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Articolo 720 bis Codice di procedura civile — Norme applicabili ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno

Articolo 720 bis Codice di procedura civile — Norme applicabili ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno

Ai procedimenti in materia di amministrazione di sostegno si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 712, 713, 716, 719 e 720 .

Contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla corte d’appello a norma dell’articolo 739.

Contro il decreto della corte d’appello pronunciato ai sensi del secondo comma può essere proposto ricorso per cassazione.

L’eventuale comma dell’articolo ricompreso fra parentesi quadre è stato abrogato.

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Aggiornato al 1 gennaio 2020
Il testo riportato è reso disponibile agli utenti al solo scopo informativo. Pertanto, unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana che prevale in casi di discordanza rispetto al presente.
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Massime correlate

Cass. civ. n. 23772/2017

In tema di amministrazione di sostegno, la competenza territoriale si radica con riferimento alla dimora abituale del beneficiario e non alla sua residenza, in considerazione della necessità che egli interloquisca con il giudice tutelare, il quale deve tener conto, nella maniera più efficace e diretta, dei suoi bisogni e richieste, anche successivamente alla nomina dell’amministratore; né opera, in tal caso, il principio della “perpetuatio iurisdictionis”, trattandosi di giurisdizione volontaria non contenziosa, onde rileva la competenza del giudice nel momento in cui debbono essere adottati determinati provvedimenti sulla base di una serie di sopravvenienze.

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Cass. civ. n. 14158/2017

Nei procedimenti in tema di amministrazione di sostegno, avverso il decreto con cui il giudice tutelare si sia pronunciato sulla domanda proposta dall’amministratore di sostegno di autorizzazione ad esprimere, in nome e per conto dell’amministrato, il consenso o il rifiuto alla sottoposizione a terapie mediche, è sempre ammesso il reclamo alla corte d’appello, ai sensi dell’art. 720-bis, comma 2, c.p.c., trattandosi di provvedimento definitivo avente natura decisoria su diritti soggettivi personalissimi (Principio enunciato dalla S.C. ex art. 360, comma 3, c.p.c.).

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Cass. civ. n. 1093/2017

In tema di procedimento per la nomina di amministratore di sostegno, la mancata partecipazione del P.M. ad entrambi i gradi di merito comporta la cassazione del decreto della corte di appello e la remissione del giudizio dinanzi al giudice di primo grado, atteso che in tale procedimento l’intervento del P.M., il quale è titolare anche del relativo potere di azione ai sensi del combinato disposto degli artt. 406, comma 1, e 417 c.c., rientra nell’ipotesi di cui all’art. 70, comma 1, n. 1 c.p.c., che è norma attinente alla disciplina del contraddittorio e, pertanto, dà luogo ad un litisconsorzio necessario.

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Cass. civ. n. 14190/2013

Nella procedura per la istituzione di un’amministrazione di sostegno, che consiste in un procedimento unilaterale, non esistono parti necessarie al di fuori del beneficiario dell’amministrazione; non è, pertanto, configurabile una ipotesi di litisconsorzio necessario tra i soggetti partecipaneti al giudizio innanzi al tribunale, anche perché l’art. 713 c.p.c., cui rinvia l’art. 720 bis dello stesso codice, espressamente limita la partecipazione necessaria al procedimento al ricorrente, al beneficiario e alle altre persone, tra quelle indicate in ricorso le cui informazioni il giudice ritenga utili ai fini dei provvedimenti da adottare.

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Cass. civ. n. 18634/2012

L’art. 720 bis, secondo comma, c.p.c., nel disciplinare il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, prevede espressamente che il reclamo contro il decreto, con cui il giudice tutelare si pronuncia in ordine alla relativa istanza, sia proposto non dinnanzi al tribunale, bensì alla corte d’appello, disposizione che, pertanto, prevale, avendo carattere speciale, su quella generale risultante dagli artt. 739 c.p.c. e 45 disp. att. c.c.

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Cass. civ. n. 13747/2011

È inammissibile il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi in sede di reclamo in tema di designazione o nomina di un amministratore di sostegno, trattandosi di un provvedimenti distinti, logicamente e tecnicamente, da quelli che dispongono l’amministrazione e che vengono emanati in applicazione dell’art. 384 c.c. (richiamato dal successivo art. 411, primo comma, c.c.), dovendo invero limitarsi la facoltà di ricorso, concessa dall’art. 720 bis, ultimo comma, c.p.c., ai decreti di carattere decisorio, quali quelli che dispongono l’apertura o la chiusura dell’amministrazione, assimilabili, per loro natura, alle sentenze emesse in materia di interdizione ed inabilitazione, mentre tale facoltà non si estende ai provvedimenti a carattere gestorio.

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Cass. civ. n. 23743/2007

Il procedimento di nomina e regolamentazione dell’amministrazione di sostegno delineato dagli artt. da 404 a 413 c.c. e dall’art. 720 bis c.p.c., a seguito della legge 9 gennaio 2004, n. 6, è dotato di una sua autonomia e peculiarità, che esclude l’applicazione in via di interpretazione estensiva di norme diverse da quelle espressamente richiamate. Pertanto, nel caso di residenza dell’amministratore diversa da quella del beneficiato, non è applicabile l’art. 343, comma 2, c.c., che consente il trasferimento della tutela del minore nel circondario dove il tutore ha il proprio domicilio, in quanto non specificamente richiamato dalle norme sull’amministrazione di sostegno.

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Cass. civ. n. 25366/2006

Il procedimento per la nomina dell’amministratore di sostegno, il quale si distingue, per natura, struttura e funzione, dalle procedure di interdizione e di inabilitazione, non richiede il ministero del difensore nelle ipotesi, da ritenere corrispondenti al modello legale tipico, in cui l’emanando provvedimento debba limitarsi ad individuare specificamente i singoli atti, o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l’intervento dell’amministratore; necessita, per contro, detta difesa tecnica ogni qualvolta il decreto che il giudice ritenga di emettere, sia o non corrispondente alla richiesta dell’interessato, incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti da disposizioni di legge per l’interdetto o l’inabilitato, per ciò stesso incontrando il limite del rispetto dei principi costituzionali in materia di diritto di difesa e del contraddittorio.

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