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Art. 2041 — Azione generale di arricchimento

Art. 2041 — Azione generale di arricchimento

Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale.

Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 16305/2018

L’azione generale di arricchimento, di cui all’art. 2041 c.c., presuppone che l’arricchimento di un soggetto e la diminuzione patrimoniale a carico di altro soggetto siano provocati da un unico fatto costitutivo e siano entrambi mancanti di causa giustificatrice, potendo il medesimo arricchimento consistere anche in un risparmio di spesa, purché si tratti sempre di risparmio ingiustificato, nel senso che la spesa risparmiata dall’arricchito debba essere da altri sostenuta senza ragione giuridica. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto inoperanti i presupposti dell’ingiustificato arricchimento in relazione al pagamento delle spese per la progettazione ed il collaudo delle opere di urbanizzazione primaria effettuate dal proprietario di un immobile ricompreso in area P.E.E.P ed in favore del proprietario di immobile adiacente al primo, atteso che, nella specie, l’arricchimento e l’impoverimento invece non trovavano giustificazione nei contratti conclusi con il comune e l’impoverito era contrattualmente tenuto al pagamento delle dette spese solo limitatamente alla quota inerente l’immobile di proprietà).

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Cass. civ. n. 15415/2018

In tema di spese comunali fuori bilancio, qualora il funzionario pubblico attivi un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dell’ente, si determina una frattura “ope legis” del rapporto di immedesimazione organica, sicché il rapporto obbligatorio, non perfezionatosi nei confronti della P.A., si costituisce tra il privato e l’amministratore. Quest’ultimo peraltro può agire nei confronti della P.A. ai sensi dell’art. 2041 c.c., avendo solo l’onere di provare il fatto oggettivo dell’arricchimento senza che sia necessario alcun riconoscimento dell’utilità della prestazione da parte dell’ente e salva la possibilità, per quest’ultimo, di dimostrare che l’arricchimento sia stato non voluto, non consapevole ovvero imposto.

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Cass. civ. n. 14732/2018

L’azione generale di arricchimento ha come presupposto la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro che sia avvenuta senza giusta causa, sicché non è dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa qualora l’arricchimento sia conseguenza di un contratto, di un impoverimento remunerato, di un atto di liberalità o dell’adempimento di un’obbligazione naturale. È, pertanto, possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente “more uxorio” nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto operante il principio dell’indebito arricchimento in relazione ai conferimenti di denaro e del proprio tempo libero, impegnato in ore di lavoro per la costruzione della casa che doveva essere la dimora comune, effettuati da uno dei due partner in vista della instaurazione della futura convivenza, atteso che la volontarietà del conferimento non era indirizzata a vantaggio esclusivo dell’altro partner – che se ne è giovato dopo scioglimento del rapporto sentimentale in ragione della proprietà del terreno e del principio dell’accessione – e pertanto non costituiva né una donazione né un’attribuzione spontanea).

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Cass. civ. n. 29114/2017

L’arricchimento senza causa, alle condizioni previste dagli artt. 2041 e 2042 cod. civ., può essere fatto valere sia in via d’azione che di eccezione riconvenzionale, proposta al solo scopo di paralizzare la domanda dell’attore. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia di merito che, nell’accogliere la domanda di ammissione al passivo di un comune per un credito restitutorio, aveva escluso il diritto del curatore del fallimento di dedurre in via d’eccezione l’ingiustificato arricchimento dell’ente).

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Cass. civ. n. 12608/2017

L’incarico di prestazione professionale che sia stato svolto, in favore di un ente locale, in mancanza di una formale delibera di assunzione di impegno contabile ex art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000 comporta l’instaurazione del rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, non risultando esperibile nei confronti dell’ente l’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., per difetto del requisito della sussidiarietà, salvo che esso non riconosca “a posteriori” il debito fuori bilancio, ai sensi dell’art. 194 del d.lgs. predetto.

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Cass. civ. n. 80/2017

Il funzionario pubblico che abbia attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso (ossia al di fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme cd. di evidenza pubblica), risponde – ai sensi dell’art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla l. n. 144 del 1989 – degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno dell’ente, essendo preclusa anche l’azione di ingiustificato arricchimento per carenza del necessario requisito della sussidiarietà, che è esclusa quando esista altra azione esperibile non solo contro l’arricchito, ma anche verso persona diversa. Né può ipotizzarsi una responsabilità dell’ente ex art. 28 Cost., in quanto tale norma presuppone che l’attività del funzionario sia riferibile all’ente medesimo, mentre la violazione delle regole contabili determina una frattura del rapporto di immedesimazione organica con la pubblica amministrazione

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Cass. civ. n. 7331/2016

In tema di azione generale di arricchimento, che presuppone la locupletazione, senza giusta causa, di un soggetto a danno di un altro, non è invocabile la mancanza ovvero l’ingiustizia della causa, allorché l’arricchimento (nella specie, l’assegnazione di un alloggio realizzato da una cooperativa edilizia) dipenda da un atto di disposizione volontaria (nella specie, la cessione, in favore dell’assegnatario, delle quote della società cooperativa), finché questo conservi la propria efficacia obbligatoria.

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Cass. civ. n. 5397/2014

In tema di azione per indebito arricchimento nei confronti della P.A., il riconoscimento dell’utilità dell’opera e la configurabilità stessa di un arricchimento restano affidati a una valutazione discrezionale della sola P.A. beneficiaria, unica legittimata – mediante i suoi organi amministrativi o tramite quelli cui è istituzionalmente devoluta la formazione della sua volontà – ad esprimere il relativo giudizio, che presuppone il ponderato apprezzamento circa la rispondenza, diretta o indiretta, dell’opera al pubblico interesse, senza che possa operare in via sostitutiva la valutazione di amministrazioni terze, pur se interessate alla prestazione, né di un qualsiasi altro soggetto dell’amministrazione beneficiaria. Tale riconoscimento può essere esplicito o implicito, occorrendo, in quest’ultimo caso, che l’utilizzazione dell’opera sia consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell’ente, in quanto la differenza tra le due forme di riconoscimento sta solo nel fatto che la prima è contenuta in una dichiarazione espressa, mentre la seconda si ricava da un comportamento di fatto, tale da far concludere che il suo autore abbia inteso conseguire uno specifico risultato. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l’ammissibilità dell’azione di arricchimento nei confronti di una USL sul presupposto dell’insussistenza del riconoscimento, sia pure implicito, dell'”utilitas” da parte degli organi dell’ente pubblico effettivamente deputati a disporre la spesa sanitaria).

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Cass. civ. n. 1889/2013

L’indennizzo ex art. 2041 c.c., in quanto credito di valore, va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell’interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell’indennizzo medesimo. La somma così liquidata produce interessi compensativi, i quali sono diretti a coprire l’ulteriore pregiudizio subito dal creditore per il mancato e diverso godimento dei beni e dei servizi impiegati nell’opera, o per le erogazioni o gli esborsi che ha dovuto effettuare, e decorrono dalla data della perdita del godimento del bene o degli effettuati esborsi, coincidente con quella dell’arricchimento.

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Cass. civ. n. 9441/2011

L’azione di arricchimento ex art. 2041 c.c. può essere esercitata anche nei confronti della P.A. che abbia tratto profitto dall’attività lavorativa di un privato non formalmente legato da un rapporto di lavoro subordinato o autonomo, ma che tuttavia abbia colmato, con la sua opera, una lacuna organizzativa, fermo restando, da un lato, che l’indennizzo che da tale azione può derivare deve corrispondere all’effettivo arricchimento, provato o almeno probabile, e, dall’altro, che tale azione,, stante il suo carattere sussidiario, deve ritenersi esclusa in ogni caso in cui il danneggiato, secondo una valutazione da compiersi in astratto, possa esercitare un’altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito; tale azione è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, né rileva, per escludere l’anzidetta qualificazione, il fatto che il privato, allo scopo di quantificare la portata dell’arricchimento, abbia fatto riferimento ad importi in qualche modo correlati alla retribuzione spettante ai dipendenti pubblici.

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Cass. civ. n. 8537/2011

Con riguardo all’azione di indebito arricchimento nei confronti di una P.A., in relazione al vantaggio che essa abbia ricevuto da un’opera realizzata in suo favore, il riconoscimento da parte della stessa P.A., anche in modo implicito, dell’utilità dell’opera realizzata in suo favore ne costituisce il presupposto e, quindi, segna il “dies a quo” del termine decennale di prescrizione.

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Cass. civ. n. 12880/2010

In tema di contratti degli enti pubblici territoriali, l’art. 23, comma 3, del d.l. 28 aprile 1989, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, subordinando la validità del contratto all’esistenza di una deliberazione autorizzativa assunta nelle forme previste dalla legge e del relativo impegno contabile registrato dal ragioniere o dal segretario, ha sostanzialmente riprodotto il contenuto della normativa precedente, di cui al combinato disposto degli artt. 284 e 288 del r.d. 3 marzo 1934, n. 383, mentre il successivo comma 4 ha innovato tale disciplina, prevedendo la responsabilità dell’amministratore dell’ente territoriale nell’ipotesi di acquisizione di opere, beni o servizi in violazione del predetto divieto; pertanto, mentre prima dell’entrata in vigore del menzionato comma 4, il soggetto che aveva effettuato la prestazione poteva esperire nei confronti della P.A., che ne avesse riconosciuto l”‘utilitas”, l’azione di indebito arricchimento ex art. 2041 c.c., nella vigenza del citato comma 4 tale azione non è più proponibile, in quanto, avendo carattere sussidiario, essa resta esclusa dalla proponibilità dell’azione nei confronti dell’amministratore o del funzionario che ha consentito l’acquisizione della prestazione. Ne consegue che, nel caso in cui il contratto invalido sia stato stipulato sotto la vigenza del cd. n. 383 del 1934, ma la prestazione sia stata eseguita dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 66 del 1989, deve escludersi la esperibilità dell’azione ex art. 2041 nei confronti dell’ente territoriale, in quanto, avendo avuto luogo l’acquisizione della prestazione sotto la vigenza della nuova disciplina, il contraente dispone dell’azione diretta nei confronti degli amministratori.

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Cass. civ. n. 9447/2010

Il funzionario o l’amministratore pubblici che abbiano attivato un impegno di spesa per l’ente locale senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione degli enti medesimi, rispondono – in base alla disciplina recata dai commi 3 e 4 dell’art. 23 del d.l. 3 marzo 1989, n. 66 (convertito, con modificazioni, nella legge 29 aprile 1989, n. 144) – degli effetti di detta attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è pertanto legittimato ad agire direttamente e personalmente nei loro confronti. Ne consegue che, ove, a loro volta, il funzionario o l’ammini stratori anzidetti abbiano proposto contro l’ente locale l’azione di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.), per l’accoglimento di tale domanda è necessario che la P.A. abbia espresso, tramite i suoi organi rappresentativi e deputati alla deliberazione della spesa, un giudizio positivo circa il vantaggio o l’utilità della prestazione ricevuta, non potendo detto giudizio provenire, però, dallo stesso funzionario o amministratore che si è reso inosservante della procedura prescritta, avendo costui, in ragione della sua consapevole condotta illegittima, interrotto il rapporto di immedesimazione organica con l’ente.

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Cass. civ. n. 3322/2010

L’azione generale di arricchimento senza causa nei confronti della P.A. presuppone, oltre al fatto materiale dell’esecuzione di una prestazione economicamente vantaggiosa per l’ente pubblico, anche il riconoscimento dell’utilità della stessa da parte dell’ente, il quale può avvenire anche in modo implicito, cioè mediante l’utilizzazione dell’opera o della prestazione secondo una destinazione oggettivamente rilevabile ed equivalente nel risultato ad un esplicito riconoscimento di utilità, posta in essere senza il rispetto delle prescritte formalità da parte di detto organo, ovvero in comportamenti di quest’ultimo dai quali si desuma inequivocabilmente un giudizio positivo circa il vantaggio dell’opera o della prestazione ricevuta dall’ente rappresentato. (Fattispecie relativa alla realizzazione di opere di urbanizzazione in eccedenza rispetto ad un piano di lottizzazione, in cui la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva rigettato la domanda d’indennizzo per l’assenza del riconoscimento della pubblica utilità, ritenendo che a tal fine la P.A. avrebbe dovuto certificare la rispondenza diretta o indiretta di dette opere ai programmi o ai servizi pubblici, anche in termini di vantaggio economico, essendo, invece, emerso che esse erano state effettuate nello speci¬fico ed esclusivo interesse dell’attore).

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Cass. civ. n. 1707/2010

Esperita un’azione contrattuale e passata in giudicato la sentenza di rigetto sulla stessa pronunciata, la prescrizione dell’azione di ingiustificato arricchimento successivamente esercitata non può farsi correttamente decorrere dal momento in cui la pronuncia giudiziale sull’azione contrattuale è divenuta irrevocabile, atteso che la richiesta di adempimento contrattuale e quella di indennizzo per l’ingiustificato arricchimento si pongono in una relazione di reciproca non fungibilità e non costituiscono articolazioni di una matrice fattuale sostanzialmente unitaria, ma derivano da diritti cosiddetti “eterodeterminati”, per la identificazione dei quali, cioè, occorre far riferimento ai relativi fatti costitutivi, tra loro sensibilmente divergenti sul piano genetico e funzionale.

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Cass. civ. n. 8020/2009

L’azione generale di arricchimento, presupponendo che la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro sia avvenuta senza giusta causa, ha carattere sussidiario e, pertanto, è inammissibile nel caso in cui sia stata proposta domanda ordinaria, fondata su titolo contrattuale, senza offrire prove sufficienti all’accoglimento, oppure quando la domanda ordinaria, dopo essere stata proposta, non sia stata più coltivata dall’interessato. (Nella specie, il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda fondata sul titolo contrattuale, accogliendo quella ex art. 2041 c.c., proposta in via alternativa; avendo il convenuto proposto appello, e non avendo l’attore riproposto la prima domanda ai sensi dell’art. 346 c.p.c., la S.C., in applicazione dell’anzidetto principio, ha confermato la sentenza di appello, che aveva rigettato anche la seconda domanda).

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Cass. civ. n. 25156/2008

L’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. differisce da quella ordinaria, in quanto presuppone non solo il fatto materiale dell’esecuzione di un’opera o di una prestazione vantaggiosa per l’Amministrazione stessa, ma anche il riconoscimento, da parte di questa, dell’utilità dell’opera o della prestazione. Tale riconoscimento, che sostituisce il requisito dell’arricchimento previsto dall’art. 2041 c.c. nei rapporti tra privati, può avvenire in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure può risultare in modo implicito da atti o comportamenti della P.A.; dai quali si desuma inequivocabilmente un effettuato giudizio positivo circa il vantaggio o l’utilità della prestazione promanante da organi rappresentativi dell’amministrazione interessata, mentre non può essere desunta dalla mera acquisizione e successiva utilizzazione della prestazione stessa; siffatto giudizio positivo, in ragione dei limiti posti dall’art. 4 della legge n. 2248 all. E del 1865, è riservato esclusivamente alla P.A. e non può essere effettuato dal giudice ordinario, che può solo accertare se e in quale misura l’opera o la prestazione del terzo siano state effettivamente utilizzate.

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Cass. civ. n. 24772/2008

L’azione di ingiustificato arricchimento di cui all’art. 2041 cod. civ può essere proposta solo quando ricorrano due presupposti: (a) la mancanza di qualsiasi altro rimedio giudiziale in favore dell’impoverito; (b) la unicità del fatto causativo dell’impoverimento sussistente quando la prestazione resa dall’impoverito sia andata a vantaggio dell’arricchito, con conseguente esclusione dei casi di cosiddetto arricchimento indiretto, nei quali l’arricchimento è realizzato da persona diversa rispetto a quella cui era destinata la prestazione dell’impoverito. Tuttavia, avendo l’azione di ingiustificato arricchimento uno scopo di equità, il suo esercizio deve ammettersi anche nel caso di arricchimento indiretto nei soli casi in cui lo stesso sia stato realizzato dalla P.A., in conseguenza della prestazione resa dall’impoverito ad un ente pubblico, ovvero sia stato conseguito dal terzo a titolo gratuito.

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Cass. civ. n. 23385/2008

In tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A., conseguente all’assenza di un valido contratto di appalto di opere (nella specie perché annullato dal Giudice Amministrativo), tra la P.A. (nella specie un Comune) ed un privato (nella specie un consorzio di cooperative), l’indennità prevista dall’art. 2041 cod. civ. va liquidata nei limiti della diminuzione patrimoniale subita dall’esecutore della prestazione resa in virtù del contratto invalido, con esclusione di quanto lo stesso avrebbe percepito a titolo di lucro cessante se il rapporto negoziale fosse stato valido ed efficace; pertanto, ai fini della determinazione dell’indennizzo dovuto, non può farsi ricorso alla revisione prezzi, tendente ad assicurare al richiedente quanto si riprometteva di ricavare dall’esecuzione del contratto, la quale, non può costituire neppure un mero parametro di riferimento, trattandosi di meccanismo sottoposto dalla legge a precisi limiti e condizioni, pur sempre a fronte di un valido contratto di appalto (Principio enunciato dalle Sezioni Unite, in fattispecie antecedente alla legge 24 aprile 1989, n. 144, risolvendo un contrasto in riferimento ai criteri di calcolo dell’indennizzo ex art. 2041 cod. civ.).

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Cass. civ. n. 10966/2008

La domanda giudiziale volta ad ottenere l’adempimento di un’obbligazione derivante da un contratto non vale ad interrompere la prescrizione dell’azione, successivamente esperita, di arricchimento senza causa, difettando il requisito della pertinenza dell’atto interruttivo all’azione proposta (identificata in base al petitum ed alla causa petendi), in quanto la richiesta di adempimento contrattuale e quella di indennizzo per l’ingiustificato arricchimento si pongono in una relazione di reciproca non fungibilità e non costituiscono articolazioni di una matrice fattuale sostanzialmente unitaria, ma derivano da diritti cosiddetti «eterodeterminati» per la identificazione dei quali, cioè, occorre far riferimento ai relativi fatti costitutivi, tra loro sensibilmente divergenti sul piano genetico e funzionale.

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Cass. civ. n. 25439/2007

In tema di azione di arricchimento senza causa, proposta nei confronti di un ente pubblico territoriale, l’esistenza di una delibera di spesa giustificativa del contratto di fornitura di servizi (rilevabile d’ufficio dal giudice) determina, nel caso in cui la stipulazione sia avvenuta in violazione dell’art. 23 D.L. n. 66 del 1989 convertito nella legge n. 144 del 1989, applicabile ratione temporis il sorgere di un vincolo negoziale diretto con l’amministratore o funzionario che l’ha consentito e l’inammissibilità dell’azione proposta per difetto del requisito della sussidiarietà.

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Cass. civ. n. 21292/2007

In caso di arricchimento senza causa, l’indennizzo, avendo la funzione di reintegrare il patrimonio del destinatario, di un valore perduto, è suscettibile di rivalutazione, ancorché il soggetto tenuto al suo pagamento sia un ente pubblico, in quanto integra un debito di valore, e non di valuta, e ciò anche quando sia correlativo ad attività che abbiano comportato un risparmio di spesa per l’obbligato.

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Cass. civ. n. 19572/2007

In tema di azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. (per prestazioni eseguite prima dell’entrata in vigore del decreto legge n. 66 del 1989) il riconoscimento dell’utilità dell’opera o della prestazione, presupposto per l’esercizio dell’azione verso la P.A., può essere fatto da quest’ultima formalmente od in modo implicito, cioè utilizzando l’opera o la prestazione del privato; in questo secondo caso il giudizio di utilità può essere compiuto anche dal giudice che ha il potere di accertare se e in che misura l’opera o la prestazione siano state effettivamente utilizzate dalla P.A. ai fini del riconoscimento del diritto all’indennizzo dell’impoverimento subito.

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Cass. civ. n. 15296/2007

In tema di spese degli enti locali effettuate senza il rispetto delle condizioni di cui all’art. 23, commi 3 e 4, D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, applicabile ratione temporis e riprodotto, senza sostanziali modifiche, prima dall’art. 35 D.L.vo n. 77 .del 1995 e poi dall’art. 191 D.L.vo n. 267 del 2000, l’insorgenza del rapporto obbligatorio, ai fini del corrispettivo, direttamente con l’amministratore o il funzionario che abbia consentito la prestazione, determina l’impossibi¬lità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà. Qualora detta azione sia stata formalmente proposta, se è vero (sentenza della Corte costituzionale n. 295 del 1997), che il contraente privato è legittimato, utendo iuribus del funzionario (o amministratore) suo debitore, ad agire contro la P.A. in via surrogatoria ex art. 2900 c.c., non è però consentito al Giudice sostituire d’ufficio (e pronunciarsi su) questa azione, che è diversa da quella di arricchimento senza causa, in quanto ha petitum e causa petendi autonomi e specifici, altrimenti incorrendosi nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c.

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Cass. civ. n. 11461/2007

Sussistono i presupposti dell’azione per indebito arricchimento nel caso di prestazione professionale eseguita sulla base di un contratto invalidato a seguito dell’annullamento, da parte dell’ente di controllo, delle delibere consortili precedenti e condizionanti la validità della stipulazione del contratto. Una delle situazioni tipiche riconducibili alla funzione dell’azione per indebito arricchimento (eliminazione dello squilibrio determinatosi a seguito dei conseguimento di una utilità economica da parte di un soggetto con correlativa diminuzione patrimoniale di un altro soggetto) è, infatti, quella del contratto nullo nel caso in cui una delle parti abbia eseguito la sua prestazione. Né il carattere sussidiario dell’azione di indebito arricchimento ostacola la sua proponibilità nel caso in cui sia esperibile un’azione di responsabilità precontrattuale nei confronti di un terzo (nella specie, l’organo del consorzio che ne aveva espresso la volontà di utilizzare la prestazione professionale) di cui è esclusa la solvibilità.

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Cass. civ. n. 10884/2007

Non potendosi, in difetto di espressa previsione normativa, affermare la retroattività del D.L. n. 66 del 1989 (convertito in legge n. 144 del 1989 e riprodotto senza sostanziali modifiche dall’art. 35 D.L.vo n. 77 del 1995), deve ritenersi l’esperibilità dell’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. per tutte le prestazioni e i servizi resi alla stessa anteriormente all’entrata in vigore di tale normativa, non difettando il requisito della sussidiarietà per il fatto che il privato può agire direttamente contro chi – amministratore o funzionario – abbia invalidamente commissionato le opere o i servizi, atteso che la responsabilità diretta di funzionari e dipendenti pubblici è posta dall’art. 28 Cost. su di un piano alternativo e paritetico.

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Cass. civ. n. 6292/2007

Allorquando trovi applicazione l’art. 23 del D.L. n. 66 del 1989, che disciplina la procedura d’impegno di spesa per le amministrazioni locali, deve escludersi la proponibilità dell’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., salvo che questa, ai sensi dell’art. 5 del D.L.vo n. 342 del 1997, riconosca con esplicita deliberazione consiliare il debito sorto per effetto della condotta del proprio funzionario o amministratore; tale riconoscimento può rioguardare anche una parte soltanto della prestazione, nei limiti della utilità e dell’arricchimento che vengano accertati e dimostrati.

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Cass. civ. n. 11368/2006

Nell’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., ai fini dell’utilità della prestazione non è richiesto che il riconoscimento, quando non sia esplicito, provenga formalmente da organi qualificati della P.A., restando altrimenti privo di contenuto il potere del giudice di verificare l’utilità della prestazione, la quale deve essere vagliata sulla base della valutazione in fatto dell’arricchimento, da accertare con la regola paritaria di diritto comune, sia quando riguarda il privato che quando si riferisce alla pubblica amministrazione.

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Cass. civ. n. 7508/2006

Ai sensi dell’art. 23, terzo e Quarto comma D.L. 2 marzo 1989 n. 66 (conv. in legge 24 aprile 1989 n. 144), applicabile ratione temporis al quale si uniforma la legge reg. Sicilia n. 21 del 1985,-nelle ipotesi di fornitura di beni o servizi priva della deliberazione autorizzativa di spesa nelle forme previste, il rapporto obbligatorio si stabi¬lisce tra il privato fornitore e l’amministratore o funzionario che abbia consentito la fornitura, ai fini della controprestazione e per ogni altro effet¬to di legge, con la conseguente scissione del rapporto di immedesimazione organica tra l’agente e l’ente locale che resta estraneo agli impegni di spesa assunti, mentre il funzionario e/o l’amministratore può esperire nei confronti della P.A. l’azione sussidiaria di arricchimento senza causa ai sensi dell’art. 2041 c.c.

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Cass. civ. n. 21079/2005

L’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. differisce da quella ordinaria, in quanto presuppone non solo il fatto materiale
dell’esecuzione di un’opera o di una prestazione vantaggiosa per Pente pubblico, ma anche il riconoscimento, da parte di questo, dell’utilità dell’opera o della prestazione. Tale riconoscimento pub avvenire in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure in modo implicito, cioè mediante l’utilizzazione dell’opera o della prestazione consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi dell’ente; l’adozione, in particolare, da parte del competente organo dell’Amministrazione, di un progetto di rilevanza pubblica elaborato da un professionista per conto della stessa amministrazione ed il relativo invio di tale progetto, da parte dell’Ente, all’Autorità di controllo per l’approvazione, configura un implicito riconoscimento dell’utilità dell’attività svolta dal professionista medesimo, senza che rilevi, una volta intervenuto l’atto, che questo manchi delle prescritte formalità o delle approvazioni e dei controlli necessari per farne un atto amministrativo valido ed efficace (come nel caso di specie, in cui l’organo di controllo regionale negava la propria approvazione al piano regolatore comunale redatto dai professionisti che, in mancanza di un valido contratto, agivano nei confronti dell’amministrazione chiedendo l’indennizzo per indebito arricchimento, a causa della mancata trasmissione, da parte dello stesso Comune, degli elaborati grafici ed amministrativi relativi ai piani in oggetto), poichè tali requisiti possono condizionare l’efficacia dell’atto amministrativo sul piano negoziale, ma non inficiano l’efficacia della dichiarazione di scienza dell’atto di accertamento.

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Cass. civ. n. 6570/2005

L’azione di arricchimento senza causa è ammissibile soltanto limitatamente a quanto un soggetto abbia fatto proprio e non oltre l’effettiva entità della diminuzione patrimoniale correlativamente subita dall’altro soggetto. Pertanto, nel caso dell’elaborazione, a favore di un ente pubblico, che poi ne abbia riconosciuto l’utilità, di un progetto di opera pubblica non preceduta da un valido incarico professionale conferito contrattualmente, l’indennizzo dovuto ex art. 2041 c.c. al professionista va liquidato, nei limiti dell’arricchimento dell’ente, con riguardo alla entità dell’effettiva perdita patrimoniale subita dal professionista, da accertarsi tenendo conto delle spese anticipate per l’esecuzione dell’opera e del mancato guadagno, da determinarsi eventualmente anche ex art. 1226 c.c., che lo stesso avrebbe ricavato dal normale svolgimento della sua attività professionale nel periodo di tempo dedicato invece all’esecuzione dell’opera utilizzata dall’ente pubblico, senza la possibilità di far ricorso a parametri contrattuali, stante la carenza di un valido vincolo contrattuale, o di commisurare, sic et simpliciter la perdita patrimoniale alla utilitas derivatane all’ente sotto il profilo della spesa risparmiata.

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Cass. civ. n. 6201/2004

L’azione di arricchimento
ex art. 2041 c.c. ben può essere esperita indipendentemente dalla circostanza che i fini, al cui perseguimento la prestazione era diretta, siano stati realizzati da soggetto diverso da quello cui la medesima era destinata, giacchè il vantaggio goduto dall’arricchito non deve necessariamente risolversi in un diretto ed immediato incremento patrimoniale ma può consistere in qualsiasi forma di utilizzazione della prestazione consapevolmente attuata.

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Cass. civ. n. 3811/2004

L’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A. differisce da quella ordinaria, in quanto presuppone non solo il fatto materiale dell’esecuzione di un’opera o di una prestazione vantaggiosa per l’Amministrazione stessa, ma anche il riconoscimento, da parte di questa, della utilità dell’opera o della prestazione. Tale riconoscimento può avvenire in maniera esplicita, cioè con un atto formale, oppure risultare in modo implicito da qualsiasi forma di utilizzazione dell’attività o dell’opera ricevuta (nel caso, un progetto commissionato dall’amministrazione e realizzato da un professionista) consapevolmente attuata dagli organi rappresentativi della P.A., secondo valutazione discrezionale riservata esclusivamente a quest’ultima, il giudice ordinario potendo solo accertare se e in che misura l’opera o la prestazione siano state effettivamente utilizzate, con apprezzamento non sindacabile in sede di legit¬timità ove congruamente motivato (In applicazione del suindicato principio, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione del giudice di merito che ha, nel caso, negato significato di riconoscimento dell’utilità dell’opera svolta dal professionista alla mera deliberazione dell’organo collegiale dell’ente pubblico di conferimento di incarico professionale, in mancanza della successiva stipula di un contratto scritto, e ciò nonostante l’avvenuta corresponsione acconti, in considerazione della ravvisata equivocità di tale pagamento verosimilmente compiuto prima dell’inizio dell’attività).

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Cass. civ. n. 11835/2003

L’azione generale di arricchimento non può essere proposta quando il soggetto che si è arricchito è diverso da quello con il quale chi compie la prestazione ha un rapporto diretto, in quanto in questo caso l’eventuale arricchimento costituisce solo un effetto indiretto o riflesso della prestazione eseguita, essendo altresì carente anche il requisito della sussidiarietà (art. 2042, c.c.), che non sussiste qualora il danneggiato possa esperire un’azione tipica nei confronti dell’arricchito o di altri soggetti, che siano obbligati nei suoi confronti ex lege o in virtù di un contratto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l’esperibilità dell’azione di arricchimento nei confronti del proprietario del suolo da parte di un soggetto che aveva realizzato su di esso delle opere su incarico conferitogli da un terzo).

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Cass. civ. n. 11454/2003

In tema di azione di arricchimento senza causa proposta nei confronti della Pubblica Amministrazione, relativamente a lavori effettuati da un imprenditore in favore di un ente pubblico in difetto di un valido contratto, il vantaggio conseguito dalla P.A. non deve necessariamente avere per contenuto un diretto incremento patrimoniale, ma pub consistere in qualsiasi forma di utilizzazione della prestazione consapevolmente attuata dalla P.A., e quindi anche in un semplice risparmio di spesa, mentre per quanto concerne l’imprenditore la diminuzione patrimoniale da questo subita deve essere commisurata alle spese sostenute per realizzare le opere richieste.

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Cass. civ. n. 10409/2003

In tema di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., la sentenza di condanna al pagamento dell’indennizzo non ha natura costitutiva, in
quanto il diritto del depauperato sorge per effetto e dal momento dell’arricchimento altrui; con la conseguenza che per interrompere la prescrizione del diritto non è necessaria la proposizione della domanda giudiziale.

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Cass. civ. n. 7373/2003

La locupletazione ingiustificata che, ai sensi dell’art. 2041 c.c., dà luogo all’azione generale di arricchimento ai fini dell’indennizzo della diminuzione patrimoniale correlata alla locupletazione medesima non sussiste allorché lo squilibrio economico a favore di una parte e in pregiudizio dell’altra sia stato giustificato dal consenso della parte che assume di essere stata danneggiata.

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Cass. civ. n. 14215/2002

L’azione generale di arricchimento ha come presupposto che la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro sia avvenuta senza giusta causa, per cui, quando questa sia invece la conseguenza di un contratto o comunque di un altro rapporto, non può dirsi che la causa manchi o sia ingiusta, almeno fino a quando il contratto o l’altro rapporto conservino la propria efficacia obbligatoria. (Sulla base del principio di cui in massima, le S.U., investite di questione di giurisdizione, hanno escluso che potesse essere configurata come di indebito arricchimento la domanda proposta da un ente pubblico contro il proprio dipendente per conseguire la ripetizione di somme pagate per interessi su miglioramenti economici già giudizialmente riconosciuti, traendo tale vantaggio origine da un’obbligazione la cui fonte è il contratto o rapporto d’impiego).

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Cass. civ. n. 11656/2002

In tema di «arricchimento indiretto», l’azione ex art. 2041 c.c. è esperibile contro il terzo che abbia conseguito l’indebita locupletazione in danno dell’istante, quando l’arricchimento sia stato conseguito dal terzo in via meramente di fatto (e perciò gratuita) nei rapporti con il soggetto obbligato per legge o per contratto nei confronti del «depauperato», e resesi insolvente nei riguardi di quest’ultimo. La predetta azione è invece inammissibile ove la prestazione sia stata conseguita dal terzo in virtù di un atto a titolo oneroso.

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Cass. civ. n. 9348/2002

L’azione di indebito arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione differisce da quella ordinaria in quanto non è sufficiente il fatto materiale dell’esecuzione di un’opera o di una prestazione vantaggiosa per l’ente pubblico, che deve essere provato dall’attore; ma è necessario che l’ente abbia riconosciuto l’utilità dell’opera o della prestazione in maniera esplicita, con atto formale, ovvero in modo implicito; il riconoscimento implicito, a differenza di questo esplicito, che deve essere adottato dagli organi deliberativi dell’ente (nel caso del Comune, dal consiglio e dalla giunta comunale), può promanare anche dagli organi rappresentativi dell’ente pubblico (nel caso del Comune, dal sindaco nella sua qualità di legale rappresentante del Comune ex art. 36 legge 8 giugno 1990, n. 142); esso tuttavia presuppone pur sempre o atti formali degli organi deliberativi ovvero comportamenti, quali la consapevole utilizzazione della prestazione o dell’opera, posti in essere, senza il rispetto delle prescritte formalità, dagli organi rappresentativi, dai quali si possa desumere inequivocamente e con certezza un effettivo giudizio positivo circa il vantaggio o l’utilità dell’opera o della prestazione eseguita dal privato. Ai fimi del riconoscimento implicito sono invece ininfluenti la semplice conoscenza dell’esecuzione dell’opera o della prestazione, acquisita dalla pubblica amministrazione in un momento successivo, ovvero la consapevole tolleranza dell’altrui apporto vantaggioso, trattandosi di elementi non casualmente collegati ad un comportamento del sindaco idoneo a mettere a disposizione dell’ente la prestazione o l’opera e a manifestare con fatti concludenti e univoci il riconoscimento della loro utilità.

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Cass. civ. n. 1884/2002

Ai fini dell’utile versum dell’azione di arricchimento senza causa, proposta, ai sensi dell’art. 2041 c.c., nei confronti della pubblica amministrazione, non rileva l’utilità che l’ente confidava di realizzare, bensì quella che ha in effetti conseguito e che, quando la prestazione eseguita in favore della P.A. sia di carattere professionale, può consistere anche nell’avere evitato un esborso o una diversa diminuzione patrimoniale cui, invece, sarebbe stato necessario far fronte ove fosse mancata la possibilità di disporre del risultato della prestazione medesima. Pertanto, qualora il progetto di un’opera pubblica, fornito da un professionista a un ente pubblico senza un valido conferimento di incarico, sia stato utilizzato per chiedere il finanziamento dell’opera progettata, l’ente medesimo è tenuto a indennizzare l’autore dell’elaborato nei limiti del vantaggio conseguito attraverso l’utilizzazione concretamente fatta dello stesso, e resta poi irrilevante il fatto che il finanziamento non sia stato accordato e l’opera pubblica da sovvenzionare non sia stata realizzata.

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Cass. civ. n. 8752/2001

Ai sensi dell’art. 2041 c.c., l’indennità per indebito arricchimento deve essere liquidata nella minor somma tra l’arricchimento ricevuto da chi si sia avvantaggiato della prestazione senza causa, e la diminuzione patrimoniale subita da chi ne sia stato impoverito; qualora l’indennizzo debba essere attribuito in relazione ad una prestazione priva di un prezzo di mercato, come l’insegnamento, la valutazione della diminuzione patrimoniale può essere commisurata al compenso previsto in analogo contratto di diritto privato di insegnamento a tempo determinato, il quale viene assunto come parametro di quantificazione e non quale effetto di un obbligo contrattuale.

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Cass. civ. n. 15096/2000

Ai fini della esperibilità dell’azione di indebito arricchimento nei confronti di un ente pubblico locale, se per la somma urgenza dei lavori occorrenti al medesimo non è stato possibile autorizzarli prima della loro esecuzione, e la delibera autorizzativa adottata successivamente è stata annullata dall’organo di controllo, è comunque necessario, a pena di decadenza, ai sensi dell’art. 23, terzo comma, del D.L. 2 marzo 1989, n. 66, convertito in legge 24 aprile 1989, n. 144 – norma sostanzialmente trasfusa nell’art. 35 del D.L.vo 25 febbraio 1995, n. 77 – che detta delibera sia intervenuta entro trenta giorni dall’ordinazione ed in ogni caso entro la fine dell’esercizio finanziario, altrimenti, per effetto del Quarto comma del predetto articolo, il rapporto obbligatorio intercorre tra fornitore e amministratore o funzionario che ha consentito la fornitura. Invece, per l’esperibilità sia dell’azione ai sensi dell’art. 2041 c.c., sia di quella contrattuale nei confronti dell’ente, non rileva che entro il termine stabilito dalla suddetta norma l’organo di controllo approvi tale regolarizzazione, perché non è logico far dipendere la mancata costituzione del rapporto contrattuale con la P.A. da un soggetto diverso da quello che ha ricevuto la prestazione e perché la brevità del termine è incompatibile con un’interpretazione della norma in tal senso, tanto più che essendo la medesima derogatoria al principio della immedesimazione organica tra amministratore o funzionario pubblico e P.A., non può essere applicata ad ipotesi non espressamente e specificamente contemplate.

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Cass. civ. n. 13296/2000

Se un contratto di fornitura tra un privato e un comune viola le disposizioni contenute nell’art. 23, terzo comma, della legge 24 aprile 1989, n. 144, secondo l’interpretazione avallata dalla Corte costituzionale con le sentenze 24 ottobre 1995, n. 446 e 30 luglio 1997, n. 295, il rapporto negoziale intercorre direttamente con l’amministratore o il funzionario che ha consentito l’instaurazione di tale rapporto: pertanto, il privato non può esperire nei confronti del comune neppure l’azione di indebito arricchimento (
ex art. 2041 c.c.) per difetto del necessario requisito della sussidiarietà (art. 2042 c.c.) che è escluso nel caso in cui esista altra azione esperibile nei confronti della parte contrattualmente inadempiente. Detto principio non è derogabile — come chiarito con le sopra citate decisioni della Corte costituzionale — nel caso di acquisizione da parte degli enti locali di beni e servizi per effetto di lavori di «somma urgenza» non regolarizzati successivamente nei termini prescritti.

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Cass. civ. n. 10199/2000

L’azione di responsabilità che, a norma dell’art. 23, D.L. n. 66 del 1989 (conv. in legge n. 144 del 1989 e riprodotto senza sostanziali modifiche dall’art. 35, D.L.vo n. 77 del 1995), è esperibile dai privati contro gli amministratori e i funzionari di province, comuni, e comunità montane per prestazioni e servizi resi senza il rispetto delle prescritte formalità, comporta che, limitatamente ai suddetti enti ed alle indicate situazioni, il privato, disponendo di un’azione diretta, non può esperire nei confronti della P.A. fazione sussidiaria di arricchimento senza causa; tuttavia, non potendosi, in difetto di espressa previsione normativa, affermare la retroattività del citato D.L. n. 66, deve ritenersi l’esperibilità dell’azione di indebito arricchimento per tutte le prestazioni ed i servizi resi alla P.A. anteriormente all’entrata in vigore di tale normativa, non difettando il requisito della sussidiarietà per il fatto che il privato può agire direttamente contro chi abbia invalidamente commissionato le opere o i servizi, atteso che la responsabilità diretta di funzionari e dipendenti pubblici è posta dall’art. 28 Cost. su di un piano alternativo e paritetico.

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Cass. civ. n. 8481/2000

L’azione generale di arricchimento postula ai sensi dell’art. 2041 c.c. il carattere indebito dell’arricchimento di un soggetto a danno di un altro, sicché non è proponibile nel caso di attribuzione patrimoniale avvenuta in base ad una specifica disposizione di legge sia pure con indiretta utilità altrui (fattispecie concernente la domanda di rimborso delle spese sostenute per la registrazione di una scrittura privata prodotta in giudizio dalla parte come prova documentale).

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Cass. civ. n. 8285/2000

In tema di indebito arricchimento della P.A., il riconoscimento, da parte di enti pubblici, dell’utilità di una prestazione professionale (nella specie, attività di consulenza legale da parte di un avvocato nei confronti di una Usl, concretatasi, tra l’altro, nella predisposizione e redazione di un contratto preliminare di compravendita) postula, da un canto, la consapevole utilizzazione dell’opera del privato da parte dell’ente, e, dall’altro, il verificarsi di un vantaggio per l’ente stesso in conseguenza di tale utilizzazione, vantaggio che non deve necessariamente risolversi in un diretto ed immediato incremento patrimoniale.

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Cass. civ. n. 3222/1999

L’azione di indebito arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione presuppone non solo il fatto materiale dell’esecuzione dell’opera o della prestazione vantaggiosa per l’ente pubblico, ma anche il riconoscimento da parte di questo dell’utilità dell’opera realizzata o del servizio prestato. Tale riconoscimento può anche essere implicito purché sia desumibile dalla prova specifica di comportamenti imputabili non a qualsiasi soggetto che faccia parte della struttura dell’ente, bensì . solo agli organi rappresentativi dell’amministrazione interessata o a coloro cui è rimessa la formazione della volontà dell’ente stesso. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso che una delibera della giunta comunale annullata dal Coreco potesse avere una qualsiasi rilevanza giuridica e che quindi potesse fornire la prova dell’avvenuto gradimento, da parte della P.A., dell’utilità della prestazione effettuata da un terzo in suo favore).

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Cass. civ. n. 10576/1997

Il riconoscimento dell’utilità dell’opera o della prestazione eseguita dal terzo, che costituisce requisito per l’esperibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione (e che, in ragione dei limiti posti dall’art. 4, della legge n. 2248 del 1865, all. E, non può essere sopperito da una valutazione dell’utilità compiuta dal giudice ordinario) può anche risultare in modo implicito da atti o com-portamenti della P.A. dai quali si possa desumere inequivocamente un effettuato giudizio positivo circa il vantaggio o l’utilità della prestazione o dell’opera. In una tale prospettiva, esso può desumersi — quanto ad un comune — non solo da deliberazioni prese dal consiglio comunale o dalla giunta — quali organi deliberanti nell’ambito delle rispettive competenze — e non solo da atti formali del sindaco quale organo che rappresenta il comune, ai sensi dell’art. 151, R.D. n. 148 del 1915 (ed ora dall’art. 36 della legge n. 142 del 1990), ma anche da atti formali compiuti da un assessore componente la giunta comunale e resi nell’esercizio di competenze ad esso specificamente delegate dal sindaco (come già previsto dall’art. 67 del R.D. n. 297 del 1911, e, per gli enti locali della Regione siciliana, dall’art. 72, comma terzo, del decreto legislativo P. n. 6 del 1955).

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Cass. civ. n. 5021/1997

Fermo il profilo per cui l’art. 2041 c.c. prevede che l’indennità per indebito arricchimento sia liquidata nella minor somma tra l’arricchimento ricevuto da chi si sia avvantaggiato della prestazione senza causa, e la diminuzione patrimoniale subita da chi ne sia stato impoverito, deve rilevarsi che, nel caso di forniture di merci effettuate da un imprenditore in favore di un ente pubblico in assenza di un valido contratto, la diminuzione patrimoniale subita dall’imprenditore non è costituita dal solo costo d’acquisto delle merci fornite. L’impoverimento dell’imprenditore, infatti, è costituito, innanzitutto, da ogni genere di spese affrontate per effettuare le forniture, senza che possa distinguersi tra costo di acquisto delle merci, quota parte delle spese generali destinate ad essere ammortizzate con la loro vendita, imposte corrisposte in relazione alle forniture effettuate, e costi di consegna. Trattasi, infatti, di esborsi sicuramente effettivi, destinati ad esser recuperati attraverso il prezzo della vendita delle merci, prezzo che essi concorrono a determinare, cosicché, ove le merci medesime finiscano per essere state trasferite in proprietà in assenza di un valido contratto che consenta di percepire un detto prezzo, l’imprenditore subisce una diminuzione patrimoniale che ricomprende singolarmente e complessivamente tutti tali costi. E deve ritenersi che anche il mancato guadagno per utile d’impresa connesso a prestazioni erogate — come quelle in questione — sine causa, costituisca perdita patrimoniale che deve entrare in conto della «diminuzione patrimoniale» subita dall’imprenditore. Ne consegue che, ove l’imprenditore abbia emesso fatture, la diminuzione patrimoniale da lui subita possa presumersi coincidente con il prezzo fatturato, ma non riscosso, e che, essendo — per converso — il vantaggio patrimoniale conseguito, in questi casi, dall’ente pubblico accipiens, rappresentato dal valore di mercato delle merci ricevute (e cioè, dal prezzo normalmente praticato nella stessa zona per merci e contrattazioni dello stesso tipo coincidenti per quantità, qualità e contenuto accessorio), ove il prezzo fatturato dall’imprenditore sia quello di mercato, l’importo della diminuzione patrimoniale risentita da quest’ultimo e quello dell’arricchimento conosciuto dall’ente accipiens coincidano, e rappresentino l’importo dovuto a titolo di indebito arricchimento.

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Cass. civ. n. 1025/1996

In tema di azione d’indebito arricchimento nei confronti della P.A., il riconoscimento, da parte di enti pubblici, dell’utilità di una prestazione professionale (nella specie, redazione di un progetto di massima, da parte di un ingegnere e di un architetto per la realizzazione di una strada), si realizza con la mera utilizzazione della stessa, indipendentemente dal fatto che i fini, al cui perseguimento la prestazione era diretta, siano stati realizzati da un ente diverso da quello al quale il progetto era destinato (nell’ipotesi, dall’Anas, anziché dalla provincia e dalla comunità montana, che avevano ,affidato l’incarico di progettazione), in quanto il vantaggio goduto dall’arricchito non deve avere necessariamente un contenuto di diretto incremento patrimoniale, ma può consistere in qualsiasi forma di utilizzazione della prestazione consapevolmente attuata dalla. P.A., e, quindi, anche in un semplice risparmio di spesa (ravvisabile, nella circostanza, nel mancato esborso per procurarsi altro progetto idoneo a convincere l’Anas ad assumere il peso dell’esecuzione dell’opera viaria).

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Cass. civ. n. 517/1994

In tema di arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.), la sentenza di condanna al pagamento dell’indennizzo non ha natura costitutiva, in quanto il diritto del depauperato sorge per effetto e dal momento dell’arricchimento altrui, con la conseguenza che a partire da detto momento va operata la rivalutazione del credito e devono decorrere gli interessi legali.

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Cass. civ. n. 11439/1993

Anche per l’azione di arricchimento senza causa, come per ogni altra, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno nel quale può essere fatto valere il diritto all’indennizzo e cioè dal momento in cui detto diritto si matura, che coincide con quello in cui si verifica l’arricchimento del beneficiario e la correlativa diminuzione patrimoniale dell’altra parte.

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Cass. civ. n. 11061/1993

L’indennizzo dovuto per arricchimento senza causa (art. 2041 c.c.), in quanto diretto a reintegrare una diminuzione patrimoniale, costituisce un debito di valore, anche qualora l’arricchimento si ricolleghi ad un’attività o erogazione del creditore che abbia comportato un risparmio di spesa per l’obbligato, e, pertanto, va liquidato tenendo conto della sopravvenuta svalutazione monetaria, sulla base di criteri oggettivi (quale, nell’ipotesi, il coefficiente Istat), senza che assuma rilievo, al predetto fine, il saggio bancario dell’interesse sulla somma erogata dal depauperato, non trattandosi di debito di valuta e non potendosi, quindi, liquidare, rispetto ad esso, il maggior danno previsto per le obbligazioni pecuniarie dall’art. 1224 c.c. Sulla somma liquidata sono dovuti gli interessi legali, con decorrenza dalla proposizione della domanda, in quanto il dovere giuridico d’indennizzo sorge soltanto quando il titolare dell’azione di arricchimento faccia valere la sua pretesa. Nell’azione di arricchimento senza causa, l’ordinario termine decennale di prescrizione decorre dal momento in cui il diritto all’indennizzo può essere fatto valere, il quale, se normalmente coincide con quello in cui si verifica l’arricchimento del beneficiario e la correlativa diminuzione patrimoniale dell’altra parte, può essere successivo al perfezionamento dell’arricchimento, qualora, a detta epoca, nell’ipotesi di arricchimento per risparmio di spesa, l’esborso non sia ancora interamente avvenuto (nella specie, perché regolato secondo gli stati di avanzamento dei lavori, in forza del contratto con un terzo appaltatore), verificandosi soltanto con il completamento dell’esborso lo spostamento di ricchezza da un patrimonio all’altro.

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