Art. 2504 bis – Codice civile – Effetti della fusione
La società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.
La fusione ha effetto quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte dall'articolo 2504. Nella fusione mediante incorporazione può tuttavia essere stabilita una data successiva.
Per gli effetti ai quali si riferisce il primo comma dell'articolo 2501 ter, numeri 5) e 6), possono essere stabilite date anche anteriori.
Nel primo bilancio successivo alla fusione le attività e le passività sono iscritte ai valori risultanti dalle scritture contabili alla data di efficacia della fusione medesima; se dalla fusione emerge un disavanzo, esso deve essere imputato, ove possibile, agli elementi dell'attivo e del passivo delle società partecipanti alla fusione e, per la differenza e nel rispetto delle condizioni previste dal numero 6 dell'articolo 2426, ad avviamento. Quando si tratta di società che fa ricorso al mercato del capitale di rischio, devono altresì essere allegati alla nota integrativa prospetti contabili indicanti i valori attribuiti alle attività e passività delle società che hanno partecipato alla fusione e la relazione di cui all'articolo 2501 sexies. Se dalla fusione emerge un avanzo, esso è iscritto ad apposita voce del patrimonio netto, ovvero, quando sia dovuto a previsione di risultati economici sfavorevoli, in una voce dei fondi per rischi ed oneri.
La fusione attuata mediante costituzione di una nuova società di capitali ovvero mediante incorporazione in una società di capitali non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni delle rispettive società partecipanti alla fusione anteriori all'ultima delle iscrizioni prescritte dall'articolo 2504, se non risulta che i creditori hanno dato il loro consenso.
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 18261/2024
In tema di fallimento, la fusione per incorporazione, realizzando una vicenda estintivo-successoria delle società coinvolte, determina l'estinzione dell'incorporata che, ove insolvente, è assoggettabile a fallimento entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, ai sensi dell'art 10 l.fall. di talché, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio ex art. 15 l.fall., il soggetto debitore destinatario della notifica del ricorso e dell'avviso di convocazione va individuato nella società incorporata che, pur se estinta, conserva la propria identità ai fini dell'eventuale dichiarazione di fallimento, potendo peraltro la società incorporante intervenire nel giudizio prefallimentare e proporre reclamo, nella qualità di soggetto interessato, avverso l'eventuale sentenza di fallimento dell'incorporata medesima.
Cass. civ. n. 16617/2024
Ove durante il giudizio di cassazione la società ricorrente si estingua a seguito di fusione per incorporazione, la società incorporante può intervenire nel procedimento con atto che, per i giudizi instaurati fino al 31 dicembre 2022, deve essere notificato alle altre parti per assicurare il rispetto del contraddittorio, non essendo a tal fine sufficiente il mero deposito dell'atto in cancelleria; la nullità derivante dall'omissione della suddetta notificazione è tuttavia sanata ove
Cass. civ. n. 14414/2024
La fusione per incorporazione, realizzando una vicenda estintivo-successoria delle società coinvolte, determina l'estinzione dell'incorporata, che, ove insolvente, è assoggettabile a fallimento entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, in ragione della norma speciale di cui all'art 10 l.fall.
Cass. civ. n. 9955/2024
L'ex amministratore della società precedentemente fusa per incorporazione in altra società ha interesse a proporre in proprio e non già quale organo della società estinta, ai sensi dell'art. 18 l.fall., reclamo avverso la sentenza dichiarativa del fallimento della società incorporante, essendo tale impugnazione finalizzata ad elidere gli effetti negativi personali che da tale provvedimento possono derivargli, sia sul piano morale, in relazione ad eventuali contestazioni di reati, sia su quello patrimoniale, in relazione ad eventuali azioni di responsabilità.
Cass. civ. n. 7711/2024
La società risultante dalla fusione, con altre, della società originariamente convenuta in giudizio, che sia anche conferitaria di un ramo d'azienda, è legittimata a proporre appello in luogo della società incorporata, parte del giudizio di primo grado e cedente del ramo d'azienda, non solo per effetto della intervenuta fusione, ma anche per effetto della cessione, assumendo così una duplice legittimazione, quella di successore a titolo universale, che le deriva dalla fusione, e quella di successore a titolo particolare, che le deriva dalla cessione di ramo d'azienda, con la conseguenza che, ove si qualifichi come cessionaria del ramo d'azienda, può limitarsi ad allegare tale titolo, specificandolo nell'intestazione dell'impugnazione, trattandosi di un titolo di natura pubblica e, quindi, di contenuto accertabile.
Cass. civ. n. 13685/2023
legittimità su norme regolatrici del processo. (Nella specie, la S.C., ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l'inammissibilità dell'appello in quanto proposto oltre il termine c.d. "breve" decorrente dalla notificazione della sentenza, pur essendo questa avvenuta nei confronti della società incorporante, ma presso il difensore della società incorporata, in ragione della ravvisata sussistenza del "prospective overruling" processuale).
Cass. civ. n. 12128/2023
dalla fusione di quella presente in primo grado (o incorporante la stessa) - Prova del predetto adempimento - Necessità. Gli effetti giuridici della fusione o dell'incorporazione si producono dal momento dell'adempimento delle formalità pubblicitarie concernenti il deposito, per l'iscrizione nel registro delle imprese, dell'atto di fusione; ne consegue che - ai fini del riconoscimento della legittimazione all'impugnazione della società incorporante o risultante dalla fusione, in qualità di successore della società soccombente nel grado precedente - è necessaria la prova del predetto adempimento.
Cass. civ. n. 6324/2023
La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, sicché è giuridicamente inesistente la sentenza che dichiari il fallimento di quest'ultima oltre l'anno previsto dall'art. 10 l.fall. e tale vizio radicale, impedendo il passaggio in giudicato del provvedimento, può essere fatto valere, oltre che con l'impugnazione ordinaria, con un'autonoma "actio nullitatis".
Cass. civ. n. 12128/2023
Gli effetti giuridici della fusione o dell'incorporazione si producono dal momento dell'adempimento delle formalità pubblicitarie concernenti il deposito, per l'iscrizione nel registro delle imprese, dell'atto di fusione; ne consegue che - ai fini del riconoscimento della legittimazione all'impugnazione della società incorporante o risultante dalla fusione, in qualità di successore della società soccombente nel grado precedente - è necessaria la prova del predetto adempimento.
Cass. civ. n. 8120/2022
In tema di operazioni straordinarie, l'art. 2504 quater c.c. (richiamato anche per le scissioni dall'art. 2506 ter c.c.), secondo cui, una volta eseguita l'iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese, l'invalidità dello stesso non può più essere dichiarata, preclude la possibilità di far valere tanto i vizi dell'atto medesimo, quanto quelli relativi al procedimento di formazione ed alla iscrizione; tuttavia, tale preclusione, essendo finalizzata a preservare l'organizzazione societaria nascente dall'operazione, non impedisce che le parti dell'accordo assumano diverse determinazioni negoziali in presenza di una modificazione dei valori patrimoniali presi in considerazione nel progetto di fusione o di scissione.
Cass. civ. n. 21970/2021
La fusione per incorporazione estingue la società incorporata, che non può dunque iniziare un giudizio in persona del suo ex amministratore, ferma restando la facoltà per la società incorporante di spiegare intervento volontario in corso di causa, ai sensi e per gli effetti dell'art. 105 c.p.c.; nondimeno, ove la fusione intervenga in corso di causa, non si determina l'interruzione del processo, esclusa "ex lege" dall'art. 2504 bis c.c. (Rigetta, CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI, 07/01/2019).
Cass. civ. n. 32142/2019
La fusione per incorporazione non determina l'estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto, ma attua l'unificazione mediante l'integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione, risolvendosi in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo; conseguentemente, l'attribuzione alla società incorporata della qualifica di responsabile dell'inquinamento giustifica la condanna della società incorporante alla rifusione delle spese di bonifica del sito inquinato.
Cass. civ. n. 12119/2017
In tema di fusione per incorporazione, l'art. 2504-bis c.c., nel testo modificato dal d.lgs. n. 6 del 2003, nel prevedere la prosecuzione dei rapporti giuridici, anche processuali, in capo al soggetto unificato quale centro unitario di imputazione di tutti i rapporti preesistenti, risolve la fusione in una vicenda evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che, pur in presenza di un nuovo assetto organizzativo, conserva la propria identità. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza della commissione tributaria regionale, che aveva accolto il ricorso avverso il diniego di rateizzazione avanzato da una società incorporante un'altra società, già in precedenza decaduta dal detto beneficio).
Cass. civ. n. 21482/2016
Nell'ipotesi di fusione per incorporazione antecedente l'introduzione dell'art. 2504 bis c.c. (1 gennaio 2004), la società incorporante subentra in tutti i rapporti giuridici di quella incorporata, così come nei giudizi pendenti, che proseguono automaticamente nei suoi confronti, senza alcuna interruzione ai sensi degli artt. 299 e ss. c.p.c, anche se la società incorporata deve ritenersi estinta, sicché, in tal caso, la sentenza emessa nei confronti di un soggetto diverso da quello nei cui confronti era stata proposta l'azione non determina alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sul piano soggettivo, in relazione all'individuazione delle parti processuali.
Cass. civ. n. 22998/2015
La fusione di società, anche mediante incorporazione, realizza una successione universale corrispondente a quella "mortis causa" delle persone fisiche, sicché il nuovo soggetto risultante dalla fusione (o il soggetto incorporante) diviene l'unico e diretto obbligato per i debiti dei soggetti estinti in ragione della fusione o della incorporazione, fra i quali vanno ricompresi anche quelli derivanti da responsabilità di cose in custodia, ex art. 2051 c.c., in relazione ai danni causati da un incendio delle parti comuni di un immobile di proprietà della società incorporata.
Cass. civ. n. 2063/2015
Nell'ipotesi di incorporazione di società nel corso di un giudizio di cognizione e nel vigore della disciplina anteriore alla riforma del diritto societario, il difensore della società incorporata non può avvalersi della procura conferita da quest'ultima per la notifica di un precetto di pagamento, ancorché nel giudizio non sia stata dichiarata l'estinzione della rappresentata, a ciò ostandovi tanto il fatto che nel precedente regime l'incorporazione produceva gli effetti corrispondenti a quelli di una successione universale, senza che rilevi la nuova formulazione dell'art. 2504 bis c.c., che, nel sancire la prosecuzione della società incorporante o di quella che risulti dalla fusione nei rapporti anche processuali anteriori alla fusione, ha carattere innovativo e non interpretativo o retroattivo, né il principio di ultrattività del mandato, che non si estende dal giudizio di cognizione a quello esecutivo.
Cass. civ. n. 27762/2013
In ipotesi di fusione per incorporazione, la società incorporata non si estingue ai sensi del vigente art. 2504 bis c.c., con la conseguenza che, ove quest'ultima fosse già mandataria per la gestione di un credito e delle relative controversie in forza di mandato conferito dal creditore originario, l'incorporante subentra nel mandato quale mandataria ed ha, perciò, il potere di proporre l'impugnazione di una sentenza pronunciata nella controversia relativa al credito compreso nel mandato stesso.
Cass. civ. n. 8864/2012
In tema di fusione tra società, la preclusione della declaratoria di invalidità dell'atto di fusione, sancita dall'art. 2504 quater c.c. quale effetto dell'iscrizione nel registro delle imprese, tutela l'affidamento dei terzi e la certezza dei traffici, sicché, quando l'iscrizione dell'atto di fusione nel registro delle imprese sia avvenuta in base ad una sequenza procedimentale priva di riconoscibili anomalie esteriori, l'inesistenza giuridica di una delle delibere assembleari propedeutiche alla fusione, nei limiti in cui essa possa essere ipotizzata, non determina l'inesistenza giuridica dell'atto di fusione, ormai iscritto nel registro, restando esclusa l'impugnabilità di quest'ultimo e risultando carente, pertanto, l'interesse all'accertamento dell'inesistenza della delibera prodromica.
Cass. civ. n. 11059/2011
La fusione di società realizza una successione universale corrispondente a quella "mortis causa" e produce gli effetti, tra loro interdipendenti, dell'estinzione della società incorporata e della contestuale sostituzione, nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo a questa, della società incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione e di legittimazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti fusi o incorporati; ne consegue, in tema di azione revocatoria fallimentare, che, trattandosi di successione universale, essa concerne, al di là del letterale riferimento dell'art. 2504 bis c.c. ai diritti ed agli obblighi, tutte le situazioni giuridiche per loro natura trasmissibili e, quindi, anche le situazioni di scienza giuridicamente rilevanti, ivi compresa l'eventuale conoscenza dello stato di insolvenza del soggetto, poi fallito, che ha effettuato un pagamento nel periodo sospetto.
Cass. civ. n. 19847/2010
La fusione per incorporazione nella disciplina previgente alla riforma del diritto societario di cui al d.l.vo n. 6 del 2003, applicabile "ratione temporis" comporta l'estinzione automatica delle società fuse od incorporate, con confusione dei patrimoni delle società preesistenti. Ne consegue che, la cessazione dalla carica dell'amministratore è automatica e - anche a prescindere dalla previsione generale di cui all'art. 1722, primo comma, n. 4, c.c. - costituisce conseguenza obbligata della creazione della nuova società, senza che tale evenienza sia assimilabile al fenomeno della revoca tacita da parte dell'assemblea, atteso che per effetto della fusione cessa di esistere un'assemblea della società incorporata.
Cass. civ. n. 19509/2010
La fusione per incorporazione, che si sia verificata prima dell'entrata in vigore del novellato art. 2504 bis c.c., determina l'estinzione della società incorporata, non avendo la nuova disciplina normativa della fusione, introdotta del d.l.vo n. 6 del 2003, carattere interpretativo ed efficacia retroattiva, ma esclusivamente innovativo.
Cass. civ. n. 721/2007
In tema di IVA, la società incorporante può computare in detrazione nella dichiarazione annuale l'imposta dichiarata in eccedenza dalla società incorporata con la dichiarazione presentata per l'anno precedente, considerata la possibilità di far risalire gli effetti contabili dell'operazione, anche in materia tributaria, ad una data precedente il compimento delle formalità pubblicitarie del negozio di fusione, tanto più che nel caso dell'IVA, da una parte l'art. 35 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, prevede la comunicazione al fisco (avvenuta, nella specie) di tale variazione, dall'altra la società incorporata, essendo in tal modo cessata, avrebbe avuto diritto di chiedere il rimborso del credito dell'imposta, ai sensi del precedente art. 30, secondo comma. Deve pertanto escludersi che, in mancanza di contestazione del credito, l'amministrazione finanziaria possa legittimamente disconoscerne la detraibilità - o, eventualmente, rifiutarne il rimborso - per il solo fatto di non essere state ancora adempiute le formalità prescritte dall'art. 2504 cod. civ., nel testo, applicabile "ratione temporis", vigente anteriormente alle modifiche recate dal d.lgs 15 gennaio 1991, n. 22, in quanto alcuni effetti dell'atto di fusione societaria, a valenza interna o contabile, ovvero in materia di imposte sui redditi, come quello previsto dall'art. 123, settimo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - esclusi quelli di carattere sostanziale, inquadrabili nello schema successorio -, prima dell'introduzione, disposta anch'essa dal detto d.lgs. n. 22 del 1991, dell'art. 2504-bis cod civ. (secondo comma: "la fusione ha effetto quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte dall'art. 2504"), erano ritenuti possibili ancorché la fusione, in attesa del compimento delle debite formalità pubblicitarie, peraltro di natura costitutiva, non fosse ancora divenuta pienamente efficace "erga omnes" (fattispecie di fusione, avvenuta con atto del 31 dicembre 1990, portata a conoscenza dell'ufficio finanziario il successivo 12 gennaio, anteriormente alla dichiarazione IVA per il 1990 della società incorporante, presentata il 4 marzo 1991, nella quale veniva iscritto, deducendolo contabilmente dal proprio debito fiscale, il credito IVA della società incorporata, da questa esposto nella dichiarazione IVA per l'anno 1989). (Cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Roma, 26 gennaio 2000).
Cass. civ. n. 6204/2006
In tema di imposte sui redditi d'impresa, con riguardo alla fusione per incorporazione di una società di capitali e, specificamente, alla computabilità a titolo di aumento del costo della partecipazione nella società incorporata dell'importo del prestito obbligazionario in favore della stessa sottoscritto dalla società incorporante, secondo la disciplina dell'art. 2420 bis cod. civ. (nel testo applicabile "ratione temporis"), all'atto della delibera di azioni convertibili, la società deve contestualmente deliberare l'aumento del capitale sociale per un importo corrispondente al valore nominale delle azioni da attribuire in conversione, secondo un rapporto di cambio all'uopo espressamente stabilito. Tale delibera - a differenza della ipotesi dell'ordinario aumento di capitale mediante emissione di nuove azioni a pagamento, ex art. 2438 cod. civ. - implica una proposta irrevocabile della società per la stipula del contratto di sottoscrizione delle nuove azioni, rispetto alla quale la richiesta dell'obbligazionista di conversione delle obbligazioni in azioni assume la funzione di accettazione della proposta stessa, determinando la immediata conclusione del contratto e, con essa, l'effetto costitutivo del rapporto sociale oggetto del patto di conversione. Ne consegue che ove, al momento della estinzione della società emittente le obbligazioni, la conversione in azioni, in favore della società incorporante, si sia già perfezionata - come nel caso di specie -, deve ritenersene legittima l'imputazione ad incremento del costo della partecipazione della società incorporante in quella incorporata, contribuendo in tal modo a determinare il disavanzo di fusione nella misura indicata nelle scritture contabili. (rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 26 maggio 1999).
Cass. civ. n. 12308/2006
In tema di imposte sui redditi d'impresa, l'art. 54 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che occupandosi delle plusvalenze patrimoniali, ove realizzate od iscritte nella contabilità, considera tanto le plusvalenze dei beni relativi all'impresa quanto le plusvalenze delle aziende, comprendendovi espressamente il valore di avviamento, recepisce un concetto di plusvalenza patrimoniale così ampio da consentire di considerare tale anche il "know-how", quale plusvalenza riferibile all'azienda, benché non espressamente richiamato, risolvendosi l'uno e l'altro - l'avviamento ed il "know-how" - in un diverso e maggior valore del complesso produttivo, rispetto alla somma dei valori dei cespiti che lo compongono, così da meritare l'inclusione nella categoria delle plusvalenze in linea di principio tassabili, ove la ricchezza aggiunta da ciascuno di quei valori si traduca in reddito. Ne consegue, con riferimento alla fusione per incorporazione di una società di capitali implicante l'annullamento delle azioni o quote detenute dalla società incorporante, che la "ratio" della deroga prevista alla computabilità nell'imponibile delle plusvalenze iscritte in bilancio, prevista dall'art. 123, comma 2, del medesimo d.P.R. n. 917 del 1986, nel testo fissato con decorrenza 1 gennaio 1988 dall'art. 7 della legge 11 marzo 1988, n. 67 - il quale stabilisce che non si tiene conto delle plusvalenze iscritte in bilancio sino a concorrenza della differenza tra il costo delle azioni o quote annullate ed il valore netto del patrimonio della società incorporata risultante dalle scritture contabili -, non è limitata al caso dell'imputazione del disavanzo di fusione a plusvalenza di determinati beni, ma comprende la possibilità di iscrivere il disavanzo stesso a titolo di "know-how", oltre che di avviamento, risultando tale "ratio" valida anche per il primo, non diversamente che per il secondo. Anche per l'iscrizione in bilancio di una distinta posta avente ad oggetto il "know-how", a copertura del disavanzo risultante dalla fusione, vale infatti il rilievo che l'operazione contabile suddetta non rivela, in realtà, alcun incremento di ricchezza, essendo quel bene già prima della fusione di pertinenza della società incorporante, per effetto della sua partecipazione nell'incorporata. (cassa e decide nel merito, Comm. Trib. Reg. Milano, 2 novembre 1999).
Cass. civ. n. 15116/2006
In tema di imposte sui redditi d'impresa e con riguardo alla fusione per incorporazione di una società di capitali, le cui azioni o quote siano possedute dall'incorporante, quest'ultima, annullando le azioni o quote medesime, ha facoltà di recuperare contabilmente il maggior costo di esse rispetto al minor valore "di libro" del patrimonio netto dell'incorporata, ove la relativa divergenza dipenda dalla valutazione delle rimanenze finali dell'incorporata stessa, iscrivendo nel passivo di bilancio (o del conto economico) una corrispondente posta di rivalutazione delle rimanenze iniziali, senza con ciò incorrere in un incremento del reddito imponibile, ai sensi e nel vigore dell'art. 123, secondo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel testo risultante dall'art. 7della legge 11 marzo 1988, n. 67. Ciò comporta l'indistinguibilità fra beni strumentali e beni merce al fine della determinazione del reddito imponibile, nell'ipotesi di fusione per incorporazione di una società di capitali interamente posseduta dalla società incorporante. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Milano, 9 luglio 1999).
Cass. civ. n. 15133/2006
In tema di agevolazioni tributarie e con riguardo all'esenzione decennale dalle imposte dirette prevista a favore delle imprese artigiane e industriali operanti nelle zone depresse del centro-nord dall'art. 8 della legge 22 luglio 1966, n. 614, ed estesa all'ILOR dall'art. 30 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, fruisce dell'agevolazione, in base alle previsioni del citato art. 8, solo quella parte del reddito dell'impresa che sia prodotto o attraverso una iniziativa produttiva integralmente nuova, ovvero attraverso l'aggiunta di nuovi impianti produttivi ai preesistenti. Tale criterio trova applicazione anche nel caso di fusione di società, dovendo in tale ipotesi essere valutata, ai fini dell'attribuzione del beneficio, l'operazione realizzata attraverso la fusione nei suoi termini economici: con la conseguenza che qualora una società, la quale abbia impiantato una nuova iniziativa, conseguendo per essa l'agevolazione, incorpori altra società, titolare di un impianto preesistente, in relazione al quale l'incorporata abbia già fruito dell'esenzione per un decennio, e non possa pertanto più fruirne, deve escludersi che la società incorporante possa conseguire il beneficio dell'integrale esenzione dall'imposta, anche per la parte del reddito imputabile all'apporto dell'incorporata. (Rigetta, Comm. Trib. Reg. Trento, 10 marzo 2000).
Cass. civ. n. 22774/2006
In tema di IVA, e con riferimento all'ipotesi di fusione per incorporazione avvenuta nel corso dell'anno, l'esposizione di un credito d'imposta della società incorporata nella dichiarazione annuale della stessa, anziché in quella della società incorporante, non traducendosi in una riduzione della base imponibile, costituisce una violazione di carattere meramente formale, al pari dell'omissione della comunicazione prescritta dall'art. 35 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633: la mancata esposizione di un credito d'imposta nella dichiarazione annuale non comporta infatti la decadenza dal relativo diritto, che può essere fatto valere sia computando in detrazione il corrispondente importo nell'anno successivo, sia proponendo istanza di rimborso, a condizione che il credito emerga dalle scritture contabili. Le predette violazioni sono pertanto suscettibili di sanatoria ai sensi dell'art. 19 bis del decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito con modificazioni dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, soprattutto quando (come nella specie) l'erronea attribuzione abbia avuto luogo in una situazione d'incertezza determinata dall'assenza di idonee istruzioni da parte dell'Amministrazione finanziaria. (Cassa con rinvio, Comm. Trib. Reg. Firenze, 29 novembre 2000).
Cass. civ. n. 28242/2005
La disposizione di cui all'art. 2504 quater c.c., richiamata anche per le operazioni di scissione dall'art. 2504 novies (oggi art. 2506 ter c.c.), secondo cui, una volta eseguita l'iscrizione dell'atto di fusione delle società, l'invalidità dello stesso non può più essere dichiarata, pone una preclusione di carattere assoluto, che riguarda tanto il caso in cui si deducano vizi inerenti direttamente all'atto di fusione, quanto l'ipotesi in cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell'atto e della sua iscrizione; tale preclusione rimane operante anche nel caso in cui si asserisca che l'impugnativa è meramente preordinata ad una futura ed ipotetica azione di risarcimento del danno nei confronti degli amministratori o di terzi.
Cass. civ. n. 8448/2004
La disposizione di cui all'art. 10, comma quinto del D.L. n. 323 del 1996, convertito in legge n. 425 del 1996, la quale ha previsto l'assoggettamento all'imposta fissa di registro di tutte le operazioni di fusione societaria, non può essere considerata quale una norma interpretativa, e quindi è stata priva di efficacia retroattiva.
Cass. civ. n. 2716/2002
Nell'ipotesi in cui una società incorpori altra società da essa interamente o parzialmente posseduta, il disavanzo di fusione esprime la differenza tra il valore del patrimonio netto dell'incorporata ed il prezzo pagato per l'acquisto delle partecipazioni che lo rappresentano: la sua utilizzazione è diretta a «riallineare» il valore contabile del patrimonio netto dell'incorporata al costo delle partecipazioni, facendo emergere valori, come quello relativo all'avviamento, che nel bilancio di esercizio dell'incorporata non erano stati, né potevano essere, considerati.
Cass. civ. n. 14687/2000
In tema di bilancio di società, nel caso di fusione per incorporazione quando i singoli cespiti già di pertinenza delle società incorporate sono stati riportati nel bilancio della incorporante, con il medesimo valore iscritto nel bilancio delle incorporate, si rende necessario iscrivere nel bilancio della incorporante una posta, «differenza di fusione», per pareggiare il disavanzo emergente fra il valore di libro delle azioni delle incorporate, distrutto in occasione della fusione (a seguito di annullamento delle azioni) e il valore di libro dei cespiti già di pertinenza delle incorporate. In altri termini, se il valore della partecipazione iscritta nel bilancio della società incorporante è maggiore del valore dei singoli cespiti della incorporata, occorre «riallineare» i conti, mediante allocazione della differenza nell'attivo del bilancio, che altrimenti risulterebbe contabilmente «zoppo».
Cass. civ. n. 14383/2000
A norma dell'art. 2504 bis c.c., nell'ipotesi di fusione di società, la società risultante dalla fusione (o la società incorporante, nel caso di fusione per incorporazione) succede in tutti i rapporti (e in tutti i relativi diritti ed obblighi) già facenti capo alle società estinte; ne consegue che, nel caso di distacco di un lavoratore disposto dal datore di lavoro presso una società alla quale, in seguito a fusione, sia subentrata altra società, la società risultante dalla fusione succede nel rapporto di distacco e nei relativi poteri già facenti capo alla originaria società distaccataria, ivi compreso il potere di controllo sull'attività del lavoratore distaccatario.