfa, neutralizzandola in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo al quale sia addebitabile l'infortunio, salvo il diritto del lavoratore di agire nei confronti del danneggiante per ottenere l'eventuale differenza tra il danno subìto e quello indennizzato.
Cass. civ. n. 12564/2018
Dal risarcimento del danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui non deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità accordata dall'Inps al familiare superstite in conseguenza della morte del congiunto, trattandosi di una forma di tutela previdenziale connessa ad un peculiare fondamento solidaristico e non geneticamente connotata dalla finalità di rimuovere le conseguenze prodottesi nel patrimonio del danneggiato per effetto dell'illecito del terzo.
Cass. civ. n. 10321/2018
Il danno patrimoniale derivante al congiunto dalla perdita della fonte di reddito collegata all'attività lavorativa della vittima assume natura di danno emergente con riguardo al periodo intercorrente tra la data del decesso e quella della liquidazione giudiziale mentre si configura come danno futuro e, dunque, come lucro cessante, con riguardo al periodo successivo alla liquidazione medesima; ne consegue che, ai fini della liquidazione, il giudice del merito può utilizzare il criterio di capitalizzazione di cui al r.d. n. 1403 del 1922 soltanto in ordine al danno successivo alla decisione, avuto riguardo al presumibile periodo di protrazione della capacità della vittima di produrre il reddito di cui trattasi, mentre, con riguardo al pregiudizio verificatosi sino al momento della decisione, deve operarsi il cumulo di rivalutazione ed interessi compensativi.
Cass. civ. n. 8766/2018
In tema di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito, sulla somma riconosciuta al danneggiato a titolo di risarcimento occorre che si consideri, oltre alla svalutazione monetaria(che costituisce un danno emergente), anche il nocumento finanziario subito a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento (quale lucro cessante). Qualora tale danno sia liquidato con la tecnica degli interessi, questi non vanno calcolati né sulla somma originaria, né sulla rivalutazione al momento della liquidazione, ma debbono computarsi o sulla somma originaria via via rivalutata anno per anno ovvero sulla somma originaria rivalutata in base ad un indice medio, con decorrenza sempre dal giorno in cui si è verificato l'evento dannoso.
Cass. civ. n. 2483/2018
In tema di risarcimento del danno per fatto illecito, quanto più le conseguenze della condotta altrui sono suscettibili di essere previste e superate attraverso l'adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze del caso concreto, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del suo comportamento imprudente nella produzione del danno, fino al punto di interrompere il nesso eziologico tra condotta e danno quando lo stesso comportamento sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale. (Nella fattispecie, da inquadrarsi all'interno dell'art. 2043 c.c., la S.C., accogliendo il ricorso, ha ritenuto che la Corte d'Appello avesse omesso di verificare e valutare l'incidenza causale della condotta di una bambina nove anni, caduta da un precipizio situato a cinque metri dalla sede stradale, rispetto alla responsabilità da condotta omissiva colposa dell'ente pubblico territoriale.).
Cass. civ. n. 651/2018
Con riferimento agli interessi pretensivi, l'ingiustizia del danno si configura in relazione alla consistenza della protezione che l'ordinamento riserva all'istanza di ampliamento della sfera giuridica del pretendente, essendo necessario che egli sia titolare non già di una mera aspettativa, bensì di una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la consecuzione, secondo la disciplina applicabile ed un criterio di normalità, di un esito favorevole.
Cass. civ. n. 30922/2017
In tema di responsabilità civile, la comparazione tra causa umana imputabile e causa naturale è esclusivamente funzionale a stabilire, in seno all'accertamento della causalità materiale, la valenza assorbente dell'una rispetto all'altra, sicché non può operarsi una riduzione proporzionale della responsabilità in ragione della minore gravità dell'apporto causale del danneggiante, in quanto una comparazione del grado di incidenza eziologica di più cause concorrenti può instaurarsi soltanto tra una pluralità di comportamenti umani colpevoli, ma non tra una causa umana imputabile ed una concausa naturale non imputabile.
Cass. civ. n. 27800/2017
La responsabilità della P.A., ai sensi dell'art. 2043 c.c., per l'esercizio illegittimo della funzione pubblica, è configurabile qualora si verifichi un evento dannoso che incida su un interesse rilevante per l'ordinamento e che sia eziologicamente connesso ad un comportamento caratterizzato da dolo o colpa, non essendo sufficiente la mera illegittimità dell'atto a determinarne automaticamente l'illiceità, sicché il criterio di imputazione è correlato ad una più complessa valutazione, estesa all'accertamento dell'elemento soggettivo e della connotazione dell'azione amministrativa come fonte di danno ingiusto.
Cass. civ. n. 27524/2017
In tema di responsabilità civile, qualora la produzione di un evento dannoso risulti riconducibile alla concomitanza di una condotta umana e di una causa naturale, l’autore del fatto illecito risponde, in base ai criteri della causalità naturale, di tutti i danni che ne sono derivati, a nulla rilevando che gli stessi siano stati concausati anche da eventi naturali, che possono invece rilevare ai fini della stima del danno (causalità giuridica); in particolare, in caso di danno alla salute, qualora il danneggiato sia affetto da una patologia invalidante pregressa ed irreversibile, il danno risarcibile deve essere determinato considerando sia la differenza tra lo stato di invalidità complessivamente presentato dal danneggiato dopo il fatto illecito e lo stato patologico pregresso, sia la situazione che si sarebbe determinata se non fosse intervenuto il fatto lesivo imputabile. (Nella specie, relativa all’investimento di un pedone già affetto da invalidità per disturbi psichici, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che non aveva ridotto la responsabilità del conducente, ma escluso dal novero dei danni risarcibili l’invalidità di cui la vittima, comunque, sarebbe stata portatrice anche se non fosse stata investita).
Cass. civ. n. 25644/2017
Nell'ipotesi di un contratto di appalto pubblico divenuto inefficace per effetto dell'annullamento dell'aggiudicazione da parte dell’organo di controllo, la P.A. è tenuta al risarcimento del danno per le perdite e i mancati guadagni subiti dal privato aggiudicatario, qualificandosi tale responsabilità come "da contatto qualificato" tra le parti, assimilabile anche se non coincidente con quella di tipo contrattuale, in quanto derivante dalla violazione da parte dell'amministrazione del dovere di buona fede, di protezione e di informazione che ha comportato la lesione dell’affidamento incolpevole del privato sulla regolarità e legittimità dell’aggiudicazione. Ne consegue, pertanto, l’applicabilità del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c., che decorre dalla data dell’illecito e che è da considerarsi interrotto a seguito dell’impugnazione da parte del privato dell’atto amministrativo ritenuto illegittimo, purché la P.A., chiamata a risarcire il danno, sia stata parte del processo amministrativo.
Cass. civ. n. 22801/2017
In tema di responsabilità civile, qualora la produzione di un evento dannoso possa apparire riconducibile alla concomitanza di più fattori causali, ognuno di questi deve essere autonomamente apprezzato per determinare in che misura abbia contribuito al verificarsi del danno, sia che abbia operato come concausa, sia che abbia dato luogo ad un autonomo segmento causale provocando soltanto un aggravamento delle conseguenze pregiudizievoli.
Cass. civ. n. 92/2017
In presenza di fatti imputabili a più persone, coevi o succedutisi nel tempo, deve essere riconosciuta a tutti un'efficacia causativa del danno, ove abbiano determinato una situazione tale che, senza l'uno o l'altro di essi, l'evento non si sarebbe verificato, mentre deve attribuirsi il rango di causa efficiente esclusiva ad uno solo dei fatti imputabili quando lo stesso, inserendosi quale causa sopravvenuta nella serie causale, interrompa il nesso eziologico tra l'evento dannoso e gli altri fatti, ovvero quando il medesimo, esaurendo sin dall'origine e per forza propria la serie causale, riveli l'inesistenza, negli altri fatti, del valore di concausa e li releghi al livello di occasioni estranee. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che ha ritenuto egualmente responsabili del danno subito dai creditori di un fallimento sia il curatore, per non avere compilato il modulo di autorizzazione al prelievo anche con le generalità dell’effettivo beneficiario del pagamento, sia la banca presso la quale era depositato l’attivo realizzato dalla procedura, per avere indebitamente consegnato ad un collaboratore del curatore un assegno poi pagato a soggetto non creditore).
Cass. civ. n. 47/2017
In tema di responsabilità civile, applicati nella verifica del nesso causale tra la condotta illecita ed il danno i principi posti dagli artt. 40 e 41 c.p., e fermo restando il diverso regime probatorio tra il processo penale, ove vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio", e quello civile, in cui opera la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", lo standard di cd. certezza probabilistica in materia civile non può essere ancorato esclusivamente alla cd. probabilità quantitativa della frequenza di un evento, che potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato, secondo la cd. probabilità logica, nell'ambito degli elementi di conferma, e, nel contempo, nell'esclusione di quelli alternativi, disponibili in relazione al caso concreto.
Cass. civ. n. 24295/2016
Ove sia fatta valere, a fondamento della domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. nei confronti della P.A., la lesione di un interesse pretensivo, - concretantesi, nel caso di specie, nella preclusione della possibilità di partecipazione a gare pubbliche per la illegittima mancata iscrizione dell'impresa all'Albo nazionale costruttori per le categorie di lavori ed importi indicati - occorre valutare, sulla base degli elementi di fatto forniti dal danneggiato ed in via presuntiva e probabilistica, la sussistenza "ex ante" di concrete e non ipotetiche possibilità di conseguire vantaggi economici apprezzabili; l'accertamento e la liquidazione di tale perdita va condotta in via equitativa ed il giudice deve dare conto del processo logico e valutativo seguito.
Cass. civ. n. 21931/2015
In tema di responsabilità della P.A. per attività provvedimentale, l'accertamento, con efficacia di giudicato, dell'illegittimità dell'atto amministrativo è insufficiente a fondare la domanda risarcitoria nei confronti dell'amministrazione, essendo a tal fine necessario verificare se l'evento dannoso sia imputabile ad un comportamento quantomeno colposo di quest'ultima, che è escluso ove la condotta della P.A. risponda ad una prassi consolidata, avallata da normativa regolamentare e da precedenti giurisprudenziali. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale, nel rigettare la domanda, aveva escluso la colpa della P.A. che, nel concedere l'autorizzazione all'apertura di un bar ad una distanza viaria da analogo esercizio commerciale calcolata dai "centri porta" anziché già dai muri perimetrali - criterio ritenuto illegittimo dal G.A. - si era tuttavia attenuta ad una prassi avallata da precedenti giurisprudenziali, nonché dalla normativa regolamentare che essa stessa si era data).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2043 c.c., per violazione degli artt. 3, 24, e 111 Cost., laddove subordina - diversamente da quanto avviene in materia di appalti pubblici, in virtù dei principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte di Giustizia, 30.9.2010, causa 314/09) nell'interpretazione della direttiva 89/665/CEE - il risarcimento del danno per attività provvedimentale illegittima della P.A. alla verifica della sussistenza di un comportamento quantomeno colposo dell'amministrazione, stante la specificità della disciplina europea in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti e del peculiare rilievo di tale settore nell'ottica del corretto funzionamento del mercato e della concorrenza.
Cass. civ. n. 20932/2015
In tema di responsabilità aquiliana, costituisce "danno risarcibile" qualunque pregiudizio che, senza il fatto illecito, non si sarebbe verificato, a prescindere dalla sua prevedibilità. (Principio affermato in relazione ad una fattispecie in cui un datore di lavoro aveva agito nei confronti del responsabile, e del suo assicuratore, di un sinistro stradale, nel quale aveva perso la vita un proprio dipendente, per essere risarcito del danno, pur non prevedibile secondo le regole statistiche della causalità, costituito dai maggiori contributi assicurativi successivamente richiesti dall'Inail in conseguenza del numero e dell'entità degli infortuni sul lavoro verificatasi nella sua impresa o a carico di essa).
Cass. civ. n. 18877/2015
L'eccezionalità ed imprevedibilità delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito o forza maggiore, idonei ad escludere la responsabilità per il danno verificatosi, solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l'evento. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che una pioggia di eccezionale intensità non potesse integrare il caso fortuito in relazione allo smottamento di un fondo, in quanto nella produzione di tale evento avevano concorso fattori causali preesistenti, quali l'assenza di canali di scolo e una profonda aratura alla quale esso era stato, poco prima, sottoposto).
Cass. civ. n. 17294/2015
In tema di risarcimento danni da lucro cessante conseguente ad un sinistro stradale, le dichiarazioni dei redditi hanno efficacia probatoria privilegiata, ai sensi dell'art. 4 della l. n. 39 del 1977, con riferimento a tutti i redditi da esse desumibili, dovendosi pertanto considerare sia quelli derivanti dall'attività svolta dal danneggiato come singolo professionista, che quelli derivanti dall'attività svolta in forma associata.
Cass. civ. n. 11794/2015
In tema di risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, ove sia accolta la corrispondente domanda proposta dal partecipante alla gara illegittimamente pretermesso, questi ha diritto all'integrale ristoro dei danni subiti, a fronte della colpa dell'amministrazione nel preferirgli un altro concorrente, qualora risulti accertato che, se la gara si fosse svolta regolarmente, ne sarebbe risultato vincitore. Nella loro quantificazione, peraltro, il giudice dovrà tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto nel liquidare sia il danno emergente che il lucro cessante (quali le spese sostenute per partecipare alla gara, il mancato guadagno per non aver potuto svolgere l'attività professionale, il mancato incremento del "curriculum" professionale).
Cass. civ. n. 2758/2015
In caso di illecito lesivo dell'integrità psico-fisica della persona, il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in modo automatico dall'accertamento dell'invalidità permanente, poiché esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica. A tal fine, il danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere, al momento dell'infortunio, un'attività produttiva di reddito e di non aver mantenuto, dopo di esso, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali. (In applicazione dell'anzidetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, pur riconoscendo come la ricorrente, a seguito dell'infortunio, non potesse più svolgere le mansioni di agente di pubblica sicurezza stradale, aveva escluso il risarcimento da invalidità specifica, sul presupposto che l'interessata potesse svolgere attività e mansioni diverse rispetto a quelle precedenti, omettendo però di considerare che la ricorrente aveva documentato di avere, dapprima, richiesto di essere assegnata a lavoro alternativo, senza esito, e di essere stata, poi, licenziata per accertata inidoneità).
Cass. civ. n. 26277/2014
Nel caso in cui una P.A. (nella specie, un Comune) sia chiamata a rispondere ex art. 2043 cod. civ. per illegittimo esercizio della funzione pubblica (nella specie, per illegittimo annullamento di una licenza edilizia precedentemente rilasciata), il giudice è chiamato ad accertare d'ufficio, sulla base degli elementi probatori ritualmente acquisiti agli atti, la sussistenza dell'elemento soggettivo dell'illecito e, dunque, anche se la violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buon andamento sia stata determinata da un errore scusabile nell'applicazione della legge (in ipotesi, l'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765). Tale errore non è, pertanto, annoverabile tra le cause di giustificazione, incidenti sulla mera antigiuridicità del fatto, sicché la relativa allegazione, in assenza di un'espressa previsione di legge, non può essere qualificata come eccezione in senso stretto.
Cass. civ. n. 25733/2014
Le somme liquidate dall'INAIL in favore del danneggiato da sinistro stradale a titolo di rendita capitalizzata ex art. 28 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, vanno detratte, in base al principio indennitario, dall'importo del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del responsabile onde evitare una duplicazione di risarcimento sia in favore del danneggiato, che a carico dell'assicuratore o del responsabile, atteso che, eseguita la prestazione in favore del danneggiato da parte dell'INAIL ed esercitato dall'assicuratore il diritto di surroga con la comunicazione al terzo responsabile della volontà di surrogarsi nei diritti del danneggiato, quest'ultimo perde la titolarità del credito per la quota corrispondente all'indennizzo assicurativo corrispostogli ed in tale credito succede l'ente surrogatosi.
Cass. civ. n. 24204/2014
In tema di responsabilità civile, qualora la produzione di un evento dannoso possa apparire riconducibile alla concomitanza della condotta umana e del fattore naturale, ed autonomo, rappresentato dalla pregressa situazione patologica del danneggiato, il giudice, accertata l'efficienza eziologica della condotta rispetto all'evento, in applicazione della regola di cui all'art. 41 c. p., deve procedere, anche con ricorso a criteri equitativi, alla valutazione della causalità giuridica di ogni singola concausa, si da delimitare l'obbligo risarcitorio dell'autore della condotta, con esclusione delle conseguenze dannose determinate dal fortuito. (Nella specie, relativa all'investimento di pedone affetto da morbo di Alzheimer, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione con cui il giudice di secondo grado ha valutato, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante, l'incidenza concorrente di detta patologia con la causa lesiva costituita dal sinistro, apprezzando l'evoluzione propria della malattia, nonché il suo aggravamento in ragione delle lesioni conseguenti al sinistro stradale).
Cass. civ. n. 24197/2014
In tema di risarcimento del danno, qualora, in base al "petitum" e alla "causa petendi", non sia possibile evincere - attesa l'insufficienza di una mera generica prospettazione di inosservanza di precetti o disposizioni legislative - la precisa scelta del danneggiato in favore della responsabilità aquiliana o di quella contrattuale perché non espressamente fondata sull'inadempimento del debitore di una determinata e specifica obbligazione contrattuale, l'azione proposta va qualificata come di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. (Fattispecie relativa ad una domanda proposta contro il gestore di un tratto autostradale, quale responsabile del sinistro cagionato dalla presenza di detriti sulla sede stradale).
Cass. civ. n. 23426/2014
In materia di responsabilità civile, in caso di concorso della condotta colposa della vittima di un illecito mortale nella produzione dell'evento dannoso, il risarcimento del danno, patrimoniale e non, patito "iure proprio" dai congiunti della vittima deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di colpa ad essa ascrivibile.
Cass. civ. n. 23170/2014
La responsabilità della P.A., ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., per l'esercizio illegittimo della funzione pubblica, è configurabile qualora si verifichi un evento dannoso che incida su un interesse rilevante per l'ordinamento e che sia eziologicamente connesso ad un comportamento della P.A. caratterizzato da dolo o colpa, non essendo sufficiente la mera illegittimità dell'atto a determinarne automaticamente l'illiceità. Ne consegue che il criterio di imputazione della responsabilità non è correlato alla sola illegittimità del provvedimento, ma ad una più complessa valutazione, estesa all'accertamento dell'elemento soggettivo e della connotazione dell'azione amministrativa come fonte di danno ingiusto. (Omissis).
Cass. civ. n. 21408/2014
La P.A. è responsabile per il fatto illecito dei propri dipendenti se sussista un nesso di occasionalità necessaria tra la condotta causativa del danno e le funzioni esercitate dal dipendente, che ricorre quando il dipendente non abbia agito quale privato per fini esclusivamente personali ed estranei all'amministrazione di appartenenza, ponendo in essere una condotta ricollegabile, anche solo indirettamente, alle attribuzioni proprie dell'agente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di condanna della P.A. a risarcire il danno cagionato da un agente di polizia che, coinvolto in una discussione animata all'interno di un luna park e fuori dall'attività di servizio, esplodeva un colpo con la pistola di ordinanza ferendo una delle persone con le quali era intercorso il diverbio).
Cass. civ. n. 21396/2014
In materia di fatto illecito extracontrattuale, il danno da ritardato adempimento dell'obbligazione risarcitoria va liquidato applicando un saggio di interessi scelto in via equitativa dal giudice o sulla semisomma (e cioè la media) tra il credito rivalutato alla data della liquidazione e lo stesso credito espresso in moneta all'epoca dell'illecito, ovvero - per l'identità di risultato - sul credito espresso in moneta all'epoca del fatto e poi rivalutato anno per anno. Tali interessi si producono dalla data in cui si è verificato il danno (coincidente, per il danno biologico permanente, con quella del consolidamento dei postumi) fino a quella della liquidazione e, successivamente, sull'importo costituito dalla sommatoria di capitale e danno da mora, ormai trasformato in obbligazione di valuta, maturano interessi al saggio legale, ai sensi dell'art. 1282, primo comma, cod. civ.
Cass. civ. n. 13537/2014
In tema di danno patrimoniale patito dal familiare di persona deceduta per colpa altrui, dall'ammontare del risarcimento deve essere detratto il valore capitale della pensione di reversibilità percepita dal superstite in conseguenza della morte del congiunto, attesa la funzione indennitaria assolta da tale trattamento, che è inteso a sollevare i familiari dallo stato di bisogno derivante dalla scomparsa del congiunto, con conseguente esclusione, nei limiti del relativo valore, di un danno risarcibile.
Cass. civ. n. 4439/2014
L'errore compiuto dal giudice di merito nell'individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza del nesso causale tra fatto illecito ed evento è censurabile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., mentre l'eventuale errore nell'individuazione delle conseguenze che sono derivate dall'illecito, alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimità se adeguatamente motivata.
Cass. civ. n. 2422/2014
Gli elementi costitutivi dell'illecito aquiliano sono la condotta, l'elemento psicologico, il danno ingiusto e il nesso causale. Ne consegue che, ove il giudice ritenga insussistente uno qualsiasi di tali elementi, la domanda di risarcimento del danno va rigettata senza necessità di accertare la sussistenza degli altri.
Cass. civ. n. 759/2014
Ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro, patito dai genitori per la morte del figlio in conseguenza del fatto illecito altrui, è necessaria la prova, sulla base di circostanze attuali e secondo criteri non ipotetici ma ragionevolmente probabilistici, che essi avrebbero avuto bisogno della prestazione alimentare del figlio, nonché del verosimile contributo che il figlio avrebbe versato per le necessità della famiglia.
Cass. civ. n. 28460/2013
La responsabilità della P.A. per il risarcimento dei danni causati da una condotta omissiva sussiste non soltanto nel caso in cui questa si concretizzi nella violazione di una specifica norma, istitutiva dell'obbligo inadempiuto, ma anche quando detta condotta si ponga come violazione del principio generale di prudenza e diligenza (cosiddetto obbligo del "neminem laedere"), di cui è espressione l'art. 2043 cod. civ. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto la corresponsabilità di un Comune nella determinazione dei danni derivati dal crollo di un fabbricato, sul presupposto che l'ente locale – sebbene non fosse tenuto, ai sensi della normativa vigente al momento del rilascio del relativo titolo abilitativo edilizio, ad un controllo involgente i profili di staticità e la sicurezza delle costruzioni – aveva assentito ad un'attività costruttiva destinata a svolgersi in un contesto territoriale di cui era nota la franosità e l'instabilità, omettendo di verificare – in contrasto con la sua posizione di ente esponenziale del territorio e in violazione della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 – la concreta edificabilità dei terreni e di prescrivere le misure idonee ad evitare pericoli di franamento e, di conseguenza, del crollo degli edifici sugli stessi costruiti).
Cass. civ. n. 23933/2013
In tema di responsabilità aquiliana, nella comparazione delle diverse concause, nessuna delle quali appaia del tutto inverosimile e senza che una sola assuma con evidenza una efficacia esclusiva rispetto all'evento, è compito del giudice valutare quale di esse appaia "più probabile che non" rispetto alle altre nella determinazione dell'evento. Ne consegue che, nell'ipotesi in cui si sostenga l'esistenza d'un nesso causale tra la condotta posta in essere da organi della P.A. per il depistaggio di indagini giudiziarie, avviate a seguito di un disastro aereo, e il danno da fallimento della compagnia aerea proprietaria del velivolo coinvolto nel disastro, la cui immagine si lamenta essere stata lesa dal depistaggio finalizzato ad avvalorare la tesi del cedimento strutturale dell'aereo e dell'inaffidabilità tecnica e commerciale della compagnia, è incongruo limitarsi ad attribuire alla situazione di preesistente dissesto finanziario – desunto dalla revoca della concessione di volo intervenuta sei mesi dopo il disastro – la causa del fallimento della società, e del danno da questo derivante, essendo invece necessario comparare le concause, verificando in concreto se la situazione di irrecuperabile dissesto fosse effettivamente preesistente al disastro aereo, oppure se uno stato debitorio non patologico per una compagnia aerea si sia aggravato in modo decisivo proprio per la riconosciuta attività di depistaggio con discredito commerciale.
Cass. civ. n. 23915/2013
In tema di illecito aquiliano perché rilevi il nesso di causalità tra una condotta e l'evento lesivo deve ricorrere, secondo la combinazione dei principi della "condicio sine qua non" e della causalità efficiente, la duplice condizione che si tratti di una condotta antecedente necessaria dell'evento e che la stessa non sia poi neutralizzata dalla sopravvenienza di un fatto di per sé idoneo a determinare l'evento stesso. Ne consegue che, per escludere la responsabilità extracontrattuale dell'appaltatore, per i danni derivanti dall'impianto di riscaldamento non ancora completato, è sufficiente che gli appaltanti – danneggiati, mettano in funzione l'impianto non concluso e fuori dalla custodia dell'appaltatore, trovandosi all'interno dell'abitazione rimasta nella disponibilità esclusiva dei danneggiati.
Cass. civ. n. 22585/2013
L'affermazione della responsabilità aquiliana degli enti pubblici per il fatto di funzionari e dipendenti presuppone che sia stata accertata e dichiarata la responsabilità, ai sensi dell'art. 2043 c.c., di (almeno) una delle persone fisiche poste in rapporto giuridicamente rilevante con l'ente stesso (amministratori, funzionari o dipendenti), le quali, per la posizione di "protezione" rispettivamente rivestita, siano in condizione di adottare le misure preventive necessarie ad evitare la consumazione dell'illecito.
Cass. civ. n. 21255/2013
In tema di illecito civile, la ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e la conseguenza dannosa risarcibile implica la scomposizione del giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti, il primo volto ad identificare - in applicazione del criterio del "più probabile che non" - il nesso di causalità materiale che lega la condotta all'evento di danno, il secondo essendo diretto, invece, ad accertare il nesso di causalità giuridica che lega tale evento alle conseguenze dannose risarcibili, accertamento, quest'ultimo, da compiersi in applicazione dell'art. 1223 c.c., norma che pone essa stessa una regola eziologica.
In tema di illecito civile, la ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e la conseguenza dannosa risarcibile implica la scomposizione del giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti, il primo volto ad identificare – in applicazione del criterio del "più probabile che non" – il nesso di causalità materiale che lega la condotta all'evento di danno, il secondo essendo diretto, invece, ad accertare il nesso di causalità giuridica che lega tale evento alle conseguenze dannose risarcibili, accertamento, quest'ultimo, da compiersi in applicazione dell'art. 1223 c.c., norma che pone essa stessa una regola eziologica.
Come per la causalità ordinaria, anche per la causalità da "chance" perduta (da intendere come possibilità di un risultato diverso e migliore, e non come mancato raggiungimento di un risultato solo possibile), l'accertamento del nesso di causalità materiale implica sempre l'applicazione della regola causale "di funzione", cioè probatoria, del "più probabile che non", sicché, in questo caso, la ricorrenza del nesso causale può affermarsi allorché il giudice accerti che quella diversa – e migliore – possibilità si sarebbe verificata "più probabilmente che non".
Cass. civ. n. 12401/2013
In tema di responsabilità civile, poiché l'omissione di un certo comportamento rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell'evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di condotta imposta da una norma giuridica specifica (omissione specifica), ovvero, in relazione al configurarsi della posizione del soggetto cui si addebita l'omissione, siccome implicante l'esistenza a suo carico di particolari obblighi di prevenzione dell'evento poi verificatosi e, quindi, di un generico dovere di intervento (omissione generica) in funzione dell'impedimento di quell'evento, il giudizio relativo alla sussistenza del nesso causale non può limitarsi alla mera valutazione della materialità fattuale, bensì postula la preventiva individuazione dell'obbligo specifico o generico di tenere la condotta omessa in capo al soggetto; l'individuazione di tale obbligo si connota, pertanto, come preliminare all'apprezzamento di una condotta omissiva sul piano della causalità giuridica, nel senso che, se prima non si individua, in relazione al comportamento che non risulti tenuto, il dovere generico o specifico che lo imponeva, non è possibile apprezzare l'omissione del comportamento sul piano causale.
Cass. civ. n. 4043/2013
In tema di responsabilità civile, perché sorga un'obbligazione risarcitoria aquiliana occorre non soltanto un fatto lesivo, retto dalla causalità materiale, ma anche un danno conseguenza di questo, retto dalla causalità giuridica, la cui imputazione presuppone il riscontro di alcuna delle fattispecie normative ex artt. 2043 e segg. c.c., consistenti tutte nella descrizione di un nesso, che leghi storicamente un evento ad una condotta, a cose o ad accadimenti di altra natura, collegati con una particolare relazione al soggetto chiamato a rispondere.
Cass. civ. n. 2637/2013
Il risarcimento del danno da fatto illecito può derivare solo da comportamenti ritenuti illeciti e sanzionabili nel momento in cui si pone in essere la condotta, in quanto nessuno può essere assoggettato a sanzione in relazione a comportamenti che la legge non considerava illeciti al tempo in cui il soggetto ha agito. (Principio enunciato con riferimento a condotte poste in essere prima della data di deposito di sentenze della Corte di giustizia CE, che prevedevano un aggravamento della responsabilità rispetto alla disciplina in vigore alla data in cui erano stati posti in essere i comportamenti allegati a fondamento della domanda risarcitoria).
Cass. civ. n. 13693/2012
L'affermazione dell'esistenza di un nesso causale tra due fenomeni costituisce sempre il frutto di un'attività di giudizio e valutazione, e non già di semplice percezione di un fatto concreto. Ne consegue che la prova testimoniale non può mai avere ad oggetto l'affermazione o la negazione dell'esistenza del nesso di causalità tra una condotta ed un fatto illecito, ma può solo limitarsi a descrivere i fatti obiettivi, restando poi riservato al giudice stabilire se quei fatti possano essere stati la causa del danno.
Cass. civ. n. 9528/2012
In materia di rapporto di causalità nella responsabilità extracontrattuale, in base ai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., qualora la condotta abbia concorso, insieme a circostanze naturali, alla produzione dell'evento, e ne costituisca un antecedente causale, l'agente deve rispondere per l'intero danno, che altrimenti non si sarebbe verificato. Non sussiste, invece, nessuna responsabilità dell'agente per quei danni che non dipendano dalla sua condotta, che non ne costituisce un antecedente causale, e si sarebbero verificati ugualmente anche senza di essa, né per quelli preesistenti. Anche in queste ultime ipotesi, peraltro, debbono essere addebitati all'agente i maggiori danni, o gli aggravamenti, che siano sopravvenuti per effetto della sua condotta, anche a livello di concausa, e non di causa esclusiva, e non si sarebbero verificati senza di essa, con conseguente responsabilità dell'agente stesso per l'intero danno differenziale.
Cass. civ. n. 7531/2012
Quando sia certo che la vittima di lesioni personali, causate da un sinistro stradale, abbia perduto la capacità di guadagno, il conseguente danno patrimoniale può essere liquidato dal giudice ponendo a base del calcolo il triplo della pensione sociale anche quando il danneggiato non abbia provato l'entità del reddito perduto, costituendo tale criterio una soglia minima del risarcimento.
Cass. civ. n. 7272/2012
Affinché i genitori di una persona di giovane età, deceduta per colpa altrui, possano ottenere il risarcimento del danno patrimoniale per la perdita degli emolumenti che il figlio avrebbe loro verosimilmente elargito una volta divenuto economicamente autosufficiente, non è sufficiente dimostrare né la convivenza tra vittima ed aventi diritto, né la titolarità di un reddito da parte della prima, ma è necessario dimostrare o che la vittima contribuiva stabilmente ai bisogni dei genitori, ovvero che questi, in futuro, avrebbero verosimilmente e probabilmente avuto bisogno delle sovvenzioni del figlio.
Cass. civ. n. 4253/2012
In tema di danno patrimoniale conseguente alla morte di un congiunto per fatto illecito addebitabile ad un terzo, è risarcibile il pregiudizio subito per effetto del venir meno di prestazioni aggiuntive, in denaro o in altre forme comportanti un'utilità economica, erogate in vita dal congiunto deceduto, spontaneamente e in assenza di obbligo giuridico, ai figli o ai nipoti, a condizione che preesistesse una situazione di convivenza (ovvero una concreta pratica di vita, in cui rientri l'erogazione di provvidenze all'interno della famiglia allargata), in mancanza della quale, non essendo altrimenti prevedibile con elevato grado di certezza un beneficio durevole nel tempo, non può sussistere perdita che si risolva in un danno patrimoniale.
Cass. civ. n. 4172/2012
La responsabilità della P.A., ai sensi dell'art. 2043 c.c., per l'esercizio illegittimo della funzione pubblica è configurabile qualora si verifichi un evento dannoso incidente su un interesse rilevante per l'ordinamento ed eziologicamente connesso ad un comportamento della p.a. caratterizzato da dolo o colpa, non essendo sufficiente la mera illegittimità dell'atto a determinarne automaticamente l'illiceità. Ne consegue che l'annullamento dell'atto lesivo (nella specie il provvedimento di contestazione di violazioni in materia di pesca, poi annullato dall'autorità giudiziaria a seguito della normativa sopravvenuta) non è sufficiente ad integrare il fondamento di una domanda risarcitoria, dovendosi indagare anche sull'elemento soggettivo (dolo o colpa) nella condotta della p.a.
Cass. civ. n. 3876/2012
In tema di risarcimento del danno, affinché una condotta commissiva o omissiva possa essere fonte di responsabilità, ai sensi dell'art. 2043 c.c., è necessario che sia configurabile in capo al responsabile un obbligo giuridico di impedire l'evento dannoso, che può nascere, oltre che da una norma di legge o da una previsione contrattuale, anche da una specifica situazione che esiga una determinata attività a tutela di un diritto altrui, senza che sia astrattamente configurabile per il solo fatto che il preteso responsabile abbia posto in essere un'attività lecita, dalla quale siano derivati al terzo pregiudizi che questi, con l'uso dell'ordinaria diligenza nella cura del proprio bene danneggiato, avrebbe potuto evitare. (Nella specie, in applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto il convenuto responsabile delle infiltrazioni di acqua piovana causate dalla rimozione di una tettoia di copertura, posta all'interno di un'area di sua proprietà esistente nello spazio fra i fabbricati abitativi delle due parti, non potendosi considerare in sé atto lesivo l'esecuzione di detta opera astrattamente legittima, né rimproverare il proprietario dell'area prima coperta, in mancanza di eventuali specifici obblighi, per la mancata adeguata impermeabilizzazione del relativo pavimento).
Cass. civ. n. 2085/2012
In tema di responsabilità per omissione, il giudice, nel valutare la c.d. causalità omissiva, deve verificare che l'evento non si sarebbe verificato se l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi, ed il relativo accertamento deve essere condotto attraverso l'enunciato "controfattuale", ponendo al posto dell'omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato. (Nella specie, relativa al danno riportato dal dipendente di un'impresa scivolato sui gradini di una scala priva di corrimano, la cui istallazione è obbligatoria ex art. 16 del d.p.r. n. 547 del 1955, la Corte, cassando la sentenza di secondo grado, ha ritenuto che l'onere della prova fosse stato assolto dal danneggiato con la dimostrazione degli elementi costitutivi del fatto).
Cass. civ. n. 29736/2011
In tema di responsabilità civile della P.A. l'omessa disapplicazione della normativa interna in contrasto con quella comunitaria evidenzia di per sé l'esistenza dell'elemento soggettivo, atteso che la condotta lesiva è stata posta in essere da un operatore qualificato tenuto a conoscere il sistema delle fonti. Ne consegue che solo la deduzione dell'inconoscibilità incolpevole della disciplina di riferimento può escludere la colpa in capo all'agente. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di secondo grado che aveva riconosciuto l'abuso di posizione dominante nella condotta tenuta dall'Agenzia del territorio nei confronti di una società commerciale, per non avere fornito le informazioni contenute in pubblici registri detenuti in regime di monopolio legale, in applicazione della normativa interna contrastante con quella comunitaria).
Cass. civ. n. 24408/2011
In materia di rapporto di causalità nella responsabilità extracontrattuale, in base ai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., qualora un determinato evento dannoso sia riconducibile a volte alle cause naturali e a volte alle cause umane, non si versa in ipotesi di concorso di cause finalizzate alla produzione di uno stesso evento, bensì di eventi ulteriori e diversi, ciascuno con una propria causa; in tale eventualità, pertanto, non vige il principio per cui il fatto dannoso va addebitato per intero o alla causalità naturale o a quella umana, sicché il giudice può procedere all'attribuzione percentuale delle rispettive responsabilità, tenendone conto ai fini del conseguente obbligo di risarcimento del danno. (Nella specie, le S.U. hanno, sul punto, confermato la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche secondo cui – in presenza di danni causati da esondazioni del fiume Tevere, riconducibili in alcuni casi alla natura dei luoghi e negli altri casi alla costruzione di una diga per il funzionamento di un impianto idroelettrico – la società titolare di detto impianto doveva rispondere dei danni in misura dell'80 per cento, mentre il restante 20 per cento era da attribuire alla formazione spontanea di un isolotto nell'alveo del fiume).
Cass. civ. n. 22508/2011
In tema di responsabilità civile della P.A., l'ingiustizia del danno non può considerarsi in "re ipsa" nella sola illegittimità dell'esercizio della funzione amministrativa o pubblica in generale, dovendo, invece, il giudice procedere, in ordine successivo, anche ad accertare se: a) sussista un evento dannoso; b) l'accertato danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l'ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto soggettivo); c) l'evento dannoso sia riferibile, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, ad una condotta della P.A.; d) l'evento dannoso sia imputabile a responsabilità della P.A., sulla base non solo del dato obiettivo dell'illegittimità del provvedimento, ma anche del requisito soggettivo del dolo o della colpa. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata emessa dal giudice di pace, affermando che questi, ricollegando il risarcimento del danno per illegittima sospensione della patente di guida al solo elemento oggettivo della illegittimità dell'ordinanza, in difetto di allegazione e prova in relazione all'elemento soggettivo della P.A. e ai concreti profili di danno effettivamente patito, aveva violato i principi informatori della materia).
Cass. civ. n. 21170/2011
In tema di responsabilità della P.A. per l'esercizio illegittimo della funzione pubblica, sempre che il privato non deduca espressamente la violazione degli obblighi comportamentali sorti da un "contatto amministrativo qualificato", il diritto al risarcimento del danno ha attuazione diversa a seconda della natura dell'interesse legittimo: infatti, quando esso è oppositivo, occorre accertare se l'illegittima attività dell'Amministrazione abbia leso l'interesse alla conservazione di un bene o di una situazione di vantaggio, mentre, se l'interesse è pretensivo, concretandosi la lesione nel diniego o nella ritardata assunzione di un provvedimento amministrativo, occorre valutare a mezzo di un giudizio prognostico, da condurre in base alla normativa applicabile, la fondatezza o meno della richiesta della parte, onde stabilire se la medesima fosse titolare di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, o di una situazione che, secondo un criterio di normalità, era destinata ad un esito favorevole. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva negato il diritto al risarcimento per il mancato rilascio di una concessione edilizia, nonostante l'annullamento del diniego da parte del giudice amministrativo, osservando che il provvedimento permissivo non poteva essere rilasciato e che, quindi, il bene della vita richiesto non era comunque realizzabile, perché impedito dallo strumento urbanistico comunale).
Cass. civ. n. 19458/2011
L'Amministrazione finanziaria non può essere chiamata a rispondere del danno eventualmente causato al contribuente sulla base del solo dato oggettivo della illegittimità dell'azione amministrativa, essendo necessario che la stessa, nell'adottare l'atto illegittimo, abbia anche violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che costituiscono il limite esterno della sua azione. (Nella fattispecie, la S.C., nel cassare la sentenza impugnata, ha escluso la colpa dell'Amministrazione sia per la iscrizione provvisoria a ruolo di un terzo dell'imposta dovuta in base ad accertamento non definitivo, poi annullato dal giudice tributario, costituendo l'iscrizione un atto dovuto ai sensi dell'art. 15 del d.p.r. n. 602 del 1973, sia per la richiesta della concessione di garanzia ipotecaria, al fine di sospendere la riscossione dell'imposta, apparendo tale cautela giustificabile per l'elevato importo del credito).
Cass. civ. n. 19315/2011
Con riferimento alle sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità, sono violati i principi informatori della responsabilità aquiliana, che ricollegano il risarcimento alla necessaria sussistenza di un danno inferto a causa di un comportamento antigiuridico, qualora, annullata in sede giurisdizionale la cartella esattoriale in relazione alla quale sia stato emesso un provvedimento di fermo amministrativo, di cui sia stato comunicato il preavviso, il giudice ritenga sussistente la responsabilità del concessionario per non aver revocato tale provvedimento e lo condanni al risarcimento del danno, pur dando conto, in sentenza, che nella specie il fermo non è mai stato eseguito.
Cass. civ. n. 15991/2011
La disomogenea morfologia e la disarmonica funzione del torto civile rispetto al reato impone, nell'analisi della causalità materiale, l'adozione del criterio della probabilità relativa (anche detto criterio del "più probabile che non"), che si delinea in una analisi specifica e puntuale di tutte le risultanze probatorie del singolo processo, nella loro irripetibile unicità, con la conseguenza che la concorrenza di cause di diversa incidenza probabilistica deve essere attentamente valutata e valorizzata in ragione della specificità del caso concreto, senza potersi fare meccanico e semplicistico ricorso alla regola del "50% plus unum".
In materia di rapporto di causalità nella responsabilità civile, in base ai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., qualora le condizioni ambientali od i fattori naturali che caratterizzano la realtà fisica su cui incide il comportamento imputabile dell'uomo siano sufficienti a determinare l'evento di danno indipendentemente dal comportamento medesimo, l'autore dell'azione o della omissione resta sollevato, per intero, da ogni responsabilità dell'evento, non avendo posto in essere alcun antecedente dotato in concreto di efficienza causale; qualora, invece, quelle condizioni non possano dar luogo, senza l'apporto umano, all'evento di danno, l'autore del comportamento imputabile è responsabile per intero di tutte le conseguenze da esso scaturenti secondo normalità, non potendo, in tal caso, operarsi una riduzione proporzionale in ragione della minore gravità della sua colpa, in quanto una comparazione del grado di incidenza eziologica di più cause concorrenti può instaurarsi soltanto tra una pluralità di comportamenti umani colpevoli, ma non tra una causa umana imputabile ed una concausa naturale non imputabile. Ne consegue che, a fronte di una sia pur minima incertezza sulla rilevanza di un eventuale contributo "con-causale" di un fattore naturale (quale che esso sia), non è ammesso, sul piano giuridico, affidarsi ad un ragionamento probatorio "semplificato", tale da condurre "ipso facto" ad un frazionamento delle responsabilità in via equitativa, con relativo ridimensionamento del "quantum" risarcitorio.
Cass. civ. n. 15709/2011
In tema di responsabilità civile, nell'imputazione di un evento dannoso per omissione colposa il giudizio causale assume come termine iniziale la condotta omissiva del comportamento dovuto; il giudice, pertanto, è tenuto ad accertare se l'evento sia ricollegabile all'omissione (causalità omissiva) nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalità ipotetica) l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi. L'accertamento del rapporto di causalità ipotetica passa attraverso l'enunciato "controfattuale", che pone al posto dell'omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato. (Nella specie, alla stregua dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che, in relazione ai danni subiti da un'allieva infortunatasi a scuola nel corso della lezione di educazione fisica durante un esercizio ginnico, non avevano compiutamente valutato la possibilità dell'insegnante di avvedersi dell'anomalia nell'esecuzione dell'esercizio e di intervenire per evitare od attenuare le conseguenze dell'errore dell'allieva).
Cass. civ. n. 13614/2011
La lesione di un diritto inviolabile non determina, di per sé, la sussistenza di un danno risarcibile, essendo comunque necessario che la vittima abbia effettivamente patito un pregiudizio. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che correttamente il giudice di merito avesse escluso in fatto l'esistenza di un danno risarcibile in un caso in cui minore, a causa dell'omesso rilascio del nulla-osta dovuto, era stato iscritto a scuola con quattro mesi di ritardo, frequentando, tuttavia, nel contempo, di fatto le lezioni).
Cass. civ. n. 12408/2011
I criteri di liquidazione del danno biologico previsti dall'art. 139 cod. ass., per il caso di danni derivanti da sinistri stradali, costituiscono oggetto di una previsione eccezionale, come tale insuscettibile di applicazione analogica nel caso di danni non derivanti da sinistri stradali.
Cass. civ. n. 12278/2011
Il risarcimento del danno da uccisione di un prossimo congiunto spetta non soltanto ai membri della famiglia legittima della vittima, ma anche a quelli della famiglia naturale, come il convivente "more uxorio" ed il figlio naturale non riconosciuto, a condizione che gli interessati dimostrano la sussistenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra essi e la vittima assimilabile al rapporto coniugale.
Cass. civ. n. 5120/2011
L'attività della P.A., anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti della legge e dal principio primario del "neminem laedere", di cui all'art. 2043 c.c.; è, pertanto, consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato, da parte della stessa P.A., un comportamento doloso o colposo, che, in violazione della norma e del principio indicati abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. Infatti, stanti i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione di cui all'art. 97 Cost., la P.A. è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'art. 2043 c.c., ponendosi tali principi come limiti esterni alla sua attività discrezionale. Ne consegue che è correttamente motivata la sentenza di merito la quale condanni l'amministrazione finanziaria al risarcimento del danno per avere, nonostante le diffide, tardivamente annullato, in sede di autotutela, e solo a seguito di ulteriori sollecitazioni del commercialista del contribuente, un atto impositivo illegittimamente emesso, così causando al contribuente medesimo un pregiudizio patrimoniale rappresentato dalle spese sostenute per essersi rivolto al detto professionista e per essere stato costretto a recarsi più volte a colloquio presso gli uffici dell'amministrazione.
Cass. civ. n. 25395/2010
In tema di azione avanti all'A.G.A. tendente ad ottenere, nei confronti della P.A., il risarcimento del danno da attività provvedimentale illegittima, il principio della non necessità della pregiudiziale impugnativa del provvedimento amministrativo, già affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione con riferimento al sistema normativo conseguente alla legge 21 luglio 2000, n. 205, è confermato dall'art. 30 del d.l.vo 2 luglio 2010, n. 104 (c.d. codice del processo amministrativo) secondo cui: a) l'azione di condanna della P.A. può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma (comma 1); b) può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria (comma 2); c) la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo (comma 3).
Cass. civ. n. 16392/2010
Il danno da riduzione della capacità di lavoro, sofferto da persona che - come la casalinga - provveda da sé al lavoro domestico, costituisce una ipotesi di danno patrimoniale, e non biologico. Ne consegue che chi lo invoca ha l'onere di dimostrare che gli esiti permanenti residuati alla lesione della salute impediscono o rendono più oneroso (ovvero impediranno o renderanno più oneroso in futuro) lo svolgimento del lavoro domestico; in mancanza di tale dimostrazione nulla può essere liquidato a titolo di risarcimento di tale tipologia di danno patrimoniale (nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito la quale aveva negato il risarcimento del danno patrimoniale da riduzione della capacità di lavoro ad una casalinga che aveva patito una deviazione del setto nasale).
Cass. civ. n. 16123/2010
In tema di responsabilità civile, il nesso causale è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 c.p., per il quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base del quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiano - ad una valutazione "ex ante" - del tutto inverosimili, ferma restando, peraltro, la diversità del regime probatorio applicabile, in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell'accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non", mentre nel processo penale vige la regola della prova `oltre il ragionevole dubbio". Ne consegue, con riguardo alla responsabilità professionale del medico, che, essendo quest'ultimo tenuto a espletare l'attività professionale secondo canoni di diligenza e di perizia scientifica, il giudice, accertata l'omissione di tale attività, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell'evento lesivo e che, per converso, la condotta doverosa, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento stesso.
Cass. civ. n. 13830/2010
In tema di responsabilità civile, affinché la violazione di una norma possa costituire causa o concausa di un evento, è necessario che essa sia preordinata ad impedirlo; in caso contrario la condotta trasgressiva del contravventore assume autonoma rilevanza giuridica, non però costitutiva di un rapporto di causalità con l'evento, in relazione al quale diviene un mero antecedente storico occasionale. (Nella specie, relativa ad un sinistro mortale occorso ad un soggetto che, alla guida della sua auto, era stato trafitto da una sbarra di ferro posta in corrispondenza dell'accesso all'argine di un fiume, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente la responsabilità della P.A. che aveva la custodia, cura e manutenzione dell'argine e degli impianti e dispositivi ad essi inerenti, essendo stato accertato sia che il divieto di transito era stato apposto per impedire di accedere alle sommità arginali del fiume utilizzandole come strada e non per impedire di avvicinarsi alla sbarra, posta dopo il cartello e priva di un sistema di fissaggio che, se adottato, sarebbe stato idoneo ad impedire l'evento, sia che la mobilità di tale sbarra era stata la causa esclusiva dello sfondamento del parabrezza dell'auto, sicché la trasgressione del conducente al divieto di transito era degradata a mera occasione dell'evento).
Cass. civ. n. 13431/2010
In tema di risarcimento del danno, i postumi d'invalidità personale di piccola entità (c.d. micropermanente) - in quanto non superiori al 10 per cento - non incidendo sulla capacità del danneggiato di produrre reddito, non hanno rilevanza sul danno di natura patrimoniale, ma riguardando la menomazione del bene salute possono essere valutati soltanto sotto l'aspetto del danno biologico, salva la prova contraria, fondata su specifiche circostanze, che essi abbiano prodotto conseguenze anche sulla capacità lavorativa specifica e, quindi, anche un danno patrimoniale, il quale, però, non può essere allegato con argomentazioni apodittiche ed astratte e, come tali, inammissibili.
Cass. civ. n. 10074/2010
Il diritto al risarcimento del danno patrimoniale da lucro cessante non può farsi discendere in modo automatico dall'accertamento dell'invalidità permanente, poiché esso sussiste solo se tale invalidità abbia prodotto una riduzione della capacità lavorativa specifica. A tal fine, danneggiato è tenuto a dimostrare, anche tramite presunzioni, di svolgere un'attività produttiva di reddito e di non aver mantenuto, dopo l'infortunio, una capacità generica di attendere ad altri lavori confacenti alle sue attitudini personali; trattandosi di minore, il risarcimento di tale danno andrà calcolato sulla base di una previsione della sua futura attività lavorativa, da compiersi tenendo conto degli studi effettuati e delle sue inclinazioni, nonché della posizione economico-sociale della famiglia di appartenenza.
Cass. civ. n. 7352/2010
In tema di accertamento probatorio, qualora l'accertamento abbia natura medico-legale e sia diretto a verificare la dipendenza causale di una determinata malattia rispetto ad un'attività lavorativa, trova applicazione il criterio secondo il quale deve ritenersi acquisita la prova del nesso causale nel caso sussista un'adeguata probabilità, sul piano scientifico, della risposta positiva; ove, invece, l'accertamento, basato su elementi indiziari, riguardi i fatti materiali, la valutazione probabilistica è ammissibile ma si inserisce nell'ambito dell'apprezzamento discrezionale rimesso al giudice di merito circa l'idoneità probatoria di un determinato quadro indiziario. (Nella specie, relativa ad una controversia per il riconoscimento del beneficio della maggiorazione contributiva per esposizione alle fibre di amianto, nella quale il CTU aveva escluso che una probabilità inferiore al 95 per cento fosse idonea a consentire di affermare, con ragionevole certezza scientifica, il superamento per un periodo ultradecennale del grado di esposizione all'amianto fissato dalla legge, il giudice di merito aveva interpretato tale conclusione, di per sé contestata solo in via astratta dai ricorrenti, nel senso che le mansioni svolte dai lavoratori avevano comportato una esposizione minore rispetto ai colleghi di lavoro; la S.C., in applicazione del principio di cui alla massima, ha escluso che la sentenza fosse connotata da illogicità).
Cass. civ. n. 5561/2010
In tema di responsabilità civile della P.A., l'imputazione della responsabilità può discendere dall'adozione e dall'esecuzione di un atto illegittimo in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, ma non può avvenire sulla base del mero dato obiettivo dell'illegittimità dell'azione amministrativa in relazione alla normativa applicabile, ovvero sulla base della valutazione della colpa del funzionario agente riferita ai parametri della negligenza e dell'imperizia. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva dichiarato la responsabilità del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per i danni subiti da un docente in conseguenza di un provvedimento di divieto dell'esercizio della libera professione di ingegnere annullato in sede di ricorso gerarchico, pur essendo stato accertato che la revoca dell'autorizzazione alla libera professione era stata adottata in base a comportamenti del docente che avevano causato la reazione del preside intesa a tutelare le esigenze dell'insegnamento e comportato anche l'adozione di provvedimenti disciplinari a carico dell'insegnante).
Cass. civ. n. 4326/2010
Ai fini dell'accoglimento della domanda di risarcimento del danno per la lesione dell'interesse pretensivo al conseguimento di un'autorizzazione amministrativa, deve valutarsi - mediante un giudizio prognostico - la fondatezza o meno dell'istanza della parte sulla base della normativa applicabile, così da riconoscere il risarcimento solo se la richiesta di autorizzazione, secondo un criterio di normalità, che dà fondamento ad un oggettivo affidamento, sarebbe stata accolta; conseguentemente, la responsabilità della P.A. non può derivare automaticamente dall'annullamento dell'atto di diniego da parte del giudice amministrativo, dovendo invece essere accertata la colpa dell'Amministrazione come apparato, la quale sussiste quando l'atto assunto come lesivo viola le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che il giudice ordinario valuta come limiti esterni alla discrezionalità. (Nella specie, relativa al diniego di autorizzazione alla installazione di un cartellone pubblicitario, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva negato il risarcimento anche in considerazione di un parere negativo della Soprintendenza e della circostanza che il contratto per lo sfruttamento pubblicitario del cartellone, della cui mancata esecuzione la società richiedeva il ristoro, era stato stipulato nonostante la conoscenza del predetto parere, e prevedeva la risoluzione "ipso iure", per l'ipotesi di diniego dell'autorizzazione).
Cass. civ. n. 2360/2010
In tema di responsabilità civile, qualora l'evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'art. 41 c.p. - norma di carattere generale, applicabile nei giudizi civili di responsabilità - in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l'esclusiva efficienza causale di una di esse. In particolare, in riferimento al caso in cui una delle cause consista in una omissione, la positiva valutazione sull'esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l'azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l'evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze, non potendo esserne esclusa l'efficienza soltanto perché sia incerto il suo grado di incidenza causale. (Nella specie, concernente un decesso derivato da incidente stradale occorso su un'autostrada e concretizzatosi nell'uscita di un autoveicolo da carreggiata priva di guard-rail e nel successivo ribaltamento del veicolo medesimo con arresto della sua corsa in un raccoglitore di acqua piovana posto a soli otto metri dalla carreggiata stessa e privo di protezione, la S.C. ha cassato la sentenza di merito - che aveva escluso la responsabilità della società concessionaria dell'autostrada, sul presupposto che il conducente avesse comunque mancato di tenere una velocità adeguata - affermando che la marcia in autostrada giustifica una velocità necessariamente sostenuta e che il raccoglitore dell'acqua piovana, soprattutto se posto vicino alla carreggiata, deve essere munito di idonea protezione).
Cass. civ. n. 698/2010
La P.A. può essere riconosciuta responsabile, ai sensi dell'art. 2043 c.c., per il mancato o ritardato annullamento di un atto illegittimo (nella specie, un avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle entrate) nell'esercizio del potere di autotutela, ove un siffatto comportamento abbia cagionato un danno al privato (nella specie, consistente nelle spese, non solo legali, sostenute per proporre il ricorso avverso il provvedimento illegittimo), giacché tale danno deriva dallo stesso atto illegittimo, mentre l'esercizio del potere di autotutela da parte della P.A. si configura soltanto come il mezzo che avrebbe potuto eliminarne tempestivamente gli effetti. Infatti, la sussistenza del requisito dell'ingiustizia del danno non può essere esclusa in ragione di una pretesa indebita interferenza della giurisdizione sulle modalità di esercizio del potere amministrativo, giacché si tratta unicamente dell'accertamento, rimesso al giudice del merito, degli effetti pregiudizievoli causati dall'atto illegittimo, per non esser la RA. tempestivamente intervenuta ad evitarli tramite i mezzi che la legge ad essa attribuisce.
Cass. civ. n. 4/2010
In materia di rapporto di causalità nella responsabilità extracontrattuale, nel caso in cui concause naturali non imputabili al danneggiante concorrano con il comportamento di quest'ultimo nella determinazione dell'evento dannoso, deve ritenersi che l'autore della condotta illecita sia responsabile per intero di tutte le conseguenze da essa scaturenti secondo un rapporto di consequenzialità ordinaria, poiché, in tale ipotesi, non si può operare una riduzione proporzionale in ragione della minore gravità della sua colpa (difettando il presupposto di una pluralità di comportamenti umani colpevoli); tuttavia, qualora, configurandosi il suddetto concorso causale (in tutte le sue componenti, umane e naturali) con l'insorgenza dell'evento dannoso, si accerti che il danneggiato già presentava condizioni e/o postumi patologici di qualsiasi origine e natura, di questi non si deve tener conto ai fini della liquidazione dei danni, trattandosi di condizioni non direttamente causate dalla condotta del danneggiante.
Cass. civ. n. 26514/2009
Nelle cosiddette vendite "a catena" spettano all'acquirente due azioni: quella contrattuale, che sorge solo nei confronti del diretto venditore, in quanto l'autonomia di ciascun trasferimento non gli consente di rivolgersi contro i precedenti venditori (restando salva l'azione di rivalsa del rivenditore nei confronti del venditore intermedio); quella extracontrattuale, che è esperibile dal compratore contro il produttore, per il danno sofferto in dipendenza dei vizi che rendono la cosa pericolosa, anche quando tale danno si sia verificato dopo il passaggio della cosa nell'altrui sfera giuridica. Ne consegue che incorre nella violazione di un principio informatore in tema di responsabilità civile il giudice di pace che nel giudizio di equità promosso per il risarcimento del danno da pubblicità ingannevole relativo ad una marca di sigarette - riconosca il produttore responsabile sia a titolo extracontrattuale che a titolo contrattuale.
Cass. civ. n. 25236/2009
In tema di responsabilità civile, qualora l'evento dannoso si ricolleghi a più azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'art. 41 cod. pen. – norma di carattere generale, applicabile nei giudizi civili di responsabilità – in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti la esclusiva efficienza causale di una di esse, mentre resta riservata al giudice del merito la determinazione del grado delle colpe concorrenti, in base ad una valutazione complessiva dei fatti e dell'efficienza causale del comportamento colposo di ciascuno dei corresponsabili. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva affermato la responsabilità in egual misura del datore di lavoro e dell'ente previdenziale nei confronti del lavoratore che, avendo avuto dai detti soggetti l'erronea assicurazione della maturazione del diritto al pensionamento, aveva chiesto il collocamento a riposto in difetto dei requisiti contributivi utili per la maturazione della pensione).
Cass. civ. n. 15895/2009
In tema di responsabilità civile extracontrattuale, il nesso causale tra la condotta illecita ed il danno civile è regolato dal principio di cui agli artt. 40 e 41 c.p., in base al quale un evento è da considerare causato da un altro se il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla scorta del quale, all'interno della serie causale, occorre dare rilievo solo a quegli eventi che non appaiono - ad una valutazione "ex ante" - del tutto inverosimili; ne consegue che, ai fini della riconducibilità dell'evento dannoso ad un determinato comportamento, non è sufficiente che tra l'antecedente ed il dato consequenziale sussista un rapporto di sequenza, essendo invece necessario che tale rapporto integri gli estremi di una sequenza possibile, alla stregua di un calcolo di regolarità statistica, per cui l'evento appaia come una conseguenza non imprevedibile dell'antecedente. (Nella specie, in virtù dell'enunciato principio, la Corte ha ritenuto insindacabile il rigetto, contenuto nella sentenza impugnata, della domanda di risarcimento dei danni di cui all'art. 2043 c.c., proposta nei confronti del vettore per la perdita di un piego che recava la dizione "stampati", sul rilievo che non era ragionevolmente opinabile che il vettore potesse, anche usando una straordinaria diligenza, supporre che nella busta non erano contenuti "stampati", ma "atti giudiziari" di estrema importanza, il cui mancato recapito aveva determinato la decadenza dell'impugnazione di una sentenza).
Cass. civ. n. 11048/2009
Nella liquidazione del danno alla persona causato da sinistri stradali è inibito al giudice, per determinare il danno biologico lieve o da micro-permanente, fare riferimento alle tabelle medico-legali approvate con D.M. 3 luglio 2003, quando il sinistro si sia verificato in data anteriore all'entrata in vigore del suddetto decreto, avvenuta l'11 settembre 2003. Il decreto, che si pone in rapporto di specialità rispetto alla generale disciplina di cui all'art. 2056.c.c., non ha efficacia retroattiva, a meno che le parti non ne chiedano concordemente l'applicazione. In mancanza di tale accordo, il giudice del merito è tenuto a liquidare il risarcimento mediante una valutazione equitativa personalizzata che tenga conto della tipologia delle lesioni e delle condizioni soggettive della vittima, esponendo nella motivazione della sentenza i criteri a tal fine adottati.
Cass. civ. n. 10285/2009
In tema di responsabilità civile, poiché l'omissione di una condotta rileva, quale condizione determinativa del processo causale dell'evento dannoso, soltanto quando si tratti di omissione di un comportamento di cautela imposto da una norma giuridica specifica, ovvero da una posizione del soggetto che implichi l'esistenza di particolari obblighi di prevenzione dell'evento, una volta dimostrata in giudizio la sussistenza dell'obbligo di osservare la regola cautelare omessa ed una volta appurato che l'evento appartiene al novero di quelli che la norma mirava ad evitare attraverso il comportamento richiesto, non rileva, ai fini dell'esonero dalla responsabilità, che il soggetto tenuto a detta osservanza abbia provato la non conoscenza in concreto dell'esistenza del pericolo. (Nella specie la S.C. ha ritenuto non correttamente motivata la sentenza impugnata nella parte in cui quest'ultima, nel rigettare la richiesta risarcitoria avanzata dall'Aereolinee Italia s.p.a. contro i Ministeri della Difesa, dell'Interno e delle Infrastrutture, pur ammettendo l'esistenza di precise norme giuridiche che imponevano al Ministero della Difesa di assicurare l'obbligo della sicurezza dei cieli e di impedire l'accesso ad aerei non autorizzati, ha ritenuto necessario, ai fini della condanna, che sussistesse in capo a detti organi la conoscenza del fatto che nei cieli circolassero aerei pericolosi, posto che la presumibile presenza di detti aerei era proprio ciò che l'adempimento dell'obbligo di sorveglianza, omesso nella specie, mirava ad evitare).
Cass. civ. n. 975/2009
Qualora la produzione di un evento dannoso, quale la morte di un paziente, sia riconducibile, sotto il profilo eziologico, alla concomitanza della condotta del sanitario e del fattore naturale rappresentato dalla situazione patologica del soggetto deceduto (la quale non sia legata all'anzidetta condotta da un nesso di dipendenza causale), il giudice deve procedere, eventualmente anche con criteri equitativi, alla valutazione della diversa efficienza delle varie concause, onde attribuire all'autore della condotta dannosa la parte di responsabilità correlativa, cosa da lasciare a carico del danneggiato il peso del danno alla cui produzione ha concorso a determinare il suo stato personale.
Cass. civ. n. 26925/2008
In tema di erronea comunicazione al lavoratore, da parte dell'Inps, della posizione contributiva utile al pensionamento, l'ente risponde del danno derivatone per inadempimento contrattuale, salvo che provi che la causa dell'errore sia esterna alla sua sfera di controllo e l'inevitabilità del fatto impeditivo nonostante l'applicazione della normale diligenza. (Nella specie, all'erronea comunicazione al lavoratore del numero dei contributi versati, apparentemente sufficienti al conseguimento della pensione, erano seguite le dimissioni del lavoratore; l'Inps, convenuto per il risarcimento dei danni subiti dal lavoratore per l'erronea comunicazione, aveva imputato l'errore a registrazioni nell'archivio magnetico non corrispondenti alla documentazione di supporto).
Cass. civ. n. 25028/2008
In tema di responsabilità civile aquiliana, il nesso causale è regolato dai principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen. per i quali un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (cosiddetta teoria della "condicio sine qua non") nonché dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base della quale, all'interno della serie causale, occorre dar rilievo solo a quegli eventi che non appaiono - ad una valutazione "ex ante" - del tutto inverosimili. Il rigore del principio dell'equivalenza delle cause, di cui all'art. 41 cod. pen., in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nella causalità efficiente, desumibile dal secondo comma dell'art. 41 cod. pen., in base al quale l'evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all'autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza impugnata di rigetto della domanda di risarcimento dei danni provocati alla mobilia e alle suppellettili dell'appartamento condotto in locazione dagli attori dall'incendio sviluppatosi nell'appartamento soprastante, rispettivamente di proprietà e condotto dai convenuti, evidenziando che i giudici di merito avevano correttamente ritenuto sussistente il caso fortuito, in quanto, in base alla consulenza tecnica, l'incendio in questione era stato di origine dolosa perché causato da un terzo rimasto ignoto entrato dalle finestre, lasciate aperte dalla convenuta, durante l'assenza della medesima, circostanza quest'ultima, peraltro, che non poteva ritenersi concausa dell'incendio cagionato dal terzo ignoto, in quanto la chiusura degli infissi non avrebbe certo scoraggiato chi voleva appiccare il fuoco).
Cass. civ. n. 25016/2008
La responsabilità contrattuale può concorrere con quella extracontrattuale allorquando il fatto dannoso sia imputabile all'azione o all'omissione di più persone tutte obbligate al risarcimento del danno correlato al loro comportamento, sicché in ipotesi di vendita a terzi di un immobile in violazione dell'obbligo contrattualmente assunto dal venditore nei confronti del precedente acquirente, la responsabilità contrattuale dell'alienante può concorrere con quella extracontrattuale del successivo acquirente quando il danneggiato provi o la dolosa preordinazione volta a frodarlo o comunque la compartecipazione all'inadempimento dell'alienante in virtù dell'apporto dato nella violazione degli obblighi assunti nei confronti del primo acquirente.
Cass. civ. n. 23846/2008
In tema di danno alla persona, conseguente a responsabilità medica, integra l'esistenza di un danno risarcibile alla persona l'omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, in quanto essa nega al paziente, oltre che di essere messo nelle condizioni di scegliere "cosa fare", nell'ambito di ciò che la scienza medica suggerisce per garantire la fruizione della salute residua fino all'esito infausto, anche di essere messo in condizione di programmare il suo essere persona e, quindi, in senso lato l'esplicazione delle sue attitudini psico-fisiche, in vista e fino a quell'esito.
Cass. civ. n. 23725/2008
Il diritto al risarcimento del danno da fatto illecito concretatosi in un evento, mortale va riconosciuto - con riguardo sia al danno morale, sia a quello patrimoniale, che presuppone, peraltro, la prova di uno stabile contributo economico apportato, in vita, dal defunto al danneggiato - anche al convivente "more uxorio" del defunto stesso, quando risulti dimostrata tale relazione caratterizzata da tendenziale stabilità e da mutua assistenza morale e materiale; a tal fine non sono sufficienti né le dichiarazioni rese dagli interessati per la formazione di un atto di notorietà, né le indicazioni dai medesimi fornite alla P.A. per fini anagrafici. (Nella specie la S.C. ha confermato
sul punto la sentenza impugnata nella parte in cui aveva, appunto, escluso che la ricorrente, che aveva contratto matrimonio canonico privo di effetti civili con la vittima, potesse vantare diritti risarcitori per la morte dell'uomo, essendo mancata la prova dell'esistenza di una relazione tendenzialmente stabile e di una mutua assistenza morale e materiale tra i due).
Cass. civ. n. 12455/2008
In tema di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, l'accertata illegittimità della condotta della P.A. o di suo organi, derivante dal ritardo, dall'inerzia o dalla mancata istruzione del procedimento, che si traducono nella violazione dell'obbligo di portarlo comunque a compimento (in modo favorevole o sfavorevole per l'istante), non è sufficiente ai fini dell'affermazione della responsabilità aquiliana, occorrendo altresì che risulti danneggiato l'interesse, al bene della vita al quale è correlato l'interesse legittimo dell'istante, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla luce dell'ordinamento positivo. In riferimento al rilascio di una concessione edilizia, l'accertamento di tale interesse implica un giudizio prognostico sulla fondatezza dell'istanza, da condursi in riferimento alla normativa di settore ed agli elementi offerti dall'istante, onde stabilire se costui fosse titolare di una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la conclusione positiva del procedimento. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva escluso la responsabilità di un Comune per il rifiuto della concessione edilizia richiesta per la realizzazione di un parcheggio interrato, ritenendo non configurabile un'aspettativa giuridicamente tutelata dell'istante, in quanto l'autorizzazione a tal fine concessa dal consiglio comunale ed il parere favorevole emesso dalla commissione edilizia erano subordinati all'adozione ed all'approvazione del piano regolatore generale).
Cass. civ. n. 11917/2008
Il principio in forza del quale gli atti e comportamenti di un pubblico dipendente non sono riferibili all'amministrazione, se dettati da fini assolutamente estranei ad essa e non legati da un nesso di necessaria occasionalità con le funzioni del dipendente stesso, opera nel campo dell'illecito aquiliano e non è estensibile al diverso caso della responsabilità per inadempimento contrattuale, ove l'imputazione all'amministrazione dell'atto del dipendente incontra i soli limiti derivanti dalle norme di legge e dai patti che regolano il relativo contratto. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva addebitato alla P.A. l'inadempimento dell'obbligo contrattuale di assicurare e garantire la regolarità del gioco del lotto e dell'estrazione ad esso relativa, essendo stato accertato in sede penale che l'estrazione cui si riferiva la giocata effettuata dall'attore era stata «truccata» da alcuni dipendenti pubblici incaricati delle operazioni di sorteggio).
Cass. civ. n. 864/2008
Nel caso che un dipendente della P.A. abbia commesso un atto illecito e si accerti che ciò è avvenuto in quanto i superiori gerarchici del dipendente stesso hanno omesso di emanare le direttive opportune per prevenire la commissione, da parte dei lavoratori ad essi subordinati, di atti come quello predetto (vigilando poi sull'applicazione delle direttive medesime), è configurabile la responsabilità diretta della P.A. per il comportamento omissivo di detti superiori, sussistendo sia la riferibilità di tale atto alla stessa P.A. (una volta assodato che nella fattispecie concreta la predetta emanazione rientrava tra i compiti di chi aveva funzioni dirigenziali nella struttura amministrativa in questione), sia l'esistenza di un rapporto di causalità tra il comportamento omissivo di detti superiori e l'evento dannoso (una volta accertato che nel caso concreto senza l'omissione in questione non si sarebbe realizzato l'atto illecito del dipendente subordinato direttamente produttivo del danno) in base alla regola secondo cui causa causae est causa causati. (Nella specie la S.C., in applicazione dell'enunciato principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto sussistente la responsabilità diretta della P.A. in ordine alla morte di un carabiniere ausiliario causata da un colpo di arma da fuoco sparato imprudentemente da altro carabiniere ausiliario per indurre il primo a partecipare ad una partita di pallavolo, stante il comportamento illecito dei superiori gerarchici del carabiniere, che aveva esploso il colpo, consistito nel non aver dato le opportune direttive ed istruzioni in ordine agli adempimenti riguardanti la custodia e l'uso delle armi alla fine del servizio, vigilando poi sulla loro applicazione).
Cass. civ. n. 576/2008
In tema di responsabilità civile aquiliana —nella quale vige, alla stregua delle regole di cui agli artt. 40 e 41 c.p., il principio dell'equivalenza delle cause temperato da quello della causalità adeguata — il nesso di causalità consiste anche nella regola della preponderanza dell'evidenza o del «più probabile che non» ne consegue che — sussistendo a carico del Ministero della sanità (oggi Ministero della salute), anche prima dell'entrata in vigore della legge 4 maggio 1990, n. 107, un obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico — il giudice, accertata l'omissione di tali attività con riferimento alle cognizioni scientifiche esistenti all'epoca di produzione del preparato, ed accertata l'esistenza di una patologia da virus HIV, HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell'insorgenza della malattia e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento.
Cass. civ. n. 26527/2007
Deve escludersi la responsabilità dello Stato nei confronti di terzi per i danni causati dal comportamento colposo o doloso di un dipendente quando il fatto lesivo è commesso al di fuori dell'esercizio delle proprie funzioni e per finalità estranee o contrarie ad esse, dovendo essere accertato che tra l'espletamento delle mansioni inerenti il servizio e il fatto produttivo del danno vi sia un nesso di occasionalità necessaria, idoneo quanto meno ad averne agevolato in modo decisivo la realizzazione. (Nel caso di specie la S.C. ha confermato la sentenza del giudice di merito che aveva escluso la responsabilità del Ministero dell'Interno per l'aggressione compiuta da un agente di polizia nei confronti di un terzo fuori dell'orario di lavoro e non nell'esercizio delle proprie funzioni, ritenendo irrilevante la successiva redazione di una relazione di servizio giustificativa del fatto).
Cass. civ. n. 22370/2007
In tema di gara ad evidenza pubblica, l'aggiudicazione in favore di chi abbia presentato un'offerta anomala per eccesso di ribasso, non è preclusa dall'art. 21, comma 1 bis, legge 11 febbraio 1994 n. 109 (e neppure dall'art. 82 D.L.vo 12 aprile 2006 n. 163 che lo ha sostituito), ma deve essere congruamente motivata, nel rispetto della regola di buona amministrazione che impone alla P.A. di dare conto delle sue scelte tra diversi aspiranti a contrarre e di indicare le ragioni per cui l'offerta dell'aggiudicatario è la più conveniente. Quando ciò non accada, viene leso l'interesse legittimo (pretensivo) allo svolgimento di una corretta gara di cui sono titolari i partecipanti non vincitori, i quali possono agire per far valere la responsabilità aquiliana dell'amministrazione ed ottenere il risarcimento del danno ingiusto derivante dalla c.d. perdita di chances cioè dal venir meno, per effetto della condotta non jure della stazione appaltante, dell'occasione di ottenere l'utilità patrimoniale conseguibile con la gara. (Principio affermato dalla Suprema Corte, in applicazione dei principi formulati nella sentenza delle SS.UU. n. 500 del 1999, in relazione a controversia introdotta prima dell'entrata in vigore del D.L.vo n. 80 del 1998).
Cass. civ. n. 21619/2007
Nel cosiddetto sottosistema civilistico, il nesso di causalità (materiale) — la cui valutazione in sede civile è diversa da quella penale (ove vale il criterio dell'elevato grado di credibilità razionale che è prossimo alla «certezza») — consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso; secondo il criterio (ispirato alla regola della normalità causale) del «più probabile che non» esso si distingue dall'indagine diretta all'individuazione delle singole conseguenze dannose (finalizzata a delimitare, a valle, i confini della già accertata responsabilità risarcitoria) e prescinde da ogni valutazione di prevedibilità o previsione da parte dell'autore, la quale va compiuta soltanto in una fase successiva ai fini dell'accertamento dell'elemento soggettivo (colpevolezza). (Nella fattispecie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ravvisato il nesso causale tra il comportamento omissivo del sanitario che aveva ritardato di inviare il paziente presso un centro di medicina iperbarica e l'aggravamento delle lesioni subite dal paziente che probabilmente avrebbe potuto essere evitato).
Cass. civ. n. 20986/2007
Affinché ricorra la responsabilità della P.A. per un fatto lesivo posto in essere dal proprio dipendente — responsabilità il cui fondamento risiede nel rapporto di immedesimazione organica — deve sussistere, oltre al nesso di causalità fra il comportamento e l'evento dannoso, anche la riferibilità all'amministrazione del comportamento stesso, la quale presuppone che l'attività posta in essere dal dipendente sia e si manifesti come esplicazione dell'attività dell'ente pubblico, e cioè tenda, pur se con abuso di potere, al conseguimento dei fini istituzionali di questo nell'ambito delle attribuzioni dell'ufficio o del servizio cui il dipendente è addetto. Tale riferibilità viene meno, invece, quando il dipendente agisca come un semplice privato per un fine strettamente personale ed egoistico che si riveli assolutamente estraneo all'amministrazione — o addirittura contrario ai fini che essa persegue — ed escluda ogni collegamento con le attribuzioni proprie dell'agente, atteso che in tale ipotesi cessa il rapporto organico fra l'attività del dipendente e la P.A. (Nella specie, il giudice di merito aveva condannato la P.A. ritenendo riconducibile alle finalità istituzionali della stessa il comportamento di un vigile urbano che, intervenuto per fermare alcuni giovani che stavano scavalcando il muro di cinta di uno stadio, aveva percosso uno di essi con schiaffi e calci e poi lo aveva ucciso con un colpo di pistola; la S.C. ha cassato la sentenza impugnata poiché il giudice di merito non aveva accertato se il vigile, la cui condotta nella fase iniziale era connessa all'espletamento del compito istituzionale di controllo sull'ordine pubblico, avesse successivamente agito, come dimostrato dalle parole rivolte nei suoi confronti: «se non te le ho date ieri te le do ora» per un fine strettamente personale ed egoistico assolutamente estraneo alle attività della P.A., così dando sfogo al risentimento provocato da un diverbio con quel giovane avvenuto il giorno precedente).
Cass. civ. n. 19357/2007
Ai fini della risarcibilità del danno patrimoniale conseguente alla riduzione della capacità lavorativa, il giudice, oltre a dover accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità lavorativa specifica (e questa, a sua volta, sulla capacità di guadagno), è tenuto altresì a verificare se e in quale misura in tale soggetto persista o residui, dopo e nonostante l'infortunio patito, una capacità ad attendere al proprio o ad altri lavori confacenti alle sue attitudini e condizioni personali e ambientali idonei alla produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte, e solo nell'ipotesi in cui, in forza di detti complessivi elementi di giudizio, risulti una riduzione della capacità di guadagno e, in forza di questa, del reddito effettivamente percepito, tale ultima diminuzione è risarcibile sotto il profilo del lucro cessante. La relativa prova incombe al danneggiato e può essere anche presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità di lavoro specifica.
Il grado di invalidità personale determinato dai postumi permanenti di una lesione all'integrità psico-fisica non si riflette automaticamente sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno, spettando al giudice del merito valutarne in concreto l'incidenza; sicché, nel caso in cui la persona che abbia subito una lesione dell'integrità fisica già eserciti un'attività lavorativa e il grado d'invalidità permanente sia tuttavia di scarsa entità (cosiddette «micropermanenti»), un danno da lucro cessante derivante dalla riduzione della capacità lavorativa in tanto è configurabile in quanto sussistano elementi per ritenere che, a causa dei postumi, il soggetto effettivamente ricaverà minori guadagni dal proprio lavoro, essendo ogni ulteriore o diverso pregiudizio risarcibile a titolo di danno non patrimoniale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, in base ad adeguata motivazione, aveva escluso che le lesioni subite dal danneggiato in sinistro stradale — determinanti un'incapacità lavorativa specifica dell'uno per cento — fossero idonee a ripercuotersi negativamente nell'esplicazione dell'attività di avvocato dal medesimo svolta e a determinare la lamentata diminuzione dei suoi redditi).
Cass. civ. n. 15233/2007
Chi agisce per il risarcimento dei danni non è tenuto a dare la prova della piena proprietà del bene danneggiato ma solo della titolarità della situazione sostanziale che è oggetto del rapporto giuridico controverso, poiché anche colui che si trovi ad esercitare un potere materiale sulla cosa può agire in giudizio per il risarcimento del danno derivante dal danneggiamento della stessa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione del giudice di merito che, con motivazione logica e quindi insindacabile in sede di legittimità, aveva escluso la titolarità del diritto al risarcimento in capo alla parte che lamentava i danni provocati alla sua casa, in conseguenza di lavori in corso).
Cass. civ. n. 14845/2007
A norma dell'art. 2043 c.c., ai prossimi congiunti di un soggetto, deceduto in conseguenza del fatto illecito addebitabile ad un terzo, compete il risarcimento del danno anche patrimoniale, anche nel caso in cui il defunto avesse appena intrapreso una attività professionale remunerata; in questo caso, ad essi spetta il risarcimento del danno patrimoniale futuro, sulla base di una valutazione equitativa circostanziata ed a carattere satisfattivo che tenga conto della rilevanza del legame di solidarietà familiare, da un lato, e delle prospettive di reddito professionale. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la risarcibilità del danno patrimoniale futuro subito dai prossimi congiunti, non ritenendo emergessero elementi sufficienti per una valutazione equitativa a fronte della morte in un incidente stradale di un giovane medico, celibe e non convivente con la famiglia, che aveva da poco aperto un laboratorio dentistico).
Cass. civ. n. 14759/2007
In tema di responsabilità civile il giudice di merito deve accertare separatamente dapprima la sussistenza del nesso causale tra la condotta illecita e l'evento di danno, e quindi valutare se quella condotta abbia avuto o meno natura colposa o dolosa. Ne consegue che, nell'ipotesi di responsabilità del medico, è viziata la decisione la quale escluda il nesso causale per il solo fatto che il danno non potesse essere con certezza ascritto ad un errore del sanitario, posto che il suddetto nesso deve sussistere non già tra l'errore ed il danno, ma tra la condotta ed il danno, mentre la sussistenza dell'eventuale errore rileverà sul diverso piano della imputabilità del danno a titolo di colpa.
In tema di responsabilità civile, per l'accertamento del nesso causale tra condotta illecita ed evento di danno non è necessaria la dimostrazione di un rapporto di consequenzialità necessaria tra la prima ed il secondo, ma è sufficiente la sussistenza di un rapporto di mera probabilità scientifica. Ne consegue che il nesso causale può essere ritenuto sussistente non solo quando il danno possa ritenersi conseguenza inevitabile della condotta, ma anche quando ne sia conseguenza altamente probabile e verosimile.
Cass. civ. n. 13953/2007
Il grado di invalidità di una persona, determinato dai postumi permanenti di una lesione alla sua integrità psicofisica, non si riflette automaticamente nella stessa misura sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno, spettando al giudice del merito valutarne in concreto l'incidenza, la quale è da escludersi quando non risulti che la persona danneggiata, a causa delle infermità riscontrate, sia stata adibita a mansioni inferiori alle precedenti ovvero, nello svolgimento delle mansioni pregresse, abbia subito contrazioni del suo reddito.
Cass. civ. n. 13400/2007
In materia di rapporto di causalità nella responsabilità extracontrattuale, in base ai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p., qualora la condotta abbia concorso, insieme a circostanze naturali, alla produzione dell'evento, e ne costituisca un antecedente causale, l'agente deve rispondere per l'intero danno, che altrimenti non si sarebbe verificato. Non sussiste, invece, nessuna responsabilità dell'agente per quei danni che non dipendano dalla sua condotta, che non ne costituisce un antecedente causale, e si sarebbero verificati ugualmente anche senza di essa, né per quelli preesistenti. Anche in queste ultime ipotesi, peraltro, debbono essere addebitati all'agente i maggiori danni, o gli aggravamenti, che siano sopravvenuti per effetto della sua condotta, anche a livello di concausa, e non di causa esclusiva, e non si sarebbero verificati senza di essa, con conseguente responsabilità dell'agente stesso per l'intero danno differenziale. (Nella specie, la S.C., sulla scorta del principio da ultimo specificato, ha confermato la sentenza impugnata che, con riferimento all'azione di un lavoratore che aveva agito per il risarcimento del danno nei confronti del suo datore di lavoro per suoi ripetuti comportamenti vessatori, aveva riconosciuto la responsabilità dello stesso datore per i soli danni a lui imputabili a titolo differenziale per le ulteriori conseguenze patologiche di tipo depressivo che erano derivate dalla sua condotta, inquadrabile come mera concausa rispetto al quadro clinico del dipendente già affetto in precedenza da una situazione psichica compromessa, sulla quale, perciò, aveva prodotto un effetto di aggravamento e non di causa esclusiva).
Cass. civ. n. 13061/2007
La responsabilità della RA. per l'esercizio illegittimo della funzione pubblica non consegue al dato obiettivo dell'adozione di un provvedimento illegittimo, dovendo il giudice ordinario svolgere una più penetrante indagine estesa anche alla condotta e alla sua qualificabilità in termini di colpa non già del funzionario agente (da riferire ai parametri della negligenza o imperizia), quanto della P.A. intesa come apparato, configurabile là dove l'adozione e l'esecuzione dell'atto illegittimo, lesivo dell'interesse del danneggiato, risulti avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione. Ne consegue che non può, in linea di principio, escludersi la rilevanza dell'errore scusabile commesso dalla P.A., da valutarsi con riferimento al caso concreto in base ad accertamento da effettuarsi ex ante dal giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione. (Nell'affermare il suindicato principio, la S.C. ha confermato la sentenza della corte di merito che aveva escluso la configurabilità di una condotta negligente di una AUSL, la quale, facendo riferimento ai dati ufficialmente comunicati dalle Amministrazioni comunali all'uopo specificamente preposte, in assenza di elementi idonei a far insorgere dubbi circa l'attendibilità dei medesimi o deponenti per la necessità di particolari verifiche e controlli al riguardo aveva adottato una delibera di determinazione di zona carente per un posto di medicina generale convenzionata nell'ambito territoriale di alcuni Comuni dell'Abruzzo, successivamente annullata dal Consiglio di Stato per vizio di eccesso di potere, essendo il dato concernente la popolazione di uno dei medesimi Comuni risultato erroneo).
Cass. civ. n. 11879/2007
In tema di esimente di cui all'articolo 53 c.p., con riferimento all'azione di risarcimento danni per le lesioni personali causate dall'uso delle armi da parte del pubblico ufficiale, poiché il fondamento e la giustificazione di tale disposizione sono da individuarsi nella necessità di consentire al medesimo di utilizzarle al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, è da ritenersi legittimo l'uso delle armi solo in presenza della necessità di respingere una violenza o superare una resistenza attiva, le quali richiedono l'impiego della forza fisica o morale e non sono, perciò, configurabili nel caso di fuga, che realizza soltanto una resistenza passiva, se non effettuata con modalità che mettano a repentaglio l'incolumità del terzo. (Nella specie, la S. C. ha confermato la sentenza della corte di merito che aveva accolto la domanda per avere ritenuto che il colpo lesivo era stato sparato dalla pistola del convenuto carabiniere ad una distanza di oltre due metri, ciò escludendo la possibilità di supporre che lo sparo fosse stato accidentale, durante la colluttazione, deponendo invece a favore della versione fornita dall'attore, secondo cui il colpo era stato sparato mentre egli stava per allontanarsi dal suo antagonista volgendo allo stesso le spalle).
Cass. civ. n. 10830/2007
Se la parte che agisce in via risarcitoria deduce a sostegno della propria domanda fatti che possono indifferentemente comportare responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, il suo esclusivo riferimento alle norme sulla responsabilità extracontrattuale non impedisce al giudice di qualificare diversamente la domanda a condizione che i fatti coincidano con quelli dedotti dalla parte e non vengano in rilievo elementi di differenziazione della disciplina delle due forme di responsabilità sui quali non si sia formato il contraddittorio. (Fattispecie in cui i genitori di una alunna minore, infortunatasi nel corso dell'orario scolastico, hanno convenuto in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito dalla figlia il Ministero della Pubblica Istruzione e l'insegnante cui l'alunna era affidata, deducendo responsabilità ex articolo 2048 c.c.; il giudice del merito ha accolto la domanda proposta nei confronti del Ministero e l'ha qualificata come domanda di accertamento della responsabilità contrattuale della pubblica amministrazione).
Cass. civ. n. 8520/2007
Il risarcimento del danno da fatto illecito costituisce debito di valore e, in caso di ritardato pagamento di esso, gli interessi non costituiscono un autonomo diritto del creditore, ma svolgono una funzione compensativa tendente a reintegrare il patrimonio del danneggiato, qual era all'epoca del prodursi del danno, e la loro attribuzione costituisce una mera modalità o tecnica liquidatoria. Ne consegue che, impugnato il capo della sentenza contenente la liquidazione del danno, non può invocarsi il giudicato in ordine alla misura legale degli interessi precedentemente attribuiti e il giudice dell'impugnazione (o del rinvio), anche in difetto di uno specifico rilievo sulla modalità di liquidazione degli interessi prescelta dal giudice precedente, può procedere alla riliquidazione della somma dovuta a titolo risarcitorio e dell'ulteriore danno da ritardato pagamento, utilizzando la tecnica che ritiene più appropriata al fine di reintegrare il patrimonio del creditore (riconoscendo gli interessi nella misura legale o in misura inferiore, oppure non riconoscendoli affatto, potendo utilizzare parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione monetaria o dalla redditività media del denaro nel periodo considerato), restando irrilevante che vi sia stata impugnazione o meno in relazione agli interessi già conseguiti e alla misura degli stessi.
Cass. civ. n. 6227/2007
L'illegittimità dell'atto adottato dall'amministrazione per un'errata interpretazione di una norma ambigua adottata dall'amministrazione medesima, non può far presumere la colpa dell'agente e, per esso, della P.A. che lo abbia incaricato, non potendosi equiparare l'applicazione da parte della RA. del testo di legge adottato dall'amministrazione medesima, al soggetto fisico che attua una propria disposizione precedentemente messa per iscritto, l'interpretazione di una legge non consistendo nel ricostruire una determinata volontà soggettiva, ma nel ricostruire senso e portata, di un impersonale testo normativo (principio applicato in fattispecie in cui il Commissario della Regione Campania, nell'effettuare la ricognizione del personale alle dipendenze del disciolto patronato scolastico, che doveva essere trasferito al Comune, aveva omesso di inserire negli elenchi due dipendenti le quali, all'esito del giudizio amministrativo, aveva proposto aziona risarcitoria nei confronti del Comune e della Regione).
Cass. civ. n. 4791/2007
A norma dell'art. 2043 c.c., ai prossimi congiunti di un soggetto in giovane età, deceduto in conseguenza del fatto illecito addebitabile ad un terzo (come nel caso di morte conseguente a sinistro stradale fondato su responsabilità altrui), compete anche il risarcimento del danno patrimoniale futuro qualora questo, sulla scorta di oggettivi e ragionevoli criteri rapportati alle circostanze del caso concreto, si prospetti come effettivamente probabile sulla scorta di parametri di regolarità causale, ipotesi che ricorre nel caso in cui il giovane deceduto, anche alla luce del tipo di studi intrapreso, avrebbe presumibilmente trovato un utile impiego, la cui retribuzione, al di là della sua ipotetica entità, sarebbe senz'altro stata devoluta, almeno in parte, ai bisogni familiari, e, perciò, dei prossimi congiunti istanti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che non si era conformata al principio enunciato ed ai criteri presuntivi individuati, avendo negato il riconoscimento del suddetto danno patrimoniale futuro in favore della madre di un giovane, figlio unico convivente, deceduto in conseguenza di un incidente stradale, sul presupposto che non svolgeva, al momento della scomparsa, alcuna attività lavorativa, né aveva acquisito alcuna qualifica professionale, frequentando soltanto un corso di elettronica ed esercitando una mera attività amatoriale, sicché non era presumibile che egli avrebbe trovato in breve tempo lavoro, né che la sua retribuzione avrebbe permesso di versare un contributo alla madre, vedova e pensionata).
Cass. civ. n. 3764/2007
In tema di risarcimento del danno da illecito civile è onere della parte identificare gli elementi costitutivi dell'illecito e, in particolare, l'evento, che è elemento oggettivo fondamentale, per la cui configurazione l'istante ha l'onere di dimostrare quale interesse sia stato leso. Pertanto, con riguardo a reato di corruzione, per configurare, a carico dell'autore, anche la responsabilità risarcitoria per il danno non patrimoniale arrecato al datore di lavoro, è onere della parte provare quale interesse sia stato leso dal comportamento del dipendente, senza che tale lesione si possa ritenere provata per il solo fatto che il dipendente sia stato condannato in sede penale quale autore del reato.