Art. 2545 septiesdecies – Codice civile – Scioglimento per atto dell’autorità
L'autorità di vigilanza, con provvedimento da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale e da iscriversi nel registro delle imprese, può sciogliere le società cooperative e gli enti mutualistici che non perseguono lo scopo mutualistico o non sono in condizione di raggiungere gli scopi per cui sono stati costituiti o che per due anni consecutivi non hanno depositato il bilancio di esercizio [2519] o non hanno compiuto atti di gestione.
Se vi è luogo a liquidazione, con lo stesso provvedimento sono nominati uno o più commissari liquidatori [2545 quaterdecies].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 29801/2023
Le cooperative sociali e i loro consorzi, di cui alla legge n. 381 del 1991, devono ritenersi qualificate di diritto, in base all'art. 1, comma 4, del d.lgs. n. 112 del 2017, come imprese sociali, risultando perciò assoggettate alla sola liquidazione coatta amministrativa ed esentate dal fallimento, così come previsto dall'art. 14, comma 1, del medesimo d.lgs., in deroga alla disciplina dell'art. 2545-terdecies c.c.
Cass. civ. n. 21309/2023
In tema di imposte dirette, l'esenzione di cui all'art. 11, comma 1, d.P.R. n. 601 del 1973 per i redditi conseguiti dalle società cooperative di produzione e lavoro presuppone, ai fini della determinazione del rapporto percentuale che condiziona "ex lege" il riconoscimento del beneficio fiscale, la previa individuazione dei soci che prestano la loro opera con carattere di continuità, da accertarsi avendo riguardo al rapporto di lavoro stabilito, in qualsiasi forma, dal socio con la cooperativa con l'adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo.
Cass. civ. n. 17666/2022
Nei consorzi con attività esterna, le eventuali eccedenze di gestione, costituite dalla differenza fra i ricavi ottenuti dal consorzio nella sua opera di intermediazione verso i terzi ed i costi di funzionamento, si configurano come utili che, ove previsto, ricadono nel divieto statutario di distribuzione in favore delle imprese consorziate, non potendosi ricondurre alla disciplina dei ristorni di cui all'art. 2545 sexies c.c.
Cass. civ. n. 29245/2021
E' assoggettabile a fallimento la società cooperativa sociale che risulti svolgere un'attività commerciale secondo criteri di economicità (cd. lucro oggettivo) all'esito di un accertamento riservato in via esclusiva all'autorità giudiziaria, senza che abbiano natura vincolante i pareri e gli atti adottati dal Ministero dello sviluppo economico, nell'esercizio dei poteri di vigilanza attribuitigli dalla legge, e senza che rilevi l'eventuale assunzione della qualifica di Onlus, ai sensi dell'art. 10 del d.lgs. n. 460 del 1997, trattandosi di norma speciale di carattere fiscale che non integra la "diversa previsione di legge" contemplata dal secondo comma dell'articolo 2545 terdecies c.c.
Cass. civ. n. 25478/2019
Lo scopo di lucro (c.d. lucro soggettivo) non è elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, essendo individuabile l'attività di impresa tutte le volte in cui sussista una obiettiva economicità dell'attività esercitata, intesa quale proporzionalità tra costi e ricavi (cd. lucro oggettivo), requisito quest'ultimo che, non essendo inconciliabile con il fine mutualistico, ben può essere presente in una società cooperativa, la quale pertanto, ove svolga attività commerciale, in caso di insolvenza, può essere assoggettata a fallimento, in applicazione dell'art. 2545 terdecies c.c. (Nella specie, la S.C. ha confermato la dichiarazione di fallimento di una società cooperativa che gestiva impianti sportivi e centri di fisioterapia, svolgendo anche attività remunerate in favore di terzi). (Rigetta, CORTE D'APPELLO PALERMO, 23/09/2014).
Cass. civ. n. 14250/2016
Lo scopo di lucro (cd. lucro soggettivo) non è elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, poiché è configurabile attività di impresa tutte le volte in cui sussista una obiettiva economicità dell'attività esercitata, intesa quale proporzionalità tra costi e ricavi (cd. lucro oggettivo), requisito quest'ultimo che, non essendo inconciliabile con il fine mutualistico, può essere presente anche in una società cooperativa pur quando essa operi solo nei confronti dei propri soci, sicché anche tale società, ove svolga attività commerciale, può, in caso di insolvenza, essere assoggettata a fallimento in applicazione dell'art. 2545 terdecies c.c.
Cass. civ. n. 1083/2016
Lo scioglimento d'ufficio della società cooperativa, disposto, ai sensi dell'art. 2545 septiesdecies c.c., pendente, nei suoi confronti, un giudizio di appello, non comporta l'improcedibilità del gravame, ma - in applicazione delle norme dettate per la liquidazione coatta amministrativa, ivi compreso l'art. 96, comma 2, n. 3, l. fall., nel testo introdotto dal d.l.vo n. 5 del 2006 - la sua prosecuzione e decisione nei confronti del nominato commissario liquidatore.
Cass. civ. n. 10641/2015
In tema di società cooperativa, i cosiddetti ristorni - da tenere distinti dagli utili in senso proprio, che in quanto remunerazione del capitale sono distribuiti in proporzione ai conferimenti effettuati da ciascun socio - costituiscono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico (risparmio di spesa o maggiore retribuzione) derivante dai rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa, traducendosi in un rimborso ai soci di parte del prezzo pagato per i beni o servizi acquistati dalla cooperativa (nel caso delle cooperative di consumo), ovvero in integrazione della retribuzione corrisposta dalla cooperativa per le prestazioni del socio (nelle cooperative di produzione e lavoro). Pertanto, se nel regolamento di una cooperativa di produttori di porfido viene previsto che il prezzo di acquisto del materiale possa essere integrato a fine esercizio secondo un'addizionale determinata "ex post" in ragione dei risultati della gestione, il rischio d'impresa incide unicamente sull'"an" e sul "quantum" dell'obbligazione di corresponsione del ristorno, eventuale e non predefinita, non anche sull'obbligazione relativa al prezzo della compravendita intercorrente tra la cooperativa e i soci produttori venditori, certa e predeterminata.
Cass. civ. n. 6835/2014
Lo scopo di lucro (c.d. lucro soggettivo) non è elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, essendo individuabile l'attività di impresa tutte le volte in cui sussista una obiettiva economicità dell'attività esercitata, intesa quale proporzionalità tra costi e ricavi (cd. lucro oggettivo), requisito quest'ultimo che, non essendo inconciliabile con il fine mutualistico, ben può essere presente anche in una società cooperativa, pur quando essa operi solo nei confronti dei propri soci. Ne consegue che anche tale società ove svolga attività commerciale può, in caso di insolvenza, può essere assoggettata a fallimento in applicazione dell'art. 2545 terdecies cod. civ. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza dichiarativa di fallimento di una società cooperativa avente quale oggetto la commercializzazione verso terzi di prodotti agricoli conferiti dai soci, dei quali la società incassava il prezzo, senza che sia risultato provato che tutte le operazioni di vendita ed incasso compiute dalla società siano state seguite dal completo versamento del denaro ai soci).
Cass. civ. n. 170/2008
Premesso che le questioni di legittimità costituzionale devono essere scrutinate avendo riguardo anche ai parametri costituzionali non formalmente evocati, ma desumibili in modo univoco dall'ordinanza di rimessione, qualora tale atto faccia ad essi chiaro riferimento, sia pure implicito, mediante il richiamo dei principi da questi enunciati, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sollevata in riferimento agli articoli 101, 102 e 104 Cost., deve essere scrutinata anche in riferimento all'art. 3 Cost., risultando chiaro dall'ordinanza di rimessione il riferimento a detta norma, operato mediante il richiamo dei principi di ragionevolezza e di tutela dell'affidamento.
Cass. civ. n. 70/2008
Premesso che le questioni di legittimità costituzionale devono essere scrutinate avendo riguardo anche ai parametri costituzionali non formalmente evocati, ma desumibili in modo univoco dall'ordinanza di rimessione, qualora tale atto faccia ad essi chiaro riferimento, sia pure implicito, mediante il richiamo dei principi da questi enunciati, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sollevata in riferimento agli articoli 101, 102 e 104 Cost., deve essere scrutinata anche in riferimento all'art. 3 Cost., risultando chiaro dall'ordinanza di rimessione il riferimento a detta norma, operato mediante il richiamo dei principi di ragionevolezza e di tutela dell'affidamento.
Cass. civ. n. 5599/2005
In tema di società cooperative, la corresponsione di una quota degli utili netti annuali ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione; prevista dall'art. 2536 c.c. e ribadita dall'art. 11, comma quarto, della legge n. 59 del 1992 (che ha fissato nel tre per cento la suddetta quota annuale) costituisce un obbligo per tutte le società cooperative, senza che la previsione del comma primo del citato art. 11 (secondo il quale le cooperative inottemperanti decadono dai benefici fiscali e d'altra natura) valga a trasformare il suddetto obbligo generalizzato in un obbligo rivolto solo alle cooperative «beneficiate» o, addirittura, in un onere da assolvere per poter fruire di benefici, posto che la suddetta previsione di decadenza è solo un modo per rafforzare l'obbligo generalizzato di cui sopra e non è intesa ad attribuire ad esso una portata riduttiva.
Cass. civ. n. 15475/2001
In tema di società cooperative edilizie di abitazione, allorché, per effetto del mancato deposito, nei termini prescritti, dei bilanci per due anni consecutivi, la società, ai sensi dell'art. 2544, primo comma, c.c., nel testo dettato dall'art. 18 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, sia stata sciolta di diritto ed abbia perso la personalità giuridica, i suoi soci diventano illimitatamente responsabili per le obbligazioni pregresse e per quelle conseguenti alle eventuali nuove attività, in applicazione analogica delle disposizioni dettate per le società prive di personalità giuridica.
Cass. civ. n. 516/1991
Con riguardo a società cooperativa edilizia, la cui gestione sia stata affidata ad un commissario governativo, al quale, a norma dell'art. 2543 c.c., siano attribuiti, oltre alla rappresentanza legale della società, i poteri del consiglio di amministrazione, la rappresentanza processuale della società spetta al detto organo con pienezza di poteri.
Cass. civ. n. 2524/1990
Con riguardo ad una cooperativa edilizia che abbia esaurito l'attività di costruzione e di assegnazione degli alloggi, realizzando così completamente il proprio scopo sociale, è invalido il recesso da parte di tutti i soci, costituendo esso un espediente per eludere le disposizioni degli artt. 2448, primo comma, n. 2, e 2449 ss. c.c., richiamati per le cooperative dal successivo art. 2539, che prevedono, nel caso di conseguimento dell'oggetto sociale, lo scioglimento e la messa in liquidazione della società.
Cass. civ. n. 4642/1976
Lo scioglimento di una società cooperativa per mancato deposito degli atti prescritti dalla legge per un biennio non si verifica se non con la pronuncia dell'autorità amministrativa prevista dall'art. 2544 c.c.