Art. 2057 – Codice civile – Danni permanenti
Quando il danno alle persone ha carattere permanente la liquidazione può essere fatta dal giudice, tenuto conto delle condizioni delle parti e della natura del danno, sotto forma di una rendita vitalizia. In tal caso il giudice dispone le opportune cautele.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 31574/2022
In tema di danno grave alla persona, la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c. ha natura aleatoria e di durata e, dunque, in applicazione delle "cautele" prescritte dalla norma, il giudice deve prevedere "ex ante" i meccanismi di adeguamento della rendita al potere di acquisto della moneta, perché, in assenza di tali meccanismi, il risarcimento non sarebbe integrale; possono essere considerate "opportune cautele" la rivalutazione annuale della rendita secondo l'indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi membri dell'Unione europea (IPCA) oppure in base all'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati elaborato dall'Istat (FOI) o, in alternativa, l'imposizione di altri strumenti di salvaguardia del beneficiario, come l'acquisto di titoli del debito pubblico in favore dell'avente diritto ovvero la stipulazione, in suo favore, di una polizza sulla vita a premio unico ex art. 1882 c.c..
Cass. civ. n. 4791/2007
A norma dell'art. 2043 c.c., ai prossimi congiunti di un soggetto in giovane età, deceduto in conseguenza del fatto illecito addebitabile ad un terzo (come nel caso di morte conseguente a sinistro stradale fondato su responsabilità altrui), compete anche il risarcimento del danno patrimoniale futuro qualora questo, sulla scorta di oggettivi e ragionevoli criteri rapportati alle circostanze del caso concreto, si prospetti come effettivamente probabile sulla scorta di parametri di regolarità causale, ipotesi che ricorre nel caso in cui il giovane deceduto, anche alla luce del tipo di studi intrapreso, avrebbe presumibilmente trovato un utile impiego, la cui retribuzione, al di là della sua ipotetica entità, sarebbe senz'altro stata devoluta, almeno in parte, ai bisogni familiari, e, perciò, dei prossimi congiunti istanti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che non si era conformata al principio enunciato ed ai criteri presuntivi individuati, avendo negato il riconoscimento del suddetto danno patrimoniale futuro in favore della madre di un giovane, figlio unico convivente, deceduto in conseguenza di un incidente stradale, sul presupposto che non svolgeva, al momento della scomparsa, alcuna attività lavorativa, né aveva acquisito alcuna qualifica professionale, frequentando soltanto un corso di elettronica ed esercitando una mera attività amatoriale, sicché non era presumibile che egli avrebbe trovato in breve tempo lavoro, né che la sua retribuzione avrebbe permesso di versare un contributo alla madre, vedova e pensionata).
Cass. civ. n. 20324/2005
Chi svolge attività domestica (attività tradizionalmente esercitata dalla "casalinga"), benchè non percepisca reddito monetizzato, svolge tuttavia un'attività suscettibile di valutazione economica; sicchè quello subito in conseguenza della riduzione della propria capacità lavorativa, se provato, va legittimamente inquadrato nella categoria del danno patrimoniale (come tale risarcibile, autonomamente rispetto al danno biologico, nelle componenti del danno emergente ed, eventualmente, anche del lucro cessante). Il fondamento di tale diritto - che compete a chi svolge lavori domestici sia nell'ambito di un nucleo familiare (legittimo o basato su una stabile convivenza), sia soltanto in favore di se stesso - è difatti pur sempre di natura costituzionale, ma, a differenza del danno biologico, che si fonda sul principio della tutela del diritto alla salute (art. 32 Cost.), riposa sui principi di cui agli articoli 4, 36 e 37 della Costituzione (che tutelano, rispettivamente, la scelta di qualsiasi forma di lavoro ed i diritti del lavoratore e della donna lavoratrice).
Cass. civ. n. 920/1980
Il danno patrimoniale da risarcire, quale conseguenza di lesioni personali che hanno ridotto la capacità di lavoro e quindi di guadagno del danneggiato, s'identifica nel lucro cessante e va determinato accertando le ripercussioni che il grado di inabilità abbia in concreto avuto sulla possibilità di guadagno, in rapporto, secondo i casi, all'attività svolta o a quella da svolgere. Pertanto, qualora all'epoca dell'evento dannoso il danneggiato presti servizio militare, la liquidazione del danno deve effettuarsi con riferimento all'attività cominciata a svolgere subito dopo la cessazione di tale servizio o, in mancanza, con riferimento al tipo di attività presumibilmente esercitabile in futuro.
Cass. civ. n. 4858/1979
Al fine della determinazione del danno sofferto da un lavoratore dipendente, il salario o lo stipendio da assumere a base della determinazione del risarcimento del danno non è quello che il danneggiato percepiva al momento del sinistro ma quello riscosso al tempo della liquidazione, comprensivo, inoltre, non solo dello stipendio o del salario mensile, ma anche degli altri compensi a carattere continuativo e non eventuale, come la tredicesima mensilità.