Art. 819 – Codice civile – Diritti dei terzi sulle pertinenze
La destinazione di una cosa al servizio o all'ornamento di un'altra non pregiudica i diritti preesistenti su di essa a favore dei terzi [818]. Tali diritti non possono essere opposti ai terzi di buona fede se non risultano da scrittura avente data certa anteriore, quando la cosa principale è un bene immobile o un bene mobile iscritto in pubblici registri [247, 863 cod. nav.].
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 20287/2017
La terrazza a livello, con funzione di copertura e protezione dagli agenti atmosferici dei vani sottostanti (ancorché appartenenti, come nella specie, ad unità immobiliari rientranti in edifici autonomi, ma tra loro materialmente congiunti) deve ritenersi bene di proprietà condominiale, ex art. 1117 c.c., giacché, svolgendo la medesima funzione del lastrico solare, è necessaria all'esistenza stessa del fabbricato; né osta a tale conclusione la circostanza che ad essa si acceda da un appartamento contiguo (ubicato, nella specie, in uno degli edifici coperti ed) al cui servizio pertinenziale la terrazza è destinata, non pregiudicando tale destinazione i diritti dei condomini sulla cosa comune, ex art. 819 c.c., né essendo il regime di comunione escluso dal solo fatto che uno o più comproprietari traggano dal bene utilità maggiori rispetto ad altri ed occorrendo, al contrario, che la deroga all'attribuzione legale al condominio, con assegnazione della terrazza a livello in proprietà od uso esclusivi, risulti da uno specifico titolo, mediante espressa disposizione nel negozio di alienazione, ovvero mediante un atto di destinazione del titolare di un diritto reale, a prescindere dalla natura reale o personale del diritto così costituito.
Cass. civ. n. 27531/2014
La prestazione di garanzia fideiussoria può essere concessa con durata inferiore al mutuo ipotecario garantito, non assumendo rilevanza né che il creditore adempia sin dall'inizio del rapporto al suo obbligo di esborso di quanto mutuato, né che l'obbligo restitutorio del mutuatario sorga per l'intero dal momento della conclusione del contratto, pur se la restituzione sia dilazionata nel tempo, sicché il fideiussore non risponde degli inadempimenti verificatisi dopo la scadenza della garanzia se durante il suo periodo di efficacia sia stato rispettato il piano d'ammortamento.
Cass. civ. n. 12639/2008
In tema di mutuo fondiario, l'esercizio, da parte dell'Istituto di credito mutuante, della condizione risolutiva prevista dall'art. 15 del d.P.R. n. 7 del 1976D.P.R. 21/01/1976, n. 7 (applicabile nella fattispecie "ratione temporis") nell'ipotesi di inadempimento del mutuatario, determina la risoluzione del rapporto di mutuo, con la conseguenza che il mutuatario deve provvedere, oltre al pagamento integrale delle rate già scadute (non travolte dalla risoluzione, che non opera retroattivamente nei contratti di durata, quali il mutuo) alla immediata restituzione della quota di capitale ancora dovuta, ma non al pagamento degli interessi conglobati nelle semestralità a scadere, dovendosi invece calcolare, sul credito così determinato, gli interessi di mora ad un tasso corrispondente a quello contrattualmente pattuito, se superiore al tasso legale, secondo quanto previsto dall'art. 1224, primo comma, cod. civ.. (Cassa con rinvio, App. Firenze, 6 dicembre 2002).
Cass. civ. n. 14584/2005
Il rapporto di mutuo concesso in base alle disposizioni sul credito fondiario non si estingue per effetto della dichiarazione dell'istituto mutuante di volersi avvalere della condizione risolutiva prevista dall'art. 15 del d.P.R. 21 gennaio 1976, n. 7 e perdura fino al momento in cui il mutuatario adempie completamente le proprie obbligazioni, con la conseguenza che durante tale periodo gli interessi convenzionali, ancorchè convertiti in interessi di mora, continuano a decorrere al tasso pattuito.
Cass. civ. n. 20449/2005
In materia di mutuo fondiario disciplinato, 'ratione temporis', dal d.P.R. n. 7 del 1976, la notificazione da parte della banca di atto di precetto al mutuatario inadempiente per il pagamento del credito vantato, anche residuo, comporta la risoluzione del contratto, in quanto con questo atto la banca manifesta la propria volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista dell'art. 15 d.P.R. cit., dovendo essere così qualificata quella testualmente indicata dalla norma come "condizione risolutiva", essendo compatibile la risoluzione sia con la previsione, ex art. 41, r.d. n. 646 del 1905, della maturazione di rate di mutuo dopo l'immissione della banca nel possesso dell'immobile, poichè questa si configura come rimedio a sè, distinto dalla esecuzione forzata ed alla medesima non necessariamente connesso, sia con la facoltà dell'aggiudicatario dell'immobile esitato di "approfittare" del mutuo (art. 61 e 62 r.d. cit.), che ripristina il contratto già sciolto; peraltro, la risoluzione neppure compromette l'equilibrio economico tra provvista mediante l'emissione di obbligazioni dei mezzi necessari all'erogazione del credito e concessione del mutuo, poichè sul capitale residuo continuano a maturare gli interessi al tasso convenzionale, in quanto il contratto di mutuo costituisce un contratto di durata e, quindi, la risoluzione opera per il futuro, determinando l'anticipata scadenza dell'obbligazione di rimborso del capitale, ferma l'applicabilità, nel caso di ritardo nel pagamento, degli interessi di mora al tasso convenuto ex art. 1224 cod. civ., restando invece escluso il riconoscimento dei medesimi interessi sulle rate a scadere che comprendono, oltre alla quota capitale anche gli interessi corrispettivi, in virtù dell'anatocismo legale previsto dall'art. 14, d.P.R. n. 7 del 1976.
Cass. civ. n. 3046/1975
È strumento frequentissimo nel commercio degli immobili urbani a proprietà originariamente divisa per piani o porzioni di piano, o destinati a divenire tali, i quali siano edificati col sussidio di un mutuo ipotecario, la determinazione provvisoria della quota di mutuo a carico di ciascun assegnatario o acquirente di unità immobiliari, salvo conguaglio a scadenza stabilita, al fine di assicurare l'anticipato ammortamento e il versamento degli interessi, mediante la prefissione di scadenze alle quali i ratei, o le singole quote di essi, sono esigibili. Ne consegue che il diritto al riparto definitivo (frazionamento del mutuo) non esclude l'esigibilità dei ratei provvisori alle scadenze stabilite.
Cass. civ. n. 1153/1969
La dichiarazione, con cui il mutuatario manifesta la volontà di valersi della clausola che gli consente il pagamento prescindendo dalle scadenze rateali, costituisce un atto unilaterale ricettizio, i cui effetti divengono vincolanti per entrambe le parti nel momento in cui la dichiarazione perviene al destinatario.