Art. 113 – Codice di procedura civile – Pronuncia secondo diritto
, salvo che la legge gli attribuisca il potere di decidere secondo equità [disp. att. 119].
Il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede duemilacinquecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 del c.c..
Le parole ricomprese fra parentesi quadre sono state abrogate.
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Massime correlate
Cass. civ. n. 9970/2025
Nel giudizio instaurato davanti al giudice di pace per il risarcimento dei danni (nella specie da condotta di ingiuria aggravata), qualora l'attore, oltre a richiedere una somma specifica non superiore a millecento euro, abbia anche concluso, in via alternativa o subordinata, per la condanna del convenuto al pagamento di una somma maggiore o minore da determinarsi nel corso del giudizio, siffatta ultima indicazione, pur non potendosi reputare mera clausola di stile, non può, tuttavia, ritenersi di per sé sola sufficiente a dimostrare la volontà dello stesso attore di chiedere una somma maggiore - ed ancor meno una somma superiore ad euro 1100,00 - in assenza di ogni altro indice interpretativo idoneo ad ingenerare quanto meno il dubbio che le circostanze dedotte siano potenzialmente idonee a superare il valore espressamente menzionato e, in particolare, quello entro il quale è ammessa la decisione secondo equità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza del tribunale che aveva dichiarato inammissibile ex art. 339, comma 3, c.p.c. l'appello proposto avverso la sentenza resa dal giudice di pace, ritenendo ininfluente, al fine di individuare il mezzo di impugnazione esperibile, l'ulteriore richiesta, avanzata dall'attore con l'atto di citazione, di condanna del convenuto al pagamento di "una somma diversa ritenuta di giustizia", rispetto a quella specificamente quantificata di euro 950,00).
Cass. civ. n. 25273/2024
La sopravvenuta decisione della Commissione Europea, atto normativo vincolante ai sensi dell'art. 288 del T.F.U.E, è immediatamente applicabile e, in quanto ius superveniens, il giudice di legittimità è tenuto a dare immediata attuazione, anche d'ufficio, alla nuova regolamentazione della materia oggetto della decisione comunitaria, decidendo nel merito ovvero, se sia necessario un accertamento dei presupposti di fatto, cassando la sentenza impugnata e rimettendo al giudice di rinvio il relativo compito. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva ritenuto tardiva la deduzione della sopravvenuta decisione della Commissione Europea del 14 agosto 2015, poiché contenuta solo in memoria).
Cass. civ. n. 17178/2024
Nell'esame di un'eccezione di ultrapetizione il giudice deve valutare gli elementi che emergono dagli atti di causa e non dalle prove documentali, a nulla rilevando la mancata disponibilità nel fascicolo di parte dei documenti prodotti in primo grado e non depositati in appello.
Cass. civ. n. 11176/2024
Ai fini della corretta qualificazione di un contratto di cui le parti abbiano convenuto un determinato inquadramento (nomen iuris) con atto scritto, non rileva la disciplina dell'art. 1424 c.c., per la conversione del negozio nullo, poiché la questione dell'identificazione del reale tipo di rapporto deve essere affrontata in relazione alle effettive caratteristiche dello stesso, quali desumibili anche dalle modalità della sua attuazione, sì da apprezzarne l'aderenza ad una fattispecie astratta, tra quelle preventivamente delineate dal legislatore. (Nella specie, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la decisione di rigetto della domanda di nullità per difetto di causa di un contratto qualificato dalle parti come "transazione", ma privo di reciproche concessioni volte a risolvere una lite in corso o a prevenire una lite che avrebbe potuto insorgere, evidenziando che l'operazione del giudice non era consistita nella conversione di un negozio nullo ma nell'interpretazione del contratto, qualificato in termini di vendita).
Cass. civ. n. 9870/2024
L'appello a motivi limitati, previsto dall'art. 339, comma 3, c.p.c., costituisce l'unico rimedio impugnatorio ammesso (oltre alla revocazione per motivi ordinari) avverso le sentenze pronunciate dal giudice di pace nell'ambito della sua giurisdizione equitativa necessaria, non essendo configurabile altra impugnazione ordinaria per i motivi esclusi e, segnatamente, il ricorso per cassazione per il motivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., poiché dette sentenze sfuggono all'applicazione dell'art. 111, comma 7, Cost., che riguarda i provvedimenti aventi natura decisoria in senso c.d. sostanziale, per i quali non è previsto alcun mezzo di impugnazione, e non i casi in cui un mezzo di impugnazione è previsto, seppure limitato a taluni motivi, e la conseguente decisione può poi essere assoggettata a ricorso per cassazione.
Cass. civ. n. 1517/2024
Nei giudizi previsti dall'art. 113, comma 2, c.p.c., il giudice di pace decide secondo equità anche in ordine alla quantificazione delle spese processuali, con la conseguenza che è inammissibile l'appello volto a far valere la violazione delle disposizioni tariffarie in materia di onorari di avvocato, le quali hanno natura sostanziale e non costituiscono "norme sul procedimento" né "principi regolatori della materia".
Cass. civ. n. 13726/2023
Il giudice tributario non è dotato di poteri di equità sostitutiva, dovendo fondare la propria decisione su giudizi estimativi, di cui deve dar conto in motivazione in rapporto al materiale istruttorio. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione della CTR che, in un giudizio di impugnazione dell'avviso di accertamento catastale di variazione della rendita basata su DOCFA presentate dal contribuente, ne aveva ridotto del 25% l'importo in via equitativa, senza precisarne le ragioni).
Cass. civ. n. 769/2021
Le sentenze rese dal giudice di pace in cause di valore non eccedente i millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi mediante moduli o formulari di cui all'art. 1342 c.c., sono da considerare sempre pronunciate secondo equità, ai sensi dell'art. 113, comma 2, c.p.c. Ne consegue che il tribunale, in sede di appello avverso sentenza del giudice di pace, pronunciata in controversia di valore inferiore al suddetto limite, è tenuto a verificare, in base all'art. 339, comma 3, c.p.c., come sostituito dall'art. 1 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, soltanto l'inosservanza delle norme sul procedimento, di quelle costituzionali e comunitarie e dei principi regolatori della materia, che non possono essere violati nemmeno in un giudizio di equità. (Rigetta, TRIBUNALE NAPOLI, 16/10/2017).
Cass. civ. n. 10188/2021
Per stabilire se la causa decisa dal giudice di pace sia di valore inferiore o superiore a 1.100 euro (e, di conseguenza, se sia appellabile o ricorribile per cassazione), non si può tener conto delle spese successive alla proposizione della domanda, secondo quanto stabilito dall'art. 10 c.p.c., sicchè nella determinazione del valore della causa di opposizione a decreto ingiuntivo non rilevano le spese processuali liquidate dal giudice che ha pronunciato il decreto oggetto di opposizione. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE BRINDISI, 11/03/2019).
Cass. civ. n. 33033/2021
La regola di esclusione dal giudizio secondo equità, prevista dall'art. 113, comma 2, c.p.c., per le controversie di valore non eccedente millecento euro derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 c.c., si estende anche a quelle che traggono origine dalla sottoscrizione di buoni postali fruttiferi, venendo in rilievo rapporti connotati dalla posizione dominante dell'emittente e la conseguente necessità che tali controversie siano trattate applicando regole uguali per tutti i fruitori del servizio, secondo la modulistica prestampata predisposta dalle Poste, che richiama le condizioni generali di contratto definite per regolare una serie indefinita di rapporti con i risparmiatori. (Cassa con rinvio, TRIBUNALE COSENZA, 21/03/2019).
Cass. civ. n. 5832/2021
In materia di procedimento civile, l'applicazione del principio "iura novit curia", di cui all'art. 113, comma 1, c.p.c., importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere posto in immediata correlazione con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all'art. 112 c.p.c., in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che, rispetto all'originaria di domanda di applicazione della comunione tacita familiare di cui all'art. 2140 c.c. abrogato, costituisce inammissibile "mutatio libelli" e non già mera riqualificazione giuridica la pretesa volta a conseguire, in rapporto alla quantità e qualità del lavoro prestato, i diritti nascenti dall'impresa familiare ex art. 230-bis c.c. ancora dovuti al momento della cessazione del rapporto di collaborazione). (Dichiara inammissibile, CORTE D'APPELLO VENEZIA, 29/08/2017).
Cass. civ. n. 2661/2020
Le prescrizioni dei piani regolatori generali e degli annessi regolamenti comunali edilizi che disciplinano le distanze nelle costruzioni, anche con riguardo ai confini, sono integrative del codice civile ed hanno, pertanto, valore di norme giuridiche (anche se di natura secondaria), sicché spetta al giudice, in virtù del principio "iura novit curia", acquisirne conoscenza d'ufficio, quando la violazione di queste sia dedotta dalla parte. (Rigetta, CORTE D'APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO, 13/04/2015).
Cass. civ. n. 10063/2020
Dall'assetto scaturito dalla riforma di cui al d.lgs. n. 40 del 2006 emerge che, riguardo alle sentenze pronunciate dal giudice di pace nell'ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria, l'appello a motivi limitati, previsto dall'art. 339, comma 3, c.p. c, è l'unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso (se si esclude la revocazione per motivi ordinari). Tale conclusione si giustifica, oltre che per ragioni di coerenza, anche in forza della lettura dell'art. 360 c.p.c., laddove nel primo comma prevede l'esperibilità del ricorso per cassazione soltanto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado e non rientrando in tali ipotesi la sentenza equitativa del giudice di pace. Né, d'altro canto è ipotizzabile la configurabilità del ricorso per cassazione per il motivo di cui al n. 5 dell'art. 360, sulla base dell'ultimo comma del nuovo testo dello stesso articolo che ammette il ricorso per cassazione contro le sentenze ed i provvedimenti diversi dalla sentenza per i quali, a norma del settimo comma dell'art. 111 Cost., è ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge per tutti i motivi di cui al primo comma e, quindi anche per quello di cui al n. 5 citato; la sentenza del giudice di pace, pronunciata nell'ambito della giurisdizione equitativa, sfugge, infatti, all'applicazione del suddetto settimo comma, che riguarda le sentenze ed ai provvedimenti aventi natura di sentenza in senso c.d. sostanziale, per cui non sia previsto alcun mezzo di impugnazione e non riguarda i casi nei quali un mezzo di impugnazione vi sia, ma limitato a taluni motivi e la decisione riguardo ad esso possa poi essere assoggettata a ricorso per cassazione. (Dichiara inammissibile, GIUDICE DI PACE NOCERA INFERIORE, 08/02/2018).
Cass. civ. n. 34158/2019
Il principio "iura novit curia", laddove eleva a dovere del giudice la ricerca del "diritto", si riferisce alle vere e proprie fonti di diritto oggettivo, cioè a quei precetti contrassegnati dal duplice connotato della normatività e della giuridicità, dovendosi escludere dall'ambito della sua operatività sia i precetti aventi carattere normativo, ma non giuridico (come le regole della morale o del costume), sia quelli aventi carattere giuridico, ma non normativo (come gli atti di autonomia privata, o gli atti amministrativi), sia quelli aventi forza normativa puramente interna (come gli statuti degli enti e i regolamenti interni). (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso dal novero delle fonti di diritto oggettivo le convenzioni comunali regolanti i canoni di locazione degli immobili di edilizia abitativa convenzionata).
Cass. civ. n. 17058/2018
E' ammissibile l'appello avverso la sentenza di condanna dello Stato italiano al risarcimento del danno derivante dalla violazione di una Direttiva europea, emessa dal giudice di pace nell'ambito di un giudizio di equità cd. necessaria, ai sensi dell'art. 113, comma 2, c.p.c., atteso che la ragione di impugnazione fondata sull'erronea applicazione della Direttiva rientra tra i motivi "limitati" di cui all'art. 339, comma 3, c.p.c.
Cass. civ. n. 30607/2018
In virtù del principio "iura novit curia" di cui all'art. 113, comma 1, c.p.c., il giudice ha il potere-dovere di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in giudizio, nonché all'azione esercitata in causa, potendo porre a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, purché i fatti necessari al perfezionamento della fattispecie ritenuta applicabile coincidano con quelli della fattispecie concreta sottoposta al suo esame, essendo allo stesso vietato, in forza del principio di cui all'art. 112 c.p.c., porre a base della decisione fatti che, ancorché rinvenibili all'esito di una ricerca condotta sui documenti prodotti, non siano stati oggetto di puntuale allegazione o contestazione negli scritti difensivi delle parti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che aveva riqualificato la domanda di risarcimento del danno proposta dall'acquirente di un immobile ai sensi dell'art. 1490 c.c. in termini di azione risarcitoria fondata sulla responsabilità extracontrattuale ex art. 1669 c.c., nonostante nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado la parte alienante non fosse stata indicata anche come costruttrice, i difetti costruttivi non fossero stati imputati a colpa della stessa, né prospettati come gravi, e la deduzione relativa al loro manifestarsi entro il decennio dal compimento dell'opera fosse stata svolta per la prima volta con l'atto di appello).
Cass. civ. n. 11629/2017
In tema di procedimento tributario, – come in quello civile, non sussistendo sul punto preclusione di compatibilità – l’applicazione del principio “iura novit curia” fa salva la possibilità-doverosità per il giudice di dare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite nonché all’azione esercitata in causa, ricercando, a tal fine, le norme giuridiche applicabili alla vicenda descritta in giudizio e ponendo a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto eventualmente anche diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti, con il solo limite dell’immutazione della fattispecie da cui conseguirebbe la violazione del principio di correlazione tre il chiesto ed il pronunciato.
Cass. civ. n. 22256/2017
Le sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità possono, ai sensi dell'art. 339, comma 3 c.p.c., soltanto formare oggetto di ricorso per cassazione e sono, pertanto, inappellabili. L'inammissibilità dell'appello, attenendo ai presupposti dell'impugnazione, è rilevabile anche d'ufficio in sede di legittimità.
Cass. civ. n. 2737/2015
L'obbligo del giudice di ricercare le fonti del diritto applicabili alla fattispecie dedotta in giudizio non opera con riferimento alle norme giuridiche secondarie ed agli atti amministrativi. (La S.C. ha affermato, nella specie, che gli statuti delle Università, sulla cui base era possibile determinare la durata dei corsi di specializzazione universitari dei medici, avendo natura di atti amministrativi, dovevano essere depositati tempestivamente in appello dalla parte che intendeva avvalersene).
Cass. civ. n. 15065/2014
La natura di atto amministrativo dei decreti ministeriali osta all'applicabilità del principio "iura novit curia". Ne consegue che spetta alla parte interessata l'onere della relativa produzione, la quale non è suscettibile di equipollenti.
Cass. civ. n. 6042/2014
In applicazione del principio "iura novit curia", il giudice deve procedere alla ricostruzione completa della normativa applicabile alla fattispecie oggetto di giudizio, tenendo conto delle pronunce della Corte costituzionale e delle norme di cui le parti chiedono l'applicazione. Ne consegue che viola l'art. 113, primo comma, c.p.c., la sentenza di appello che non abbia dato atto, in materia di contributo di solidarietà, della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 9 bis, comma 1, primo periodo, del D.L. 29 marzo 1991, n.103, convertito in legge 1 giugno 1991, n. 166 e non abbia tenuto conto, nonostante il richiamo effettuato da una delle parti, delle disposizioni di cui all'art. 1, comma 194, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
Cass. civ. n. 22759/2013
Nel giudizio innanzi al giudice di pace, proposta una domanda di risarcimento del danno con l'espressa quantificazione di esso in euro 988,50, oppure nella somma che risulterà dovuta e comunque entro i limiti della competenza per valore del giudice adìto, deve escludersi che la stessa sia stata contenuta entro il limite stabilito dall'art. 113 cod. proc. civ. per la decisione della causa secondo equità. Ne consegue che la sentenza è impugnabile con l'appello, senza che rilevi, in senso contrario, che l'attore, in sede di precisazione delle conclusioni, abbia contenuto la domanda entro il suddetto limite, dato che il momento determinante ai fini dell'individuazione della competenza è quello della proposizione della domanda.
Cass. civ. n. 17704/2013
Nel caso in cui il giudice adito debba emettere una pronuncia secondo equità, la proposizione di domanda riconvenzionale per responsabilità processuale aggravata ex art. 96 cod. proc. civ. non è idonea ad influire sui criteri della decisione, e, pertanto, non impone al giudice di seguire le norme di diritto.
Cass. civ. n. 17080/2013
Costituisce pronuncia secondo diritto, ex art. 113, secondo comma, c.p.c., quella resa dal Giudice di pace in ordine a rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 c.c., tra i quali rientra anche il contratto di trasporto avente ad oggetto l'acquisto "on line" di un biglietto aereo.
Cass. civ. n. 2966/2013
Ai fini della determinazione della regola di giudizio - di diritto o equitativa - da seguirsi dal giudice di pace ex art. 113, secondo comma, c.p.c., il valore della causa deve essere determinato ai sensi dell'art. 10, secondo comma, c.p.c., sommando, pertanto, al capitale unicamente gli interessi scaduti e non pure quelli maturati dalla data della domanda; nondimeno, ai fini suddetti, è sufficiente che la richiesta di corresponsione degli interessi venga limitata a quelli già scaduti in occasione della precisazione delle conclusioni, in quanto il contenimento della domanda operato in tale sede, se è del tutto ininfluente ai fini dell'individuazione del giudice competente, vale invece a determinare la regola di giudizio cui è vincolato il giudice di pace.
Cass. civ. n. 1848/2013
Nel procedimento davanti al giudice di pace, ove sia stata emessa una sentenza non definitiva secondo diritto, la sentenza definitiva non può essere emessa secondo equità, posto che la decisione parziale costituisce la base e il presupposto della decisione definitiva, sicché, in tal caso, quest'ultima è sempre impugnabile con l'appello.
Cass. civ. n. 12943/2012
In materia di procedimento civile, l'applicazione del principio "iura novit curia", di cui all'art. 113, comma primo, c.p.c., fa salva la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite, nonché all'azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, e ponendo a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale regola deve essere, peraltro, coordinata con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all'art. 112 c.p.c., che viene violato quando il giudice pronunzia oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, ovvero su questioni non formanti oggetto del giudizio e non rilevabili d'ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato; resta, in particolare, preclusa al giudice la decisione basata non già sulla diversa qualificazione giuridica del rapporto, ma su diversi elementi materiali che inverano il fatto costitutivo della pretesa. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto che la domanda attorea, in quanto basata esclusivamente sulla disciplina di cui alle leggi n. 230 del 1962 e n. 56 del 1987, e sulle disposizioni contrattuali introdotte dall'autonomia collettiva, non potesse essere esaminata, alla stregua della disciplina, applicabile "ratione temporis" alla fattispecie, di cui all'art. 1 del d.l.vo n. 368 del 2001, attesa la notevole diversità fra le medesime, implicante non una questione di mera qualificazione giuridica, ma la valutazione di una diversa "causa petendi").
Cass. civ. n. 10626/2012
Per stabilire se la causa decisa dal giudice di pace sia di valore inferiore o superiore a 1.100 euro (e, di conseguenza, se sia appellabile o ricorribile per cassazione), non si può tenere conto delle spese successive alla proposizione della domanda, secondo quanto stabilito dall'art. 10 c.p.c.: pertanto, nella determinazione del valore della causa di opposizione a decreto ingiuntivo non rilevano le spese processuali liquidate dal giudice che ha pronunciato il decreto oggetto di opposizione.
Cass. civ. n. 22382/2009
La regola di decisione secondo diritto, da parte del giudice di pace, ai sensi dell'art. 113, secondo comma, c.p.c. - quale dettata per le controversie di valore non eccedente millecento euro e per quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 cod.civ., cioè mediante moduli o formulari - trova applicazione, in via analogica, anche ai rapporti fra associati ed associazione non riconosciuta, qualora l'adesione a quest'ultima sia avvenuta mediante un modulo da essa predisposto per disciplinare ogni adesione, poiché la predetta modalità di decisione obbedisce, nelle intenzioni del legislatore processuale, alla necessità che dette controversie vengano decise in modo uniforme, in ragione della uniformità di disciplina dei rapporti che ne sono oggetto, indipendentemente dalla qualificazione sostanziale dell'adesione dell'associato e dello stesso accordo associativo, nonché delle corrispondenti tutele.
Cass. civ. n. 14611/2009
Nel giudizio secondo equità il giudice non ha l'obbligo di individuare preventivamente la norma giuridica astrattamente applicabile nè di applicarla in concreto, mentre ha l'obbligo di rendere comprensibile il procedimento logico-intuitivo seguito per determinare la regola equitativa e di verificare che essa non si ponga in contrasto con i principi sottesi alla disciplina legislativa.
Cass. civ. n. 9534/2009
Il dovere di osservare i principi informatori della materia, imposto al giudice di pace dall'art. 113, comma secondo, c.p.c. (nel testo risultante dalla parziale dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui alla n. 206 del 2004 della Corte costituzionale), nella decisione secondo equità delle cause di valore non superiore a euro 1100,00, non comporta la necessità di individuare la regola equitativa applicabile al caso concreto, desumendola dalle norme fondamentali del rapporto dedotto in giudizio, ma quella di avere cura, nella ricerca selettiva della predetta regola, che essa non contrasti con i principi, preesistenti alle norme in concreto oggettivamente dettate, ai quali il legislatore si è ispirato nella previsione della specifica disciplina. (Nella specie, alla stregua dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata e deciso la domanda nel merito, rigettandola, in relazione ad una controversia in cui il giudice di pace aveva accolto un'azione risarcitoria da assunto inadempimento contrattuale, prescindendo dall'accertamento del dolo o della colpa nella relativa condotta della convenuta e, quindi, violando il principio informatore secondo cui, nel campo della responsabilità contrattuale, è necessaria la prova della imputabilità soggettiva del fatto dannoso, che il debitore può contrastare dimostrando l'impossibilità dell'assolvimento della sua prestazione per causa a lui non imputabile).
Cass. civ. n. 15986/2008
In tema di giudizio di equità, rientra fra i principi informatori della materia dell'illecito aquiliano, ai quali è tenuto ad uniformarsi il giudice di pace a seguito della pronuncia n. 206 del 2004 della Corte costituzionale, quello secondo il quale qualsiasi vicenda di danno lamentata da chi agisce in giudizio per il risarcimento deve essere provata dal danneggiato. La prova può essere articolata con ogni mezzo, ivi comprese le allegazioni e le presunzioni semplici, ma la relativa demonstratio deve comunque risultare idonea a consentire al giudice, in applicazione della regula iuris di cui all'art. 116 c.p.c., una valutazione in concreto e cioé caso per caso, anche a prescindere da mere regole statistiche dell'assunto attoreo, rappresentato in termini consequenziali di verificazione dell'evento di danno/conseguenza ingiustamente dannosa, secondo la regola di inferenza probatoria del «più probabile che non ». (Nella specie la S.C., sulla scorta dell'enunciato principio, ha cassato la sentenza impugnata relativa ad un'azione risarcitoria per l'impugnativa di un illegittimo accertamento tributario, non risultando in essa in alcun modo evidenziato in che cosa sarebbe consistito il danno subito dall'istante sotto il profilo dell'an e del quomodo di tal che il lamentato stato di malessere della ricorrente, ricostruito dal giudice del merito in termini di «fastidio e stress » non altrimenti qualificato, essendo privo di un sia pur presuntivo supporto probatorio, era da ritenersi inidoneo a fondare la pretesa risarcitoria ).
Cass. civ. n. 10238/2008
Nel caso in cui dinanzi al giudice di pace, in una controversia soggetta a regola di decisione secondo equità, venga proposta una domanda riconvenzionale soggetta a regola di decisione secondo diritto e connessa alla domanda principale, il fatto che la riconvenzionale sia inammissibile (come nella specie, in quanto riconvenzionale proposta dall'opposto a seguito di opposizione a decreto ingiuntivo ), così come una domanda inammissibile è pur sempre rilevante ai fini della determinazione della competenza, non esclude che, in ragione della connessione, la regola di decisione dell'intera controversia debba identificarsi in quella secondo diritto, con ogni conseguenza in punto di mezzo di impugnazione esperibile.
Cass. civ. n. 19291/2007
Allorquando si sia verificato un cumulo di domande avanti al giudice di pace e tra le cause cumulate vi sia una connessione che impone o, comunque, consente l'accertamento comune e la conseguente decisione su uno stesso fatto per tutte le cause cumulate, essendo inconcepibile che l'accertamento e la decisione del fatto comune possano svolgersi, in ragione del diverso valore di ciascuna delle domande, per una domanda in via equitativa e per altra secondo diritto, si deve ritenere, per evidenti esigenze di coerenza logico-giuridica, che, quale effetto della connessione fra le cause (la quale ne consente la decisione nello stesso giudizio), che la decisione su tutta la controversia debba avvenire secondo diritto e che, dunque (nel regime anteriore al d.lg.s. n. 40 del 2006), la decisione del giudice di pace sia appellabile e non ricorribile per cassazione. Siffatte esigenze si palesano, in particolare, non solo sotto il profilo che nel nostro ordinamento la decisione secondo diritto è l'eccezione e quella secondo equità la regola, ma anche perché tale eccezionalità vale anche davanti al giudice di pace.(Principio affermato dalla S.C. in un giudizio nel quale l'attore aveva proposto domanda di risarcimento danni inclusa nel limite della giurisdizione equitativa, il convenuto aveva ottenuto di chiamare in causa un terzo come preteso responsabile questo si era costituito ed aveva svolto domanda di risarcimento danni per denigrazione nel limite della competenza del giudice di pace).
Cass. civ. n. 17457/2007
Allorquando l'azione civile viene esercitata in sede penale, ancorché per una somma rientrante nell'ambito della giurisdizione equitativa del giudice di pace, poiché l'accertamento su di essa implica la pregiudiziale decisione sul fatto di reato agli effetti penali, la regola di decisione è sempre secondo diritto per la ragione della sussistenza della detta connessione per pregiudizialità con l'accertamento del reato, senza che tale regola resti esclusa qualora l'esercizio dell'azione civile avvenga davanti allo stesso giudice di pace, quale giudice penale, posto che quando esercita la giurisdizione penale il giudice di pace giudica secondo diritto. (Principio affermato dalla Suprema Corte in un caso in cui la Corte di cassazione in sede penale, nel cassare ai soli effetti civili una sentenza assolutoria dal reato di omicidio doloso aveva individuato come giudice di rinvio ai sensi dell'art. 622 c.p.p. il tribunale in composizione monocratica a fronte di una domanda della P.C. di risarcimento del danno per lire una).
Cass. civ. n. 12644/2007
In tema di giudizio di equità, rientra fra i principi informatori della materia, ai quali è tenuto ad uniformarsi il giudice di pace a seguito della pronuncia n. 206 del 2004 della Corte costituzionale, quello di buona fede nelle esecuzione delle obbligazioni, che è espressione del principio costituzionale di solidarietà sociale e che costituisce sia un vero e proprio dovere giuridico, al quale deve essere improntata la condotta delle parti (art. 1175 e art. 1375 c.c.), sia un limite ad ogni situazione, attiva o passiva, integrativo del contenuto e degli effetti del negozio. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza con la quale il giudice di pace aveva liquidato, ad un avvocato dipendente della Spa Poste Italiane, il compenso per l'attività professionale svolta in una controversia, successivamente alla cessazione volontaria dal servizio, valendosi di una procura generale revocata due mesi dopo la data in cui avevano avuto effetto le dimissioni).
Cass. civ. n. 11880/2007
Le sentenze del giudice di pace, in ipotesi di pronuncia secondo equità, ai sensi dell'articolo 113, secondo comma, c.p.c., devono essere succintamente motivate, in ossequio al principio degli articoli 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., e 118, secondo comma, seconda parte, disp. att. dello stesso codice, oltre che del generale principio dell'articolo 111 della Costituzione. La mancanza di tale requisito essenziale, che deve ritenersi configurabile non solo nei casi di sentenza del tutto mancante di motivazione ma anche in quelli di motivazione apparente — perchè priva della indicazione degli elementi che giustificano il convincimento del giudice e ne rendono possibile il controllo di legittimità — può essere dedotto sotto il profilo della nullità della sentenza per violazione delle suddette disposizioni degli articoli 132 c.p.c. e 118 disp. att. dello stesso codice. (Nella fattispecie, relativa all'azione di danni nei confronti dell'appaltatore e del comune, per essere l'attrice caduta nella buca aperta nella strada per la sostituzione di tubi fognari, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza del giudice di pace che si era limitata ad affermare che non erano stati apposti segnali di pericolo, senza indicare quali prove avessero sostenuto tale convincimento e chiarire le ragioni per cui erano state ritenute prevalenti le eventuali prove della situazione dei luoghi così sommariamente accertata rispetto a quelle contrarie indicate e prodotte dalla parte).