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Articolo 7 Codice di procedura civile — Competenza del giudice di pace

Articolo 7 Codice di procedura civile — Competenza del giudice di pace

Il giudice di pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a cinquemila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice.

Il giudice di pace è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore della controversia non superi ventimila euro.

È competente qualunque ne sia il valore:

  1. 1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
  2. 2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;
  3. 3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità.
  4. 3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato paga-mento di prestazioni previdenziali o assistenziali.
  1. 1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;
  2. 2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case;
  3. 3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità.
  4. 3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato paga-mento di prestazioni previdenziali o assistenziali.
L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 16650/2015

La controversia sulla legittimità dell’uso a parcheggio di un’area condominiale appartiene alla competenza del tribunale e non a quella del giudice di pace, risultando oggetto di contestazione il diritto ad un certo uso del bene comune e non soltanto le relative modalità di esercizio.

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Cass. civ. n. 7330/2015

L’art. 7, terzo comma, n. 3, cod. proc. civ. attribuisce alla competenza per materia del giudice di pace tutte le controversie che attengono a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione nelle quali si lamentino immissioni che oltrepassino la soglia della normale tollerabilità e ciò non solo quando la domanda è diretta ad ottenere l’inibitoria di cui all’art. 844 cod. civ., ma anche ove l’azione sia proposta, in via accessoria o esclusiva, per conseguire il risarcimento del danno sofferto a causa delle immissioni.

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Cass. civ. n. 3283/2015

La cognizione in materia di opposizione all’intimazione di pagamento relativa alla riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice della strada, configurata come opposizione all’esecuzione, spetta alla competenza del giudice di pace, avuto riguardo ai criteri di competenza per materia stabiliti dall’art. 7 del D.Lgs. 1° settembre 2011, n. 150, al pari della cognizione relativa all’opposizione al verbale di accertamento ed alla cartella esattoriale presupposti, e ciò anche qualora venga fatto valere un precedente giudicato di annullamento di tali ultimi atti, poiché, in tal modo, si contesta comunque il diritto dell’agente della riscossione di procedere esecutivamente ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ.

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Cass. civ. n. 12900/2014

La domanda di risarcimento del danno da circolazione stradale proposta dinanzi al giudice di pace senza determinazione del “quantum”, si presume, in difetto di tempestiva contestazione, di competenza del giudice adito ai sensi dell’art. 14 cod. proc. civ., e, quindi, pari all’importo massimo previsto dall’art. 7, secondo comma, cod. proc. civ. Ne consegue che la sentenza emessa dal giudice di pace è impugnabile, ai sensi dell’art. 339 cod. proc. civ. (nel testo, applicabile “ratione temporis”, anteriore alle modifiche apportate dall’art. 1 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), con l’appello, senza che assuma rilievo l’eventuale riduzione del “petitum” nei limiti del valore per la pronuncia secondo equità, operata dall’attore in corso di causa, in quanto il momento determinante ai fini della individuazione della competenza è quello della proposizione della domanda.

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Cass. civ. n. 3538/2014

Deve escludersi che l’espressione circolazione di veicoli, contenuta nell’art. 7, secondo comma, cod. proc. civ., in funzione della individuazione della relativa regola di competenza, vada intesa nel senso di circolazione dei veicoli solo su strade pubbliche o di uso pubblico o comunque su strade private con situazione di traffico equiparabile a quello di una strada pubblica, perché la regola di competenza è applicabile anche nel caso di circolazione su qualunque strada o area privata.

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Cass. civ. n. 23430/2013

La competenza del giudice di pace per le cause “relative a beni mobili” di valore non superiore a cinquemila euro è comprensiva delle domande di risarcimento del danno comprese nel suddetto valore, a nulla rilevando che il credito risarcitorio scaturisca dalla violazione di un diritto fondamentale della persona. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha ritenuto erronea la sentenza con la quale il giudice di pace, sul presupposto che la salute non fosse un “bene mobile”, aveva declinato la propria competenza a conoscere di una domanda di risarcimento del danno biologico compresa nella sua competenza per valore).

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Cass. civ. n. 2483/2012

Tra le cause inerenti le modalità di uso dei servizi e dei beni condominiali, di cui all’art. 7, comma 3, numero 2, cod. proc. civ., rientrano anche quelle promosse nei confronti di coloro che, pur non essendo condòmini, siano comunque legittimati all’uso delle parti comuni del fabbricato condominiale. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto passivamente legittimato rispetto alla domanda di accertamento delle modalità d’uso d’un cortile condominiale anche il mero titolare d’una servitù di passaggio).

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Cass. civ. n. 21582/2011

È competente il giudice di pace (nei limiti della sua competenza per valore) in ordine alle controversie aventi ad oggetto pretese che abbiano la loro fonte in un rapporto, giuridico o di fatto, riguardante un bene immobile, salvo che la questione proprietaria non sia stata oggetto di una esplicita richiesta di accertamento incidentale di una delle parti e sempre che tale richiesta non appaia, “ictu oculi”, alla luce delle evidenze probatorie, infondata e strumentale – siccome formulata in violazione dei principi di lealtà processuale – allo spostamento di competenza dal giudice di prossimità al giudice togato. (Principio di diritto enunciato ai sensi dell’art. 363 c.p.c.).

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Cass. civ. n. 7074/2011

In tema di condominio, qualora venga impugnata una delibera assembleare, il riparto di competenza deve avvenire in base al principio contenutistico, ossia con riguardo al tema specifico del deliberato assembleare di cui l’attore si duole; ne consegue che è devoluta alla competenza per materia del giudice di pace – in quanto attinente alle modalità di uso dei servizi condominiali, ai sensi dell’art. 7, quarto comma, n. 2, c.p.c. – la controversia relativa alle modalità di custodia della chiave di accesso al lastrico solare, a nulla rilevando che l’attore abbia dedotto come fondamentale motivo di censura la mancata inclusione di tale oggetto nell’ordine del giorno dell’assemblea condominiale.

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Cass. civ. n. 1064/2011

Le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni, che l’art. 7, terzo comma, n. 3, c.p.c. affida alla competenza per materia del giudice di pace, sono quelle che in cui al giudice, un applicazione dell’art. 844 c.c., è chiesto di valutare il superando della normale tollerabilità; si è, invece, al di fuori di tale ambito, e la causa rientra nella competenza del tribunale, allorché si verta in tema di opponibilità della clausola di un regolamento condominiale che, imponendo limitazioni al godimento degli appartamenti di proprietà esclusiva, vieti in essi l’esercizio di certe attività lavorative, e si invochi, a sostegno dell’obbligazione di non fare, non la norma codicistica sulle immissioni, ma il rispetto della più rigorosa previsione regolamentare, costitutiva di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servitù reciproca.

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Cass. civ. n. 17039/2010

Il risarcimento del danno subito da un immobile è assoggettato alla competenza per valore del giudice di pace – ove il “petitum” sia compreso nel limite previsto dall’art. 7, primo comma, c.p.c. – posto che la domanda ha ad oggetto una somma di danaro, senza che rilevi, ai fini della competenza per valore il titolo di godimento del bene.

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Cass. civ. n. 21418/2008

Il rinvio alle norme processuali riguardanti il rito del lavoro, stabilito nell’art. 3 della legge n. 102 del 2006 per le cause di risarcimento danni da morte o lesioni derivanti da fatti di circolazione stradale, non si applica alle controversie instaurate davanti al giudice di pace, in quanto già regolate, ai sensi degli artt. 319, 320, 321 e 322 cod. proc. civ., da un procedimento speciale ispirato dagli stessi obiettivi di concentrazione e celerità propri del rito del lavoro e senza che il citato art. 3 contenga un’espressa previsione – come imposto, in via generale, dall’art. 311 cod. proc. civ. – di estensione del rito del lavoro anche al procedimento dinanzi al giudice di pace. Pertanto, alla stregua dell'”intentio legis” sottesa alla suddetta norma di cui all’art. 3 della legge 102 del 2006, si deve ritenere che la stessa sia riferita solo all’ipotesi di causa riguardante la specificata materia quando ricadono nella competenza del Tribunale.

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Cass. civ. n. 27142/2006

La competenza dei giudici di pace subisce, in base alla disposizione dell’articolo 7 del codice di procedura civile, una limitazione radicale, riproduttiva del precedente testo dell’articolo, solo con riguardo ai beni immobili e non anche alle azioni di risarcimento del danno rispetto alle quali sussistono due diversi limiti di valore quello generale di euro 2.582,28 e quello speciale di euro 15.493,71 per i danni provocati dalla circolazione di veicoli o natanti; depongono in tal senso la lettera della norma e la ratio consistente nell’intento di attribuire alla decisione del giudice di pace le controversie caratterizzate da una serialità delle questioni trattate.

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Cass. civ. n. 451/2006

Ai sensi dell’art. 7, comma terzo n. 1, c.p.c., il giudice di pace è competente, senza limite di valore, per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti e dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi, sempre che non sorga controversia sulla proprietà o sui confini, atteso che, in questo caso, rientrando la causa tra quelle relative a beni immobili, la competenza va determinata sulla base del valore della parte controversa dell’immobile, ai sensi dell’art.15 c.p.c.

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Cass. civ. n. 8376/2005

La controversia relativa al diritto di utilizzazione del pianerottolo comune, che si assume leso dall’apertura verso l’esterno (in sostituzione di quella verso l’interno) di una porta di accesso all’appartamento di proprietà di un condomino, non rientra fra le cause relative alla misura e alle modalità di uso dei servizi condominiali, attribuite dall’art.7 terzo comma n. 2 c.p.c. al giudice di pace, giacchè essa ha ad oggetto la tutela, ex art. 1102 c.c., del diritto al pari uso della cosa comune ed alla libertà del suo esercizio (il comodo e sicuro passaggio per il pianerottolo). Essa è, pertanto, devoluta alla cognizione del tribunale.

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Cass. civ. n. 17660/2004

In tema di controversie tra condomini, a seguito della modifica introdotta all’art. 7 c.p.c., appartengono alla competenza per materia del giudice di pace le cause relative alla misura ed alle modalità di uso dei servizi di condominio. Rientrano, tra le prime, quelle che riguardano le riduzioni o le limitazioni quantitative del diritto dei singoli condomini ed hanno ad oggetto quei provvedimenti degli organi condominiali che, esulando dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini; appartengono alle seconde, quelle che concernono i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione ossia quelle relative al modo piú conveniente ed opportuno con cui tali facoltà debbono esercitarsi, nel rispetto delle facoltà di godimento riservate agli altri condomini, in proporzione delle rispettive quote, secondo quanto stabilito dalla legge o dalla volontà della maggioranza oppure da eventuali disposizioni del regolamento condominiale. Restano escluse da entrambe le categorie quelle cause in cui si controverta circa l’esistenza stessa del diritto del condomino a fruire della cosa o del servizio comune. (Fattispecie relativa alla misura del godimento del servizio comune di riscaldamento, in relazione alla quale la Corte ha ritenuto che il giudice di pace avesse erroneamente declinato la propria competenza in favore di quella del Tribunale).

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Cass. civ. n. 14564/2002

La disciplina dell’art. 7, secondo comma, c.p.c., che prevede la competenza del giudice di pace per le cause di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, purché il valore della controversia non superi trenta milioni di lire, attiene a materia che non è suscettibile di interpretazione estensiva od analogica, per essere stato previsto uno specifico nesso causale tra il fatto della circolazione stradale ed il danno, nel senso che il primo elemento deve essere causa efficiente del secondo e non costituirne, invece, semplice occasione come nel caso in cui quest’ultimo trovi la sua causa nella c.d. “insidia stradale”.

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Cass. civ. n. 5448/2002

Le cause relative alle «modalità di uso dei servizi condominiali», appartenenti alla competenza del giudice di pace a norma dell’art. 7, comma terzo, n. 2, c.p.c., sono quelle nelle quali si disputi dei limiti qualitativi o quantitativi dell’esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione, e non comprendono quelle nelle quali si controverta dell’esistenza, anche parziale, del diritto di comproprietà del singolo condomino, ovvero si neghi in radice un diritto vantato dallo stesso sulla cosa comune. (In applicazione di tale principio, la S.C., in una controversia insorta a seguito della domanda di un condomino che tendeva a negare il diritto di proprietà esclusiva dell’altro, il quale aveva recintato la parte di terreno controversa e costruito sopra di essa vari manufatti, ha accolto il regolamento di competenza richiesto dal Giudice di pace di Roma — davanti al quale era stata riassunta la causa, a seguito di sentenza del tribunale che aveva declinato la propria competenza — affermando la competenza del tribunale).

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Cass. civ. n. 746/2002

Il danno provocato al veicolo di proprietà di persona diversa dal conducente dalla condotta di questi che lo guidi su incarico del predetto proprietario, è risarcibile non ai sensi dell’art. 2054 c.c., bensì ai sensi dell’art. 2043 c.c.; tuttavia, trattandosi di danno prodotto dalla circolazione di un veicolo, l’eventuale domanda risarcitoria deve essere in ogni caso conosciuta dal giudice di pace.

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Cass. civ. n. 15573/2000

La competenza per materia con un limite di valore, che l’art. 7, comma secondo, c.p.c. attribuisce al giudice di pace per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti, non si esaurisce nelle ipotesi contemplate dall’art. 2054 c.c. ma concerne anche i casi che, pur non essendo suscettibili di essere disciplinati da tale articolo, tuttavia rientrano nella nozione di fatti illeciti prodotti dalla circolazione stradale di veicoli.

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Cass. civ. n. 7420/2000

Le propagazioni nel fondo del vicino che oltrapassino il limite della normale tollerabilità costituiscono un fatto illecito perseguibile, in via cumulativa, con l’azione diretta a farle cessare (avente carattere reale e natura negatoria) e con quella intesa ad ottenere il risarcimento del pregiudizio che ne sia derivato (di natura personale), a prescindere dalla circostanza che il pregiudizio medesimo abbia assunto i connotati della temporaneità e non della definitività.

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Cass. civ. n. 5989/2000

Non è devoluta alla competenza, per materia, del giudice di pace (quale causa relativa alla misura e alle modalità di uso dei servizi di condominio di case) la controversia avente a oggetto la legittimità della delibera assembleare che neghi in radice il diritto dei condomini a una determinata utilizzazione della terrazza comune, in particolare per stendere i panni e battere i tappeti. Una tale controversia, infatti, concerne il contenuto stesso del diritto di comproprietà dei condomini, vale a dire l’inclusione o meno di una specifica facoltà relativa all’uso del bene comune e come tale — essendo estranea alla competenza del giudice di pace — è devoluta alla competenza del tribunale.

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Cass. civ. n. 859/2000

Il conferimento al giudice di pace della competenza senza limiti di valore per le cause, tra proprietari confinanti, relative – oltre che all’apposizione di termini – all’osservanza delle distanze riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi (vigente art. 7 c.p.c.), cioè per la materia sul piano sostanziale disciplinata dall’art. 892 c.c., non implica la competenza di questo giudice anche per le controversie promosse per ottenere la recisione di rami (o radici) che si protendano (o addentrino) da un fondo in quello confinante, in riferimento alla disciplina sostanziale di cui all’art. 896 c.c., poiché, il collegamento tra la finalità delle due discipline di carattere sostanziale non ha sufficiente rilievo rispetto ad un giudice che, diversamente dal pretore – a cui precedentemente era attribuita, con formula analoga, la competenza sulle distanze degli alberi e siepi dal confine – ha in linea generale competenza solo per cause mobiliari, tenuto anche presente che la violazione dell’art. 896 implica la lesione di un diritto reale e che le domande relative alla recisione di rami protesi sul fondo altrui possono dar luogo ad eccezioni basate sulla deduzione della sussistenza al riguardo di una servitù costituita per destinazione del padre di famiglia.

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Cass. civ. n. 25/2000

Per «cause relative alle modalità di uso dei servizi di condominio di case» (già di competenza del conciliatore) devono intendersi quelle concernenti i limiti qualitativi di esercizio di facoltà contenute nel diritto di comunione, nelle quali, cioè, si controverte sul modo più conveniente ed opportuno in cui tali facoltà devono essere esercitate, mentre le cause relative alla misura di detti servizi (già di competenza del pretore) si identificano con quelle riguardanti una limitazione o riduzione quantitativa del diritto dei singoli condomini. Da queste cause, ora attribuite entrambe alla competenza per materia del giudice di pace a norma dell’art. 7 c.p.c., come sostituito dall’art. 17 della legge 21 novembre 1991 n. 374, vanno tenute distinte, però, le controversie che vedono messo in discussione il diritto stesso del condomino ad un determinato uso della cosa comune e che, quindi, rimangono soggette agli ordinari criteri della competenza per valore.

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Cass. civ. n. 13334/1999

Nel caso di immissioni moleste eccedenti la normale tollerabilità, di cui all’art. 844 c.c., l’alienazione del fondo, verificatasi nel corso del giudizio diretto ad ottenere il risarcimento dei danni, non spiega alcuna influenza sulla legittimazione dell’originario proprietario a proseguire tale giudizio, almeno limitatamente ai danni prodotti all’immobile prima del suo trasferimento, sempre che non risulti che sia stato ceduto all’acquirente anche il diritto di credito al ristoro dei danni stessi.

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Cass. civ. n. 2402/1999

La sosta di un’autovettura negli Spazi comuni condominiali configura una modalità di uso di detti beni, onde la controversia nella quale si discuta della legittimità o meno di tale forma di utilizzazione, perché contraria ad una espressa esclusione posta dal regolamento condominiale o da una deliberazione assembleare ovvero perché incompatibile con l’esercizio da parte degli altri condomini di loro concorrenti facoltà della stessa natura sul medesimo bene, concerne non il diritto di comproprietà o il diritto di esercitarne in generale le relative facoltà, ma soltanto il limite qualitativo o quantitativo a seconda della contestazione sollevata della particolare facoltà di utilizzare in tal guisa il bene comune e rientra, pertanto, nella competenza per materia del giudice di pace ai sensi dell’art. 7 c.p.c..

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Cass. civ. n. 5467/1996

Le cause relative alle modalità di uso dei servizi condominiali (appartenenti alla competenza per materia del conciliatore ai sensi dell’art. 7 c.p.c. prima della riforma introdotta con la legge 21 novembre 1991, n. 374, che le ha attribuite al giudice di pace) sono solo quelle riguardanti i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione ossia quelle relative al modo più conveniente e opportuno in cui tali facoltà debbono essere esercitate, nel rispetto della parità di godimento in proporzione delle rispettive quote, secondo quanto stabilito dagli artt. 1102 e 1118 c.c., nonché in conformità del volere della maggioranza e delle eventuali disposizioni del regolamento condominiale, mentre le cause relative alla misura degli stessi servizi (anch’esse attribuite dalla menzionata legge n. 374 del 1991 alla competenza del giudice di pace, ed anteriormente rientranti nella competenza del pretore ex art. 8 c.p.c.) riguardano le riduzioni o limitazioni quantitative del diritto dei singoli condomini e si identificano quindi con quelle aventi per oggetto provvedimenti dell’assemblea o dell’amministratore che, trascendendo dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini. Alle sopraindicate categorie è estranea invece ogni controversia nella quale sia in discussione l’esistenza stessa del diritto del condomino a fruire della cosa o del servizio comune, che resta attribuita al giudice competente secondo gli ordinari criteri del valore della causa. (Nella specie la S.C. adita in sede di regolamento di competenza ex art. 43 c.p.c. ha dichiarata la competenza del tribunale sulla domanda di riduzione in pristino proposta da un condomino nei confronti di altro condomino, che aveva chiuso una parte del pianerottolo e di un bagno comuni con una porta munita di chiave, fornita anche agli altri condomini, rilevando che non veniva in contestazione l’uso particolare e speciale del pianerottolo ma il diritto del convenuto di appropriarsi dei suddetti beni comuni).

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Cass. civ. n. 12093/1995

La controversia nella quale l’attore, deducendo la turbativa del proprio diritto di proprietà sulla rampa e sullo Spazio di accesso e manovra di un suo garage, chieda la cessazione del passaggio, esercitato nei predetti luoghi dal convenuto per accedere ad un locale di cui sia proprietario (domanda che introduce un’azione negatoria, ex art. 949 c.c., diretta a far dichiarare l’inesistenza del diritto di servitù di passaggio invocato dalla controparte), ed il convenuto spieghi domanda riconvenzionale rivolta all’accertamento di tale servitù, costituita per contratto od acquisita per usucapione, ovvero alla costituzione di una servitù di passaggio coattiva, appartiene alla competenza del tribunale, trattandosi di causa concernente diritti reali immobiliari, non già a quella del conciliatore, non essendo riferibile al semplice regolamento di uso di un’area condominiale.

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Cass. civ. n. 7295/1995

La competenza sulla domanda proposta dal condominio per impedire ad uno dei condomini l’occupazione, con beni mobili (nella specie, sedie e tavolini), dell’area comune antistante l’edificio, quando siano in discussione solo le modalità dell’uso e non il diritto di comunione del condominio o la misura delle relative facoltà, appartiene al conciliatore, cui è riservata dall’art. 7 comma 2 c.p.c., la cognizione di tutte le cause relative alle modalità di uso dei servizi e dei beni condominiali, e, cioè, le controversie sui limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione.

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Cass. civ. n. 9368/1994

Ai fini della distanza dal confine, l’art. 892 c.c., distingue le siepi formate da arbusti, da piante basse, da canneti, con esclusione degli alberi di alto e medio fusto, dalle siepi costituite da alberi di alto e medio fusto — purché oggetto di periodica recisione vicino al ceppo, che impedisce la crescita in altezza e la favorisce in larghezza, rendendo, così possibile l’avvicinamento dei rami e dei vari alberi e la formazione della protezione o barriera contro gli agenti esterni — le quali devono osservare la distanza di un metro dal confine.

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Cass. civ. n. 6936/1993

Le cause aventi ad oggetto con la formazione delle tabelle millesimali la ripartizione di spese attinenti all’uso e al godimento dei servizi condominiali e dei beni comuni (nella specie spese di spurgo della fossa biologica e di pozzetti) non rientrano tra le controversie relative alle modalità di uso e alla misura dei servizi condominiali [ rispettivamente di competenza del conciliatore (art. 7, capoverso, c.p.c.) e del pretore (art. 8, n. 4, c.p.c.) ] in quanto la patrimonialità del thema decidendum prevale sull’accertamento della misura e delle modalità dell’uso, che costituisce soltanto un presupposto necessario per la determinazione delle singole quote di spesa.

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Cass. civ. n. 3090/1993

La disposizione dell’art. 844 c.c., è applicabile anche negli edifici in condomino nell’ipotesi in cui un condomino nel godimento della propria unità immobiliare o delle parti comuni dia luogo ad immissioni moleste o dannose nella proprietà di altri condomini. Nell’applicazione della norma deve aversi riguardo, peraltro, per desumerne il criterio di valutazione della normale tollerabilità delle immissioni, alla peculiarità dei rapporti condominiali e alla destinazione assegnata all’edificio dalle disposizioni urbanistiche o, in mancanza, dai proprietari. In particolare, nel caso in cui il fabbricato non adempia ad una funzione uniforme e le unità immobiliari siano soggette a destinazioni differenti, ad un tempo ad abitazione ed ad esercizio commerciale, il criterio dell’utilità sociale, cui è informato l’art. 844 citato, impone di graduare le esigenze in rapporto alle istanze di natura personale ed economica dei condomini, privilegiando, alla luce dei principi costituzionali (v. Cost., artt. 14, 31 e 47) le esigenze personali di vita connesse all’abitazione, rispetto alle utilità meramente economiche inerenti all’esercizio di attività commerciali. (Nella specie la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito la quale aveva ordinato la rimozione dal muro perimetrale comune di una canna fumaria collocata nella parte terminale a breve distanza dalle finestre di alcuni condomini, destinata a smaltire le esalazioni di fumo, calore e gli odori prodotti dal forno di un esercizio commerciale ubicato nel fabbricato condominiale).

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Cass. civ. n. 12133/1992

L’art. 844 c.c., il quale riconosce al proprietario il diritto di far cessare le propagazioni derivanti dal fondo del vicino che superino la normale tollerabilità, deve essere interpretato estensivamente, nel senso di legittimare all’azione anche il superficiario, l’enfiteuta, il titolare di usufrutto, di uso o di abitazione e, inoltre, è applicabile per analogia a chi sia titolare di un diritto personale di godimento sul fondo, come il conduttore ovvero il promissario di vendita immobiliare che abbia ricevuto la consegna del bene in anticipo rispetto alla conclusione del contratto definitivo. In quest’ultima ipotesi, peraltro, se gli accorgimenti tecnici da adottare per ricondurre le immissioni nei limiti della normale tollerabilità comportino la necessità di modificazioni di strutture dell’immobile da cui le propagazioni derivano, si deve escludere che il titolare di diritto personale di godimento sia legittimato a chiedere le modificazioni medesime, salva restando la reclamabilità d’indennizzo.

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Cass. civ. n. 6417/1984

Appartengono alla competenza per materia [ del pretore ] sia le controversie insorte fra proprietari di fondi confinanti in ordine alla mancata osservanza delle distanze stabilite dalla legge relativamente al piantamento degli alberi, che le cause nelle quali fra proprietari di fondi confinanti si controverta se ricorra o non ricorra la situazione in presenza della quale chi abbia piantato gli alberi è esonerato dall’osservanza delle distanze stabilite, in via generale, dalla legge, atteso che, anche in tale ipotesi, la controversia riflette, sia pure in negativo, una questione di distanze per gli alberi, rientrante, per quanto concerne la competenza a conoscerne, nelle previsioni dell’art. 8, n. 2 c.p.c.

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Cass. civ. n. 6341/1982

La domanda diretta all’eliminazione dell’incertezza del confine tra due fondi e, in via meramente conseguenziale, all’apposizione dei relativi termini costituisce azione di regolamento di confini, e non azione per apposizione di termini (postulante che i termini siano certi e pacifici e tendente, quindi, solo a renderli visibili e riconoscibili), e, pertanto, ai fini della competenza, non è soggetta al criterio di cui all’art. 8, n. 2 c.p.c., bensì al criterio generale della competenza per valore.

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Cass. civ. n. 6348/1981

Ai fini della determinazione della distanza ex art. 892 c.c., ove sorga controversia sulla rilevanza da attribuire all’altezza di una pianta quale constatata in giudizio, occorre accertare se essa sia stata determinata da un sistema di coltivazione e di potatura razionalmente praticato sin dal momento della messa a dimora e con il preciso intento di imprimere alla pianta forma e dimensioni anche parzialmente diverse da quelle che avrebbe assunto in base alle sue caratteristiche naturali, ovvero se detta altezza sia stata determinata da una pratica colturale irrazionale o casuale e tale da incidere solo temporaneamente sulle dimensioni in genere e sull’altezza in particolare. (Nella specie, il giudice del merito aveva ritenuto applicabile la distanza di mezzo metro dal confine, ai sensi dell’art. 892, n. 3 c.c., ad olivi della specie «cipressina», trattandosi di piante da frutta, la cui altezza, in relazione alla natura delle medesime, alle modalità di impianto ed al sistema di potatura concretamente adottato, non può superare i due metri e mezzo. Il Supremo Collegio ha confermato la decisione, enunciando il surriportato principio).

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Cass. civ. n. 6064/1978

L’azione proposta per ottenere il ricollocamento dei segni di confine contro l’autore della illecita demolizione e rimozione di essi non è la tipica azione per apposizione di termini, data nei confronti del proprietario vicino per ottenere il concorso nella spesa per l’apposizione o il ristabilimento dei termini di confine tra fondi contigui, bensì una mera azione personale di risarcimento del danno da fatto illecito mediante la reintegrazione in forma specifica; l’azione predetta, quindi, non appartiene alla competenza per materia del pretore, ma va proposta al giudice competente per valore nel foro generale del convenuto.

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Cass. civ. n. 1568/1978

Gli alberi di alto fusto, che, a norma dell’art. 892 n. 1 c.c., debbono essere piantati a non meno di tre metri dal confine, vanno identificati con riguardo alla specie della pianta, classificata in botanica come «di alto fusto», ovvero, se trattisi di pianta non classificata come di alto fusto, con riguardo allo sviluppo da essa assunto in concreto, quando il tronco si ramifichi ad un’altezza superiore a tre metri.

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Cass. civ. n. 3889/1977

Sebbene l’art. 844 c.c. contenga un elenco esemplificativo delle immissioni suscettibili di divieto, posto che, in esso, dopo l’espressa menzione di alcune di tali immissioni seguono le parole «e simili propagazioni», tuttavia il carattere eccezionale dei limiti posti alla estrinsecazione del diritto di proprietà fa sì che la tassatività sussiste nel genus, se non nella species. Pertanto, la norma è passibile di applicazione, per interpretazione estensiva, ad ipotesi che presentino tutti i seguenti requisiti: 1) materialità dell’immissione, cioè che essa cada sotto i sensi dell’uomo ovvero influisca oggettivamente sul suo organismo (per esempio, radiazioni nocive) o su apparecchiature (per esempio, correnti elettriche e onde elettromagnetiche); 2) carattere indiretto o mediato dell’immissione, nel senso che essa non consista in un facere in alienum, ma costituisca ripercussione di fatti compiuti, direttamente o indirettamente dall’uomo, nel fondo da cui si propaga; 3) attualità di una situazione di intollerabilità, non semplice pericolo di essa, derivante da una continuità, o almeno periodicità, anche se non a intervalli regolari, dell’immissione. Questi requisiti non ricorrono nell’ipotesi in cui aggetti di gronda e tubazioni di raccolta delle acque piovane sporgano oltre la linea di confine.

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