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Art. 2552 — Diritti dell’associante e dell’associato

Art. 2552 — Diritti dell’associante e dell’associato

La gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associante.

Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare l’associato sull’impresa o sullo svolgimento dell’affare per cui l’associazione è stata contratta [ 2186 ].

In ogni caso l’associato ha diritto al rendiconto [ 263 ] dell’affare compiuto, o a quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno [ 2261, 2320 ].

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. pen. n. 13258/2010

In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la pronuncia di incostituzionalità dell’art. 405, comma primo bis c.p.p. emessa dalla Corte costituzionalità con sentenza n. 129 del 2009, non ha fatto venir meno il presupposto dell’istanza di equa riparazione basata su un provvedimento di archiviazione adottato in base a quella norma.

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Cass. civ. n. 14792/2005

La notificazione presso il procuratore domiciliatario della parte viene validamente eseguita con la consegna di copia dell’atto al collega di studio, considerato che l’art. 139, secondo comma, c.p.c., nell’includere, fra i possibili consegnatari, l’addetto all’ufficio del destinatario, richiede una situazione di comunanza di rapporti che, quale quella del professionista che ha in comune col destinatario dell’atto lo stesso studio, faccia presumere che il primo porterà a conoscenza del secondo l’atto ricevuto, senza comportare necessariamente un vincolo di dipendenza o subordinazione.

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Cass. civ. n. 4917/2003

Nell’assicurazione per conto di chi spetta o per conto altrui — la cui stipula impedisce al contraente l’esercizio dei diritti derivanti dal contratto, salvo che non vi consenta esplicitamente o implicitamente l’assicurato, che li acquista direttamente, senza la preventiva dichiarazione di voler profittare del contratto — il contraente ha l’obbligo di informare l’assicurato dell’esistenza dell’assicurazione, alla luce della peculiare configurazione della fattispecie contrattuale de qua, della conseguente estraneità del terzo beneficiario alla stipulazione, del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, tale obbligo rivestendo, per l’effetto, natura contrattuale.

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Cass. civ. n. 8027/2000

In tema di associazione in partecipazione, il rendimento del conto non è l’unico, né il principale adempimento dovuto dall’associante all’associato; sicché, il mancato rendimento del conto non comporta, necessariamente e qualunque sia concretamente la sua importanza, la risolvibilità del contratto, trovando applicazione il criterio dell’art. 1455 c.c. (La Suprema Corte ha così confermato la sentenza che, valutati gli addebiti mossi all’associante alla luce del complessivo comportamento delle parti, era pervenuta alla conclusione che, nell’economia generale del rapporto, la tenuta di una contabilità incompleta ed il mancato formale invio dei rendiconti annuali non rappresentavano inadempimento idoneo a giustificare la risoluzione del contratto per responsabilità dell’associante).

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Cass. civ. n. 1191/1997

La disposizione di cui al primo comma dell’art. 2552 c.c., che, in tema di associazione in partecipazione, prevede, di regola, che la gestione dell’impresa spetti all’associante, è derogabile, potendo il contratto affidare all’associato poteri di gestione sia interna che esterna, sempre che egli ripeta i propri poteri dall’associante.

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Cass. civ. n. 2715/1996

Nel contratto di associazione di partecipazione l’autonomia che, di regola, si accompagna alla titolarità esclusiva dell’impresa e della gestione da parte dell’associazione trova limitazione sia nell’obbligo del rendiconto ad affare compiuto o del rendiconto annuale della gestione che si protragga per più di un anno (art. 2552, comma terzo, c.c.), sia, in corso di durata del rapporto, nel dovere generale di esecuzione del contratto secondo buona fede che si traduce nel dovere specifico di portare a compimento l’affare o l’operazione economica entro il termine ragionevolmente necessario a tale scopo. Ne consegue che, alla stregua dei principi generali sulla risoluzione dei contratti sinallagmatici per inadempimento — applicabili all’associazione in partecipazione — l’inerzia o il mancato perseguimento da parte dell’associante dei fini, cui l’attività d’impresa o di gestione dell’affare è preordinata determina inadempimento quando, secondo l’insindacabile apprezzamento del giudice di merito, si protragga oltre ogni ragionevole limite di tolleranza e può, perciò, dar luogo all’azione di risoluzione del contratto secondo le regole indicate negli artt. 1453 e 1454 c.c.

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Cass. civ. n. 926/1996

Nell’associazione in partecipazione, inquadrabile nella categoria dei contratti di collaborazione, e che prevede il conseguimento di un risultato comune attraverso l’apporto dei partecipanti, il diritto agli utili spettanti all’associato ha carattere periodico, in mancanza di diversa pattuizione, dovendo essere riferito agli utili di esercizio, e sorge indipendentemente dalla presentazione del rendiconto, che rappresenta unicamente l’espressione numerica di parametri convenzionalmente stabiliti, per mezzo dei quali è possibile quantificare la misura degli utili suddetti; ne consegue che, qualora il rendiconto non venga offerto, o sia ritenuto inadeguato o insoddisfacente, ben può l’associato agire per ottenere giudizialmente, in base al contratto, l’accertamento della misura del proprio credito.

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