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Art. 2256 — Uso illegittimo delle cose sociali

Art. 2256 — Uso illegittimo delle cose sociali

Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società [ 1102, 2248 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 4088/1997

Quando una società per azioni in base ad un rapporto nascente da convenzione con l’acquirente delle proprie azioni, autonomo dal (seppur collegato al) rapporto sociale cui da vita tale acquisto, attribuisce al socio, verso un corrispettivo periodico e per un periodo di lunga durata coincidente con quella della società, il diritto personale di godimento dell’immobile e dei servizi comuni per una determinata frazione spazio-temporale (cosiddetta multiproprietà azionaria) tale attribuzione traendo vita non dallo status sociale ma dalla separata convenzione fra la società e il socio non incontra il divieto posto dall’art. 2256 c.c. che impedisce al socio di servirsi del patrimonio sociale per fini estranei a quelli della società, riferendosi il detto divieto all’ipotesi in cui l’utilizzazione di tali cose non trovi titolo diverso dallo status sociale. Né, qualora con la concessione del suddetto diritto di godimento la società non esaurisca i propri fini sociali, per essere gli stessi comprensivi anche dell’esercizio di imprese (generalmente, turistico-alberghiere o di analoga natura, come nella specie) perla produzione di utili da ripartire fra i soci, può ritenersi insussistente lo scopo di lucro richiesto dell’art. 2247 c.c. Inoltre non comporta rimessione del contenuto della prestazione all’arbitrio di una delle parti contraenti, la previsione contrattuale che (come nella specie) affida la determinazione del corrispettivo dovuto per il godimento dell’unità immobiliare al Consiglio di amministrazione della società, trattandosi di deliberazione soggétta al controllo dell’assemblea dei soci, (che sono anche le controparti della suddetta convenzione), cui spetta di evidenziare eventuali errori nella ripartizione degli utili e degli oneri e di chiederne la correzione. Infine, pur essendo essenziale, per la configurabilità di un diritto personale di godimento, la limitazione dello stesso nel tempo, la sussistenza del requisito non può in tale ipotesi essere valutata alla stregua dell’art. 1573 c.c., inapplicabile nella indicata fattispecie, e deve considerarsi positivamente verificata quando la durata di tale diritto sia fatta coincidere nella convenzione attributiva dello stesso, con quella della società.

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