Art. 2479 ter – Codice civile – Invalidità delle decisioni dei soci
Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Il tribunale, qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a centottanta giorni per l'adozione di una nuova decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità.
Qualora possano recare danno alla società, sono impugnabili a norma del precedente comma le decisioni assunte con la partecipazione determinante di soci che hanno, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società.
Le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla trascrizione indicata nel primo periodo del primo comma. Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili o illecite.
Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 2377, primo, quinto, settimo, ottavo e nono comma, 2378, 2379 bis, 2379 ter e 2434 bis.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 14164/2025
La volontà della società di dare una determinata destinazione ad un credito litigioso ancora sub iudice si forma, prima dell'estinzione per cancellazione dal registro delle imprese, mediante una delibera assembleare adottata con il quorum ordinario e non richiede una manifestazione di volontà di tutti i soci che, a seguito dell'estinzione, diverranno successori del patrimonio residuo, del quale non fanno parte le aspettative validamente dismesse e trasferite.
Cass. civ. n. 10889/2024
In tema di società di capitali, la delibera di quantificazione del compenso all'amministratore non è invalida per conflitto di interessi, ancorché adottata con il voto determinante dell'amministratore stesso, che abbia partecipato all'assemblea in veste di socio, poiché essa, pur consentendogli di conseguire un suo interesse personale, non comporta, di per sé, un pregiudizio all'interesse sociale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, nonostante il voto determinante del socio-amministratore, non aveva ravvisato alcuna incompatibilità tra l'interesse personale e quello della società, trattandosi di delibera che aveva ridotto il suo compenso a causa delle difficoltà economiche della società).
Cass. civ. n. 4034/2024
In materia societaria, sussiste abuso di maggioranza, con conseguente annullabilità della delibera assembleare che ne costituisca applicazione, qualora il voto espresso non trovi alcuna giustificazione nel perseguimento dell'interesse della società - in quanto volto a perseguire un interesse personale antitetico a quello sociale - oppure ove sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza, diretta a ledere i diritti partecipativi o gli altri diritti patrimoniali dei soci di minoranza, in violazione del canone della buona fede oggettiva nell'esecuzione del contratto. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che non aveva valorizzato, quale forma di abuso della maggioranza assembleare, la circostanza che quest'ultima avesse disposto la soppressione della clausola statutaria contenente il diritto di prelazione interna, appena diciotto giorni prima della cessione di quote intercorsa fra altri due soci).
Cass. civ. n. 17461/2023
In tema di delibere assembleari societarie, l'interesse alla loro impugnazione sorge, in relazione a quanto previsto dall'art. 2479-ter, comma 2, c.c., per il mero fatto dell'adozione con la partecipazione determinante di un socio in conflitto di interessi e per la loro idoneità ad arrecare un danno alla società, dovendosi invece prescindere dalla possibilità o meno per l'assemblea di approvare una delibera di diverso contenuto, corrispondente alla volontà del socio impugnante, laddove per mancanza del "quorum" costitutivo il socio in conflitto si fosse astenuto.
Cass. civ. n. 14469/2023
In tema di società, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2479-ter, comma 4, e 2379-ter, comma 1, c.c., il termine per l'impugnativa dell'aumento di capitale sociale decorre, per le s.r.l., dall'iscrizione della relativa deliberazione nel registro delle imprese e non già dalla trascrizione nel libro delle decisioni dei soci.
Cass. civ. n. 22987/2019
In tema di società a responsabilità limitata, la deliberazione dell'assemblea assunta senza la convocazione di uno dei soci è da ritenersi nulla, poiché il disposto dell'art. 2479 ter, comma 3, c.c., nella parte in cui considera le decisioni prese "in assenza assoluta di informazioni" non si riferisce soltanto alla mancanza di informazioni sugli argomenti da trattare ma anche alla mancanza di informazioni sull'avvio del procedimento deliberativo.
Cass. civ. n. 603/2017
L’indicazione nominativa dei partecipanti e dei votanti ad un’assemblea di società per azioni consente di verificare se i voti siano stati validamente espressi dai soggetti a ciò legittimati ed è, quindi, necessaria per ricostruire la genesi del processo deliberativo ed accertare la validità delle determinazioni assunte. Ne consegue che, ove manchi la relativa documentazione (anche in foglio separato, purché “allegato” al verbale, in modo da farne parte integrante, e cioè richiamato ovvero allo stesso materialmente unito), la delibera è annullabile.
Cass. civ. n. 10821/2016
In tema di società a responsabilità limitata, il potere di convocare l'assemblea (nella specie, per decidere sulla revoca dell'amministratore), in caso di inerzia dell'organo di gestione, deve riconoscersi, nel silenzio della legge e dell'atto costitutivo, ai soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, stante, da un lato, il mancato richiamo, nella disciplina di tali società, dell'art. 2367 c.c., dettato per le società per azioni e non applicabile in via analogica, attesa la forte differenza tra i due tipi societari, e, dall'altro, l'inutilizzabilità dell'art. 2487 c.c., in quanto relativo alla nomina e revoca non degli amministratori ma dei liquidatori. (Principio di diritto pronunciato ai sensi dell'art. 363, comma 3, c.p.c.).
Cass. civ. n. 1095/2016
La partecipazione di una società a responsabilità limitata in una società di persone, anche di fatto, non esige il rispetto dell'art. 2361, comma 2, c.c., dettato per le società per azioni, e costituisce un atto gestorio proprio dell'organo amministrativo, il quale non richiede - almeno allorché l'assunzione della partecipazione non comporti un significativo mutamento dell'oggetto sociale (fattispecie estranea al caso di specie) - la previa decisione autorizzativa dei soci, ai sensi dell'art. 2479, comma 2, n. 5, c.c.. Pertanto, accertata l'esistenza di una società di fatto insolvente della quale uno o più soci illimitatamente responsabili siano costituiti da società a responsabilità limitata, il fallimento in estensione di queste ultime costituisce una conseguenza "ex lege" prevista dall'art. 147, comma 1, l. fall., senza necessità dell'accertamento della loro specifica insolvenza.
Cass. civ. n. 12370/2014
L'art. 2479 cod. civ., nel testo anteriore al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, non prevede un diritto di prelazione ma consente il relativo patto, così esprimendo il principio di libera trasferibilità delle quote sociali, per cui l'eventuale previsione di una prelazione ha fonte non legale, ma negoziale e solo in tale ambito trova la sua disciplina. Ne deriva che la violazione della clausola statutaria contenente un patto di prelazione comporta l'inopponibilità, nei confronti della società e dei soci titolari del diritto di prelazione, della cessione della partecipazione sociale, nonché l'obbligo di risarcire il danno eventualmente prodotto, alla stregua delle norme generali sull'inadempimento delle obbligazioni, e non anche il diritto potestativo di riscattare la partecipazione nei confronti dell'acquirente, che non integra un rimedio generale in caso di violazioni di obbligazioni contrattuali, ma solo una forma di tutela specificamente apprestata dalla legge e conformativa dei diritti di prelazione, previsti per legge, spettante ai relativi titolari.
Cass. civ. n. 23218/2013
Salvo che l'atto costitutivo della società a responsabilità limitata non contenga una disciplina diversa, deve presumersi che l'assemblea dei soci sia validamente costituita ogni qual volta i relativi avvisi di convocazione siano stati spediti agli aventi diritto almeno otto giorni prima dell'adunanza (o nel diverso termine eventualmente in proposito indicato dall'atto costitutivo), ma tale presunzione può essere vinta nel caso in cui il destinatario dimostri che, per causa a lui non imputabile, egli non abbia affatto ricevuto l'avviso di convocazione o lo abbia ricevuto così tardi da non consentirgli di prendere parte all'adunanza, in base a circostanze di fatto il cui accertamento e la cui valutazione in concreto sono riservati alla cognizione del giudice di merito.
Cass. civ. n. 16265/2013
Attengono a diritti indisponibili, come tali non compromettibili in arbitri ex art. 806 c.p.c., soltanto le controversie relative all'impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabile anche di ufficio dal giudice, cui sono equiparate, ai sensi dell'art. 2479 ter c.c., quelle prese in assoluta mancanza di informazione, sicché la controversia che abbia ad oggetto l'interpretazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea di una società a responsabilità limitata, in cui si discuta esclusivamente se concerna le dimissioni del ricorrente dalla carica di amministratore delegato o anche da quella di componente del consiglio di amministrazione, in quanto suscettibile di transazione, può essere deferita ad arbitri.
Cass. civ. n. 20265/2013
Qualora la determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell'art. 2389, primo comma cod. civ., (nel testo, applicabile "ratione temporis", anteriore alle modifiche di cui al d.lgs. n. 6 del 2003), non sia stabilita nell'atto costitutivo, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, atteso: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea (art. 2630, secondo comma cod. civ., abrogato dall'art. 1 del d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61); la distinta previsione della delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 n. 1 e 3 cod. civ); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 cod. civ.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393, secondo comma, cod. civ.). Conseguentemente, l'approvazione in sé del bilancio, pur se contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori, non è idonea ai predetti fini, salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Torino, 09/02/2006).
Cass. civ. n. 21933/2008
Con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell'art. 2389, primo comma c.c., (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al D.L.vo n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa: la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea (art. 2630, secondo comma c.c., abrogato dall'art. 1 del D.L.vo n. 61 del 2002); la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi (art. 2364 n. 1 e 3 c.c.); la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio (art. 2434 c.c.); il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà della società (art. 2393, secondo comma, c.c.). Conseguentemente, l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall'art. 2389 cit., salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori.
Cass. civ. n. 19161/2007
In tema di riconoscimento del diritto di voto nelle assemblee delle società a responsabilità limitata, la legittimazione al relativo esercizio si connette, ai sensi dell'art. 2479 c.c. nel testo previgente al D.L.vo n. 6 del 2003, al fatto in sé dell'iscrizione dell'avente diritto al libro soci, mentre già il trasferimento di quota è valido ed efficace inter partes indipendentemente dalla predetta formalità, necessaria unicamente ai fini dell'efficacia verso la società ed i terzi. (Nella fattispecie la S.C., confermando la sentenza del giudice d'appello, ha negato che la società potesse distinguere la legittimazione, quale discendente dall'iscrizione nel libro soci, dalla reale titolarità della partecipazione, non potendosi in materia fare applicazione, al fine di disconoscere i diritti sociali, della disciplina del pagamento al creditore apparente (art. 1189 c.c.) o al possessore di un titolo di credito legittimato nei modi previsti in base al regime di circolazione del titolo (art. 1992 c.c.), poiché essendo la partecipazione nella predetta società diversa dall'azione non ricorre la regola sull'adempimento della prestazione nei confronti del possessore di un titolo di credito, così che la società non può rifiutare al socio iscritto il diritto di intervento e di voto in assemblea).
Cass. civ. n. 7614/1996
Il diritto di voto nell'assemblea della società a responsabilità limitata, per le quote che siano state date in usufrutto, compete unicamente all'usufruttuario, il quale esercita al riguardo un diritto suo proprio e perciò non è obbligato ad attenersi alle eventuali istruzioni di voto che gli abbia impartito il nudo proprietario. Nell'esercitare tale diritto, però, l'usufruttuario deve astenersi da comportamenti che possano arrecare ingiusto danno al nudo proprietario ed in particolare da modi di esercizio del predetto diritto che possano compromettere la conservazione del valore economico della partecipazione in società; l'eventuale violazione di tale obbligo, tuttavia, espone il responsabile al rischio di estinzione dell'usufrutto, nonché all'azione risarcitoria del proprietario danneggiato, ma non può riflettersi sulla validità del voto espresso in assemblea, né, di conseguenza, sulla validità della deliberazione che l'assemblea abbia adottato, anche se quel voto sia risultato determinante.