Art. 810 – Codice civile – Nozione
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Massime correlate
Cass. civ. n. 18185/2023
Nel giudizio avente ad oggetto l'usucapione di beni immobili, il creditore garantito da ipoteca iscritta anteriormente alla trascrizione della domanda riveste la qualità di litisconsorte necessario, in quanto titolare di un diritto reale - risultante dai pubblici registri ed opponibile erga omnes - di cui l'usucapione produce l'estinzione, con la conseguenza che, ove sia stato pretermesso, la sentenza resa all'esito di quel processo non spiega effetti nei suoi confronti, potendo essere apprezzata quale mero elemento di prova nel giudizio di opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., promosso dall'usucapente avverso l'espropriazione dello stesso bene immobile.
Cass. civ. n. 14084/2023
Nel comodato c.d. precario (nel quale il termine non sia stato concordato dalle parti né risulti in relazione all'uso del bene), la regola di cui all'art. 1810 c.c. - secondo cui il comodatario è tenuto a restituire la cosa "non appena il comodante la richieda" -, configurando un'esemplificazione di quella generale prevista nella prima parte dell'art. 1183, comma 1, c.c., non esclude l'applicazione della seconda parte della citata disposizione, con la conseguenza che il giudice, in mancanza di accordo delle parti, può stabilire il termine per la restituzione della cosa oggetto di comodato, quando sia necessario per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione e, in particolare, quando, trattandosi di comodato di immobile ad uso di abitazione, il comodatario necessiti di una congrua dilazione per rilasciarlo e trovare una diversa sistemazione abitativa. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, sebbene il comodante avesse fissato, all'atto della richiesta di restituzione dell'immobile, un termine per il rilascio, aveva ritenuto legittima la dilazione dello stesso da parte del giudice, in considerazione della destinazione dell'immobile ad abitazione del nucleo familiare del comodatario, con conseguente esclusione del diritto del comodante al risarcimento dei danni da ritardata restituzione).
Cass. civ. n. 10257/2023
Laddove venga proposta in primo grado azione di restituzione di immobile fondata su un comodato precario, non costituisce domanda nuova quella di usucapione decennale formulata in appello dall'attore soccombente, essendo quest'ultima formulata in forza dello stesso titolo trascritto univocamente invocato nella domanda di restituzione spiegata in primo grado.
Cass. civ. n. 21853/2020
Chiunque abbia la disponibilità di fatto di una cosa, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederla in comodato e, quando il rapporto viene a cessare, è legittimato a richiederla in restituzione, senza dover dimostrare di esserne proprietario. Egli ha soltanto l'onere di provare la consegna del bene e il rifiuto della restituzione, spettando eventualmente al convenuto far valere il possesso di un diverso titolo per il suo godimento.
Cass. civ. n. 22309/2020
La circostanza che un immobile concesso in comodato sia destinato ad attività commerciale non è sufficiente per ritenere il relativo contratto soggetto ad un termine implicito, sicché il comodante può domandare la restituzione del bene prima della cessazione di tale attività.
Cass. civ. n. 9796/2019
In tema di comodato, la circostanza che le parti, pur non prevedendo un termine per la restituzione del bene, abbiano vincolato l'efficacia del contratto al venir meno dell'utilizzazione dello stesso in concomitanza con la cessazione dello svolgimento dell'attività del comodatario, non comporta automaticamente la qualificazione del rapporto alla stregua di comodato senza determinazione di durata (con conseguente potere di recesso "ad nutum" del comodante, ai sensi dell'art. 1810 c.c.), spettando al giudice di merito il compito di verificare se l'assetto di interessi individuato dalle parti non sia riconducibile ad un contratto atipico, meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c., avente a oggetto la regolamentazione del potere di pretendere la restituzione del bene concesso in godimento, in modo che il comodante sia autorizzato ad esercitarlo non già "ad nutum", bensì unicamente al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva qualificato come senza determinazione di durata, con conseguente applicabilità dell'art. 1810 c.c. in relazione al recesso "ad nutum" del comodante, un contratto di comodato contenente una clausola che ne ricollegava l'efficacia al persistente espletamento delle attività culturali svolte nell'immobile dall'ente comodatario).
Cass. civ. n. 9990/2019
In caso di cessione al terzo effettuata in costanza di matrimonio dal coniuge esclusivo proprietario dell'immobile precedentemente utilizzato per le esigenze della famiglia, il provvedimento di assegnazione della casa familiare all'altro coniuge - non titolare di diritti reali sul bene - collocatario della prole, emesso in data successiva a quella dell'atto di acquisto compiuto dal terzo, è a questi opponibile ai sensi dell'art. 155-quater c.c. - applicabile "ratione temporis" - e dell'art. 6, comma 6, della legge n. 898 del 1970, in quanto analogicamente applicabile al regime di separazione, soltanto se - a seguito di accertamento in fatto da compiersi alla stregua delle risultanze circostanziali acquisite - il giudice di merito ravvisi l'instaurazione di un preesistente rapporto, in corso di esecuzione, tra il terzo ed il predetto coniuge dal quale quest'ultimo derivi il diritto di godimento funzionale alle esigenze della famiglia, sul contenuto del quale viene a conformarsi il successivo vincolo disposto dal provvedimento di assegnazione. Tale ipotesi ricorre nel caso in cui il terzo abbia acquistato la proprietà con clausola di rispetto del titolo di detenzione qualificata derivante al coniuge dal negozio familiare, ovvero nel caso in cui il terzo abbia inteso concludere un contratto di comodato, in funzione delle esigenze del residuo nucleo familiare, con il coniuge occupante l'immobile, non essendo sufficiente a tal fine la mera consapevolezza, da parte del terzo, al momento dell'acquisto, della pregressa situazione di fatto di utilizzo del bene immobile da parte della famiglia.
Cass. civ. n. 17332/2018
Nel comodato di bene immobile, stipulato senza determinazione di termine, l'onere di provarne la destinazione a casa familiare e la persistenza della predetta destinazione alla domanda di rilascio grava sul comodatario. (Nella specie la S.C. ha cassato al sentenza impugnata che aveva ritenuto onerati i comodanti dell'onere della prova di dimostrare l'insussistenza di vincoli di destinazione).
Cass. civ. n. 2771/2017
In sede di valutazione della domanda di rilascio proposta dal comodante nei confronti del coniuge cui l’immobile è stato assegnato quale casa familiare, il giudice è tenuto ad accertare, ai sensi dell’art. 1810 c.c., che perduri, nell’interesse dei figli conviventi minorenni (o maggiorenni non autosufficienti), la destinazione dell’intero bene all’uso cui è stato adibito, dovendo, in caso contrario, ordinarne la restituzione, quanto meno parziale.
Cass. civ. n. 24618/2015
Il comodato di un bene immobile, stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare, ha un carattere vincolato alle esigenze abitative familiari, sicché il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento anche oltre l'eventuale crisi coniugale, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno ai sensi dell'art. 1809, comma 2, c.c., ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto risolto per mutuo consenso un contratto di comodato sulla sola base della volontà espressa da uno dei coniugi comodatari, senza considerare la situazione di separazione personale e il vincolo di destinazione dell'immobile, nonché omettendo di verificare la sussistenza dell'urgente ed imprevisto bisogno della parte comodante).
Cass. civ. n. 24838/2014
Nel comodato di bene immobile, stipulato senza determinazione di termine, la volontà di assoggettare il bene a vincoli d'uso particolarmente gravosi, quali la destinazione a residenza familiare, non può essere presunta ma va positivamente accertata, dovendo, in mancanza, essere adottata la soluzione più favorevole alla sua cessazione. (Nella specie, la S.C. ha accolto il ricorso della comodante, che invocava la natura precaria del comodato d'immobile poiché l'unità abitativa - poi assegnata al coniuge affidatario della prole in occasione della separazione - era stata lasciata, a seguito del trasferimento dei genitori in altra regione, senza alcuna formalizzazione al figlio celibe ben due anni prima del matrimonio).
Cass. civ. n. 13592/2011
Il comodato, stipulato senza prefissione di termine, di un immobile successivamente adibito, per inequivoca e comune volontà delle parti contraenti, ad abitazione di un nucleo familiare di fatto, costituito dai conviventi e da un figlio minore, non può essere risolto in virtù della mera manifestazione di volontà "ad nutum" espressa dal comodante ai sensi dell'art. 1810, primo comma, ultima parte, cod. civ., dal momento che deve ritenersi impresso al contratto un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari idoneo a conferire all'uso cui la cosa è destinata il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi familiare tra i conviventi. Ne consegue che il rilascio dell'immobile, finché non cessano le esigenze abitative familiari cui esso è stato destinato, può essere richiesto, ai sensi dell'art. 1809, secondo comma, cod. civ., solo nell'ipotesi di un bisogno contrassegnato dall'urgenza e dall'imprevedibilità.
Cass. civ. n. 3168/2011
Nel contratto di comodato, il termine finale può, a norma dell'art. 1810 c.c., risultare dall'uso cui la cosa dev'essere destinata, in quanto tale uso abbia in sé connaturata una durata predeterminata nel tempo; in mancanza di tale destinazione, invece, l'uso del bene viene a qualificarsi a tempo indeterminato, sicché il comodato deve intendersi a titolo precario e, perciò, revocabile "ad nutum" da parte del proprietario.
Cass. civ. n. 15986/2010
Il comodato precario é caratterizzato dalla circostanza che la determinazione del termine di efficacia del "vinculum iuris" costituito tra le parti é rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha facoltà di manifestarla "ad nutum" con la semplice richiesta di restituzione del bene senza che assuma rilievo la circostanza che l'immobile sia stato adibito a casa familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione tra i coniugi, all'affidatario dei figli. (Omissis).
Cass. civ. n. 6678/2008
Si connota come figura atipica, siccome non riconducibile né al modello legale del comodato a termine (art. 1809 c.c. ), né a quello del comodato senza limitazione di tempo (art. 1810 c.c. ), il contratto di comodato immobiliare con il quale le parti abbiano previsto che la restituzione del bene da parte del comodatario debba avvenire nel «caso che il comodante ne abbia necessità ». In tale ipotesi, infatti, il comodato è da intendere convenuto senza determinazione di tempo (salvo quello che ex lege può discendere dall'applicazione dell'art. 1811 c.c. e che un termine derivi in relazione all'uso pattuito ), ma, ai sensi dell'art. 1322 c.c., con il patto che il potere di richiedere la restituzione possa esercitarsi solo in presenza di una necessità di utilizzazione dell'immobile nel senso di un bisogno di riavere la cosa per goderne in uno dei modi consentiti dal proprio titolo che sia incompatibile con il protrarsi del godimento del comodatario e che deve essere prospettata nel negozio di recesso dal comodante e, in caso di contestazione, dimostrata. (Nella fattispecie, poiché le parti avevano convenuto che il terreno con annesso locale scantinato rimanesse nella disponibilità del comodatario finché il comodante ne avesse avuto necessità, senza, però, che di tale necessità fosse stata allegata idonea prova, la S.C., in accoglimento del ricorso e decidendo nel merito, ha rigettato la domanda di rilascio).
Cass. civ. n. 7279/2006
La vendita di cose generiche, appartenenti ad un genus limitandum è ammissibile, in virtù del principio di conservazione del negozio giuridico sancito dall'articolo 1367 c.c., anche rispetto agli immobili, relativamente al genus limitatum costituito dal complesso di un determinato fondo. Più in particolare, nella compravendita di un terreno che debba essere distaccato da una maggiore estensione, e indicato soltanto quantitativamente nella misura della sua superficie, sussiste il requisito della determinabilità dell'oggetto quando sia accertato che le parti avevano considerato la maggior estensione di proprietà del venditore come genus essendo stata la stessa perfettamente individuata nel contratto, nonché stabilito la misura della estensione da distaccare, e sempre che per la determinazione del terreno venduto non debba richiedersi una nuova manifestazione di volontà delle parti, null'altro occorrendo, ai fini della sussistenza del suddetto requisito, se non l'adempimento del venditore che deve prestare la cosa determinata solo nel genere attenendosi al disposto dell'articolo 1178 c.c. Tale requisito di determinabilità dell'oggetto sussiste quando nel contratto siano contenuti elementi prestabiliti dalle parti, che possono consistere anche nel riferimento a dati di fatto esistenti e sicuramente accertabili, i quali siano idonei alla identificazione del terreno da trasferire mediante un procedimento tecnico di mera attuazione che ne individui la dislocazione nell'ambito del fondo maggiore, per cui la consegna di una parte piuttosto che di un'altra risulti di per sé irrilevante, essendo i diversi tratti di terreno del tutto equivalenti: per esempio, indicando l'ubicazione e la forma all'interno della più ampia superficie, ovvero demandando ad un terzo o a una delle parti la determinazione. Rileva per contro l'impossibilità di determinare la esatta consistenza del terreno da trasferire nel caso in cui sussistano margini di dubbio sulla identità del terreno venduto e si renda perciò necessario tornare alla determinazione dell'oggetto con un patto successivo. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità del contratto di vendita di un terreno per totale indeterminatezza ed indeterminabilità dell'oggetto, in quanto che, mentre era esattamente individuato, con l'indicazione dei confini, il terreno dal quale operare il distacco, in base agli elementi contenuti nel contratto non risultava in alcun modo specificata la ubicazione e la forma della superficie venduta all'interno della più ampia superficie, con la conseguente impossibilità di individuarla).
Cass. civ. n. 13603/2004
Ove il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare (nella specie: dal genitore di uno dei coniugi ) già formato o in via di formazione, si versa nell'ipotesi del comodato a tempo indeterminato, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare. Infatti, in tal caso, per effetto della concorde volontà delle parti, si è impresso allo stesso un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari (e perciò non solo e non tanto a titolo personale del comodatario ) idoneo a conferire all'uso cui la cosa deve essere destinata il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo esclusivamente dalla volontà, ad nutum, del comodante. Salva la facoltà di quest'ultimo di chiedere la restituzione nell'ipotesi di sopravvenienza di un bisogno, ai sensi dell'art. 1809, comma 2, c.c., segnato dai requisiti della urgenza e della non previsione.
Cass. civ. n. 12655/2001
Nel comodato c.d. precario in mancanza di determinazione della sua durata, ove non risulti un termine in relazione all'uso del bene, ancorché il comodatario sia tenuto a restituire la cosa «non appena il comodante la richieda», ai sensi dell'art. 1810 c.c., tale disciplina, configurando un'ipotesi specifica della regola generale prevista nella prima parte dell'art. 1183 c.c., non esclude l'applicazione della disposizione di cui alla seconda parte del citato primo comma dell'art. 1183, con la conseguenza che il giudice, in mancanza di accordo delle parti, possa stabilire il termine per la restituzione della cosa oggetto di comodato, quando sia necessario per la natura della prestazione ovvero per il modo o il luogo dell'esecuzione e, in particolare, quando, trattandosi di comodato di immobile ad uso di abitazione, il comodatario necessiti di congrua dilazione per rilasciare vuoto l'immobile e per trovare altra sistemazione abitativa.
Cass. civ. n. 8482/2001
In tema di comodato, addotta, da parte dell'attore in restituzione, l'esistenza di un rapporto di comodato precario, ed eccepita, da parte del convenuto, la sussistenza di un rapporto di locazione, la mancata prova di tale ultimo rapporto implica l'accoglimento della domanda attorea, poiché l'eccezione del convenuto postula il riconoscimento dell'intervenuta consegna della cosa per uso determinato e, dunque, in difetto di diverse allegazioni, l'esistenza del comodato, dal quale discende l'obbligo della restituzione su richiesta del comodante, essendo onere del comodatario invocare l'esistenza di un termine, ovvero la mancata scadenza dello stesso.
Cass. civ. n. 5987/2000
La figura del «precario» ovvero del «comodato precario» (art. 1810 c.c.) si caratterizza per la previsione che la scadenza della validità del vincolo dipende potestativamente dalla volontà del comodante, il quale può farla maturare ad nutum mediante richiesta di restituzione del bene. Tale richiesta determina l'immediata cessazione del diritto del comodatario alla disponibilità e al godimento della cosa, con la conseguenza che una volta sciolto per iniziativa unilaterale del comodante il vincolo contrattuale, il comodatario che rifiuti la restituzione della cosa, viene ad assumere la posizione di detentore sine titulo e quindi abusivo del bene altrui, salvo che dimostri di poterne disporne in base ad altro rapporto diverso dal precario.
Cass. civ. n. 2719/1995
Nel comodato di un immobile, stipulato senza la espressa fissazione di un termine, questo, mentre non è desumibile dalla generica destinazione che l'immobile può avere per sua propria natura, trattandosi di destinazione ad uso generico ed indeterminato, può essere desunto dalla particolare, specifica destinazione del bene, restando individuato attraverso le particolari prescrizioni e limitazioni dettate per il suo godimento, sicché in tale caso il giudice ha il dovere di accertare se il godimento della cosa, per come e per quanto consentito, non abbia più ragione di protrarsi nel tempo si da ingenerare l'obbligazione di restituzione per scadenza del termine o esaurimento dell'utilità ai sensi dell'art. 1810 c.c. ovvero se il godimento stesso non abbia trasmodato in eccesso ed abuso così da legittimare il comodante alla diversa azione di restituzione anticipata del bene per inadempimento del comodatario a norma dell'art. 1804 c.c.
Cass. civ. n. 2750/1994
Nel contratto di comodato l'obbligo di restituzione non può prescindere dalla fissazione di un termine che, in quanto tale, deve per definizione essere certo nel suo futuro verificarsi. Pertanto, ove il bene (nella specie, immobile adibito ad abitazione) sia stato concesso in comodato con la clausola «fino a quando i comodatari non abbiano reperito un altro alloggio», il termine stabilito è meramente apparente, mancando di qualsiasi concretezza temporale di determinazione, e deve considerarsi come non apposto, con la conseguenza che il rapporto resta regolato dall'art. 1810 c.c., secondo cui quando il comodato è senza determinazione di durata il comodatario è tenuto all'immediata restituzione a richiesta del comodante.
Cass. civ. n. 12153/1990
In caso di conferimento in società di un'azienda, comprensiva di un opificio completo di macchinari, anche questi ultimi sono assoggettabili all'imposta di trascrizione cui siano stati assoggettati gli immobili conferiti, atteso che le pertinenze mobiliari sono capaci di ipoteca insieme all'immobile, per il testuale disposto dell'art. 2810 c.c., cui fa eco (con riferimento alla normativa precedente alla riforma tributaria) il combinato disposto dell'art. 1, primo e secondo comma, e dell'art. 4, secondo comma della legge sulle imposte ipotecarie 25 giugno 1943, n. 540. L'applicazione della suddetta imposta non è condizionata alla trascrizione dell'atto, essendo sufficiente il verificarsi del presupposto dell'imposta di registro, ossia la stipulazione di atti tra vivi traslativi di diritti capaci di ipoteca.
Cass. civ. n. 210/1987
è infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 12 1° comma, lett. c), 13 e 18, l. 8 luglio 1986, n. 349, per violazione delle competenze attribuite alle province autonome di Trento e Bolzano, nella parte in cui attribuiscono solo alle associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale o interregionale il potere di presentare terne di candidati per la nomina dei membri del consiglio nazionale per l'ambiente e deferiscono al consiglio stesso la facoltà di denunziare fatti illeciti, produttivi di danni ambientali, al fine di provocare giudizi per il loro risarcimento, facoltà peraltro conferite a tutti i cittadini ed alle singole province.
Cass. civ. n. 391/1985
L'estensione dell'ipoteca iscritta su uno stabilimento industriale ai macchinari in esso impiegati non è riconducibile al disposto dell'art. 2810 n. 1 c.c. in tema di pertinenza, dato che detti macchinari, rientrando fra gli elementi del complesso aziendale, globalmente rivolti a realizzare la funzione produttiva, non sono qualificabili come meri accessori al servizio di beni immobili, ma va riconosciuta, ai sensi dell'art. 2811 c.c., solo se ed in quanto i macchinari medesimi si presentino incorporati all'immobile, per effetto di una connessione fisica idonea a dar luogo ad un bene complesso (e non quindi per mera adesione con mezzi aventi la sola funzione di ottenerne la stabilità necessaria all'uso). Ove sussista tale incorporazione, l'estensione dell'ipoteca non resta esclusa dalla circostanza che, sopravvenuto il fallimento del debitore, si abbia la disintegrazione del complesso aziendale, con la vendita dei singoli beni in sede concorsuale, poiché una tale successiva scorporazione non può travolgere ex tunc il già verificatosi ampliamento dell'oggetto dell'ipoteca in applicazione del citato art. 2811 c.c.
Cass. civ. n. 2257/1984
Il vincolo ipotecario su uno stabilimento industriale si estende ai macchinari in esso impiegati solo quando questi assumano la natura di accessioni dell'immobile (art. 2811 c.c.), nel senso che siano fisicamente connessi al fabbricato, non per mere esigenze di stabilità nel loro impiego, ma con mezzi coesivi tali da realizzare, in termini d'incorporazione, una cosa complessa. All'infuori di tale ipotesi, infatti, l'estensione del suddetto vincolo non può essere fondata sul disposto dell'ari. 2810 n. 1 c.c. in tema di pertinenze di immobili, tenuto conto che la qualità di pertinenza, riguardante il bene accessorio destinato a rendere possibile o più proficuo il godimento o lo sfruttamento del bene principale, non è ravvisabile nei rapporti fra le componenti di un complesso aziendale, globalmente concorrenti, con reciproca complementarietà, ad un'unitaria funzione.